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Autore: Bijouttina    28/10/2014    17 recensioni
Un biglietto da visita, una scommessa con gli amici e una piscina basterebbero a capire il significato della storia.
La gelosia e la dolcezza in persona, Marco e Serena.
Marco è un rappresentante e affascinante pallanuotista, Serena una dolce e sensuale commessa in un outlet.
Una storia frizzante e divertente, con personaggi molto particolari che vi conquisteranno.
***
« Ora la mia missione è conquistarla e farla innamorare di me.», mi sento bello deciso e carico.
«E se ci riuscissi? Poi che cosa faresti? Tu non resisteresti neanche due minuti in una relazione stabile. Facciamo una nuova scommessa. Tu la porterai in villa dai tuoi, la farai conoscere ai coniugi Rossini, se non scapperà, vorrà dire che è davvero innamorata di te, e se questo succedesse, tu le farai la proposta.».
«Sei per caso impazzito?».
Che cosa ha bevuto?! Che cosa si è fumato?!
«No, affatto. Se tu la porterai da loro, vorrà dire che sarai innamorato di lei, non lo faresti altrimenti. E se sarai innamorato di lei, metterai la testa a posto. Per la gioia della tua mammina. Che ne pensi? Ti va di rischiare?».
Ho voglia di farlo? Non molta, ma non mi tiro mai indietro.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La serie del rischio'
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10. Un pranzo da ricordare
Ormai frequento Serena da qualche giorno, la notte è fissa da me e passiamo ogni momento possibile insieme. Lorenzo non mi crede quando gli dico che non lo abbiamo ancora fatto. La nostra ultima conversazione telefonica è stata piuttosto accesa.
«Ma non esiste che ci dormi insieme e non te la scopi! Impossibile! Come si fa a dividere lo stesso letto con una gnocca del genere e non darci dentro sotto le lenzuola. Tu sei malato, socio, sei malato gravemente!».
Ha riattaccato dopo queste perle di vita vissuta. Non mi ha dato il tempo di dire la mia a riguardo, tanto per cambiare. Da quando esco con lei, mi sono reso conto che il sesso non è tutto, non dico che non lo avremmo fatto, abbiamo solo deciso insieme di non correre, di non bruciare subito tutte le tappe. Abbiamo parlato molto in questi giorni, le ho anche confidato della telefonata con mia madre e del pranzo della settimana prossima. Non era entusiasta, si vedeva, ma ha accettato senza trovare inutili scuse; probabilmente lo fa solo perché si sente in colpa.
Fra un'ora saremo a pranzo dalla sua famiglia e mi sento teso come una corda di violino. È la prima volta che faccio la conoscenza dei genitori della donna che frequento e non so come devo comportarmi.
Serena mi ha consigliato di essere me stesso, aggiungendo che sono perfetto così.
Lei, però, è di parte, anche se sentirsi dire di essere perfetto dalla tua donna, fa sempre un certo effetto.
Passo a prenderla alle undici e trenta, lei mi sta già aspettando sul marciapiede, si vede chiaramente che è un fascio di nervi.
«Sei sicuro di quello che stai facendo?», chiede in apprensione. «Sei ancora in tempo per tirarti indietro.».
«Sono sicuro, non ti lascerò andare da sola.». Le prendo la mano e intreccio le mie dita alle sue. È una cosa che faccio spesso ultimamente e mi piace tantissimo.
«Mia mamma è uno squalo.», aggiunge con espressione seria.
«L'acqua è il mio ambiente naturale.», la rassicuro. «Flounder, stai tranquilla, so badare a me stesso e poi ci sarai tu al mio fianco. Andrà tutto bene.».
Il sorriso tirato che mi riserva non è molto convincente, ha qualche riserva a riguardo e non la biasimo. Le stringo la mano lungo tutto il viaggio, cerco di tranquillizzarla per quanto sia possibile, anche se non ci riesco fino in fondo.
Arrivati davanti alla villetta della sua famiglia, mi accorgo che c'è una macchina sportiva rossa fiammante parcheggiata nel vialetto. Anche Serena la sta fissando perplessa.
«Di chi diavolo è quella macchina?», borbotta con gli occhi sgranati.
