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Autore: tyurru_chan    08/11/2014    1 recensioni
[Odin Sphere]
“Sua maestà mi degna della sua presenza?”
“Pfui! Stai cercando di fare dell’ironia per caso, antipatico di un ex-ranocchio?”
Nessuna risposta in merito, tranne una sfacciata risata da parte del giovane di Valentine, che a stento si teneva la pancia con le mani.
“Ti preferivo da rospo quasi quasi, sai? Almeno potevo zittirti più facilmente con la minaccia della mia balestra!”
Uno sbuffo seccato quello della fanciulla, roteando lo sguardo altrove, ovunque, ma non su di lui.
“Mia cara, piccola, fatina. Ci sono tanti modi, di cui tu ignori l’esistenza, che invece potrei usare io per zittire te, e senza l’uso di arma alcuna.”
Frase palesemente carica di voluta ambiguità. Portatrice di rossore impellente sulle gote della regina, troppo improvviso, tanto che Mercedes maledisse il suo essere tanto emotiva, a causa della giovane età.
Era come avergliela data vinta, in pratica.
(Ingway/Mercedes)
Genere: Fantasy, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Regno di Ringford
(Eventi precedenti all’Armageddon)
 
 
 
“Potresti smetterla di svolazzare in giro, per almeno mezzo secondo?”
Aria beffarda, come suo solito e un sorriso sbarazzino riservato unicamente per lei, anche se difficile da decifrare a volte.
“Uhm… No.”
Una risposta altrettanto secca, mista al compiacimento, quella della neo regina delle fate, appostatasi infine su una delle sporgenze delle colonne del palazzo.
Ingway, questo era il nome del giovane irrequieto, trasse un profondo sospiro, sistemandosi con gesto noncurante il particolare turbante che gli ornava il capo.
Mercedes, dal canto suo, aveva sempre trovato buffo l’inusuale vestiario del suo caro amico e compagno di avventure/disavventure.
A detta di Matthew, quelle erano usanze tipiche dell’ormai scomparso regno di Valentine, di cui ormai più nessuno narrava il nome, per terrore di incorrere nella terribile maledizione di quel regno nefasto. Ma ella non riusciva lo stesso a fare a meno di trovarlo terribilmente buffo, con quella mantella viola, e quegli ornamenti così morbidi e delicati, come uscito da un libro di fiabe orientale.
Stonavano terribilmente col carattere di lui, che di delicato aveva davvero poco e niente.
“Vuoi che resti in attesa di un tuo segno divino o preferisci che me ne vada, piccola regina?”
Ancora quel sorriso furbetto e l’aria da sornione su quel viso niveo e pallido, ma incredibilmente perfetto nei lineamenti di adolescente troppo cresciuto che era.
La Vanir scoccò dall’alto un occhiata di finta indignazione, per poi decidersi, finalmente, a scendere con i piedi per terra. Cosa di cui il principe di Valentine fu abbastanza grato.
“Sua maestà mi degna della sua presenza.”
“Pfui! Stai cercando di fare dell’ironia per caso, ex-ranocchio?”
Nessuna risposta in merito, tranne una sfacciata risata da parte del giovane di Valentine, che a stento si teneva la pancia con le mani.
“Ti preferivo da rospo quasi quasi, sai? Almeno potevo zittirti più facilmente con la minaccia della mia balestra!”
Uno sbuffo seccato quello della fanciulla, roteando lo sguardo altrove, ovunque, ma non su di lui.
“Mia cara, piccola, fatina. Ci sono tanti modi, di cui tu ignori l’esistenza, che invece potrei usare io per zittire te, e senza l’uso di arma alcuna.”
Frase palesemente carica di voluta ambiguità. Portatrice di rossore impellente sulle gote della regina, troppo improvviso, tanto che Mercedes maledisse il suo essere tanto emotiva, a causa della giovane età. Era come avergliela data vinta, in pratica.
“Lingua lunga, come sempre! Oltre che zuccone.”
“Davvero? Credevo di essere considerato maledetto o al massimo sfortunato, ma zuccone è un appellativo che mi mancava.”
L’ennesima risata mal trattenuta, seguita da quelle braccia semi-scoperte pronte ad agguantarla con facilità, senza incontrare nessun tipo di resistenza dalla parte contraccambiante.
Era terribilmente difficile ammettere quel tipo di sentimentalismo, per di più con qualcuno di razza del tutto diversa dalla sua.
Eppure, quel calore invitante emanato dal corpo così poco coperto di lui, era una risposta più che sufficiente a far crollare ogni possibile dubbio.
-O madre, questi strani sentimenti che martellano incessantemente nel mio petto, sono forse sbagliati? Perché lui non è un Vanir… io lo so.-
Pensieri inutili, inascoltati, lasciati a marcire nel profondo di sé, mentre con tenera accondiscendenza stringeva la stoffa delle vesti violacee dello stregone, beandosi di quel caldo e innocente abbraccio.
 
