16)And I am holding onto the fact that I'll see you in the morning
Sophie p.o.v
Di mio non sono
una tipa mattutina – al contrario, mi piace stare tra le
coperte e godermi il
tepore – e il fatto che io sia reduce da tre giorni di
terapia farmacologica
pesante non aiuta affatto.
Wendy mi sorride
comprensiva mentre saliamo in macchina.
“Penso che
dormirò ancora un po’, tanto devo riprendere a
lavorare domani, ammesso che mi
vogliano ancora.”
“Oh, non ti devi
preoccupare. Avere una cugina, una sorella e un’amica
fidanzate di musicisti
aiuta e poi ci si è messo anche Ronnie. Ha detto che non
avrebbe firmato per i
suoi mixtape se ti avessero licenziato. Sei in una botte di
ferro.”
Io rispondo con
un sorriso intorpidito, persino lo scialbo sole autunnale di Los
Angeles mi
sembra eccessivo.
“Ehi, che ne dici
di fermarci a fare colazione da qualche parte?”
Mi propone mia sorella, io accetto volentieri. Così al primo
Mac parcheggia la
macchina ed entriamo, prendiamo due cappuccini, quattro pancakes e
quattro
muffin al mirtillo.
Poi cerchiamo un
posto libero e ci sediamo.
“È
incredibilmente pieno di ragazzini, molti saltano le lezioni.”
Dico così per dire.
“Non hai mai
saltato scuola?”
“Un sacco di volte. Andavo in una casa abbandonata nel Bronx
che i punk della
zona avevano risistemato e stavo là tutta la mattina.
C’era sempre
qualcosa di interessante da fare o da sentire, concerti, vedere
film,fare
murales.
Dio, una volta mi
hanno persino costretta a suonare la chitarra e a cantare. Con la
chitarra me
la cavo un po’, ma ho una voce terribile.”
Rido, ripensando
alla mia adolescenza mezza sfavillante per il tenore di vita alto della
mia
famiglia e mezza allo sbando; fatta di birre e canne, tagli, lacrime e
ricoveri.
“Cosa c’è da
ridere?”
“Pensavo alla mia adolescenza, tutto qui. Non ci si
aspetterebbe che la figlia
di una famiglia perbene sia così.”
Wendy annuisce, io guardo nel mio piatto, abbiamo fatto piazza pulita
ed è ora
di andare.
Ci alziamo e
paghiamo, poi finalmente andiamo a casa, lei mi aiuta a portare dentro
la roba
e se ne va. Io rimango un attimo nell’ingresso ad ammirare la
villa: sì, mi è
mancata.
“Bentornata.”
May si fa viva con una mano sulla pancia e una tazza
nell’altra.
“Ciao, May! Come
stai?”
“Bene.”
“Sei a casa da sola?”
“Sì e prevedo che tu non mi farai compagnia, hai
l’aria di una che vuole solo
dormire.”
“Scusami, May! Devono essere le dannate medicine.”
“Non ti preoccupare e vai a dormire. Io leggerò
qualcosa o romperò le palle a
Jordan con qualche messaggino.”
Io la lascio con
un altro sorriso di scuse e poi salgo in camera mia, metto via la mia
roba, mi
faccio una doccia per togliermi di dosso l’odore
dell’ospedale.
Fatta quella mi
butta a letto e cado subito in un sonno senza sogni né
incubi, solo nero.
Mi sveglio a
mezzogiorno per via del profumo del cibo: pasta al sugo direi.
Deve essere stata
la cameriera perché May è negata in cucina,
sarebbe in grado di dare fuoco al
locale solo per farsi un piatto di minestra.
Indosso un paio
di pantaloni larghi verde militare e una maglia dei Paramore, poi
scendo e
trovo la mia sorellina in cucina.
Lei mi sorride,
alzando il volto dal suo piatto.
“Il tuo è nel microonde.