«Credo che lo scopriremo presto.», rispondo fermando la macchina dietro a quella incriminata.
Scendiamo e prendo un bel respiro. Serena si aggrappa al mio braccio e sospira.
«Ci sono io con te.», mormoro baciandole la tempia.
Raggiungiamo l'ingresso lentamente, come se stessimo andando alla graticola. Lascia andare il mio braccio e fa scivolare la sua mano nella mia. Preme il bottone del campanello. Ora non possiamo più tornare indietro.
Viene ad aprirci un uomo sulla sessantina, i capelli radi sono ormai quasi del tutto bianchi.
«Passerotta, sei arrivata finalmente!». Abbraccia la figlia con trasporto. «Tua mamma è tosta oggi.».
Sembra accorgersi solo ora della mia presenza e mi osserva con attenzione.
«Buongiorno signor Boissone, io sono Marco.», mi presento porgendogli la mano.
Lui la fissa dapprima titubante, ma poi la stringe con vigore.
«Allora la mia bambina non scherzava quando diceva di avere un ragazzo.», commenta.
«Perché avrei dovuto?», brontola la diretta interessata.
L'uomo la guarda amorevolmente. «Sai benissimo perché avresti dovuto.».
«Di chi è quella macchina?», domanda sviando l'attenzione su un'altra questione.
«Ecco, questo potrebbe essere un problema.», risponde il signor Boissone.
«E sarebbe?». Serena si sta alterando a vista d'occhio.
Una donna ci raggiunge alla porta, sicuramente la padrona di casa.
«Che cosa confabulate qui sull’uscio, entrate dai.». Spinge la figlia e il marito in casa, accorgendosi all'ultimo della mia presenza.
«E lei chi sarebbe?», chiede guardandomi dall'alto al basso.
Mi mordo l'interno della guancia per non tuonare con una risposta al veleno, il suo modo di fare sta già urtando il mio sistema nervoso.
«Sono Marco, il fidanzato di sua figlia.». Ho marcato apposta la parola fidanzato, l'ho vista sussultare. Le consegno la bottiglia di spumante che ho preso con me.
Marco uno - vecchia strega zero.
«Questo è tutto da vedere.», sibila a denti stretti.
Serena alza gli occhi al cielo e mi fa entrare in casa prendendomi per mano. La sua ansia si è trasformata in rabbia, assomiglia molto a una draghessa, potrebbe sputare fuoco da un momento all'altro.
Sua madre ci accompagna in una grande sala, un'immensa vetrata illumina la stanza e regala una panoramica del giardino ben curato. Quello che attira maggiormente la mia attenzione è un uomo biondo appoggiato con un braccio al caminetto. Sta mangiando la mia donna con gli occhi. Ora glieli cavo, sì, penso che lo farò. Si inumidisce le labbra prima di raggiungere la megera che gli sorride entusiasta.
«Tesoro, lui è Massimo, ho pensato di invitarlo a pranzo, così per fartelo conoscere.». Si stringe nelle spalle con fare noncurante.
Il padre scuote la testa sconsolato, non deve essere facile avere a che fare con una donna del genere.
Questo Massimo - anche il nome mi irrita - si avvicina a Serena, le prende la mano e se la porta alla bocca, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Lei lo sta incenerendo poco velatamente e questo mi rincuora non poco.
«Ho sentito molto parlare di te. Tua madre ha ragione, sei una visione.», ammicca.
Serena con una smorfia commenta: «Vedo che vi servite dallo stesso spacciatore.».
Questa era bellissima. Nascondo un sorriso dietro la mano, suo padre mi imita. La madre, invece, è piuttosto indignata.
«Signorina, ti sembra una cosa intelligente da dire?». La sgrida come se fosse ancora una bambina.
«E per te è normale tendermi una trappola, quando ti ho chiaramente detto che ero già impegnata?». Il fumo ora le esce dal naso, manca poco perché arrivino anche le fiamme.
«Bene, andiamo che il pranzo è pronto.». Il padre batte le mani e indica il tavolo apparecchiato a festa.
Non mi piace neanche un po' come sono sistemati i posti: Massimo è di fronte a me e la megera alla mia sinistra, fortunatamente Serena si siede accanto a me. Mi stringe il ginocchio con la mano, è tesa, non la biasimo.
