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Autore: Blu Notte    14/11/2014    2 recensioni
Londra, 1985. La capitale inglese è sconvolta da anni dai brutali omicidi perpetrati da quello che i media chiamano "Padre degli Orfani". Il serial killer si introduce nelle case delle sue vittime, uccide una coppia sposata, e lascia illeso e orfano loro figlio.
Rina è una ragazza di vent'anni, appena giunta dall'Italia per lavorare e per migliorare il suo inglese. Rina ha una capacità deduttiva ben al di sopra della media, e non è estranea ai casi di omicidio e all'investigazione. Si mette sulle tracce del Padre degli Orfani; il risultato a cui giungerà potrà fare luce anche sui casi irrisolti del suo passato.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13 Aprile 1985


Rina sfogliava le “pagine gialle” della reception della pensione. Stava monopolizzando il telefono fisso, fingendo di telefonare a casa. Dietro di lei c'era una coda di persone che sbuffava e le faceva capire la propria impazienza.
A un certo punto, però, Rina voltò pagina e lo trovò. St. Mathias' House. Un orfanotrofio. A nemmeno otto chilometri da dove era avvenuto l'omicidio dei Roberts. L'assassino doveva essere cresciuto al St. Mathias – se le sue supposizioni erano corrette – e non doveva avere mai abbandonato la zona della periferia.
Rina chiuse il libro, rimise il telefono che aveva finto di utilizzare a posto e lasciò il luogo, seguita dalle occhiate torve di tutti.
E adesso che aveva quelle informazioni? Qual era la prossima mossa? Andare al St. Mathias? Era folle. Anche la polizia doveva essere facilmente giunta a quelle conclusioni. Se non avevano ancora arrestato nessuno, era perché quella pista non portava da nessuna parte. Tuttavia..
Rina si fermò e si sedette su uno scalino. Si mordicchiò le labbra. L'idea di lasciare perdere non la affascinava.
Quasi improvvisamente, la raggiunse un flash. Sua madre, per il caso Fernandelli. Ben lontana dall'essere fiera che sua figlia desse una mano alla polizia, la aveva accolta in casa urlando: -Ma non hai paura?!-
No, Rina non aveva paura degli assassini. Non aveva avuto paura due anni fa, né ne aveva in quel momento. Qualsiasi cosa fosse stata commessa da un essere umano, per quanto brutale, le sembrava facilmente contrastabile, se non banale. Solo il paranormale aveva il potere di spaventarla, e questo era il motivo per cui evitava accuratamente le storie dell'orrore, di fantasmi e di streghe.
Ma se il suo nemico era un uomo fatto di carne e sangue, non riusciva ad averne paura.
Perciò che farai?, si chiese. Decise: sarebbe andata al St. Mathias.