 
 
 
Palazzo di Ringford, Notte – Appartamenti privati della regina.
 
 
 
“Non stringere così forte… mi fai male!”
“Sshhh… so quel che faccio, piccola fata. Stai buona per un pochino.”
“Uhn…”
Un mormorio sommesso, per poi cedere malvolentieri a quei capricci di sciocco principe viziato quale lui era.
“A posto. Vedi che ti dona come ti dicevo?”
La Vanir aprì le palpebre serrate con lentezza esasperante, quasi si aspettasse di scorgere chissà quale nefanda visione. Ma ciò che il suo riflesso le rimandò dallo specchio posto nella sua stanza, la lasciò priva di qualsivoglia commento o supposizione, portandola a boccheggiare per lo stupore.
Ingway aveva insistito talmente tanto di farle provare quegli abiti buffi tipici del suo paese, che non era riuscita a dirgli di no, anche se con riluttanza. E quel che peggio, ammise di dover persino ricredersi sulle precedenti beffe su quel tipo di vestiario.
-Quanto detesto dovergli dare ragione.-
Pensò tra sé e sé, smorfiando di rimando, affatto entusiasta della cosa. Sul suo corpicino infantile, ancora in boccio, gli ornamenti stellati tipici di Valentine scintillavano, contornati da colori caldi, ricordi di un luogo perduto, un tempo prospero.
“Allora?” lo stregone la osservava in attesa, visibilmente fremente dal conoscere il suo parere a riguardo, cosa assai rara di certo.
“Troppi nastri.” Ammise infine lei, con un piccolo broncio in volto, distogliendo lo sguardo dal suo riflesso.
Commento vago, che di certo non soddisfò affatto il ragazzo, il quale si aspettava qualcosa di più giudizioso.
“Io, invece, trovo che ti donino molto.”
Scoccò un’occhiata dolce nei suoi confronti, allentando i nastri che aveva stretto troppo in precedenza, posti sui fianchi della piccola Vanir.
“Puoi tenerli, se ti va.” continuò imperturbabile con tono mite e tranquillo “ Tanto, ormai, questi vestiti non vanno più a mia sorella, lei è troppo cresciuta a differenza di te!”
-Sorella?-
Un pensiero nitido, su quanto poco ella sapesse realmente di lui, attraversò la sua mente in quel frangente, ma durò ben poco. A dispetto della quiete iniziale, Mercedes serrò le nocche per nulla divertita dalle sue parole, gonfiando le guance in segno di diniego, tanto da farla apparire quasi minacciosa, se così poteva definirsi.
“Io non sono una bambina! Sono la regina delle fate, non una poppante!” detto questo, presa dall’ira si sfilò malamente la morbida mantella, gettandola malamente sul pavimento, per poi dileguarsi senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.
 
 
 
 
Palazzo di Ringford – Giardini reali.
 