Quel verme biondo continua a fissarla con le bave alla bocca, le mie gambe si muovono nervosamente sotto il tavolo, ho voglia di pestarlo a sangue, una voglia impellente.
«Allora Massimo, tua madre mi ha detto che sei un pediatra di fama nazionale.». La strega tesse le sue lodi.
Un pediatra, certo, per sua figlia solo il meglio. Io sono solo un povero rappresentante, non posso offrirle molto.
«Mia madre esagera sempre. Tu, invece...». Mi fissa aspettando di sapere il mio nome.
«Marco.», trattengo a malapena un ringhio.
«Tu, Marco, che cosa fai nella vita?», chiede con le mani intrecciate sopra il tavolo. I suoi occhi, schifosamente color del mare, continuano ad accarezzare Serena. Come se io non me ne accorgessi, non sono mica un coglione.
«Faccio il rappresentante di materie prime per pasticcerie.», rispondo mantenendo il contatto visivo.
Non mi fai paura, stronzo!
La megera borbotta qualcosa di incomprensibile, ha sicuramente da ridire sul mio lavoro onesto.
«Interessante. Io ieri ho salvato la vita a un bambino di due anni, stava entrando in coma a causa di uno shock anafilattico.». Si vanta.
Legatemi alla sedia, o giuro che non esce vivo da questa stanza.
«Tu, invece, che fai per salvare il mondo?».
«Mamma!», sbotta Serena sgomenta.
La rassicuro toccandole un braccio, me la cavo anche da solo.
«Non salverò delle vite come il dottore qui presente, probabilmente non farò niente che possa salvare il mondo, però amo sua figlia, non le basta? La rendo felice, o almeno lo spero, posso prendermi cura di lei. Che altro vuole da me?».
«Riusciresti anche a mantenerla economicamente con quel lavoretto insignificante?».
«Giovanna, ora basta!», tuona il marito rosso in viso. «Hai superato ogni limite! Chiedi subito scusa a Marco.».
«Non fa niente signor Boissone.», m'intrometto con un gesto della mano.
«Invece deve scusarsi, non tollero queste mancanze di rispetto. Se mia figlia ti ha portato qui, vuol dire che tiene a te. È grande abbastanza per scegliersi un uomo da frequentare, senza che sua madre ci metta il becco.». Si alza di scatto da tavola.
«Papà, stai calmo, ti prego.».
Serena lo raggiunge e gli posa una mano sul braccio.
«Va tutto bene.». Lo avvolge in un abbraccio.
«Mi dispiace.», farfuglia sua madre nella mia direzione. «Non dovevo parlarti in quel modo.».
Sembra davvero dispiaciuta ed è una grande soddisfazione.
Marco due - vecchia strega zero
«Non fa niente.», le dico.
Si guarda intorno e, appena è certa che nessuno ci sta ascoltando, domanda: «Sei davvero innamorato, o sei stato costretto a venire qua oggi per fare un dispetto a me?».
Non mi va di parlare di queste cose con lei, i miei sentimenti per Serena sono solamente miei, ma il suo sguardo carico di attesa mi sta mettendo in soggezione.
«Sono davvero innamorato di lei.», le confesso. E lo penso davvero, mi sono reso conto di amarla.
«Lei lo sa?».
«No, non gliel'ho ancora detto.». Sposto lo sguardo su Serena. Sta ancora abbracciando il padre.
«Fallo, o te ne pentirai.», mi consiglia la madre prima di raggiungerli e unirsi all'abbraccio.
«È davvero un bel bocconcino, le darei volentieri una bella ripassata.», sussurra il verme sporgendosi verso di me.
«Prova anche solo ad avvicinarti a lei e ti stacco le palle. Lei non è disponibile.», sibilo tra i denti.
«Dubito che riuscirai a tenertela stretta, una come lei non starebbe mai con un poveraccio come te.», prosegue con cattiveria.
Vorrei fargli notare che la mia famiglia possiede molti vigneti e sono proprietari di una rinomata cantina, ma non mi abbasserò ai suoi livelli. Non sprecherò altro tempo con lui.
«Credi quello che vuoi.», ringhio infastidito. «Non ho intenzione di perderla. Chi cazzo sei tu? Non la conosci nemmeno.».
