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Autore: PaolaDP    18/10/2008    5 recensioni
"All'improvviso, la ragazza fu investita da una tremenda verità, una consapevolezza pericolosa e terribile: il dr. Gelo voleva fare di loro esseri simili a quelli che stavano affrontando..." C 17 e C 18 non sono sempre stati androidi. La storia di due vite serene, due vite poi distrutte dalla follia di un pazzo.
Genere: Azione, Sovrannaturale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 17, 18, Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'agguato

L'AGGUATO

La ragazza scese lentamente le scale, sollevando la sua pesante borsa. Erano in anticipo, quel giorno. Suo fratello le si avvicinò con passo lento. Indossava dei jeans piuttosto larghi, delle scarpe da tennis, una maglietta nera e bianca e portava una bandana rossa attorno al collo. Aveva i capelli sciolti, e portava degli orecchini d'oro a forma di anelli.

Sei pronta?” le chiese, prendendo a sua volta il proprio zaino e mettendoselo sulle spalle. Alzò lo sguardo: la ragazza indossava un gilè di jeans, come la gonna, che le arrivava più o meno fino al ginocchio. Portava degli stivali di pelle, dei collant neri ed una maglietta nera con le maniche a righe bianche. Anche lei aveva i capelli sciolti e degli orecchini identici a quelli del fratello. Si somigliavano molto, avevano la stessa identica espressione: introversa, che non tradiva alcun sentimento.

Brian., di fronte a loro, aprì la porta e gli sorrise. “Io vado, a dopo!” esclamò gettandosi fuori e lanciando un bacio alla figlia.

Cidonia entrò in ingresso dalla porta della cucina.

Allora ragazzi, buona giornata!”

Dietro di lei, c'era una donnina minuta, più o meno della sua stessa età. Norma fece loro un cenno con la mano.

Ci vediamo dopo, Mamma.” esclamò il ragazzo, assestandosi lo zaino sulle spalle. Mosse qualche passo verso di lei, le posò delicatamente una mano sulla spalla e le diede un bacio sulla guancia, che lei ricambiò.

A questo pomeriggio.” disse la sorella, avvicinandosi e baciandola a sua volta.

Si sentì un telefono squillare al piano di sopra.

Oh... ho lasciato il cellulare acceso. “esclamò Cidonia, salendo i primi gradini della rampa di scale. “A dopo, ragazzi” aggiunse, voltandosi a guardarli. Loro ricambiarono il saluto ed uscirono dalla porta d'ingresso, abbagliati dalla luce.

Si avviarono lungo il marciapiede con passo lento, dato che erano largamente in anticipo. Avevano passato la serata precedente pensando al lago, alla meravigliosa vacanza che gli si prospettava davanti, in compagnia di Reciél e, forse, anche di Rin.

Sarà divertente.” esclamò all'improvviso il ragazzo, sorprendendo la sorella. Non aveva specificato di cosa stava parlando, ma lei capì subito.

Già.”

Si voltarono verso la casa: era molto bella, candida come la neve, con il suo giardino fiorito, curato, il dondolo lì in fondo. Qualcosa si mosse, dietro una finestra del secondo piano: Cidonia stava facendo loro dei cenni di saluto. Risposero con entusiasmo, sorridendo spensierati.

Ripresero a camminare lungo il marciapiede, sentendo sulla nuca lo sguardo della madre fino a che non svoltarono a sinistra, nel primo vicolo, pieno di luce.

Stasera abbiamo ospiti, vero?” chiese il ragazzo, voltandosi verso la sorella.

Sì, vengono lo zio Lex e zia Lila.” rispose lei, pensando: non avevano cugini, quella sarebbe stata una novità. Le sarebbe piaciuto vedere com'era curare un bambino...

Oggi vedi di uscire in fretta, perché abbiamo gli allenamenti!” le raccomandò il fratello.

Lo so, non ti preoccupare.” lo rassicurò lei, accelerando il passo.

Arrivarono alla piazza con i portici e la attraversarono continuando a chiacchierare.

Senti...” iniziò la ragazza, a metà del tragitto. “Tu hai più pensato a quella storia?” Sapeva di non dover specificare di che cosa si trattasse, e infatti suo fratello capì al volo. Si fece improvvisamente serio e iniziò a fissare l'asfalto sotto ai suoi piedi.

Sì, ci ho pensato.” ammise riprendendo a sorridere, un sorriso senza gioia, quasi rammaricato. “Cerca di non preoccuparti, capito?” disse manifestando sicurezza e quasi serenità mentre entravano nel vicolo buio. “Sono sicuro che si è trattato semplicemente di...”


