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Autore: Dreamer In Love    08/11/2014    1 recensioni
Un trono esurpato da un crudele tiranno.
Una principessa dal cuore di ghiaccio a cui la vita a riservato solo dolore e falsità
Un ragazzo temerario che sogna la libertà, per se e per il suo popolo.
Ma ne vale davvero la pena di rischiare la propria vita?
La vendetta non porta mai a nulla di buono e Shade lo sa ma come potrà perdonare l'uomo che gli ha reso la vita impossibile?
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fine, Nuovo Personaggio, Shade, Un po' tutti
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Rebel'
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14. Eredità
 
Lione strinse la mano a Fine che stava ancora guardando verso il mercato. - Per favore, non dire ad Altezza quello che hai visto. Non lo reggerebbe. – , chiese l’arancio alla principessa conscia che intervenire per salvare la ragazza sarebbe stato troppo pericoloso. Fine annuì e si voltò verso il vicolo per raggiungere Altezza ma la ragazza era scomparsa.
– Altezza, che diavolo stai facendo?-, inveì Lione accanto a lei. La rossa seguì il suo sguardo e vide la popolana, appesa con un braccio al tetto della casa, che guardava verso la folla. La bionda fece segno alle amiche di zittirsi. Intanto, dalla strada principale proveniva un rumore sempre più concitato. Le due ragazze, appena sfuggite dalle guardie, si riaffacciarono sul mercato, seguendo lo sguardo di Altezza che dall’alto della sua posizione poteva vedere tutto. Un giovane, probabilmente amico dell’innocente accusata, aveva bloccato le guardie. – Non ha fatto nulla! E’ solo una sarta non una ribelle! Lasciatela andare! –
Alla sua voce si erano unite quelle di altri uomini e donne che sostenevano l’ingenuità della sconosciuta bionda. La folla si fece stretta attorno al drappello armato di uomini.
– Altezza, scendi da li! Se ti vedono siamo nei guai! -, riprovò Lione a chiamare l’amica. La popolana si voltò verso la ribelle. – L’hanno catturata per colpa mia. Il minimo che possa fare è aiutarla a scappare. –, e accompagno quelle parole ad un gesto della mano. Una manciata di sassi colpì l’elmo del soldato che tratteneva la ragazza e cercando di proteggersi la lasciò. Immediatamente, il giovane amico l’afferrò per un braccio e la trascinò con se facendosi inghiottire dalla folla che intanto intratteneva malamente le guardie. Altezza scese velocemente dal tetto ridendo come una bambina. – Qui la gente è in gamba, non come a Lilian che hanno tutti paura. –
Lione sospirò sollevata e sorrise: - Tu sei pazza! Lo sai, vero?! Comunque siamo in una zona del regno in cui Aaron non ha molto potere. La metà degli abitanti della città sostengono la ribellione o ne fanno parte. –
- Come fai a esserne sicura? E’ stato un mercante a denunciarla! -, intervenne Fine, ancora agitata dallo scampato pericolo, mentre le seguiva lungo il vicolo. Lione sorrise alla principessa: - Conosco tutti in questa citta e quel commerciante non è di queste parti. –
La rossa guardò stranita la ribelle che scosse la testa rassegnata. – Sono nata qui, Fine. –
La principessa strabuzzò gli occhi sia per la confessione di Lione sia per lo spettacolo meraviglioso che le si parò davanti. Probabilmente non era la prima volta che vedeva l'oceano, considerando la vita da esuli dei suoi genitori ma per lei era comunque qualcosa di assolutamente nuovo. Sulla spiaggia chiara si infrangevano onde blu schiumate lasciando nell'aria l'odore di salsedine e un rumore ovattato e continuo. Sul piccolo molo di Riardo alcuni pescatori stavano caricando una barca con alcune reti e si preparavano alla giornata di pesca. Lione le mise una mano sulla spalla. – Non mi stancherei mai di guardarlo- , disse, per poi voltarsi verso Fine che le annuì con un sorriso distratto. I suoi occhi rubini erano ancora incantati da quella vista. - Comunque, - continuò Lione, - vi