«No, non la conosco, ma so com'è quel genere di donna, sono tutte uguali. Regali loro un gioiellino, le porti fuori a mangiare in qualche ristorante di classe, le fai sentire speciali e loro te la danno finché tu non ti stancherai di loro e andrai alla ricerca di carne fresca.».
Si sente quando parla, o lo fa solo per dare aria alla bocca? Serena non è come tutte le donne e non si lascerebbe mai abbindolare da tutto questo materialismo. Lui non ha la minima idea di come sia lei e mai lo saprà, io non lo permetterò. Lo castro prima che si possa avvicinare a lei, può starne certo.
«Sei sempre così sicuro di te?», sputo acido.
«Sono sicuro delle mie potenzialità, sono un uomo di classe e le donne cadono puntualmente e irrimediabilmente ai miei piedi. Tu avrai anche un bel visetto, ma che cosa puoi offrirle? Farina e zucchero?». Ride come un cretino.
Si crede divertente? Deve avere qualche problema serio e la cosa assurda è che non se ne rende nemmeno conto, dovrebbe farsi fare un controllo approfondito da qualche suo amico medico.
«Almeno posso donarle dolcezza, tu sembri completamente privo di questa caratteristica.».
Non dovrei nemmeno dargli retta, ma è più forte di me, non riesco a stare zitto.
«Oh, posso essere l'uomo più smielato al mondo se serve alla causa.», sogghigna divertito. «Portarmele a letto, se non avessi capito e mettiti il cuore in pace, mi scoperò la tua donna.».
Buono, buono, calmo, calmo, ma solo fino a un certo punto. Mi alzo di scatto dalla sedia e lo prendo per il bavero della polo firmata.
«Ascoltami bene, stronzo, tu Serena non la vedrai nemmeno con il binocolo e se oserai anche solo avvicinarti a lei, ti uccido con le mie stesse mani. Ti ho avvertito, vedi tu quello che vuoi fare.».
Lo lascio andare e mi risiedo al mio posto come se niente fosse. Lui mi fissa con odio, che aumenta a vista d'occhio quando Serena torna al mio fianco e mi bacia poco castamente lì davanti a tutti.
Marco uno - verme schifoso zero
Non permetterò che sfiori la mia donna neanche con un dito, dovrà passare sopra il mio corpo freddo e rigido.
 
 
***
 
 
Mia madre ha superato se stessa oggi, in senso a dir poco negativo. Come ha potuto invitare Massimo a pranzo quando le avevo chiaramente detto che ero già impegnata? Giuro che non ho parole, è una cosa talmente stupida e irrazionale che non so che cosa dire. Lo ricordavo come un ragazzino fastidioso e antipatico, beh, non è cambiato negli anni, anzi è perfino peggiorato. Ora è anche borioso e si crede Dio in terra.
Quanto vorrei sputargli in un occhio.
La cosa che al momento mi dà più fastidio è il modo in cui mi sta fissando. Sembra a caccia, peccato che con me non avrà mai nessuna possibilità, è una causa persa in partenza.
Dopo la sfuriata di mio padre, l'atmosfera è sensibilmente cambiata. Mia madre è più gentile nei confronti di Marco, non gli rivolge più domande impertinenti o al limite del decente, riesce perfino a regalargli dei sorrisi sinceri. Mio padre deve averle dato una bella strigliata prima in privato.
I miei genitori si assentano per rassettare la cucina, rimanendo noi tre nel salotto.
«Allora, Serena, non hai mai pensato di cercarti un lavoro per quello che hai studiato? Sbaglio o hai frequentato il turistico? Siamo vicini al lago, potresti lavorare nel tuo settore.».
Massimo si siede sul divano e accavalla le gambe, si mostra interessato, anche se so per certo che non gliene frega un cavolo. Il suo unico scopo è provarci con me, ma non ha la minima idea di chi ha davanti.
«Sbaglio o tu volevi fare il ginecologo quando eri un ragazzino? Per fortuna ti sei dato alla pediatria...». Lascio volontariamente la frase in sospeso.
Non lo vorrei mai come ginecologo, porco com'è.
«Beh, ho cambiato idea.», grugnisce infastidito.