 
“Guarda che ti ammalerai con questo freddo.”
Un tono dolce, ma pur sempre un richiamo inascoltato quello di lui, almeno apparentemente.
Il principe emise un sospiro rassegnato, avvolgendosi nella sua mantella purpurea per sfuggire a quella fastidiosa brezza notturna.
“Stavo solo scherzando dai, per essere una regina sei alquanto permalosa.”
La Vanir, finalmente, si decise a degnarlo di attenzione, alzando il viso imbronciato verso di lui, con aria per nulla cordiale.
“Lasciami in pace.”
Lo stregone di Valentine, ignorò palesemente l’invito, accomodandosi accanto alla figura di lei, tra i fili d’erba come unici osservatori in quella notte, fin troppo stellata, per i gusti della principessa, che di stelle non ne poteva davvero più.
“Perdonami.”
“Non ti ho chiesto di scusarti.”
“Ma lo sto facendo, comunque.”
“Stai zitto per una buona volta, allora!”
E silenzio scese tra loro, così come lei aveva chiesto.
Ingway, dal canto suo, continuava a contemplarla con aria noncurante, rimuginando sulla questione.
Non era mai stato un campione di tatto, questo era abbastanza ovvio, e lei lo sapeva.
Tuttavia era alquanto lusinghiero pensare, almeno per un momento, che nutrisse un minimo di preoccupazione per il suo attuale stato d’animo.
“Non sei una bambina.” Si corresse infine, volgendo lo sguardo verso il cielo notturno, distrattamente.
“Lo dici, ma non lo pensi.” Lo riprese lei, per nulla convinta.
“Questo è vero.”
Un lieve tic nervoso la percosse tutt’un tratto, cominciando seriamente a chiedersi cosa la trattenesse dal prenderlo a calci li sul posto e volare via a dormire su quella faccenda.
Non che lui le avesse dato davvero tempo di rimuginare su possibili e tremende vendette, in proposito.
Ancora quel calore familiare la avvolse, dal nulla, senza via di scampo. Ma nulla vi era di romantico in quel gesto, dato che il burlone aveva avuto la bizzarra idea di iniziare a solleticarle i fianchi con le dita, per strapparle a forza una risata e dissipare quel broncio continuo.
“N-no! Ahaha, smettila, ahahah! S-stupido rospo che non sei altro, ahaha!”
“Solo se dici che mi perdoni!”
Un sorriso languido, fin troppo divertito nel suo ruolo di aguzzino, continuando incurante il suo operato, tanto che per poco rischiavano persino di essere uditi da orecchie indiscrete, se Mercedes non fosse riuscita a contenersi dal troppo ridere.
“V-va bene! Va bene!” biascicò col poco di voce che le restava, tra le lacrime e il respiro fin troppo accorciato.
“Ecco, questa è la regina che io conosco.” Annuì con gesto gentile, scostando quelle dita colpevoli dai suoi fianchi, per carezzarle con presunta tenerezza le ciocche bionde raccolte in quelle adorabili trecce.
D’istinto, socchiuse gli occhi la minuta fatina, arrossendo poi a velocità di record, quando si rese improvvisamente conto di trovarsi, niente poco di meno, che distesa sul manto erboso, con il corpo di lui a sovrastarla senza problemi.
Consapevolezza che, a quanto pare, aveva raggiunto anche lui, portandolo di conseguenza ad irrigidirsi sul posto, lo sguardo puntato sul viso arrossato della vanir.
Così piccola, eppure così bella, con quel viso talmente innocente… come aveva fatto a non notarlo prima d’ora? E pensare che avevano passato tanto di quel tempo insieme.
“Ingway…?”
La voce soffocata di lei lo risvegliò dal suo torpore, serrando gli occhi celestini in due fessure, pensieroso anche troppo.
“No, hai ragione. Non sei… una bambina.” Ammise con voce ansante, poco prima di compiere un gesto di cui, con alte probabilità, si sarebbe terribilmente pentito dopo.