È buona, l’ha fatta la cameriera, anche se
è messicana se la cava bene con la
cucina italiana.”
“Meraviglioso!”
Prendo un guanto
da forno e tolgo il piatto dal forno e lo appoggio con cautela sul
tavolo, poi
mi siedo.
La prima
forchettata è bollente, poi finalmente raggiunge una
temperatura normale e io
mangio il mio primo pasto da quattro giorni a questa parte.
“Buona!”
“C’è anche della
torta nel frigo, l’ha fatta Wen ieri.”
Io mi alzo e tiro fuori un piatto con sopra quella che sembra una torta
al
cioccolato, taglio due fette – una per me e una per May
– e la mangio. Non è al
cioccolato, è al cocco e cioccolato: praticamente una torta
paradisiaca per me.
“Dio, potrei
abituarmi a tutto questo!”
May sorride.
“Adesso manca
solo una cosa: una sigaretta.
Esco a fumarla,
tu non seguirmi che non fa bene al bambino!”
Lei sospira e
ignora le mie parole.
“Voglio godermi
l’aria dell’oceano. Sono stanca di stare in casa e
uscire da sola non è
divertente.”
“Va bene, va bene.”
Accendo la mia sigaretta e mi godo la prima boccata, a parte quel posto
occupato dai punk nel Bronx, non mi sono mai sentita a casa da nessuna
parte.
Ora però è avvenuto un cambiamento, considero
questo posto un po’ come casa e
mi piace moltissimo, è bello avere delle radici.
“Come mai stai
sorridendo?”
Io guardo mia
sorella senza capire.
“Hai un sorriso a
trentadue denti che non ti ho mai visto prima
d’ora.”
“Oh, non è nulla.
Ho solo pensato che in questo posto mi sento a casa, l’ultimo
posto che ho
definito casa è quel vecchio palazzo nel Bronx."
May si siede su
una comoda poltrona in vimini.
“Stavo pensando
la stessa cosa, credevo che dopo averla trattata di merda per anni Wen
ci
ospitasse solo il tempo necessario a trovare un nuovo appartamento,
invece ci
sta trattando come se fossimo davvero sorelle. Si interessa di noi, del
lavoro,
di mio figlio.”
“A proposito. Ormai non mancherà molto a quando
dovremo sistemare una stanza
per lui. Dove pensi di stabilirti?”
“Ne stavamo
parlando l’altro giorno con Jordan e pensavamo di venire qui,
se Wen e Jack
sono d’accordo. Non credo che Aileen rimarrà
molto, Tony vorrebbe che lei si
stabilisse a casa sua."
"Credo sia una
buona idea, almeno ci sarebbe sempre qualcuno pronto a badare al
bambino, ma
non pensate che sarebbe un pochino eccessivi per la vostra vita di
coppia.”
Lei alza le spalle.
“La villa è
grande, possiamo fare gli innamorati senza che voi ci vediate o uscire
fuori. I
vantaggi di vivere con una grande famiglia sono meno degli
svantaggi.”
Io sorriso.
“Sei cambiata
parecchio dalla ragazza che pensava solo ai party e al sesso.”
Lei si accarezza la pancia.
“Lui mi ha fatto
crescere.”
Io sorrido a mia
volta, pensando inopportunamente che mi piacerebbe avere un piccolo Vic
da
coccolare.
Alla sera
arrivano tutti ed è quasi un mezzo party. Ci sono Jack, Wen,
Aileen, Tony,
Jaime e Jessica, Rian e Cassadee, Jordan e la sua band, Zack, Vic e
Mike con la
sua ragazza.
Io lancio
un’occhiataccia al bassista degli All Time Low –
ancora non gli ho perdonato il
fatto di avere quasi fatto abortire mia sorella – ma May
sembra averlo
perdonato perché gli sorride senza alcun rancore.
“Non vi
aspettavamo così in tanti, non ho preparato abbastanza
cotolette.”