Mi stringo nelle spalle, non me ne può fregare di meno.
«Comunque a me piace il mio lavoro, mi soddisfa e riesco a pagare tutte le spese, non ho bisogno di altro.», gli dico.
«Magari ti piacerebbe avere un uomo che ti possa regalare uno stile di vita dignitoso... un uomo come me, per esempio.». Mi strizza l'occhio.
Marco digrigna i denti, le sue mani si stringono a pugno, è pronto ad attaccare; sembra un leone chiuso in gabbia che non vede l'ora di essere liberato.
«Ho già un uomo perfetto al mio fianco e, per la cronaca, io amo la mia dipendenza. Non ho davvero bisogno di un uomo spocchioso come te, non li ho mai sopportati. Mi faresti un piacere?».
«Tutto quello che vuoi, principessa.», ammicca maliziosamente.
Un senso di disgusto piuttosto accentuato mi pervade, lo prenderei a calci nelle parti basse.
«Smettila di provarci con me, ti stai solo rendendo ridicolo. Tu non mi piaci, non mi sei mai piaciuto e mai mi piacerai. Io sto con Marco, non ho intenzione di lasciarlo, quindi regolati di conseguenza.».
Marco mi prende la mano e intreccia le sue dita alle mie.
«Sei stata grande.», mi sussurra all'orecchio facendomi venire la pelle d'oca.
Voglio tornarmene a casa e stare un po' da sola con lui, ne ho abbastanza di questo pranzo. Raggiungo i miei in cucina, lasciando soli i due uomini, spero non servirà chiamare la polizia per separarli.
Appoggio la testa sulla spalla di mio padre che sta asciugando diligentemente i piatti che man mano mia madre gli passa. Sospiro.
«Mi dispiace per il mio comportamento, tesorino mio.», comincia lei asciugandosi le mani sul grembiule che ha legato in vita. «Sai, da come ne parlava sua madre sembrava un gran brav'uomo.».
«E invece?», la sprono a proseguire il discorso.
«Invece è un gran cafone! Un bel ceffone ci stava davvero bene. Marco è un signore, devo ammettere che hai scelto bene.». Mi sorride.
Mia madre che mi fa un complimento è una cosa rarissima, devo segnare l'evento sul calendario.
«Lo ami?», mi chiede a bruciapelo.
«È troppo presto per parlare di amore, ci frequentiamo solo da qualche giorno.». Mi sento avvampare all'improvviso, il viso è completamente in fiamme.
«So che non ti serve, ma ha la nostra approvazione.». Mio padre mi stupisce con queste parole.
«Grazie.», farfuglio in totale imbarazzo.
Mio padre prende in mano la bottiglia di spumante che ha portato Marco e la osserva con attenzione.
«Cantine Rossini. È uno dei migliori in assoluto.», commenta.
«Suo padre è il proprietario.», dico con noncuranza, sistemando una ciocca di capelli che continua a cadermi negli occhi.
Sbuffo, devo fare qualcosa per questi capelli. Quando torno a guardare i miei genitori, entrambi mi stanno fissando con gli occhi sgranati.
«Che c'è?», sbotto facendo cadere le braccia lungo i fianchi.
«Tu vorresti dirmi che Marco fa Rossini di cognome?», domanda mio padre in stato confusionale.
«Sì, che problemi ci sono?».
Non capisco tutto questo sbalordimento.
«Quindi esci con il figlio di uno degli uomini più ricchi della provincia?», prosegue mia madre slacciandosi il grembiule e appendendolo all'apposito gancio al muro, che però manca e finisce a terra.
«A quanto pare.». Mi stringo nelle spalle. «Domenica sono a pranzo da loro.».
Mia madre mi mette entrambe le mani sulle spalle e mi scuote vigorosamente.
«Ti prego, dimmi che hai qualcosa di decente da indossare!».
Potrei dare di stomaco se non la smette di agitarmi come uno shaker.
«Mamma, ti scongiuro, sto per vomitare.».
Fortunatamente comprende al volo e si ferma, tenendo comunque in ostaggio le mie spalle che stanno chiedendo pietà.
«Ho un sacco di vestitini carini in armadio.», brontolo.
Mio padre fruga nelle tasche e tira fuori il portafoglio, mi porge una banconota da cinquanta euro.