porto in un posto sicuro per riposarci per qualche giorno. Seguitemi. - e, percorrendo il lungo mare, uscirono dalla città per arrivare ad una piccola casa sperduta. L’abitazione era di legno e mattoni, con una bella forma regolare che si apriva su due piani e decorata con tante piccole conchiglie. Dal camino acceso uscivano nuvoloni di fumo. L’arancio, sorridendo, si avvicinò allo stipite e busso alla porta con colpi secchi e decisi. Dall’interno della casa iniziarono a provenire rumori di ferraglia e un borbottio continuò che con l’avvicinarsi del presunto uomo alla porta diventò una palese lamentela sulla maleducazione delle persone che bussavano a quel modo. Appena il legno si aprì comparve davanti a loro un uomo di mezza età, massiccio e sporco di fuliggine, con capelli argentati e occhi castani, troppo simili a quelli di Lione. - Ciao papà! -, cominciò infatti la ribelle sorridendo divertita dall’espressione stupita dell’uomo. Questo, ripresosi dallo stupore, fece un verso profondo di gioia e prese per le spalle la figlia scuotendola con vigore. – Lione! – urlò stringendola a se e guardandola con orgoglio, - Che bello rivederti! Che ci fai qui? Sei venuta a trovare il tuo povero paparino? –
Lione scoppiò a ridere e non senza qualche difficoltà riuscì a liberarsi dalle tenaglie del padre. – Papà calmati, non sono qui per una visita di cortesia, purtroppo. Ci serve un posto dove riposare prima di riprendere il viaggio, siamo distrutte. –
Finalmente il vecchio pose l’attenzione sulle due ragazze che a qualche passo di distanza avevano assistito al ricongiungimento di padre e figlia. - Lo dovevo immaginare. Forza entrate, mi racconterete quello che è successo magari davanti a una tazza di tè. Comunque, io sono Wohl. -, e stese la mano alle due donne. Al turno di Fine, la ragazza accompagnò al saluto un dolce sorriso scatenando sul viso di Wohl un’espressione stupita. - Come ho fatto a non riconoscerti?! -, borbottò tra se l'uomo mentre goffamente si inginocchiava ai piedi della rossa. - Principessa Fine cosa posso fare per te? -
 
 
La casa era piccola e disordinata: in un angolo serpeggiava un enorme focolare attrezzato con fucina, maglio, incudine e martello, mentre a terra e sulle pareti erano accatastate armi di tutti i generi, tavoli e mensole erano ricoperte di fuliggine. Wohl, aiutato da Lione, spostò i suoi attrezzi da armaiolo dal piano principale e servì il tè e una zuppa calda alle ragazze. - Sei uguale a tua madre. -, cominciò l'uomo che  imbarazzato si grattò la nuca.
Fine arrossì lievemente. - Come l'hai conosciuta? -
– Era una giornata tempestosa di diciotto fa. Il mare era gonfio e i fulmini illuminavano il cielo nuvoloso generando un rumore terribile. Io stavo lavorando ad una spada particolarmente complicata, Lione piangeva tra le braccia di mia moglie. Ero irritato, soprattutto quando bussarono alla porta di casa. Quando vidi chi avevo davanti tutta la frustrazione accumulata sfumò in un attimo. Una giovane donna incinta, con il marito, mi guardava con i suoi occhi rubini supplicanti aiuto. Non scorderò mai nella vita quegli occhi, gli stessi che hai tu Fine. Io e mia moglie li accogliemmo, preparammo loro una zuppa calda e li lasciammo dormire nel nostro letto. Se ne andarono la mattina dopo senza che ce ne accorgessimo e lasciandoci sul tavolo un sacchetto di monete d'oro. La seconda volta che ci incontrammo fu dieci anni dopo. Lei e Toulouse arrivarono al galoppo con cavalli regali e una piccola scorta di soldati. In quel momento capii che all'epoca avevo aiutato la principessa e suo marito che stavano fuggendo come esuli dal regno. Li accolsi come si doveva ma tua madre, con molta umiltà, mi disse che ero io che dovevo essere trattato da re perché avevo avuto il coraggio di aiutarli in un terribile momento.-
Wohl sorrise distrattamente. - Tua madre era una donna fantastica, davvero. –
Con gli occhi umidi, la rossa sorrise.
