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Autore: SilverSoul    06/11/2014    4 recensioni
La vita di Maka, chiusa in un appartamento in unica compagnia dei suoi amati libri, sta per cambiare.
Riuscirà il mondo reale ad essere all'altezza di un mondo di carta, dove le alte aspettative, i grandi amori e i sogni nel cassetto sono a portata di mano?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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7) So scandalous!
 
Da che si ricordi, Maka aveva sempre adorato leggere.

La ragazza non rammentava neanche più quando fosse iniziata la sua passione divorante per quelle creature cartacee, che ancora oggi l’accompagnava: semplicemente, era sempre stata parte di lei, una naturale estensione della sua anima, un po’ come una mano o un braccio risultavano essere parte del suo corpo.

Era qualcosa di costitutivo, di essenziale: i libri erano la sua personale riserva di ossigeno che le permettevano di andare in apnea, isolandosi dalla realtà, autoescludendosi da un mondo che non le piaceva.

Cosa, questa, altamente prevedibile, dato il genitore screanzato che la natura le aveva concesso.

Aveva imparato a leggere da piccolissima, alla tenera età di quattro anni, strizzando i piccoli occhi verdi alla luce fioca della lampada posta accanto al letto e torcendo le pagine tra le sue manine rosee, rese nervose dallo sforzo.
Mentre suo padre dormiva stravaccato sulla poltrona accanto al letto della bimba con la bava alla bocca, reduce dalla solita serata di follie con una delle sue innumerevoli conquiste, infatti, la piccola Maka si esercitava fino a tardi sulle pagine delle fiabe della buonanotte, sforzandosi di comprendere il significato nascosto di quell’ammasso intricato di linee nere dalle forme eleganti sparse sui fogli, rievocando nella mente le esatte parole con cui sua madre le leggeva quelle stesse storie, indicandogli  man mano ogni vocabolo presente sulla pagina decorata, mentre le sorrideva felice.

Maka si lasciava cullare dal ricordo del dolce suono della voce della donna che leggeva per lei fino a quando, stremata, la piccola si addormentava, stringendo il grande volume al petto, le ciglia rese brillanti dalla luce della lampada ancora accesa, scintillanti di lacrime trattenute.

La bimba aveva capito molto presto, dopo la morte della madre, che non ci sarebbe stato più nessuno a leggerle le fiabe fino a farla addormentare. Non ci sarebbe più stato nessuno che si sarebbe preso cura di lei amorevolmente, così come aveva fatto lei.
 Sì, aveva cercato di affidarsi a suo padre, ci aveva provato: ma aveva ben presto capito –dopo una o due delusioni di troppo- che quell’uomo che non riusciva a rinunciare all’alcol e alle donne per amor suo, non sarebbe mai potuto diventare uno dei punti fermi della sua vita.
Così, aveva deciso di diventare grande, di crescere,di fare a meno di quell’uomo che, in qualche suo strambo modo l’amava, e di cercare di arrangiarsi da sé. D’accordo, era piccola, una bimba spaesata e persa, orfana di madre, ma non era stupida: affidarsi alle cure dell’uomo senza riflettere sarebbe equivalso al gettarsi in mare da un’alta scogliera.

Sventato e molto stupido.

E, nel suo tentativo di rendersi indipendente, si era messa in testa di imparare a leggere.

Ci aveva messo un po’, aveva faticato e studiato quegli strani caratteri per interminabili ore, ma i risultati non si erano fatti attendere.
Dopo qualche mese, era già in grado di leggere le storie più semplici.

Più passava il tempo, e più Maka si impratichiva, e più il volume dei tomi che la bimba trascinava sotto le coperte aumentava.
 
 
La sua storia preferita si intitolava “La princetta e il capitano”*: era un tomo alto una spanna, con la copertina di un bellissimo verde mare. Maka non aveva mai creduto al detto che diceva “un libro non si giudica dalla copertina” perché sì, lei lo faceva sempre. E quando, quella volta in libreria, mano nella mano col padre che doveva farsi perdonare l’ennesima scappatella, il suo sguardo era stato attirato da quel volume luminoso, semi-sommerso da una marea di libri neri, aveva subito capito di aver trovato un piccolo tesoro.

