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Autore: solomonty    12/11/2014    1 recensioni
Una formula matematica per salvare il mondo.
Tre amici, l'università e un giuramento.
Oliver Queen farà la sua parte.
E che c’entra quel barbuto biondo col cane?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Save the mathematician, save the world



Three friends, two men & one dog


L'uomo in abito scuro salutò il comandante Grimm e, date le proprie prerogative, non ebbe difficoltà a scendere per primo.
All'insaputa di Felicity Smoak era salito sull'aereo prima di lei e aveva viaggiato in cabina di pilotaggio.
Un paio di volte l'aveva spiata dall'oblò sulla porta ed era rimasto a guardarla.
Sul momento non riteneva necessario contattarla; doveva tenerla d'occhio e controllare le sue mosse.

Trovò una macchina ad aspettarlo e chiarì che preferiva muoversi da solo.
I suoi occhi non tradirono curiosità quando vide Felicity abbracciare un giovane uomo biondo e andare via con lui, ma certo non gli era sfuggita la confidenza che traspariva dai loro movimenti e da come interagivano l'una con l'altro.
Li seguì fino al porto di Los Angeles e quando li vide andare incontro a un terzo giovane, sceso da un pullman, il suo sguardo non poté non rimanerne colpito.
Il giovanotto castano era senza bagaglio se si escludeva un piccolo zaino.
L'uomo in abito scuro li guardò attentamente e pensò che non sembravano un trio losco, anzi, e che esternavano liberamente contentezza nello stare insieme.
Seduto in auto, rimase a guardarli. Una volta che si fossero messi in movimento, lui sarebbe stato pronto ad andargli dietro.

Rimasero abbracciati almeno tre minuti senza dire una parola.
Avevano il loro rituale "il MEF (Matthew, Eric, Felicity) sandwich", come lo chiamavano. Quando avevano bisogno di rincuorarsi, di festeggiare, di ritagliarsi un momento solo loro, qualcuno diceva "un MEF, per favore" e si abbracciavano, con Felicity tra i ragazzi e si stringevano forte.
Dopo un esame che gli era fruttato una bella lode, solo a loro tre tra tutti gli esaminandi, si erano abbracciati in quel modo nel corridoio della facoltà. Saltellavano entusiasti e felici quando il professor Nakamura* passò loro accanto e disse che sembravano un panino. Un MEF sandwich, appunto.
In quel momento non c'era nulla per cui festeggiare, né per stare allegri, ma solo tanta voglia di ritrovarsi e proteggersi gli uni con gli altri, a dirsi, senza parole, che ce l'avrebbero fatta.

Seduti al bar di fronte a tre tazze di caffè, si guardavano contenti di essersi ricongiunti ma al tempo stesso preoccupati del futuro.
Felicity sorrise, allungò una mano per accarezzare la barba di Matt e sospirò; "quanto sei bello, così" disse annuendo; "da quando sei rasta?" chiese incuriosita: in effetti, l'ultima volta che si erano visti, lui aveva la sua bella faccia in evidenza, con i capelli corti, senza dreads, né baffi né barba.
Le prese la mano e le ricambiò il sorriso. "Ho scoperto che avere quest'aria un po' Jamaica mi fa essere piuttosto invisibile: sono a dozzine di migliaia i giovani come me e, diciamola tutta, mica te lo aspetti da un matematico del MIT" rispose serio.
"Già, chi ti viene a cercare sotto queste spoglie?" ironozzò Eric. E in effetti l'NSA aveva perso le tracce di Matthew da almeno un paio d'anni.

Chiacchieravano fitto fitto, raccontandosi le ultime cose, quando Felicity si alzò per avvicinarsi alla vetrata. 
Guardò fuori: gabbiani indaffarati, sirene di navi, portuali al lavoro.
"Mi piace il porto... è così pieno di vita" disse sorridendo, tornando al tavolo; "ci vieni?" chiese a Eric e lui dissentì con la testa.
"No... sono sempre al lavoro e quando ho tempo..."
"Io surfo!" dissero in coro Matt e Felicity parlandogli sopra e prendendolo in giro sapendo esattamente cosa stesse per dire.
La risata fu generale e per una frazione di secondo si ritrovarono nel bar della facoltà a quando la vita era piena di futuro e di sorprese.
Non era andata come avevano sperato: quello che era successo aveva condizionato le loro scelte e si erano sentiti braccati e senza scampo, nonostante fossero stati inghiottiti dal sistema.
Poi l'allarme era scattato, due giorni prima, e tutto era precipitato.