Esclamo costernata, ma Jaime alza trionfante un sacchetto gigantesco.
“Ci sono i
tacos!”
Io sospiro di
sollievo e ci mettiamo tutti attorno al tavolo di villa Barakat,
chiacchierando
amabilmente, tutti – con molto tatto – mi chiedono
come sto e io rispondo che
sto bene.
Noto che Jordan è
diventato molto possessivo nei confronti di May e che Zack e Tay si
tengono per
mano quasi di nascosto.
“Credo che non ci
siamo presentati.”
Esclama a un
certo punto un ragazzo con i capelli castano scuro molto spettinati.
“In effetti no.”
Dico io.
“Io sono Cameron
Hurley, chitarrista dei We Are The In Crowd, lui…”
Indica un ragazzo con i capelli scuri e un ciuffo biondo al centro
della testa.
“È Robert
Chianelli. Lui invece …”
Indica un ragazzo
con gli occhiali e i capelli scuri.
“È Mike Ferri.”
“Felice di avervi
conosciuti, immagino sappiate già il mio nome.”
“Sì, in effetti
sì.”
Dopo cena
sparecchiamo tutto e io lascio la
cucina
in disordine con una punta di dispiacere pensando al casino a cui si
troverà
davanti domani la cameriera.
Vic non ha
provato a parlarmi, mi ha solo salutata, ma ho sentito su di me il suo
sguardo
tutta sera e a un certo punto noto anche che Mike e la sua ragazza
– Alysha
Nett, una biondina che lavora come modella per intimo, mi pare – si
scambiano delle occhiate.
Io li ignoro, ma
un certo punto Mike si alza dal divano e si ferma davanti a me.
“Vuoi uscire a
fumare una sigaretta con me?”
“Sì, perché no?”
Rispondo sorpresa, non credo sia erba perché se lo fosse
l’avrebbe offerta a
tutti, penso ci sia qualcos’altro dietro.
Arrivati sul
portico che dà sul giardino del retro accendo la mia
sigaretta aspettando che
sia lui a parlare per primo.
“Lo so benissimo
che non sono fatti miei, ma vorrei parlarti un attimo di Vic.”
Io mi irrigidisco al suo nome e lui lo nota.
“Ti ha fatto
male, vero?”
“Molto.”
“Ma tu lo ami lo stesso.”
“Purtroppo.”
Rispondo sconsolata.
“Non sono qui per
difenderlo, ha fatto una grande cazzata e non ne valeva la pena, gli
avrò detto
almeno un milione di volte che Danielle non era una brava ragazza.
Non mi ha
ascoltato e in ogni caso non penso ti interessino i litigi dei fratelli
Fuentes,
giusto?”
“Giusto.”
“Volevo solo
dirti che, anche se questa volta si è comportato male, di
solito Vic è una
persona meravigliosa che mette sempre gli altri davanti a
sé. Si prende cura di
tutti e trascura sé stesso, volevo solo dirti questo.
Non ti chiedo di
perdonarlo adesso, ma di non farlo soffrire eccessivamente,
perché lo
perdonerai, vero?”
“Penso di sì,
Mike. In questo momento ho le idee confuse e non so cosa fare. Mi sento
come se
un’onda mi avesse presa e trascinata via dalla spiaggia.
Niente è più al suo
posto e non lo sarà ancora per un po’, mi succede
sempre quando esco
dall’ospedale… per i miei problemi.
Cercherò di fare
del mio meglio per chiarire i miei sentimenti e non farlo
soffrire.”
Lui annuisce e
spegne la cicca nel posacenere.
“Sei una brava
ragazza e penso che tu e Vic Sareste una bella coppia.”
“Grazie.”
Rispondo
imbarazzata, poi entriamo tutti e due. Dentro non è cambiato
nulla, se non che
May e Tay stanno parlando fitto, probabilmente si stanno chiarendo per
quello
che è successo con Zack.