Liberandosi dalla stretta del padre in tutta fretta, si era precipitata a raccogliere quel prezioso volume, timorosa di vederselo sottrarre: era poi tornata da con tutta calma dal genitore, bloccandosi ad un passo da lui.
Aveva poi sollevato il libro, dal colore così diverso ma anche così simile a quello dei suoi occhi, e aveva detto solo : << Questo. >>

Una volta tornata a casa, si era chiusa in camera sua e si era gettata sul letto senza neanche togliersi le scarpe, iniziando a divorare le pagine, una a una, assaporando ogni dettaglio.

La princetta era una piccola principessa che, annoiata dalla vita di corte e costretta ad un matrimonio forzato, una notte decise di scappare con il figlio di un pirata.
Sulla nave dei contrabbandieri, la piccola decise di tagliarsi i lunghi capelli come atto di coraggio e segno di distacco definitivo dalla vita che aveva scelto di non vivere,  come affermazione della sua indipendenza e libertà: l’unico modo che aveva per domare la sua chioma ribelle, ora, era quella di costringerla in due codini.
La ragazza crebbe vivendo mille avventure e divenne una donna forte e bella, rispettata da tutti, con amici sparsi in tutto il mondo e l’anima gemella sempre al suo fianco.
Una persona completa e felice, insomma.
 
E’ risaputo che, da sempre, i libri letti durante l’infanzia sono quelli che più sono in grado di influenzare la psiche e il carattere di una persona, anche nel profondo.
Da quel giorno, la biondina prese ad acconciarsi i capelli in due morbidi codini ai lati della testa e a portare il meraviglioso libro azzurro, chiave di volta della sua rivoluzione interiore, sempre con sé, rileggendolo più e più volte, fino a consumarne le pagine.
 
***

Maka, in fondo, era sempre stata una ribelle.
E lo aveva dimostrato in più occasioni, crescendo.

Si era ribellata contro la morte della madre, continuando a farla rivivere nei suoi pensieri e nella sua passione per la lettura.

Si era ribellata alle cure del padre, sempre assente e distratto, relegandolo al ruolo di mero spettatore della sua vita.

Si era ribellata, per quanto le fosse stato possibile, alle imposizione della massa:  ad esempio, il sabato sera lo passava in compagnia di pagine profumate d’inchiostro, non in discoteca, come le sue coetanee. Non si vestiva secondo la moda, ma continuava imperterrita ad indossare la sua gonna scozzese, camicia bianca, cravattino, mantella nera e anfibi, non lasciandosi scalfire dai commenti maligni delle compagne. A lei piaceva studiare e lo dimostrava sempre e comunque, divenendo la prima della classe già dalle elementari, fregandosene se qualcuno la chiamava “secchiona” o se la cosa non era abbastanza “cool” per gli standard altrui.

Ed essendo l’anima di questa bionda creatura legata a doppio filo col mondo di carta, come pensare che la sua ribellione non si sarebbe ripercossa anche sulla sua bruciante passione?

Durante l’adolescenza, infatti, mentre tutte le sue amiche e compagne si dedicavano ai libri d’amore, riversando brevi sospiri e lacrimucce sulle pagine dei loro romanzetti rosa e sbirciando, contemporaneamente , da sopra la copertina, discrete ma attente, cercando il principe in calzamaglia azzurra sul suo destriero perlaceo che le avrebbe condotte al castello, Maka si dedicava ai fantasy, ai gialli, ai thriller e agli horror.
Parallelamente, anche lei scrutava vigile da sopra la copertina dei suoi libri, che ormai  invadevano la sua piccola stanza, ma per controllare che non vi fossero strani clown o sospetti movimenti nella penombra che la lampada non riusciva ad illuminare.
Attorno ai vent’anni, poi, Maka si era poi riscoperta donna.