Passò un'ora buona mentre facevano colazione e organizzavano progetti, quando Matt si accigliò guardando davanti a sé. 
Fuori dal bar c'era molto movimento; un po' troppo per essere un sabato mattina, quando le attività portuali erano limitate.
Spaventati si alzarono dalle sedie; Eric si caricò su una spalla il borsone di Felicity e si precipitarono all'esterno del locale per allontanarsi.
Una volta fuori, però, si ritrovarono tra un centinaio di persone che correvano in tutte le direzioni con la polizia che avanzava col chiaro intento di accerchiarle.
"Ma cosa succede?" chiese Felicity girando su se stessa.
Nella confusione notarono cartelli e bandiere, ormai a terra, calpestati; gente che agitava nastri e cappelli.
"Una manifestazione?" chiese Matt sorpreso.
Felicity si girò svelta. "Eric, ci hai portati a una manifestazione?" gridò per farsi sentire.
Le sirene della polizia ululavano e la gente che correva gridava più forte di lei.
Eric allargò le braccia sorpreso. "Non ne sapevo niente... non dev'essere autorizzata" si scusò guardandosi intorno frastornato. "Via, via, via" gridò ai suoi amici agitando le mani ma tutti e tre si bloccarono perché non c'era nessun posto dove scappare: la gente convergeva verso di loro, spinta dalla polizia, all'interno di un cerchio invisibile.
Stretti intorno a Felicity, i ragazzi erano spintonati dai manifestanti che si accalcavano uno sull'altro in uno spazio che diventava sempre più stretto.
"Non ci posso credere" soffiò Matt; "siamo riusciti a non farci arrestare quando ci hanno beccati nudi nella fontana del parco... e adesso..." indicò tutto intorno a sé.
"Almeno quella volta avevamo perso una scommessa" continuò Felicity.
"Sì, per colpa tua" l'indicò Matt sorridendo.
"Ma che ne sapevo... questo scemo mi aveva detto che era bravissimo nel gioco delle freccette" e tirò uno scappellotto ad Eric.
"L'avevo detto per fare scena... tu sei una credulona; non potevo immaginare che avresti accettato quella sfida" abbozzò una scusa.
"Ti ricordi che freddo? Quanti gradi ci saranno stati? Quattro? Cinque?" Matt si rivolse al suo amico poi indicò Felicity col pollice; "era tutta inturgidita" ridacchiò malizioso.
"Sarò stata pure inturgidita" gli fece il verso lei "ma voi eravate inesistenti" fece segno con due dita a mostrare poca quantità; "mai vista una "ritirata" così imbarazzante" li prese in giro ridendo come una matta.
"Odio il freddo" borbottò Eric ricordando quella notte di qualche anno prima.
Ne avevano combinate, loro tre insieme, ma non erano mai stati arrestati.
Fino a quel momento!

Spinti dai manifestanti, vennero incanalati verso le camionette della polizia e dato che donne e uomini venivano caricati indistintamente rimasero accanto gli uni agli altri per non separarsi.
Matt salì per primo e aiutò Felicity a issarsi su; Eric si sedé accanto a lei.
"Questa non ci voleva proprio" commentò avvilito. 
Felicity si girò verso di lui e delicatamente gli baciò la spalla.
"Ti voglio bene lo stesso" disse e lui piegò la testa verso di lei per baciarle i capelli.
"Scusatemi, ragazzi" disse desolato allungando una mano verso Matt.
"Cosa ne potevi sapere?" lo tranquillizzò il suo amico.
Tra loro era così! Anche la situazione più brutta li vedeva uniti e pronti a darsi una mano.
Nessuno poteva dire di aver mai avuto amici migliori. Certo, Felicity poteva contare sempre su Diggle o Roy o Walter ed Eric era affiatato con la squadra di Callen o con Nell, ma quello che riuscivano a condividere loro tre non era neanche paragonabile. Era amore, fratellanza, devozione, fiducia estrema. La loro era una piccola e speciale famiglia.
Quando le camionette si allontanarono dal porto a sirene spiegate l'uomo in abito scuro rimase solo sul piazzale. Sospirò leggermente, mise in moto l'auto e, a debita distanza, le seguì.