«Vatti a comprare qualcosa di appropriato.», mi consiglia.
A quanto pare per loro mi vesto da schifo. Potrei offendermi, ma non ne ho voglia. Prendo la banconota e ringrazio gentilmente, dando a entrambi un bacio sulla guancia. In fin dei conti lo fanno per il mio bene, almeno spero.
Quando torno in sala, Marco mi raggiunge a grandi falcate.
«Portami via da qua, o giuro che lo ammazzo. È un gran figlio di...», lo zittisco con un bacio.
«Andiamo a casa.», mormoro accarezzandogli dolcemente il viso.
Massimo prova ad avvicinarsi a noi, ma lo allontano tagliando l'aria con un gesto secco della mano, non ne voglio più sapere di lui. Marco lo incenerisce con lo sguardo, se potesse lo ammazzerebbe con le proprie mani e io non lo fermerei, probabilmente lo aiuterei.
Salutiamo i miei genitori, ora sono più felici del fatto che io frequenti Marco e ho anche una vaga idea del perché. Saliamo in macchina in fretta e furia e sgommiamo via.
Una volta in strada, mi lascio andare a una risata isterica, un modo come un altro per espellere tutto il nervosismo accumulato. Marco mi osserva di sottecchi e sorride.
Mi prende la mano e se la porta alla bocca, me la bacia con dolcezza. Mi sento decisamente meglio ora.
«Merda.», esclama una volta arrivati sotto casa sua. «Mi sono dimenticato che avevo appuntamento con Lorenzo.».
«Che problemi ci sono?», domando non capendo la sua frustrazione.
«Beh, avrei voluto passare del tempo da solo con te.», brontola buttando fuori un po' per volta l'aria che ha incamerato nelle guance. «E c'è anche la partita oggi.».
«Recupereremo stasera.», lo rassicuro.
«Dopo la partita c'è la pizza.», sbuffa.
«Vorrà dire che recupereremo stanotte.», mormoro allusiva.
Lui, parcheggia la macchina in garage e si volta a guardarmi.
«Voglio fare l'amore con te.», confesso a fior di labbra. «Lo desidero tantissimo.».
«Oh amore mio.», esclama baciandomi avidamente. «Fai di me tutto quello che vuoi, il mio cuore è nelle tue mani.».
Nessuno mi aveva mai detto una cosa così dolce in tutti questi anni, nessuno. Mi approprio nuovamente delle sue labbra e le assaporo finché non veniamo interrotti dal suo amico.
«È un'ora che ti aspetto qui fuori. Dove cazzo sei stato?», borbotta l'uomo.
Si ferma di scatto quando si accorge che Marco non è solo.
«Okay, ora si spiegano molte cose.», commenta con un sorriso malizioso sulle labbra. «Vieni a vedere la nostra partita? Puoi portare anche qualche amica se ti va.».
«Che siano donne, mi raccomando.», sussurra Marco senza farsi sentire.
«Io pensavo di portare anche Luca.», gli dico. «Ha una cotta pazzesca per lui.».
Marco scoppia a ridere.
«Ci sarà da divertirsi.».
«Che cosa c'è di tanto divertente? Voglio ridere anch'io!», esclama Lorenzo non nascondendo tutta la sua curiosità.
«Niente!», tuoniamo entrambi per poi ridere come dei pazzi.
«Voi non me la raccontate giusta.», borbotta mettendoci il broncio.
«Ho un paio di amiche davvero carine che potrei farti conoscere.».
Sulle labbra di Lorenzo si forma un sorriso grandissimo.
«Ora si comincia a ragionare.», gongola soddisfatto.
Marco scuote la testa e scende dalla macchina, viene di corsa dal mio lato e aiuta a scendere anche me. Lo ringrazio con un bacio sulle labbra, lui non perde l'occasione di approfondirlo, lasciandomi completamente senza fiato.
«Mi sento un tantino di troppo qui.», borbotta Lorenzo alle nostre spalle.
Marco non lo bada neanche, continua a sfamarsi della mia bocca, stringendomi ancora di più a sé.
«Va bene, ho capito. Vi aspetto in casa. Mi raccomando, usate precauzioni, sarebbe un problema se ci fosse un piccolo Marco in arrivo.».