Non le bastavano più i brividi ghiacciati giù per la schiena o il sottile terrore che si infiltrava nella sua mente a causa di tutti gli orrori che leggeva, aveva bisogno di qualcosa che la scaldasse e riempisse internamente.

Aveva quindi riportato alla luce suo nucleo più femminile,  che negli anni aveva nascosto tra panni abbondanti e videogame traculenti, e si era data ad un nuovo genere di romanzi, quelli che avevano come tematiche l’amore, l’amicizia e i drammi e problemi quotidiani.
E quando, affascinata, aveva scoperto di aver letto più o meno tutti i romanzi rosa in circolazione, decise che ne voleva ancora, che voleva di più, che il tempo dell’amore dolce dai lievi baci rubati è finito.

Maka voleva la carne, le labbra, e ogni altro libro viene dimenticato, mentre la bionda cade preda di un vortice di sensazioni nuove e sconosciute, ma impetuose, che la scottano fino a bruciarla ma senza mai farle male.
Cerca libri sempre più spinti, sempre più dettagliati, bramosa di calore e di informazioni, di sensazioni,  senza però mai scadere nei romanzi  erotici fini a sé stessi.
Maka  era diventata schiava volontaria dei suoi desideri e istinti più reconditi, persa nella ricerca di mondi cartacei dove ancora la sensualità è un derivato della complicità e della scintilla di passione che scattano  tra due persone, dove il sesso è una conseguenza e non il piatto forte.

I libri, però, hanno un grosso prezzo: ti offrono tutto quello che sono, tutto ciò di cui hai bisogno e cerchi, tutto quello che desideri, ma in cambio pretendono che doni loro tutta te stessa.

A furia di leggere, di perderti tra le pagine di un qualsiasi tomo, divorandolo senza pietà, soddisfacendo la tua immaginazione, rischi di perdere te stesso, e di non uscirne più.

Rischi di desiderare troppo, di rimanere ad aspettare una vita intera qualcosa o qualcuno che molto probabilmente non arriverà mai, osservando attentamente la tua vita dai margini, ma senza vivere veramente.
E quando il vuoto che hai dentro diventa così insopportabile da iniziare a scavarti nella carne, a divorarti ossa e muscoli, ti ritrovi a gettarti tra quelle pagine tanto care e sicure, che profumano di casa, tuffandoti per giorni in storie sempre diverse eppure così vicine, così reali.

E poi, una volta sazia di parole, riemergi da quei fogli del peccato, ritrovandoti catapultata in un mondo che non ti appartiene, che risulta così tanto vacuo e noioso ai tuoi sensi ancora eccitati da risultare doloroso.

E via così, in una spirale infinita di immaginazione e ritorno al reale.

E’ facile entrare nel mondo di carta, il problema vero è uscirne.

Lì, in quel mondo fantastico, hai tutto ciò di cui hai bisogno, tutto quello che ancora non sai di volere.
E Maka, dalla dipartita della madre, non riusciva a smettere di leggere: i libri erano la sua droga, in grado di donarle quegli attimi di felicità e calore che non provava più da tempo.

Una dipendenza che si era aggravata –anche se la bionda non l’avrebbe mai ammesso- dopo l’abbandono del padre.

“La gente è così arida, secca e piatta, se conosciuta di persona”, rifletteva spesso la bionda, appollaiata sul bracciolo del divano, gli occhi persi tra le righe fitte del volume di turno, “mentre i personaggi… Loro sì, sono così complessi, ma allo stesso tempo decifrabili, così pronti ad essere letti, assaporati… Sono ansiosi di condividere anche i loro desideri più nascosti e i segreti più reconditi con te, semplicemente e onestamente. Di quante persone si può dire lo stesso, anche ammesso che abbiano qualcosa di così interessante da dire?”