Non riuscì a vederli ma l'uomo s'immaginò la scena: sul piazzale venivano fatti entrare nel distretto, in prigione.
Gli uomini e le donne vennero separati e dopo aver dichiarato nome e cognome, i tre ragazzi, si ritrovarono con i polpastrelli scannerizzati.
A parte l'agitazione per non averla sotto gli occhi, Eric e Matt erano preoccupati per Felicity. Sempre molto premurosi con lei, saperla sola, anche se a poca distanza, li rendeva irrequieti.
Se non bastasse, aver dovuto dare le proprie generalità completava magistralmente quella mattinata rovinosa.

"Come facciamo, adesso? Hanno il mio nome, i miei documenti… sarò già stato inserito nel loro database… non possiamo stare qui, Eric, dobbiamo uscire a ogni costo, il prima possibile o ci raggiungeranno" disse Matt e la sua voce era stridula e agitata. 
Il viso tirato, stava seduto sulla panca, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani tra i capelli.
Eric Beale pensò svelto e quando poggiò la mano sulla spalla di Matt, la sua voce non ebbe esitazioni.
"Ho chi può aiutarci… aspettami qui" disse e si avvicinò alle sbarre. "Voglio fare la mia telefonata" gridò e poco dopo uscì dalla gabbia seguendo una guardia.
Prese la cornetta e compose un numero.
"Chi mi chiama dalla prigione?" la domanda arrivò relativamente perplessa. Eric sentì nell’orecchio quella voce familiare e sorrise.
"Mi serve il tuo aiuto… per me e per due miei amici" disse tornando serio.
"Di nuovo? Devi smetterla di farti arrestare! E siete in tre?" 
"Si chiamano Matthew Sandler e Felicity Smoak" tagliò corto il tecnico NCIS.
"Dammi il tempo di arrivare" fu la risposta, così tanto determinata e tranquilla che Eric si rilassò all’istante.

Un agente si avvicinò alle sbarre, con le chiavi in mano.
"Signorina Smoak, può uscire" disse e Felicity lo guardò piuttosto incuriosita. "Il suo avvocato è qui" le spiegò e indicò l'uomo che aveva accanto.
La ragazza mosse passi titubanti; la guardia si allontanò e la lasciò sola con quello sconosciuto che la guardava sorridendo.
"E bravo il mio nerd" disse compiaciuto.
Felicity alzò un sopracciglio.
"Non conosco nessun avvocato qui a Los Angeles" disse svelta.
Chi era? Forse li avevano già raggiunti e avevano mandato quell'uomo per lei? Il suo aspetto non incuteva timore e non sembrava un avvocato, ma questo non voleva dire nulla.
"Eric Beale te ne ha rimediato uno" la rassicurò allungando una mano verso di lei.
Felicity non aveva nessuna intenzione di stringergliela e incrociò le braccia al petto, imbronciandosi.
"Sei sicuro di essere un avvocato?" chiese scrutandolo da sopra gli occhiali.
Lui scoppiò a ridere per niente offeso.
"Posso essere tutto quello che vuoi, biondina" esclamò e le ripropose la mano tesa.
Al mondo ci sono persone che, senza far nulla, sono capaci di mettere a proprio agio gli altri. L'avvocato era uno di quelle e Felicty Smoak si ritrovò allegramente coinvolta da quell'uomo che aveva di fronte e quando se ne rese conto era troppo tardi: era stata immediatamente conquistata da quel sorriso aperto e onesto e lo ricambiò incassando le spalle e mostrando i denti ridendo partecipe.
Allungò una mano e la strinse al suo avvocato.
"Felicity Smoak" disse e sentì la mano dell'uomo stringere la sua con convinzione.
"Piacere, Marty Deeks."