 - Era venuta a chiedermi un favore. In quegli anni la voce delle disgrazie che erano susseguite nel castello reale era arrivato fini a qui. Quando mi chiese di forgiarle una spada non rimasi molto spiazzato. Dovrei averla ancora da qualche parte. -, disse l'uomo alzandosi dal suo scanno e affondando la testa in un baule vicino al caminetto. Estrasse due fagotti che appoggiò sul tavolo facendoli scivolare davanti a Fine. - Aprili. -
La principessa srotolò il primo involucro rivelando una spada riccamente decorata. L'elsa era affusolata e ricamata da ghirigori e piccoli fiori che si congiungevano in una piccola luna al cui interno era incastonato un rubino. Fine si stupì nel notare la somiglianza con il suo ciondolo. Nonostante la lunghezza della lama era maneggevole e leggera. - E questo? -, chiese la ragazza mentre si apprestava a svelare il secondo dono. Wohl sorrise tristemente. La ragazza rigirò l'arco tra le mani, colpita dalla bellezza di quell'oggetto. La struttura era decorata con piccole incisioni che circondavano il nome Fine intagliato nel legno.
- Mi disse che dovevo costudirle. Che sarebbero tornati a prenderle nel giro di qualche mese e che era un regalo. Mi parlò a lungo di te, Fine, delle speranze che aveva per il futuro e del loro piano per riprendersi il trono. Credo che volesse darli a te ma che stesse aspettando il momento giusto. Poco dopo mi arrivò la notizia della sua morte. Ora, dopo tanti anni sono tornati alla legittima proprietaria. -
 
 
Quella sera era uscita di nascosto dall'abitazione. Avevano dormito per due giorni e mangiato a volontà. Altezza e Lione erano sempre con lei, per quello aveva sentito il bisogno di quella piccola fuga. Aveva visto il tramonto sul mare, con quelle scaglie di luce arancione che decoravano il blu delle onde.
Ora, Fine fissava sdraiata sulla sabbia le stelle di un cielo limpido. Con la mano giocava distrattamente con l’elsa della spada e l'arco che Wohl gli aveva affidato. Un rumore attutito di passi la riscosse dai suoi pensieri. Altezza, avvolta nel pesante mantello che la riparava dalla brezza marittima, gli sorrise distrattamente mentre si sedeva accanto a lei. La rossa spostò le armi e si mise anche lei a sedere.
 - Come va? - chiese la popolana conoscendo già la risposta.
Fine sospirò rumorosamente. - Non so, sono un po' confusa. -
Altezza sorrise distrattamente. Quella mezza confessione era molto più di quello che si era aspettata.
- Per i tuoi genitori? -
Fine scosse vigorosamente la testa, poi ci ripensò e ammise: -Anche. Queste armi, - e accarezzò l'elsa elaborata della spada -, sono il simbolo della loro rivolta, non della mia. Io non voglio combattere. -
- Come? Ci siamo fatte tutta questa strada per niente? Abbiamo impiegato un mese ad arrivare fino a qui e ora che manca poco tu ti arrendi? -
Fine prese la mano dell'amica che stava sbraitando tutta la sua frustrazione. - Lasciami finire. –
 Altezza, comunque non convinta, si zittì.
- Grazie a te, in questo mese, ho imparato ad essere più sensibile e meno fredda nei confronti di ciò che mi circonda. La mia vita è stata molto dura e vedevo solo il dolore e la sofferenza che provavo io e non quella degli altri. Poi, ti ho conosciuta. Sei una persona fantastica Altezza, pronta a sacrificarti per un mondo migliore. Inizialmente ho fatto fatica a capirti, io mi muovevo solo per il mio bene e la mia vendetta ma dopo la discussione con Camelot tutte le mie certezze sono scomparse. Mi era pure stato attribuito l'impegno di essere il simbolo di una rivolta di cui assolutamente non volevo fare parte o che almeno, fino al giorni prima disprezzavo fortemente. Questo viaggio mi è servito a capire molte cose: sono l'erede al trono e la legittima regina di un regno che non mi appartiene e che nonostante sia assediato da un tiranno ha avuto la forza di alzarsi e di ribellarsi a queste ingiustizie. Io il massimo che ho fatto è calarmi dalla finestra del mio castello per capirci di più ma la mia intenzione non era certo scappare. Voglio essere all'altezza del mio ruolo e dare un po' di sollievo ai miei sudditi. Non scapperò ma non combatterò neanche come tutti si aspettano. -
- Che intendi?- chiese Altezza a bruciapelo coinvolta nella confessione dell'amica.