A questo punto delle sue considerazioni, la bionda iniziava ad agitarsi, cambiando continuamente posizione sul sofà, davanti agli occhi le immagini di tutte quelle persone che aveva considerato amiche, e si erano rivelate l’esatto contrario.
Quando le stilettate al cuore diventavano troppe da sopportare, Maka si alzava di scatto, con un dito inserito a tenere il segno del libro chiuso, e marciava fino alla sua adorata poltrona rossa, sprofondando nel suo cuscino avvolgente e perdendosi nel panorama di Death City.

“Dei personaggi posso fidarmi, non mentono mai”

E se un protagonista o una trama non ti aggrada, puoi sempre posare il libro e passare al prossimo, piccola Maka.

E’ tutto così semplice nel mondo di carta.

I personaggi sono sempre pronti ad accoglierti, a farti sorridere, rilassare e a renderti felice, senza neanche che una singola sillaba esca dalla tua bocca.
Loro, ti capiscono sempre, esistono per te, ti fanno sognare con le loro avventure.
Nel mondo di carta, puoi avere un amore come quello delle fiabe, infinito e indissolubile, forte e sempre passionale, nessuna routine che intervenga a spegnere le braci che alimentano i tuoi sentimenti.
Le tue aspettative sarebbero sempre appagate: amicizie fedeli, fraterne, un amore  certo quanto la morte, il lavoro dei tuoi sogni: tutto è possibile, basta immaginarlo.

In fondo, i libri sono il pane di cui si ciba la fantasia, sono quello che mantiene attiva la mente.

Come si può rinunciare a qualcosa di così… appagante?
Maka non lo aveva fatto.

Si era persa tra le spire di carta, persa come Alice nel paese delle sue meraviglie, identificandosi così tanto con le storie di cui leggeva da dimenticarsi di vivere davvero, non accorgendosi che quelle stesse spire che dapprima la avvolgevano protettive ora la stavano stritolando.

Questo, fino all’arrivo di Soul.

Fino all’arrivo di quel diavolo di un albino, sempre pronto a tormentarla, sempre presente, sempre appiccicato, sempre pronto a prenderla in giro e a tenerla lontano da quelle che erano diventate le sue personali prigioni d’inchiostro.
Le aveva sconvolto la vita, costringendola a concentrarsi solo su di lui, ad interrompere il suo esilio dal mondo.
Le aveva fatto capire che oltre ai libri, c’è qualcosa di più, qualcosa per cui vale la pena vivere.
Le aveva sconvolto la vita, è vero,  ma l’aveva anche salvata da se stessa.
L’aveva salvata dal suo abbandono alla carta, l’aveva riportata alla vita.
 
Maka aveva smesso di essere apatica e impassibile, aveva smesso di essere indifferente a tutto e a tutti, aveva ripreso a provare rabbia, piacere, dolore e gioia e tutta un’altra serie di sensazioni nuove, che  la sconvolgevano e la travolgevano come un’onda d’oceano: Maka era tornata a respirare, fuori dalla sua bolla, finalmente.
Ora la ragazza passava le giornate a ridere, bisticciare, a litigare e a divertirsi con l’albino.
Si sentiva viva, come non lo era da troppo tempo, come non lo era stata mai.

Soul era divenuto in breve tempo l’ancora di Maka alla realtà, ma di questo i due erano ancora all’oscuro.

Pian piano, i due si stavano abituando l’uno all’altra e, senza rendersene conto, stavano scivolando lentamente verso quella routine familiare di cui entrambi sentivano un urgente bisogno, ma che non avrebbero saputo come definire.
Il bisogno di sentirsi accettati ed essenziali per qualcuno, forse.

Qualunque fosse la situazione o, meglio, comunque stessero per mettersi le cose, un fatto era certo.

A  Maka si era spezzato il cuore quando Soul aveva smesso di fare incursione da lei.
 