Forse per zittire tali proteste, una buona volta, tappandole la bocca con la sua, lentamente, dimenticando per un attimo chi fosse e cosa comportasse quell’atto.
Un mugolio ebbe in risposta, ma null’altro. Mercedes si scoprì fin troppo accondiscendente in quel momento, cercando ancora una volta il contatto diretto con lui, avvinghiandosi letteralmente alle sue spalle con le braccia.
“Una brava regina… deve anche imparare a darsi un contegno, Mercedes.”
Un sussurro gentile quello di lui, dettato a pochi centimetri dalle sue labbra, per poi allontanarsi da quella morsa invitante e raffreddare gli improvvisi appetiti poco consoni al momento, che avevano pervaso la sua mente.
-Ma senti chi parla…-
L’ennesimo sbuffo, e gli ennesimi pensieri inascoltati che mai riusciva a trovare di dar voce a parole.
Ingway la aiutò a rialzarsi, porgendole la mano, senza fretta, nei suoi soliti gesti.
Come riusciva ad essere così tranquillo, dopo quello che era appena successo, per lei era un mero mistero.
Tuttavia, prima che potesse chiedere delucidazioni sull’accaduto, il giovane si bloccò sul posto, come in preda a improvvisi ripensamenti.
“Mercedes.”
“S-si..?”
“Era la tua prima volta, per caso?”
Se possibile, il viso della neo regina divenne ancora più incandescente di quanto già non fosse.
Farfugliò parole incoerenti e senza un minimo di senso, ma alla fine riuscì a coordinare i pensieri e rispondergli come conveniva.
“Si…” ammise in preda alla vergogna.
Mentire con lui era inutile, era fin troppo sveglio e astuto, contando poi che il bacio datogli quando era un rospo, di certo non contava.
“Lo sapevo. Sei una vera schiappa a baciare, infatti!”
“…”
Ancora quel tic terribilmente fastidioso, così come il rossore fece posto ad un rapidissimo sbiancamento del colorito del suo bel visetto leggiadro. E pensare che, appena l’istante prima era stata così bendisposta a perdonargli qualsiasi cosa, unito a quell’improvviso batticuore che l’aveva sopraffatta.
“Tu… razza di… inizia a correre…”
Annunciò minacciosa come non mai, caricando la sua fedele Riblam tra le mani, prendendo la mira su quel maledetto stupido insensibile quale era.
Con un ghigno vittorioso, il principe di Valentine non ci pensò due volte a darsi alla fuga, conscio che se l’avesse preso in pieno si sarebbe ritrovato con fin troppi lividi su tutto il corpo.
“Sei troppo lenta!” annunciò ridendo schivando i suoi dardi magici, nel cuore della notte, in quell’immensa distesa floreale di cui era circondato il palazzo.
 
 
 
Palazzo di Ringford - Il giorno seguente, Sala del trono.
 
 
“M-maestà…?”
Il nano di corte tremava visibilmente, in dubbio sulle parole giuste da usare, sorreggendo l’enorme cappello pendente sulla sua testa.
“Dimmi, Matthew.”
“Ehm… cosa… ecco, i vostri vestiti di oggi, da dove…?”
La vanir borbottò appena, contrariata da quell’insinuazione, facendo poi spallucce.
“Fa freddo. Tutto qui.” Affermò per nulla turbata, avvolgendosi ben bene nella mantella stellata, regalatagli la sera prima da quello sciocco stregone invadente di sua conoscenza.
 
Io invece trovo ti donino molto, sai?”
 
Le guance si tinsero nuovamente di un candido rossore, persa nei ricordi di momenti che, ella sapeva, non le sarebbe più stato concesso provare.
“Troppi nastri, però, stupido di un ranocchio.”
Inveì capricciosamente, giocando con quei legacci che pendevano dalle sue vesti, domandandosi fino a quando sarebbe riuscita a mentire a se stessa sui veri sentimenti nutriti verso quell’uomo. 
  
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