"Aspetta qui" le disse lasciandola la bancone di fronte all'entrata e seguì la guardia verso un altro settore.
"Beale, Sandler… c’è il vostro avvocato."
Marty Deeks, mani sulle sbarre, scosse la testa sorridendo.
"Meno male che ci sei tu, genio… almeno, ogni tanto, posso tornare a fare l’avvocato" disse ironico, poi si voltò verso la guardia, "grazie, Pete" e gli strinse la mano.
"Dovere, Marty" rispose e richiuse la porta con tre mandate, e un sonoro clonk, alle spalle dei ragazzi.
"Felicity?" chiese Matt apprensivo.
"È lì che vi aspetta" gli rispose l’avvocato facendo un cenno con la testa, verso il bancone all’ingresso; "prima le signore!"
Marty Deeks firmò i documenti digitali per il rilascio e insieme ai tre ragazzi uscì alla luce del sole.
Monty, il suo cane, scodinzolò allegro intorno a Eric e poi si interessò dei nuovi amici del suo papà bipede. Sia Matt che Felicity gli fecero un sacco di feste e lui continuò a girare intorno al gruppetto zampettando contento. Come Martin Deeks, era sempre pronto a conoscere persone nuove.

L'uomo in abito scuro rimase interdetto nel vedere i ragazzi uscire di prigione così presto.
Merito dell'ultimo arrivato, pensò e nervosamente tamburellò con le dita sul volante.
Chi era l'uomo che si era aggregato alla compagnia?

"Dimmi, Eric… perché il tuo avvocato va in giro con i pantaloni corti al ginocchio, i sandali e i capelli bagnati?” chiese Felicity con allegria indicando l'uomo biondo.
"Quando avete telefonato stavo facendo il bagno" le rispose Marty facendole il verso con la voce.
"Anche tu nudo e bagnato?" chiese lei squadrandolo dalla testa ai piedi.
"Bagnato, sì… nudo, no" le rispose a tono.
"Sei strano, fai il bagno in mutande?" si informò, camminandogli vicina.
Lui scosse la testa divertito.
"Niente mutande… costume."
"Il costume? Siete pittoreschi qui a Los Angeles."
"Senti, unghie-smaltate-di-rosso… stavo in spiaggia… tu, il bagno al mare, come lo fai?" le chiese, arricciando le labbra, indicandola con il dito.
"Ti prego, Marty, non la stuzzicare" mugugnò Eric.
"Sì, davvero, altrimenti non la smette più" rincarò Matt.
"Oh, che bello… quando vuoi, Toontown**" la istigò ancora.
"Ti prendo in parola, Speedo… te ne assesterò una quando meno te l’aspetti" lo rassicurò lei facendo una smorfia; "e Toontown che c’entra?" chiese buffamente stizzita.
Marty la indicò da capo a piedi, un paio di volte, intendendo il suo vestito aderente con la scollatura a cuore, corto appena sopra al ginocchio e i vertiginosi decollètè. 
"Dai, sembri Betty Boop" disse ridendo.
"Continua, continua pure" mosse una mano come a scrollarselo di dosso; "un adulto che si fa chiamare "Marty"... ma chi sei, uno snack? Quello che dici mi entra da un orecchio e mi esce dall’altro" lo sbolognò lei con sufficienza.
"Poverina, fammi vedere, hai un tunnel dritto dritto da un orecchio all’altro?"
"Marty, per favore…" chiese Eric cercando di essere serio anche se gli veniva da ridere.
"Mi piace la tua amica bionda; mi sto divertendo un sacco con lei" gli spiegò placido Martin, alzando le spalle.
"Tu, invece, non mi piaci per niente" gli rimandò Felicity.
"Sei bugiarda, Betty" la sgridò Marty.
"Compatisco il tuo cane… chissà da quant’è che non sente una frase logica uscire dalla tua bocca" ribatté lei mentre camminavano fianco a fianco.
"Una frase logica? Ma se poco fa mi hai chiesto se ero nudo e bagnato, di che parli?" agitò le mani davanti a sé.
"Era per rompere il ghiaccio" lo rassicurò.
"Quale ghiaccio? Qui siamo a Los Angeles, fa un caldo terribile."
"Quindi è ovvio pensare che vai in giro nudo" disse lei guardandolo.
"Tu sei un po’ erotomane?" le chiese avvicinando la spalla a quella della ragazza.
"Probabile" rispose composta.
"Fai sempre di più al caso mio, Betty."
"Non avevo alcun dubbio, nuotatore."
"No, no… non sono un nuotatore, sono un surfista."
"Ah… un avvocato biondo, abbronzato, surfista con la barbetta un po’ incolta" sembrò pensarci su.
"Lo so, sono sexy" disse Marty con ironia.
Felicity si abbassò gli occhiali e lo guardò attenta.
"Sì, ci può stare… e Betty Boop lo è?" chiese facendogli l’occhiolino.
Marty la guardò con aria compiaciuta e poi alzò le sopracciglia.
"Eccome! Mi piacciono i tuoi tacchi."
"I tacchi, eh?"
"Beh… anche il vestito."
"Che fai, mi guardi la scollatura?"
"Ma se te la sei messa apposta."
"Mica per attirare la tua attenzione."
"Raccontala a un altro."
"E hai il coraggio di chiedermi se sono una erotomane?"
"Mi è sembrata una domanda legittima."
"Tu lo sei? Erotomane, dico."
“Sì, sì” le rispose contento.
Matthew si avvicinò a Eric, qualche passo indietro a quell’improbabile coppia di epiteti.
"Non so se ce la faccio a sopportarli, te lo dico" bofonchiò ridendo e il suo amico dell'università gli passò un braccio intorno alle spalle e si spinse gli occhiali un po’ più sul naso.
"Fidati, vecchio mio… conosco il mio avvocato: meglio che stiano tra loro, altrimenti verranno a cercare noi" disse ammiccando.
E così, chiacchierando, Marty fece strada verso la sua Chevy.