Inizialmente sua sorella non capì come mai avesse smesso di parlare. Rimase a fissarlo per qualche istante: il suo sguardo si era puntato su qualcosa di fronte a loro, la sua espressione si era incuriosita. La ragazza si voltò in quella direzione: proprio in mezzo al vicolo, fra i bidoni dell'immondizia, c'era un vecchio; aveva lunghi capelli bianchi e dei grossi baffi scoloriti. La sua pelle era abbronzata, incartapecorita, scottata come se fosse stata esposta troppo a lungo a un calore troppo intenso. I suoi occhi, del colore del ghiaccio, erano astuti, svegli, analitici, determinati, puntati sui due ragazzi, immobili fra i bidoni, nel buio. Il vecchio era vestito con abiti molto particolari, con colori caldi, stranamente in contrasto con la freddezza degli occhi e dello sguardo; portava un cappello marrone scuro, una camicia gialla dalle maniche larghe e un gilè nero. Aveva pantaloni marroni, larghi fino al ginocchio e poi estremamente stretti attorno alla gamba ossuta. Il suo sguardo, nel fissare i due gemelli, era compiaciuto e determinato. In qualche modo, doveva aver qualche compito e sapere esattamente come svolgerlo. O, perlomeno, questa è l'impressione che diede alla ragazza, che rimase a fissarlo con aria inespressiva, cercando di evitare di tradire emozioni. Rimase qualche passo indietro rispetto al fratello, che aveva ripreso a camminare con sicurezza. Il vecchio lo stava guardando con un'espressione ambigua sul volto: indifferenza, compiacimento oppure sfida?

Mi scusi, potrebbe farci passare?” chiese il ragazzo.

Temo di no.” replicò il vecchio; un lieve sorriso increspò le sue labbra, un sorriso che non esprimeva gioia, ma realizzazione. La sua voce era mellifua e roca al tempo stesso.

Il ragazzo inarcò le sopracciglia cercando di rimanere impassibile, ma alla sorella, che lo conosceva bene, parve di scorgere una nota di tensione nella sua espressione.

Il sorriso del vecchio si fece sempre più largo e diabolico, compiaciuto ed eccitato. La ragazza rimase immobile dov'era, a fissarlo con aria spaventata. Suo fratello indietreggiò, la prese per mano e la trascinò con sé nella direzione opposta continuando a fissare, voltato, l'uomo con i capelli bianchi, che non mosse un solo passo, ma il cui sorriso stava diventando mano a mano più inquietante.

Fratellino!” La voce della sorella rimbombò nel vicolo. Si voltò: davanti a lui c'erano tre persone. Uno di loro era molto piccolo, con la pelle di uno strano colore, quasi viola. A fianco a lui c'era un uomo colossale, altissimo e molto muscoloso. Aveva una lunga treccia di capelli neri e una carnagione grigiastra, pallida e malsana. Infine, c'era un uomo alto, con lunghi e lisci capelli brizzolati, aria sicura di sé, occhi proprio come quelli del vecchio, proprio come quelli dei due fratelli. La ragazza sussultò: aveva già visto quell'uomo seduto in un'auto nera dai vetri oscurati, davanti ad un ristorante, pochi giorni prima... Abbassò lo sguardo sul suo petto: c'era quello strano simbolo, quella specie di fiocco schematizzato, colorato di rosso, con all'interno due R bianche.

Una risata roca risuonò alle loro spalle, ed i gemelli si voltarono: il vecchio sembrava divertito. In quel momento, la sorella si rese conto che sul cappello portava lo stesso simbolo.

Non ci siamo ancora presentati.” disse, cessando finalmente di ridere ma continuando a mantenere la sua espressione compiaciuta. “Io so chi siete voi, ma voi non sapete chi sono io.”

Il ragazzo gli lanciò un'occhiata di puro disgusto, stringendo sempre più forte la mano della sorella e continuando a lanciare occhiate ai tre colossi che c'erano alle loro spalle. La ragazza, invece, rimase a fissare questi ultimi: lei e suo fratello arrivavano a malapena al torace dei due più alti. I loro sguardi erano puntati sui gemelli, in trappola.

Io sono il dr. Gelo.” riprese il vecchio, senza muovere un passo. “Dell'Esercito del Fiocco Rosso.” continuò, premendosi un dito sul cappello, proprio sopra il simbolo rosso. “Mi servite per compiere una vendetta, a dire il vero. Ho dei progetti da portare a termine... e voi siete indispensabili. Vedete quelli? Sono androidi, o, meglio, cyborg da combattimento.” fece una pausa, durante la quale il ragazzo sembrò capire qualcosa; spalancò gli occhi, terrorizzato. “Ecco perché ho bisogno di voi.”