Prima o poi
avrebbero dovuto farlo, mi dico mentre mi siedo sul divano, sono felice
che May
si sia ripresa e non la odi.
Improvvisamente
qualcuno si siede accanto a me facendomi sobbalzare leggermente:
è Vic.
“Ehi, ciao.”
“Ciao, Vic. Come va?”
“Dovrei farla io
a te questa domanda.”
Io sospiro.
“Sto più o meno
bene. È strano come tutti mi trattino con i
guanti.”
“Non ti piace?”
“Non è questo, è
che è strano.
Quando tornavo
dall’ospedale a New York i miei non mi rivolgevano la
parola.”
“Ah, capisco.”
Rimane un attimo in silenzio.
“Cosa ti ha detto
Mike?”
“Niente di
importante, perché?”
“Perché non
voglio che ti faccia pressioni.”
“Non essere duro con lui, sta cercando di fare la cosa giusta
per te e per me,
credo.”
“Immagino di sì. Non gli è mai piaciuta
Danielle.”
Il suono del campanello interrompe la nostra conversazione, io e Wen ci
scambiano un’occhiata perplessa e decidiamo di andare ad
aprire insieme.
Alla porta
troviamo niente meno che Danielle, io serro la mascella, io stringo i
pugni.
“Cosa vuoi?”
Le chiedo senza
tanti preamboli.
“Parlare con Vic,
fatti da parte, psicopatica.”
Per tutta risposta io e Wen le sbarriamo la strada.
“Cazzo volete?
Sono la sua
ragazza e voglio parlargli.”
“Ohi! Per prima cosa abbassa i toni, non sei a casa tua!
Secondo non ci risulta
che Vic sia ancora il tuo ragazzo, quindi vattene.”
“Non potete cacciarmi.”
Risponde tronfia.
“Ah, no? Pensavo
fosse un piacere che spettasse al padrone di casa scacciare gli ospiti
indesiderati e siccome questa è casa mia ti dico di
andartene.”
Replica a muro
duro Wendy, Danielle arrossisce sgradevolmente.
“Tu!”
Mi guarda truce.
“Non avrai MAI
Vic! E tu!”
Guarda mia
sorella.
“Non mi butterai
fuori da questa casa!”
Si butta addosso
a me e Wen urlando, richiamato dal casino arriva anche Vic.
“Amore, queste
due streghe non mi fanno passare!”
Lui la guarda
disgustato.
“Danielle, io e
te non stiamo più insieme, smettila di
perseguitarmi.”
Danielle diventa ancora più rossa.
“Vuoi metterti
con questa puttanella?
Non sai che si è
fatta Ronnie Radke?”
Il mio schiaffo
la lascia spiazzata.
“Per tua
informazione, io e Ronnie siamo solo amici. A M I C I .”
Dico scandendo bene le sillabe.
“Vic lo sa, ma mi
domando se sappia fino in fondo che carogna sei. Lo sa che ti accordavi
con un
complice per spillargli soldi?”
Lei fa per darmi
un pugno, ma Wen la blocca e le torce il polso fino a farle male.
“Adesso tu esci
da questa casa o ti spezzo questo caro ossicino che già
scricchiola. Te ne vai,
vero?”
Lei annuisce e, trattenendo le lacrime, se ne va.
“Cos’è questa
storia di Ronnie Radke?”
Mi chiede curioso Vic.
“Non c’è nessuna
storia, siamo solo amici e non ci siamo baciati.”
Rispondo acida.
“Come mai non
l’hai invitato?”
“Non poteva, ha
detto che passerà domani.”
“C’è un’altra
cosa che vorrei chiederti, cosa significa la storia dei
soldi?”
Io guardo Vic e
inalo profondamente.
“La prima volta
che ho incontrato Ronnie – e tra parentesi tra di noi non
c’è nulla, solo
amicizia, non credere a quella bagascia – l’ho
vista cospirare sullo spillarti
soldi con un tizio vestito molto elegante e poi si sono
baciati.”