Erano saliti in auto, quando Martin Deeks si girò verso i ragazzi.
"Perché sono venuto a prendervi in prigione, che ci stavate a fare in mezzo a quella manifestazione?" chiese serio il detective.
"Ci siamo trovati in quel marasma" spiegò Matt "la polizia ci ha caricati insieme a tutti i manifestanti."
Eric mosse una mano svelto.
"Questo non è importante, ora… Marty, dobbiamo portare Matt al sicuro" disse agitato.
"Va bene, andiamo alla darsena" concluse il collega, accendendo il motore.
"No, non alla darsena… ci serve un posto sconosciuto a tutti." Eric pronunciò le parole con un tono estremamente serio, tanto che Marty Deeks lo guardò preoccupato.
"Cosa sta succedendo? In che guaio vi siete cacciati?" domandò guardando Eric negli occhi.
"Ti spiegherò tutto… ma fidati di me… dobbiamo andare via, adesso."
Senza fare altre domande, l'avvocato di Eric Beale ingranò la retromarcia, uscì dal parcheggio e partì spedito.
“Dammi il portatile, svelta” Eric incalzò Felicity muovendo le mani facendo segno di sbrigarsi. Con il pc sulle ginocchia, mosse le dita svelte e si inserì nel sito del LAPD.
“Io non guardo” disse Martin tornando a guardare la strada scuotendo la testa.
Eric sorrise e dopo qualche secondo alzò la testa e annuì verso Matt.
“Ora non sanno neanche che sei passato di lì… non c’è nessuna traccia, non sei mai esistito per loro” lo tranquillizzò.
Il suo amico gli ricambiò il sorriso piuttosto soddisfatto.

Dopo il primo semaforo, Marty notò che un’auto, tre più giù della loro, li stava seguendo. Non disse niente ai ragazzi per non allarmarli e, senza dare troppo nell’occhio, cercò di seminare quell’auto scura che avevano alle calcagna.
Cinque isolati più giù girò a sinistra verso il mare, poco prima che scattasse il rosso e si infilò in una via senza uscita. Bloccò la macchina e scese.
"State giù e non muovetevi" disse ai tre e si appoggiò ad aspettare con la schiena al portabagagli.
Appena la berlina scura girò l’angolo, Marty Deeks si piantò in mezzo alla strada obbligando il guidatore a una sterzata repentina e a una frenata rumorosa. Agitò la pistola che aveva in mano e gli fece segno di uscire.
"Polizia di Los Angeles, spenga il motore e con la mano destra getti le chiavi dal finestrino... bravo, così; ora scenda dall’auto con le mani in alto" intimò a voce alta.
Mentre lo sportello si apriva si avvicinò puntando l’arma e facendo vedere il distintivo.
"Il tuo avvocato è un poliziotto?" chiese Matt a Eric e il tecnico annuì.
"E magari sa fare anche le pulizie***" disse Felicity e Monty, neanche avesse capito, abbaiò un paio di volte.
Porgendo le mani alzate, dall’abitacolo dell’auto uscì l'uomo in abito scuro.
"I documenti, per favore e si muova molto lentamente; faccia in modo che possa vederle sempre le mani, grazie" ordinò Marty Deeks.
Allungò la mano ossuta, prese la patente e guardò il nome.
"Perché ci sta seguendo, signor…"
Smise di parlare perché con la coda dell’occhio aveva notato Felicity che camminava verso di loro con lo sguardo tra lo sbigottito e il sorpreso. La ragazza alzò una mano, come dire a Marty di non preoccuparsi, continuando a fissare il giovanotto che aveva di fronte.
"Oliver?" e la sua voce era poco più che un sussurro.