***
 
Stessa storia, stesso  posto, solita rissa da bar: si potrebbe riassumere così quello che era successo un pomeriggio come tanti, ma che avrebbe portato a delle conseguenze imprevedibili per i nostri due protagonisti.
Come al solito, appena finito il turno mattutino da Tom e quello pomeridiano da Spirit, uno stressato Soul era rincasato.
Anche se stanco morto, il ragazzo sfoggiava la chiostra dei denti atteggiata a dare il suo solito ghigno, pronto a giocare con la sua preda preferita.
Un bagno e otto tentativi di abbinare una t-shirt a un paio di jeans dopo, il ragazzo più cool di Death City (a detta sua) si infilò nella voragine della sua camera da letto.

La chioma dell’albino fu la prima cosa che spuntò nel salotto di Maka, seguita a ruota dal resto del corpo: il ragazzo trovò la bionda impegnata a marciare su e giù per la stanza come una belva chiusa in gabbia, gli occhi verdi socchiusi per la concentrazione e un orecchio incollato al telefono.
Sembrava una chiamata importante, quindi Soul si limitò ad un accenno di saluto militare in direzione della ragazza, per poi fiondarsi col suo passo ciondolante in cucina: aprì il frigo, cercando qualcosa da bere.
Afferrò una lattina di birra (che lui stesso si era premunito di portare, qualche giorno prima) e si diresse verso il corridoio col suo solito passo baldanzoso, intenzionato a tornare da Maka.

Mentre tirava la linguetta della bevanda, sentì una calda risata cristallina provenire dalla sala: ne rimase talmente stupito da dimenticarsi di prestare attenzione a dove metteva i piedi.

Soul inciampò su uno di quelli stramaledetti tappeti persiani che la ragazza aveva sparsi per tutta casa, afferrando una delle tante librerie che Maka aveva in corridoio nel tentativo –inutile- di evitare la caduta.

Morale della favola?

Maka accorse, richiamata dal rumore, e trovò l’albino supino, sdraiato sotto la libreria rovesciata e sommerso da una catasta di libri: la lattina, ancora integra nella mano del ragazzo, pensò bene di scoppiare proprio in quel momento, regalando loro un’esplosione di schiuma degna di un party in discoteca.

Quando Soul rinvenne, qualche attimo dopo, capì di essere spacciato.

 
Quello che era successo dopo, per Maka, risultava molto confuso e sfuocato, i rumori ovattati.

Ricordava di aver alzato di peso Soul, iniziando ad urlare qualcosa sulle macchie permanenti sui suoi preziosissimi tappeti e sul fatto che l’albino le avrebbe dovuto ricomprare tutti i libri che la sua birra aveva insudiciato.

Soul aveva tentato di dire qualcosa, ma l’attenzione della bionda era stata attirata da qualcosa che fuoriusciva dalla schiuma, alle spalle del ragazzo.
Qualcosa che aveva una copertina del colore del mare.

Con un debole ma potente crac, aveva sentito il suo cuore finire in pezzi.

Maka non ci aveva visto più: aveva riportato la sua attenzione sull’albino, che la stava fissando.
Con un ringhio degno di una tigre, la bionda era calata sul ragazzo, pronta ad uccidere.

***

Ripensandoci a posteriori, Maka non sapeva come fosse successo.
L’assalto improvviso di Maka aveva fatto cedere le gambe all’impreparato albino, facendoli finire per terra, ad inzupparsi di schiuma più di quanto già non fossero.

Maka, seduta sul petto del ragazzo, cercava in tutti i modi di graffiare e colpire lo sbalordito ragazzo.

Dopo qualche pugno ben assestato, però, Soul aveva iniziato a reagire, parando i colpi che la ragazza, in preda alla collera, sferrava .
Anni e anni di risse a scuola avevano forgiato il ragazzo che riuscì, con un colpo di reni, ad invertire le posizioni, nonostante la furia bionda, in barba al fatto di avere i polsi bloccati dalle mani Soul, si agitava come una pazza nel tentativo di liberarsi.