- Non voglio combattere fisicamente, non voglio uccidere mio zio e non voglio permettere che voi ribelli vi sacrifichiate per me. Parlerò con Aaron, lo metterò in prigione se necessario ma non voglio che nessuno muoia o venga ferito. C'è stata troppa sofferenza in questi ultimi dieci anni ed è ora di ricominciare da zero. Non sarà un atto di violenza come uccidere il tiranno a dare il via al mio nuovo regno. -
Altezza sorrise e senza dire una parola abbracciò Fine che rimase stupita da quel gesto. Non erano persone molto fisiche e affettuose ma in un modo o nell'altro sentì di avere il pieno sostegno e appoggio dall'amica per l'assurdo e forse irrealizzabile progetto che aveva in mente.
Altezza si scostò improvvisamente, curiosa. - E cosa ti affligge davvero? -
Fine arrossì e sorrise timidamente. - Shade... -
La bionda scoppiò a ridere. - Ah sono problemi di cuore, allora! -
La principessa scosse la testa. - Non esageriamo! Non sono più quell'ingenua bambina di dieci anni facilmente influenzabile. È stato il mio primo amore ma ora siamo persone diverse. Ho solo paura di non riconoscere chi mi troverò davanti. In sette anni cambiano tante cose e io ho avuto fin troppo risentimento.-
- E cosa può essere successo di così grave da fartelo odiare? -, non resistette la bionda dal chiedere, approfittando dell'improvvisa apertura di Fine.
- Quella notte era venuto a trovarmi nelle mie stanza, come faceva spesso nell'ultimo periodo. Mi portava regali e stavamo a parlare per ore e ore fino all'arrivo dell'alba. Ero follemente innamorata di lui e mi aveva insegnato e rivelato cose che nella sicurezza del castello non avevo avuto modo di scoprire. Mi regalò la collana che porto al collo come un pegno d'amore per il futuro. Mi disse che sarebbe andato dai miei genitori quella notte stessa per chiedergli la mia mano. Non è mai più tornato. Mi sono sentita abbandonata, e mi sento così tutt'ora se ci penso. E nonostante ora sappia cosa è successo davvero c'è una parte di me che continua a ripetersi che se ha trovato un modo per portare avanti la ribellione di suo padre da una cella poteva anche trovare il modo di farmi sapere che stava bene e che teneva ancora a me. -
Altezza sospirò a quelle parole. - Hai ragione, la situazione non è semplice. Scopriremo come è quando lo incontreremo.-, la bionda ridacchiò tra se attirando l'attenzione di Fine. - Voglio rivelarti una cosa: ho sempre creduto che Eclipse fosse una donna sotto mentite spoglie. -
La rossa rise leggermente, divertita da quella confessione. - E cosa te lo faceva pensare? -
- Beh -, cominciò risoluta Altezza, - una persona così in gamba non poteva che essere di sesso femminile. Anche se ora so che è un uomo sono convinta che ci siano delle donne al suo fianco che lo guidano e lo consigliano. -
Fine sorrise e prese la mano all'amica. - Grazie, Altezza. -
 
 


Omendo stava riposando in un angolo della cella dopo l'ennesima giornata di frustate. La sua unica consolazione erano le visite del principe che gli chiedeva consiglio o informazioni sulla sua salute. Aveva dato il compito ad un guaritore di sedare i suoi dolori e ordinato alle guardie di non esagerare nelle torture. In un modo o nell'altro era già una piccola forma di rivolta e Omendo era orgoglioso dei passi avanti che aveva fatto con il biondo. Gli era capitato spesso in quegli incontri di pensare a come un ragazzo tanto sensibile e coraggioso come Bright potesse essere cresciuto accanto ad una persona crudele come Aaron. Perso nei suoi pensieri non si accorse dei chiavistelli che si aprivano e della porta cigolante che veniva spalancata. La figura di un uomo, illuminato dalla tenue luce del tramonto, si stagliò nella cella. Il rumore degli stivali rimbombò nel piccolo antro e finalmente il viso del suo aguzzino si mostrò nella sua interezza: barba corta e ben curata, capelli castani che trasudavano alcune ciocche di vecchiaia e occhi scuri e crudeli che lo scrutavano con un ghigno vincente.