Quando sento una porta chiudersi, smette di baciarmi, ma non stacca le sue labbra dalle mie.
«Volevo che se andasse.», soffia dolcemente.
«L'avevo intuito.», rispondo con il fiato corto.
Alzo lo sguardo, e i miei occhi rimangono incatenati a quelli blu di lui. Mi tiene a sé con un braccio, i nostri corpi aderiscono perfettamente. Mi posa la mano sulla guancia, delinea il contorno del mio viso con le dita, lentamente. Deglutisce faticosamente, sembra accigliarsi impercettibilmente. Sto per chiedergli che cosa c'è che non va, ma due dita si posano sulle mie labbra, intuendo la mia volontà di parlare.
«Volevo dirti una cosa e sono terrorizzato.», comincia.
«Tu, Mr Sicurezza, sei terrorizzato?». Lo prendo in giro cercando di non sembrare nervosa, ma la mia voce non collabora del tutto ed esce strozzata.
Si stringe nelle spalle.
«Mi hai beccato. Anch'io, purtroppo so essere insicuro, soprattutto da quando ti conosco.», ammette con un sorriso sghembo.
Vorrei aggiungere qualcosa, ma le parole mi muoiono in gola appena mi concentro sullo sguardo di Marco, spaventato, carico di attesa, ma allo stesso tempo incredibilmente dolce.
«Non so come dirtelo, non sono abituato a intrattenere questo tipo di conversazione, ma allo stesso tempo voglio che tu sappia.». Si schiarisce la gola e prende un bel respiro.
Il mio cuore comincia a battere all'impazzata, di questo passo mi sfonderà il petto.
"Ti prego Marco, questa attesa mi sta uccidendo.". Vorrei urlargli, ma mi mordo la lingua, lasciandogli il tempo di riordinare le idee.
Chiude gli occhi e, quando li riapre, le sue parole mi travolgono come un fiume in piena.
«Mi sono innamorato di te, follemente.».
La mia bocca si apre e richiude immediatamente senza che alcun suono esca, la mia mente è completamente svuotata, come se fosse stata resettata e non conoscesse più alcuna parola.
«Ti prego, dimmi qualcosa.», mi supplica, un filo di disperazione nella sua voce.
Una lacrima scende incontrollata, rigandomi una guancia. La asciuga senza esitazione con le dita tremanti. Sì, sta tremando e io non riesco a dire niente per tranquillizzarlo. Potrei dirgli che anch'io sono innamorata di lui, ma non ne sono certa e non voglio dirlo così, tanto per farlo sentire meglio. Potrei dirgli che sono felice di quelle parole, ma non so se lo sono davvero. Una moltitudine di sentimenti contrastanti tra loro si fanno strada nel mio cuore, non so proprio come comportarmi.
«Mi accompagni a casa?», chiedo dal nulla.
Con tutto quello che avrei potuto dirgli, il mio cervello ha formulato solo questa domanda assurda. Vedo la sua mascella contrarsi, il suo sguardo indurirsi, mi risponde solo con un cenno di assenso del capo. Mi lascia andare lentamente, lungo il tragitto non proferisce parola, mi lascia con un "Ci vediamo dopo" detto a fatica e senza nemmeno guardarmi negli occhi.
Credo di aver combinato proprio un bel pasticcio.

 
***Note dell'autrice***
Eccomi qui con questo capitolo intenso. Finalmente è arrivato il tanto atteso pranzo. Che cosa ne pensate? La madre di Serena ha superato ogni limite! Vi avevo avvertito che avrebbe combinato di peggio, molto peggio e Massimo è il risultato! Chi vuole unirsi al comitato “Randelliamo Massimo sui denti”? Marco alla fine ha confessato a Serena di essersi innamorato di lei. Povera, non ha saputo che cosa rispondergli… panico più totale. Lui ci è rimasto un po’ male. Che cosa accadrà ora? Qualche idea? Sono sempre curiosa :)
A martedì prossimo per la partita!
Grazie infinite a tutti quelli che hanno messo la storia tra i preferiti/seguiti/ricordati, ai lettori silenziosi e a tutte quelle donnine che mi lasciano sempre un commento: vi adoro tutti! ♥



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