La ragazza si voltò e vide che suo fratello stava sudando. Tornò a fissare i tre colossi, terrorizzata.

C 13, C 14, C 15! Procedete!” ordinò il vecchio, rivolgendosi ai tre uomini.

Il ragazzo si girò di scatto e strinse con entrambe le mani il braccio della sorella.

Vieni!” le urlò, ed iniziò a correre verso il vecchio trascinandosela dietro. La ragazza cercò di seguirlo, ma si sentì afferrare il braccio destro con forza. Urlò per il dolore. Suo fratello, che non le aveva lasciato la mano, si voltò di nuovo, e tirò un pugno all'androide che l'aveva bloccata, C 14, quello più grosso, con la treccia nera. Il colpo non andò a segno: la mano dell'aggressore era scattata ad una velocità impressionante bloccando la sua. Iniziò a stringere il pugno del ragazzo con forza, una forza che lui non avrebbe mai creduto che un uomo normale potesse possedere. Urlò. La ragazza, accasciata a terra, liberata dalla stretta del cyborg, sentì delle lacrime calde scorrerle lungo le guance. Si alzò in piedi, di fronte all'aggressore, che stava stritolando la mano del fratello, e lo colpì con una mossa appresa anni prima, una mossa di arti marziali eseguita alla perfezione, nonostante il dolore incessante al braccio destro. Non sortì alcun effetto: nel colpirlo, la ragazza si fece male, come se avesse dato un pugno ad una parete di ferro. L'androide non si accorse nemmeno del colpo, ma voltò la testa verso di lei, con uno sguardo freddo, inespressivo. Cosa voleva dire il vecchio? “Androidi, cyborg da combattimento”... “Ecco perché ho bisogno di voi”...

All'improvviso, la ragazza fu investita da una tremenda verità, una consapevolezza pericolosa e terribile: il dr. Gelo voleva fare di loro esseri simili a quelli che stavano affrontando.

Il ragazzo urlò di nuovo. Piegò le gambe, prese la spinta e, sempre con la mano bloccata, fece un salto che gli permise di tirare un calcio sul collo del suo aggressore, che rimase impassibile ma lasciò andare la presa. Si posizionò vicino alla sorella, che si stava massaggiando il braccio dolorante. Lui aveva terribili fitte di dolore alla mano a causa della pressione appena subita, ma decise che non era il momento di pensarci: dovevano aprirsi una via di fuga fra quei tre oppure scavalcare il vecchio, che aveva l'aria molto meno minacciosa.

Fece per voltarsi, ma all'improvviso sentì un dolore acuto all'altezza del mento, si sentì sollevare da terra dalla forza dell'impatto del colpo e scagliare contro una parete. Alcuni mattoni caddero alle sue spalle. Sentì il sapore amaro del sangue in bocca. Aprì lentamente gli occhi, in preda a delle fitte alla schiena, che era stata sbattuta con forza contro la parete, e vide il più piccolo dei tre androidi colpire la sorella al ventre e buttarla a terra. Non riuscì a sopportare quella vista. Con un appello alle sue ultime forze, si alzò in piedi e si scagliò contro di lui, deciso a fargli più male possibile, ma avvertì una presa di ferro sulla nuca e si sentì sollevare; dietro di sé riuscì a scorgere l'ultimo dei tre androidi, C 13, quello con i capelli brizzolati. Pochi istanti dopo si ritrovò nel punto in cui era caduto prima, ma con nuovi lividi, nuove ferite, nuovi dolori. Questa volta si alzò subito, non trovò ostacoli e si scagliò sull'androide più piccolo, C 15, tirandogli una gomitata sul collo. Il cyborg rimase impassibile, come se non si fosse nemmeno accorto del colpo infertogli. La ragazza, stesa ai suoi piedi, dolorante, si alzò e colpì a sua volta, senza sortire alcun effetto. C 15 alzò lo sguardo su di lei, senza cambiare espressione. Debole, dolorante e spaventata, la ragazza lo attaccò nuovamente con un calcio ma il risultato fu lo stesso: non accadde nulla. Suo fratello cercò di darle manforte colpendolo a sua volta, ma non riuscì a cambiare la situazione. Si lanciò contro di lui con tutta la sua forza, incapace di sopportare la vista della sorella dolorante, sfinita, terrorizzata, ma il colpo non gli aveva causato che altro dolore al braccio. Stava sudando freddo, si sentiva esausto, stremato dalla forza dei colpi incassati. Sua sorella era caduta di nuovo, si era bucata le calze ed ora si vedevano i numerosi lividi e tagli dovuti alla colluttazione con quei tre farabutti. Aveva l'aria esausta, veramente distrutta, disperata e, peggio, rassegnata. Si slanciò verso di lei per sorreggerla, per darle forza, per darle speranza. Non riuscì mai a raggiungerla: si senti afferrare per le spalle, sbatté la testa contro qualcosa di molto duro e si ritrovò steso a terra, in mezzo ai bidoni. La vista gli si stava lentamente offuscando, stava perdendo conoscenza. Si voltò: l'ultima cosa che vide furono gli occhi azzurri di sua sorella lacrimanti, disperati, puntati su di lui, sul fratello sanguinante che aveva passato la vita proteggendola, pensando a lei. Il turchese divenne grigio, il grigio nero. La testa del ragazzo ricadde sulla sua spalla, inerte.