Prima che Maka si capacitasse di quello che era successo, si ritrovò con la schiena aderente al pavimento, schiacciata al suolo dal dolce peso del ragazzo che, letteralmente, era in mezzo alle sue gambe, mentre i suoi polsi erano uniti sopra la testa e fermamente inchiodati al suolo.

“Un libro! Mi serve solo un libro!” La ragazza tentò di liberare almeno una mano, nella speranza di mettere in atto quello che spesso si era rivelato un asso nella sua manica – un grandioso Maka-chop.

Dopo qualche sforzo, Maka smise di lottare, conscia di essere stata messa alle strette.

Si guardavano negli occhi, ora, il respiro affannato dell’altro sul viso, le fronti che non si sfioravano per pochi centimetri.

Poi Soul sorrise.

Non un ghigno, una delle sue solite smorfie, ma un vero e proprio sorriso.
E l’occhio di Maka cadde sulle labbra del ragazzo, così rosse, lucide, piene e al contempo sottili ed eleganti.
La bionda arrossì e abbassò lo sguardo, consapevole che Soul si era accorto del viaggetto che i suoi occhi si erano fatti , dati che era durato diversi istanti.

Gli occhi di brace del ragazzo da luminosi, divennero torbidi, e il suo sguardo velato di malizia si abbassò a percorrere il profilo del suo reggiseno, ora visibile a causa della maglia bagnata, alzandosi fino a seguire la curva delicata del collo e ad approdare sulle labbra di Maka, dove si fermò.

La mano libera di Soul, quella che non le bloccava le mani, si spostò dal pavimento dove era posata, per reggere il peso del ragazzo, alla guancia di Maka, accarezzando la pelle morbida come una pesca.
L’indice e il medio del ragazzo presero a strisciare sulla gota, seguendo la linea dello zigomo, fino ad accarezzare la pelle sensibile del labbro inferiore, delicatamente, gli occhi rossi tornati fissi in quelli della ragazza.

A quel tocco Maka, dapprima incantata e incapace di reagire, si risvegliò: iniziò di nuovo ad agitarsi.

Non sapeva se voleva liberarsi dalla presa di Soul per spingerlo via o per buttargli le braccia intorno al collo e spalmarselo addosso, sapeva solo di volerlo toccare. Era una specie di impellente bisogno, una necessità.
Nel tentativo di ribellarsi, però, la ragazza alzò la testa e il collo, cercando di fare leva: non si era resa conto dell’effettiva vicinanza del ragazzo.

Le loro labbra si scontrarono, morbido sul morbido, e i denti cozzarono.

Non era un bacio da favola Disney, eppure ad entrambi mancò il fiato.
Gli occhi dei due ragazzi non si lasciarono neanche per un secondo, leggendo l’anima dell’altro, resa priva di difese da quella intimità non prevista.
Maka fece appena in tempo a percepire il sapore di quelle labbra, che già le aveva perse.

Si ritrovò seduta sul pavimento, lo sguardo fisso nel vuoto, ancora incantata, un chiodo fisso in testa.

“Menta”.

***

Soul l’aveva lasciata subito, mollando la presa come se si fosse bruciato, ritrovandosi a dondolare accucciato sui talloni, gli occhi che ancora fissavano Maka.

Si era passato nervosamente una mano nei capelli d’argento, arruffandoli, ed era sparito.

***

Era scomparso da una settimana.
Non si era più fatto vedere, niente di niente, e dal suo appartamento non arrivava neanche il più piccolo rumore.

Che si fosse anche trasferito?

***
 
Maka era seduta sul divano, sulla punta del cuscino, pronta a scattare al minimo accenno di ciuffi bianchi.
Non aveva neanche il libro aperto sulle gambe, per fingere di stare leggendo, ma fissava apertamente la voragine del muro, come se qualcosa dovesse cambiare da un momento all’altro.

Il che la diceva lunga sull’agitazione interiore della piccola bionda.

