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Autore: piperina    27/10/2014    5 recensioni
Un'azione sbagliata porta a delle conseguenze disastrose - e inaspettate. Se c'è un disegno divino, ce n'è anche uno diabolico.
Non era una buona giornata. Decisamente non lo era, e sapeva che non avrebbe potuto far nulla per evitare che la falce della disgrazia si abbattesse su di sé. Del resto, che diritto aveva di lamentarsi? Si era ficcato da solo in quella situazione.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da VI libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Draco&Hermione -Leather&Libraries'
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Salve a tutti!

Ecco a voi il primo capitolo di una storia che mi è venuta in mente quasi senza motivo, solo sentendo le parole di un paio di canzoni e usando una piccola idea che avevo avuto parecchio tempo fa – e per parecchio intendo anni, al solito ci metto una vita a concretizzare le cose.

Il titolo è ispirato alla canzone “Sacumdì Sacumdà” di Mina, leggermente adattato.


Dedicata a Ilaria, Valentina e Serena ♥

 

Buona lettura!

 

 

 

 Un giorno il Diavolo venne da me

*Act I*

Devil

 

 

 

 

«Devil.»

Non era una buona giornata. Decisamente non lo era, e sapeva che non avrebbe potuto far nulla per evitare che la falce della disgrazia si abbattesse su di sé. Del resto, che diritto aveva di lamentarsi? Si era ficcato da solo in quella situazione.

Beh, non esattamente da solo: quella stupida scommessa gli era valsa una convocazione dai piani alti, sapeva che sarebbe successo, che avrebbe perso e ci sarebbe stato un pegno grande quando l’Inferno stesso da pagare… ma non sapeva resistere alle tentazioni, soprattutto se le tentazioni venivano a lui in forma di scommessa.

«Diavoli della malora.»

Quei deficienti dei suoi compagni sapevano del suo debole per le sfide impossibili: più la posta in gioco era alta più lui si eccitava nell’impresa. Nessuno avrebbe mai rischiato la morte e avevano tutta l’eternità davanti a loro per scontare le eventuali punizioni delle loro malefatte.

Ma… oh, tentare di rubare un oggetto prezioso proprio al capo era qualcosa di assolutamente proibito. Certo, si sapeva che le prove di coraggio tra diavoli viaggiavano indisturbate sull’onda dell’indecenza e Lui ne era più che consapevole. Sembrava quasi che si divertisse a guardare i suoi fedeli tentare l’impossibile, rischiando sempre di più ogni volta.

Ovviamente non poteva che trarre piacere dall’elargire maledizioni e pene da scontare a destra e a manca, come i paggetti che, sorridendo, spargono petali di candidi fiori prima del passaggio della sposa. Lui gettava i suoi diavoli tra le fiamme nere, faceva a pezzi i loro corpi e li riassemblava in modo scomposto, toglieva loro i poteri o la facoltà di fare una cosa piuttosto che un’altra. Non era esattamente un paggetto sorridente.

Devil camminava con passo strascicato ma dall’andatura piuttosto sostenuta. Dopo quello che aveva combinato non poteva esattamente prendersela comoda alla convocazione del capo. Non sapeva se l’avrebbe trovato furioso o ghignante. Sperò che fosse furioso, perché quando ghignava non c’era da aspettarsi nulla di buono.

Sospirò, gettando del fumo nero dalla bocca, segno di agitazione. Sputava sempre fumo nero quando non si sentiva a proprio agio, o quando sapeva di aver fatto una cazzata apocalittica e attendeva di subire la punizione di tale cazzata apocalittica. Niente fiamme, quelle le soffiava quando era arrabbiato.

Lui incendiava qualsiasi cosa praticamente a qualsiasi ora del giorno e della notte. E succedeva quando era di buonumore.  Se era arrabbiato le fiamme, da rosse e aranciate, diventavano blu e viola. Quelle nere speravano tutti di non vederle mai, perché erano la punizione peggiore che veniva inflitta.

Se ghignava invece…

«Cristo, sono fottuto.»

«Devil non bestemmiare, lo sai che mi infastidisce.»

Si trattenne dal cacciare un’altra bestemmia rivolta ai Piani Altissimi e fissò il capo dei capi da sotto l’arco del grande portone spalancato che aveva appena raggiunto.

Eccolo, stava proprio lì. La sua condanna, la promessa che avrebbe subìto una delle punizioni più noiose e lunghe nel tempo che c’erano a disposizione. Era in bella vista perché i denti bianchi spiccavano in contrasto con le labbra color pece e la pelle rosso carminio.

Il Ghigno di Lucifero.

«Non indugiare. Avvicinati.»

Ma anche no, pensò intimamente mentre, tuttavia, faceva come gli era stato ordinato.

«Ma anche sì.»