-Aaron-, assentì atono l'uomo a terra che guardava infastidito il Re.
- Dovresti mostrarmi un po' di rispetto. Dall'ultima volta che ci siamo visti sono diventato ufficialmente sovrano. -
Omendo alzò gli occhi al cielo.
- Uccidendo centinaia di persone e facendo vivere il tuo popolo nella miseria. -
Aaron sorrise ironico. - Me lo dissi proprio tu: il fine giustifica i mezzi e io mi sono semplicemente limitato ad ascoltarti. -
- Mi hai ingannato, Aaron. Per colpa tua ho tradito i miei amici, la mia famiglia, il mio regno. Ho creduto in te e tu mi hai pugnalato alle spalle. Non attribuirmi meriti che non ho e non voglio avere-, disse il ribelle sospirando e rannicchiandosi ancor di più su se stesso.
- Eppure, caro Omendo, mi è stato riferito che stai professando a mio figlio la causa di un mondo migliore, proprio come facesti con me quando ancora eri un banale cuoco nella cucina reale. -
Il carcerato rise di gusto a quell'affermazione.- Stai tranquillo Aaron, non ricommetterò più lo stesso errore. Ti sei salvato quella notte solo perché ho avuto pietà di te ma nell'uccidere la dolce Elsa ti sei condannato da solo a una vita di solitudine e miseria: era davvero l'unica persona che teneva a te.-
Aaron ghignò strafottente, per niente scalfito da quelle parole. - Ti sbagli, Omendo. Ti stai dimenticando di mio figlio. Le tue parole per quanto belle ed allettanti non sono niente in confronto alla vita di gloria e potere che gli ho promesso.-
Per la seconda volta, il vecchio cuoco rise di gusto e la sua risata rimbombò tra le pareti di quella piccola cella e nelle orecchie del Re. – Ne sei davvero così sicuro? Hai mai provato a parlare con tuo figlio? –, chiese il ribelle mentre finalmente Aaron capiva di aver sottovalutato il suo nemico. Uscì dalla cella infuriato.
 





Buondì!
Stranamente sono abbastanza buntuale ma devo dire che è solo perchè la storia si sta scrivendo da sola.
Da dove comincio?
Il titolo "Eredità" è stato scelto in maniera abbastanza improvvisa. Volevo chiamarlo in un'altro modo ma non avrebbe reso il senso. Per quanto sia un capitolo di stallo che superficialmente racconta i dubbi di Fine e successivamente di Aaron, in realtà svela molte cose. L'eredità si riferisce all'arduo compito che Elsa voleva lasciare alla figlia come continuatrice della rivolta e non solo alle armi chegli sono state restituite. Per quanto riguarda il tiranno, scopriamo che Omendo era sorta di padre anche per lui che lo ha salvato quella terribile notte e consigliato nella vita. Quindi non siparla solo di un eredità da Omendo a Aaron ma anche da Aaron a Bright che scopre di aver fallito con il figlio. Vedrete, vedrete cosa combinerà, e so che mi odierete ma è fondamentale. E poi c'è Fine con i suoi mille e uno dubbi, progetti e Shade. So che siete mooolto impazienti di leggere del loro primo incontro e in un modo o nell'altro, sarà molto presto (massimo due capitoli). Anche il prossimo aggiornamento sarà abbastanza puntuale considerando che l'ho già scritto ma devo ancora sistemarlo. Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate e grazie per il sostegno.
Un bacione
Ele
 
  
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