L'orfanotrofio era un edificio grigio e inanimato. Rina avrebbe detto che era abbandonato, se non fosse stato per le risate dei bambini che correvano nel piccolo cortile. Sembravano allegri, sì, ma erano pallidi e magri, e – correndo di qua e di là – parevano più spiriti intrappolati in quel luogo freddo che veri bambini.
Rina si strinse nella giacca, indecisa sul da farsi.
Aveva impiegato non meno di tre ore per giungere in quella zona periferica, pochissimi mezzi di trasporto portavano lì. Quei quartieri erano ben diversi dal centro di Londra: davano l'idea di.. di sporco, di fumoso e di povertà.
Anche il St. Mathias era così, ed era più piccolo di come se lo era immaginato. Non sarebbe stato difficile reperire qualche informazione.
Rina prese una boccata d'aria, spinse il cancello cigolante ed entrò. Percorse il cortile, i bambini quasi non la guardarono, poi entrò nell'edificio. L'interno era grigio come l'esterno, e non pareva esserci nessuno. Rina rimase lì, al centro del corridoio, finché non giunse una signora piuttosto grassoccia e bassina, dall'aspetto un po' buffo, ma decisamente ben vestita.
-Ha bisogno, signorina?- Le domandò.
-Vorrei parlare con il direttore.-
-Sono io.- Le rispose, gentile. -Mi segua, andiamo nel mio ufficio.-
Rina obbedì. Salirono qualche rampa di scale di legno, e intanto la ragazza ne approfittò per guardarsi attorno. Alle pareti erano appesi i disegni dei bambini; ogni tanto sulla scala si affacciava un pianerottolo, da cui spuntavano teste infantili che le osservavano incuriosite.
L'ufficio della direttrice era al terzo piano, in fondo a un lungo corridoio. Quel piano non sembrava ospitare stanze di bambini, ma solo uffici e un'infermeria.
-Prego, si accomodi.-
L'ufficio era piccolo, ma ben tenuto. La scrivania era di legno lucido. Rina prese posto su una sedia e la donna dietro alla scrivania.
-Allora, cosa posso fare per lei?- Domandò. -Vuole adottare un bimbo o una bimba?-
-No, signora, niente del genere. Vorrei solo delle informazioni.-
La donna sospirò. -Immaginavo.. Le giovani donne desiderano sempre meno diventare madri, con i tempi che corrono. Spesso questi poveri ragazzi rimangono qui fino ai quattordici anni, quando vengono trasferiti in un altro istituto. È una bella sfortuna essere orfano.-
Rina rimase zitta, non sapendo cosa rispondere.
-Ma mi dica, di cosa ha bisogno?-
-Potrà sembrarle una domanda strana..- Esordì Rina. -Ma avrei bisogno di sapere se vi è mai capitato di ospitare in questa struttura un bambino un po'.. diverso. Insomma, con inclinazioni inquietanti. Indicativamente fra il 1930 e il 1950.-
La donna sembrò spiacevolmente sorpresa. -Signorina, io sono qui da dopo la fine della guerra, dal '48.. per cui non saprei risponderle con completezza.. Inoltre, ho già detto tutto quello che so alla polizia.-
Gli occhi neri di Rina si fecero intensi. La polizia.. Avevo visto giusto.
-Lo so, signora, però avrei comunque bisogno di sapere qualcosa a riguardo. È importante.-
-Lei è della polizia?-
-Una cosa del genere. È probabile che l'uomo in questione si sia messo in seri guai.-
La donna sospirò. -Non stento a crederlo..- Disse. -Io non ero ancora qui, ma il mio predecessore, mio carissimo amico e ormai defunto da una decina di anni, mi ha raccontato di un bambino giunto all'istituto nel '41.-
-Come si chiamava il bambino?-
-Daniel Frank Lloyd, è giunto qui all'età di sette o otto anni. È stato adottato da una coppia che poi però, quando il ragazzo aveva ormai diciotto anni, lo ha disconosciuto come figlio.-
-Per quale motivo?-
-Be'..- La donna parve imbarazzata. -Daniel non era cattivo, ma era, come ha detto lei, diverso. Gli piacevano cose che agli altri bambini non piacevano, e ogni tanto aveva degli scoppi di rabbia, e in quei momenti diventava incontrollabile.. Vede, noi teniamo tutti i disegni dei nostri ragazzi, e da qualche parte dovrebbero esserci anche quelli di Daniel. Se glieli facessi vedere, capirebbe ciò che intendo. Immagino che con la crescita, a meno che non sia stato aiutato, il suo disturbo sia andato peggiorando..-
Rina annuì. -Ho capito, grazie. Mi è stata di grande aiuto. Avrei ancora una domanda da farle. Si ricorda il nome della coppia che adottò Daniel Lloyd?-
-Sono mortificata, ma questo non posso dirglielo. Sarebbe una palese violazione della privacy e del mio ruolo.. A meno che lei non mi possa dimostrare di essere della polizia, in tal caso..-
Rina sorrise e si alzò. -Non fa niente, signora, grazie comunque.-
Le tese la mano, e la direttrice, dopo essersi alzata, gliela strinse con un sorriso.
Rina abbandonò l'orfanotrofio abbastanza soddisfatta. Daniel Frank Lloyd, eh? Ne era sicura: quello era il nome del Padre degli orfani.