Perché continuava ad affossarsi da solo? Si diede mentalmente dello stupido, e il ghigno del Signor Diavolo si ampliò. Leggeva nel pensiero. Non lo faceva così spesso ma si divertiva immensamente a sfogliare la mente dei suoi seguaci quando erano al suo cospetto per ricevere una punizione.

C’erano solo loro due nella Sala delle Fiamme. L’imponente trono su cui sedeva Lucifero era completamente avvolto dalle fiamme. Rosso e arancione. Devil si chiese se sarebbero rimaste di quel colore o se, disgraziatamente per lui, si sarebbero scurite.

Non aveva mai dovuto affrontarle fino a quel momento, ma chi ci era passato aveva giurato che sarebbe diventato un cagnolino ubbidiente e non avrebbe mai, mai più fatto qualcosa di tanto grave da meritarle una seconda volta.

«Mio Signore» piegò il capo in un inchino rispettoso, le lunghe corna ricurve in quel momento gli pesavano come una condanna a morte.

«Devil» ripeté l’altro, «spiegami perché ti sei fatto coinvolgere in quella che volgarmente potrei definire la cazzata del secolo

Non era una vera domanda. Sì, lo era, ma conosceva già la risposta. Se però non avesse affondato il coltello nella piaga che razza di Signore degli Inferi era? La reputazione era importante. Al giorno d’oggi era più importante del vero carattere e della personalità. Lui lo sapeva bene.

«Ho accettato una scommessa, Mio Signore» rispose il diavolo.

«Non potevi rifiutare?» sembrava che lo stesse prendendo in giro.

Che razza di domanda. «Avrei potuto, ma non l’ho fatto.»

Un rumore di tacchi, anzi di zoccoli per la precisione, segnalò l’ingresso di una diavolessa. Le diavolesse erano tutte belle. Il rosso della loro pelle era meno intenso di quello dei compagni maschi, avevano le corna più affusolate e aggraziate da vedere e i capelli erano sempre perfettamente acconciati, così come il trucco le rendeva, se possibile, ancora più belle.

Erano estremamente sensuali, si divertivano a provocare gli altri diavoli, ma erano anche terribilmente permalose e cattive. Il loro piacere risiedeva nella caccia e nella circuizione più che nell’atto stesso della consumazione, cosa cui invece miravano i maschietti. Sembrava che avessero tratto particolare ispirazione dal modo di comportarsi di molte donne umane: attirare l’attenzione dell’uomo, raggirarlo e lasciarlo in mutande. Insoddisfatto, il più delle volte.

Ma non era certo delle diavolesse che doveva preoccuparsi in quel momento. Stupido donnaiolo di un Devil che non era altro! Si insultò col pensiero mentre Lucifero ascoltava ciò che la diavolessa gli stava dicendo. Il Signore degli Inferi allargò il suo ghigno e la congedò.

«Ottimo lavoro» poi rivolse di nuovo la sua attenzione all’adepto da punire. «Immagini cosa ti aspetta?»

«Onestamente… no, Mio Signore.»

L’altro fece un movimento con la mano destra, nella quale apparve una pietra nera lucente finemente levigata. Oh, cazzo. Devil giurò a se stesso di non accettare mai più sfide proposte da quegli idioti dei suoi compagni di girone, e di alzare il forcone su ognuno di loro se ci avessero riprovato.

«Confisco i tuoi poteri

Il diavolo venne avvolto da una fiamma verde smeraldo. Il suo forcone gli si materializzò accanto e volò dritto dritto ai piedi di Lucifero, mentre del fumo rosso sangue prese ad uscirgli dalla bocca, dagli occhi, dalle orecchie a punta e da sotto le unghie ad artiglio delle mani.

I suoi poteri. Confiscati.

La pietra nera si librò in aria e iniziò a tremare, subito dopo il fumo rosso estratto dal corpo di Devil la colpì con scintille bianche e gialle, e dopo pochi istanti a mezz’aria rimase solo la pietra, più lucente di prima e bollente come se fosse appena stata estratta dal cratere di un vulcano in eruzione.

I suoi poteri. Sarebbero stati…

«Gemma verrà affidata ad un umano. Non ho potere di decidere chi, ma rinascerai in qualcuno di abbastanza vicino a questa persona.»

Non riuscì a dire nulla nell’immediato. Rinascere come essere umano e trascorrere tutta la vita mortale alla ricerca del custode dei suoi poteri… era una punizione terribile, ma accidenti se l’era cercata. Un tentato furto al Signore degli Inferi, quale che fosse il motivo, era un gesto davvero troppo avventato.

« Mio Signore…» quasi incespicò nelle parole «come farò a capire chi avrà Gemma?»

Lucifero, che durante quegli ultimi minuti era stato particolarmente serio, si lasciò andare ad un altro ghigno. Un lampo attraversò le sue iridi scarlatte. Si alzò, ergendosi nei suoi due metri abbondanti di altezza, e spalancò le immense ali nere.