I primi due giorni dopo “quello”, Maka aveva cercato di convincersi che non fosse successo niente di importante, che fosse una cosa normale, che un tipo come lui lo faceva con tutte e che quindi lei era solo una tra le tante.

Che era una cosa un po’ così, una specie di saluto.

Alcune persone si stringono la mano, altre –lui- facevano…

Ma allora perché le era sembrato così sconvolto? Così privo di difese, spaventato?

Che la cosa lo schifasse così tanto?

“Eppure”, rifletteva Maka avvampando, “non era stato così terribile, anzi”.

I primi due giorni, quindi, Maka li aveva passati a cercare giustificazioni per quello che era successo, evitando accuratamente di anche solo passare davanti a quel buco nella sua parete in salotto.

E ora, a distanza di qualche giorno, Maka ha smesso di mentire a se stessa, ha smesso di cercare stupide scuse e quello che vuole è solo capire il perché ed andare avanti come se nulla fosse successo.

Perché non si sarebbe più ripetuto, no?
A questo pensiero, Maka iniziava a mangiarsi le unghie.

Impalata davanti a quell’apertura, la ragazza sa di essere ad un punto di svolta nella sua vita.
Sa di essere divisa tra il suo passato, con tutta la solitudine e il suo  -si può dire così- piangersi addosso ma anche la sua routine così sicura e confortante, e il suo futuro, pieno di incognite e di nuove sensazioni, di desiderio e voglia di rivederlo.

“Per chiarire e mettere fine a questa… cosa” precisò la bionda tra sé.

Si ritrovò con le mani ai lati della voragine, un piede e la testa dentro, e seppe in cuor suo di aver già deciso.
Maka lanciò un’occhiata alle sue spalle, restia a lanciarsi in avanti, facendo il bilancio di quello che aveva vissuto fino ad allora.
O meglio, non vissuto.

Chiuse ancora una volta gli occhi, ma è inutile tentennare nuovamente.
Si era rinchiusa come Raperonzolo nella sua torre d’avorio troppo a lungo perché, si era detta , non c’era niente di suo interesse nel mondo che non potesse avere nella comodità di casa sua.
Ed era precisamente questo il suo intento: riavere quello che le interessava di nuovo all’interno del suo appartamento.

Maka prese il coraggio a due mani, uscendo per la prima volta da anni dal suo appartamento.

E per la prima volta da anni abbassò volontariamente  gli scudi che le proteggevano l’anima, esponendosi  alla vita, rischiando, facendosi travolgere dalla sua onda che –Maka ne è consapevole- può sia trascinarla verso il cielo che gettarla nei più profondi abissi.
 
 
 
 
 
 
 
 


*Titolo e opera originale: quella che descrivo come trama me la sono un po’ inventata, sia per adattarla alla storia, sia per “esigenze di storia”.
 

 
                                                                                                                                                    BONJOUR BONJOUR
O forse buonanotte, data l’ora!
Non sono ancora morta, per vostra (s)fortuna, anche se è passata una vita dall’ultimo aggiornamento.
Chiedo scusa, ma non ho avuto materialmente tempo.
Non prometto di aggiornare più spesso, perché so già che non lo farò, ma giuro di aggiornare (e non tra anni). ;)
Allora, cosa dire? Ah sì, se ci sono coniugazioni errate dei verbi, per piacere fatemelo sapere che odio questo tipo di errori!
Sono molto curiosa, questa volta: quella che emerge in questo capitolo è la mia personale visione del mondo di carta vs mondo reale, che poi in sostanza è l’incipit della storia… e tra le righe c’è un po’ il mio approccio alla lettura, questa grande passione.
Ora, la mia domanda è: e voi? Come la vedete questa contrapposizione tra libri e realtà? Per voi è una contrapposizione? Come vi siete avvicinati ai libri?

Vi lascio, sperando che qualcuno abbia voglia di confrontarsi con me su questi temi, giusto per vedere i diversi punti di vista sulla questione, anche per MP se proprio non volete lasciare una recensione :)

See you soon!
XOXO SS :D
  
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