Rina non aveva per niente voglia di tornarsene alla pensione, non dopo quanto aveva scoperto. Le cose che era riuscita a ricavare dal suo breve colloquio con la direttrice erano di rilevante importanza. Primo fra tutte, era sulla pista giusta. La donna aveva parlato di “polizia”. Certo, c'era il fatto che fino a quel momento il Padre degli orfani non era ancora stato arrestato, quindi poteva essere che la pista fosse inconcludente. Ma poteva anche essere che la polizia avesse tralasciato qualcosa di importante, cosa che Rina non intendeva fare.
Secondo, l'uomo che cercava aveva cinquantuno o cinquantadue anni.
Terzo, la malattia di Daniel Lloyd era più evidente di quanto Rina avesse immaginato. Solo questo avrebbe potuto spingere una coppia a disconoscerlo come figlio. In più, questo evento doveva avere aggravato ancora di più la sua malattia, portandolo a pensare che i genitori non volessero bene ai figli, e perciò andassero eliminati. Chiunque fosse questo Daniel Lloyd, i suoi problemi dovevano essere – se non evidenti – per lo meno intuibili. Ciò avrebbe reso più facile a Rina riconoscerlo.
Ora, il problema era solo uno: scoprire cosa ne era stato di Daniel Lloyd. Poteva sostanzialmente seguire due piste: o ricostruire i suoi movimenti dopo l'adozione da parte della misteriosa coppia, o andare dritta al sodo.
Siccome per la prima strada avrebbe dovuto avvalersi di poteri che lei non aveva – se fosse stata nella polizia sarebbe stato tutto più semplice – optò per la seconda.
Era per questo che Rina era chiusa in una cabina telefonica da almeno mezz'ora, a consultare ancora le “pagine gialle” inglesi. Sì, era un metodo un po' semplicistico, ma poteva rivelarsi utile. Infatti, trovò due risultati: due persone si chiamavano Daniel Frank Lloyd, la prima abitava in provincia di Londra, la seconda in centro.
Rina compose il primo numero, e aspettò, mentre il telefono squillava.
Un tlack, e una voce giovanile rispose: -Pronto?-
Rina buttò giù. Dalla voce il suo interlocutore doveva avere avuto dai venti ai venticinque anni, quindi non poteva essere lui.
Compose il secondo numero. Il telefono squillava a vuoto.
Rina aspettò con pazienza, ma francamente dubitava che quel metodo avrebbe portato da qualche parte. Sì, scoprire dove abitava una persona non poteva essere così facile.
Tlack. -Pronto?-
Gli occhi di Rina scintillarono.
Quella voce.. l'età poteva corrispondere.
Rina non perse tempo, ma rispose immediatamente, con voce allegra. -Pronto, buongiorno, è il signor Lloyd?-
-Sono io.-
-Salve, io sono Mia. Le telefono per conto..- Rina gettò un rapido sguardo fuori dalla cabina telefonica, a un cartellone che pubblicizzava l'azione dei sindacati -.. del sindacato. Avrei bisogno di farle alcune domande relative al suo posto di lavoro, a fine statistico. La tranquillizzo sul fatto che i suoi dati personali non verranno diffusi a terzi, ma saranno unicamente utilizzati da noi per comprendere come meglio aiutare i nostri associati.-
-.. Il sindacato?-
-Esatto. Ha tempo di rispondere a qualche domanda?-
-Sì, io.. d'accordo.-
-Dunque, può dirmi la sua età?-
-Cinquantadue anni.-
Rina spalancò gli occhi, il suo cuore prese a battere. Rispose però con la dovuta calma: -Cinquantadue.. ook. Che lavoro fa?-
-Lavoro come impiegato.-
-Il luogo dove lavora è vicino alla sua abitazione?-
-Sì, in Darwin Street. Impiego circa cinque minuti a piedi.-
Rina sorrise. -Ho capito. È soddisfatto del suo lavoro? E questa domanda include ogni aspetto: stipendio, capoufficio, professionalità..-
-C'è di meglio.-
-Desidera spiegarsi?-
-Lo stipendio è una miseria.. e il capoufficio mi tratta come un imbecille.-
La voce dell'interlocutore di Rina sembrava seccata.
-Ho capito, signore. Grazie del tempo che ha messo a nostra disposizione.-
-Già finito?-
-Già finito. La ringrazio per la disponibilità, buona giornata.-
Rina mise giù. Non riusciva a smettere di sorridere. Quanto poteva essere stupido, questo assassino?

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Buongiorno, eccomi di nuovo qui. Cosa ne pensate di questo nuovo capitolo? Rina si sarà effettivamente messa sulla pista giusta? Fatemi sapere.
Una cosa: probabilmente aggiornerò ogni week end. Purtroppo durante la settimana, andando in Università, mi manca proprio il tempo. Se però capitassero settimane in cui non aggiorno, non me ne vogliate troppo, please. A presto,
Silvia

  
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