Devil ebbe l’impulso di arretrare, ma non lo fece. Avrebbe indispettito Il Diavolo e non era proprio la ciliegina che avrebbe addolcito la torta su quella tavola imbandita di disgrazie. Da una parte voleva scappare, dall’altra non riusciva a staccare gli occhi da quell’ammasso di piume e fumo e infinito che erano le ali del suo padrone, magnifiche e dai contorni non definiti, come una pennellata lasciata a metà da un pittore stanco o pigro.

«Vedrai una luce sul petto del Custode» spiegò. «Dopo la definitiva sconfitta di Lord Voldemort…»

«Chi?» gli scappò di bocca.

Chi cavolo era Lord Voldemort? Non aveva mai sentito pronunciare quel nome. In che razza di casino era andato a ficcarsi, accidenti a lui…

Lucifero ghignò di gusto. «Non è ancora nato. Manca poco comunque. Inizierà a praticare Il Male molto presto, dovrai aspettare all’incirca sessant’anni prima di vedere il Custode.»

Devil non esplose nel fiume di bestemmie colossali che gli annegarono la mente in quel momento. Ses… sessant’anni di attesa? Senza poteri? Che cavolo avrebbe fatto per tutto quel tempo? Innanzitutto il primo punto sulla sua lista di cose da fare era sicuramente sgozzare quei deficienti di…

«Congedati, Devil» la voce di Lucifero interruppe il flusso dei suoi pensieri. «Trovati qualcosa da fare nel frattempo.»

Gli sembrò di sentire la sua risata sadica e compiaciuta anche se non stava realmente ridendo. Ma stava parlando con il Signore degli Inferi, ovviamente era in grado di ridere non ridendo.

«Ti chiamerò quando sarà arrivato il momento.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5 giugno 1980

Al San Mungo, ospedale magico di Londra, una donna respirava a fatica. Un’intera equipe medica le stava intorno, fornendole tutta l’assistenza necessaria.

Avrebbe voluto gridare come una pazza per il dolore che sentiva, per la stanchezza, lo sforzo, la tensione… ma non lo fece. Gridare non l’avrebbe aiutata, esternare a voce il suo malessere fisico avrebbe solo fatto sorridere chi l’avrebbe sentita e disturbato chi stava dormendo, dato che era notte fonda.

«Coraggio signora, ancora poco» la incitava un’infermiera a cui stava stritolando il braccio. «Spinga, ora!»

Fece come le era stato detto, stringendo da una parte il braccio dell’infermiera e dall’altro quello di suo marito. Era più pallido di lei, con gli occhi spiritati e visibilmente in agitazione, oltre che in imbarazzo. Mai e poi mai avrebbe voluto assistere al parto di sua moglie ma a lei non era rimasto nessuno, solo due sorelle con cui non aveva più rapporti idilliaci.

Anzi, una era letteralmente fuori dalla famiglia, l’altra la compativa e la sopportava.

«Amore» disse il ventiseienne mago accanto a lei, «è quasi fatta. Sei bravissima.»

Si sforzò di sorridere. L’avrebbe ringraziato per anni per l’enorme sforzo che stava facendo in quel momento, starle vicino nonostante l’istinto cercasse di fargli perdere i sensi. Quella era una bella prova d’amore per lui.

«E’ nato! esclamò il medico, sovrastato quasi subito da un pianto disperato. «Complimenti signora, un bel maschietto!»

Il bambino venne affidato alle cure di due infermiere, mentre una terza rinfrescava il viso della giovane paziente e l’aiutava ad essere presentabile e pronta per riposare.

«Ti amo.»

Non lo faceva mai in pubblico, era una persona estremamente riservata soprattutto riguardo il rapporto con sua moglie. Ma chissene fregava dei medici! Avevano appena avuto un bambino ed era felice.

Si chinò per darle un bacio, la vide sorridergli con gli occhi che brillavano, e le strinse forte la mano.

«Signori» li interruppe il medico, «come si chiama questo bel giovanotto?»

Lei bevve un po’ d’acqua che le aveva portato la gentile infermiera, mente il marito si voltò a guardare l’altro uomo.

«Draco Lucius Malfoy

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Next:

Ad un certo punto sentì un brivido percorrergli la spina dorsale e mozzargli il respiro in gola. Lo scompartimento fu avvolto da una luce tanto accecante da costringerlo a chiudere gli occhi e portarvi davanti una mano come ulteriore riparo.

Quando li riaprì, quasi instabile sulle gambe, vide che quel fascio di luce si era ridotto ad una piccola sfera bianca, e stava proprio…

Che Salazar mi aiuti! Pensò, guardando Gemma brillare.

 

   
 
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