La ragazza urlò. Alzò lo sguardo su C 13, che aveva colpito il fratello, uno sguardo carico di odio, di disprezzo allo stato puro, di disperazione. Si alzò da terra, tremante, con le odiose risate del vecchio nelle orecchie. Strinse la mano a pugno e, stremata, lo indirizzò verso l'androide, che la bloccò con facilità. Rimasero a fissarsi qualche istante, lei infuriata, sfinita, lui spavaldo, quasi divertito. La ragazza continuò a guardarlo, sperando che si trattasse solo di un brutto sogno, di un incubo da cui si sarebbe presto svegliata. Fu bruscamente riportata alla realtà: C 13 la colpì al ventre con una ginocchiata, mandandola dall'altra parte del vicolo. Un dolore atroce. Sentì la stoffa sulla schiena del gilè lacerarsi e la pelle direttamente a contatto con il muro di mattoni rossi, che le graffiarono al pelle. Stava tremando. Sentiva un freddo terribile. Gelo. Nessuno li avrebbe aiutati, nessuno. Guardò oltre gli androidi, verso suo fratello, che aveva perso conoscenza, steso in messo ai bidoni dell'immondizia. Il dr. Gelo stava ancora ridendo, sguaiatamente, senza nessun ritegno, era divertito. Nessuno li avrebbe aiutati. A cosa sarebbe servito resistere? Il dolore la pervase lentamente, fu quasi un sollievo. Gemette, chiuse gli occhi e si accasciò, priva di sensi.

Eccomi! Finalmente sono tornata! Scusate per il mio TREMENDO ritardo, ma diciamo che ho avuto un po' di cose da fare (chi ha letto "Una Madre" può averne un'idea).

Comunque... ECCO UN ALTRO CAPITOLO!!!

La situazione degenera, eh? I due fratelli sono caduti nelle mani del dottor Gelo. Per chi non lo sapesse, i tre androidi che prendono parte alla trappola sono quelli dell'OAV "I Tre Super Saiyan", che combattono contro Goku, Vegeta e Trunks.
Mi auguro di essere riuscita a esprimere al meglio la paura e la disperazione dei nostri due protagonisti, almeno potrò dire che ci ho provato...

Ringrazio le mie fedelissime lettrici

- Juu_Nana: la tua recensione mi ha resa molto felice, perché significa che ho raggiunto il mio scopo, volevo creare un'atmosfera tesa ed ansiosa. Quanto alla descrizione del periodo di"detenzione"... a dire la verità, mi sono già portata avanti con la parte successiva alla trasformazione in cyborg, ma, in effetti, la storia sarebbe molto più interessante con la descrizione della loro prigionia, quindi... diciamo che ci sto lavorando. Scusa se non ci sono mai su MSN, ma è un periodo veramente pieno e non ho molto tempo libero. Adesso spero di riuscire ad aggiornare più spesso e, naturalmente, a recensire "Cuore di Metallo"! Un bacione, spero di risentirti al prossimo capitolo, Ciao!

- Selhin: ti ringrazio per aver recensito anche l'ultimo capitolo, fa molto piacere vedere che il proprio lavoro viene apprezzato! Come vedi, la stuazione ha subito una svolta drammatica, anche se, giustamente, prevedibile. Mi raccomando, recensisci ancora, ci tengo molto a conoscere la tua opinione! 

Un grazie, naturalmente, anche a chi legge senza recensire!

                                                                                       Paola

  
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