Marty Deeks sorrise divertito: sentì immediatamente il "fragore" del lungo sguardo silenzioso che si scambiarono l’uomo e la donna di fronte a lui. 
"Sì, esatto… perché ci stava seguendo, signor Oliver Queen?" chiese ancora.
"La signorina Smoak lavora con me, sono qui per lei" rispose con la voce ferma e gli occhi inchiodati sulla giovane donna.
Felicity si avvicinò ai due e sentì la pelle d'oca sotto il bolerino aderente che le fasciava le spalle.
Come nella migliore tradizione, sicuramente solo Felicity e quel giovanotto dai capelli corti non si rendevano conto dell’elettricità che si scambiavano e il detective con i ciuffi provò una grande tenerezza per loro.
"Perché non si è presentato prima?" domandò abbassando la propria arma.
Oliver si girò a guardare Marty distogliendo lo sguardo dalla ragazza.
"Non ho avuto modo" ammise corrucciato poi si voltò nuovamente verso Felicity.
"Come hai saputo?" chiese lei con un filo di voce.
"Walter" spiegò con un tono ovvio, poi i suoi occhi la guardarono impauriti. "Cosa succede, perché sei scappata? Non hai nessun parente qui a Los Angeles" chiese preoccupato.
Lei chiuse gli occhi un istante. Oliver era lì, era venuto a cercarla.
Era innamorata di lui e nonostante tutto quello che stava succedendo, era felice. Sì, in barba al momento, a quello che è giusto, a quello che si deve fare e quasi le girò la testa a vederlo lì.
Notò il suo sguardo e si rese conto che era davvero molto preoccupato per lei. 
"Mi dispiace… ma devo onorare un giuramento; non sono scappata: un mio amico ha bisogno di me" si scusò sorridendo dolcemente. 
Oliver si guardò attorno: un poliziotto armato alla sua sinistra, Felicity che era davanti a lui, un cane che gli correva incontro scodinzolando e due ragazzi accanto a una Chevy.
La donna girò la testa in direzione dei due ragazzi poco distanti e tornò a guardare Oliver.
"Loro sono miei amici, siamo come fratelli" sussurrò commossa.
Come accadeva sempre, Oliver Queen non riuscì a trattenere un sorriso. Lei aveva una qualche magia sconosciuta alla quale non sapeva resistere e dato che aveva mollato all'istante tutto quello che stava facendo per seguirla, accusò prima l’agitazione e poi la calma per averla ritrovata sana e salva. 
Cercò due secondi per sé. Lasciò andare la sua solita postura rigida, si chinò a fare delle carezze al cane che lo odorava agitando la coda, poi alzò lo sguardo verso la ragazza.
"Vorrei aiutarti anche io, Felicity." 







Della spy story non sapete ancora nulla ma volevo divertirmi un po’ con Felicity e Marty; i miei Felty, che spettacolo! Loro sono due "battute" allo stato brado: non vedevo l’ora di farli incontrare e interagire.
L’arrivo di Oliver mi sembrava un buon modo per concludere il capitolo.
Alla prox.
Monty
* Hiro Nakamura, insieme a Gabriel "Sylar" Gray, è il personaggio che preferisco in "Heroes".
** Ho preferito l'originale Toontown, alla nostra Cartoonia.
***Per chi non conoscesse NCIS Los Angeles: il detective Martin A. Deeks è davvero biondo con barba e baffi, è davvero avvocato, sexy e surfista; ha davvero una Chevy, un cane di nome Monty e una "mania compulsiva" per l’ordine e la pulizia.



Disclaimer: Felicity Smoak, Eric Beale, Martin A. Marty Deeks, Oliver Ollie Queen, Monty, John Diggle, Roy Harper, Walter Steele, G Callen, Nell Jones, Toontown e Betty Boop non li ho inventati io. 
  
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