“Il tizio con cui l’ho sorpresa a letto! Che
stronza!”
“Esattamente.”
Rientriamo e
tutti ci chiedono chi diavolo fosse l’arpia che urlava.
“Danielle.”
Rispondo tetra io, sollevando un coro di sbuffi.
“E cosa voleva?”
Chiede Mike.
“Parlare con
Vic.”
“Patetica. Mi auguro che tu l’abbia cacciata di
casa, fratello.”
“Sì, tranquillo, Mike.”
Lui sospira di sollievo.
“Te l’ho sempre
detto che era solo una zecca e tu non mi hai mai voluto
ascoltare!”
“Mike, non è il
momento adatto per parlarne.”
Replica secco Vic.
“Vic ha ragione.”
Interviene May.
“Insomma, ci
stiamo divertendo, perché parlare di una tizia che
è solo una seccatura?”
“Immagino che tu
abbia ragione.”
“Ho ragione, le
donne incinte hanno sempre ragione.”
Mike sorride
involontariamente e la questione è risolta, la festa
riprende da dove era stata
interrotta. Io però mi sento un pochino sfasata, fuori
posto, mi succede spesso
il primo giorno di ritorno a casa.
Cercando di non
farmi notare da nessuno esco di nuovo in terrazza a fumare, sperando di
placare
almeno per un po’ il flusso di pensieri stranianti che invade
il mio cervello.
Accendo la
sigaretta con autentico piacere e guardo le stelle di ottobre luccicare
con una
punta di malinconia. Tra poco finirà anche
l’estate indiana e arriverà
l’inverno anche nell’assolata California e con lui
Halloween, la mia festa
preferita.
Wen e Jack
parlano di un party, ma io non sono invitata, in che veste ci andrei?
Nessuna,
concludo.
“Come mai qui da
sola?”
“Oh, ciao, Vic! Ho solo bisogno di stare un po’ da
sola, mi succede spesso
quando torno dall’ospedale.”
“Capisco. Sei sicura di stare davvero bene?”
“Non ho voglia di tagliarmi, se è questo che vuoi
sapere.”
“Non solo questo.”
Io rimango in silenzio, se vuole chiedermi qualcosa deve farlo lui.
“Ecco, ti
piacerebbe uscire a cena con me, che ne so, dopodomani?”
Io sorrido per le
sue maniere un po’ impacciate.
“Penso sia una
buona idea, almeno vediamo se possiamo funzionare, almeno come
amici.”
“Lo sai che…”
“Lo so, ma ho bisogno di tempo, Vic.
Cerca di capire,
non è facile per me passare sopra a quello che è
successo. Ci sto provando sul
serio.”
“Lo so, lo so.
Sono stato uno stupido a rovinare tutto, mi prenderei a schiaffi da
solo.”
Io gli accarezzo una guancia.
“Non farlo, non
vale la pena rovinare la tua bella faccia per me. Per quello che ne sai
sono
solo una meteora di passaggio nella tua vita.”
“Io non penso.”
Si avvicina a me
e senza che me accorga le nostre labbra sono incollate e le nostre
lingue si
stanno cercando prima con bramosia e poi con dolcezza.
La mia sigaretta
cade per terra, ma questo non interessa a nessuno, in questo momento
esiste
solo lui e il nostro bacio.
Il mio cuore
batte forte e sento che è lo stesso per lui.
Rimaniamo per non
so quanto a baciarci sotto la luce benevola della luna ed è
la prima volta da
secoli che sto bene con me stessa.
In questo momento
mi sento perfettamente imperfetta e non potrei desiderare di
più.
Non ora.
Non adesso.
Forse in futuro.
Carpe diem, no?
Angolo di Layla
Ringrazio YourForeverIsAllThatINeed, grazie mille per commentare sempre. Spero che questo capitolo ti piaccia.
Canzone del titolo:You know you
know me-Tonight Alive