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Autore: Mary_la scrivistorie    17/11/2014    0 recensioni
Rose/Scorpius ~ I anno ~ Happy Ending (?)
Rose Weasley, Scorpius Malfoy. Due nomi, due destini quasi del tutto intrecciati. Perché non possono fare a meno di detestarsi, o discutere. Perché sono inevitabilmente...nati per vincere, sempre.
Dal testo:
"Continuando a guardarla, mio padre bisbigliò: «Ricorda il giuramento.».
Si riferiva al giuramento che non avevo stretto e che, anche se l'avessi fatto, avrei infranto molto presto. E non avevo torto."
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Alice Paciock Jr, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Nati per vincere
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Due noticine, ma proprio due, prima di lasciarvi alla storia! Nati per vincere è una Long che progetto da molto tempo. Mi ci è voluto un sacco di tempo per buttare giù qualcosa di decente, e il risultato è questo. 
La Long è raccontata da due differenti punti di vista, a turno: da Rose e da Scorpius. Eh, già. La Scorose, il mio OTP per eccellenza. Questa fiction presenta gli eventi del primo anno dei protagonisti.
Probabilmente penserete che il mio livello di scrittura è elevato quasi quanto la sfera emotiva di Ron (diciamocelo,
Hermione ha ragione, sempre), tuttavia volevo osservare le vostre reazioni dinnanzi a una proposta del genere. È abbastanza confortante il pensiero che io non sia, sul sito, nient'altro che un nome, o meglio, un nickname.
Però il pensiero di aver creato qualcosa di penoso mi rende abbastanza insoddisfatta, però cercherò di non preoccuparmene. La storia si è scritta da sola, io sono stata soltanto il mezzo, la realizzazione di parole che già affollavano una mente propriamente in fermento.
Spero che la storia vi piaccia e....oh, dimenticavo. Le recensioni sono sempre gradite, davvero! Fatevi avanti e buttate giù qualcosa, fatemi sapere cosa ne pensate! <3

Prefazione – Giuramento (Scorpius)

Rose Weasley era uno dei tanti nomi dai quali mio padre mi aveva accuratamente ammonito. In confronto agli altri, aveva fatto in modo che nella mia mente fosse sempre ben impresso, un segno sul muro, sullo sfondo. 
E l'intensità di tale ammonimento nonostante il poco tempo era strabiliante. Soltanto un anno prima, infatti, mio padre mi aveva rivelato il suo nome. L'aveva pronunciato con un cupo bisbiglio, quasi sibilato, come se temesse che lei potesse sentirci.
Inizialmente provai un moto d'immotivata gelosia. Provavo una certa invidia per quell'estranea che era così importante.
Con il giro di qualche mese, non riuscii ancora a definire positivi oppure negativi l'ossessione e i continui avvertimenti di mio padre su di lei. Trattava la faccenda con delicatezza, comprensione, come se un eventuale avvicinamento non fosse colpa né mia né sua. Tuttavia in alcune giornate la nominava con disprezzo, con un odio vibrante, di cui però si vergognava quasi subito.
Inoltre papà aveva utilizzato una parola che fino a quel momento non gli avevo mai sentito dire: Mezzosangue
Mia madre, in quell'istante, sussultò e rovesciò una sfera di cristallo ornamentale appartenuta a non-so-quale mio lontano parente Black. Urlò a lungo, finché non ottenne da mio padre una promessa: non avrebbe mai ripetuto quella parola.
Ma era troppo tardi: aveva l'aria di essere una parola impressa a fuoco nelle menti, una parola rilevante, anche se non esplicitata.
Quella stessa notte, mia madre mi accompagnò in stanza da letto e, con un'aria decisamente preoccupata, mi parlò.
«Scorpius, senti, tuo padre oggi ha detto una parola, non so se l'hai notato...», esordì, pazientemente e con un sorriso, come sperasse che fosse davvero così.
Ma non lo era, doveva saperlo. Io ascoltavo mio padre alla lettera, sempre. Anche lei me lo aveva suggerito molto spesso.
«Sì, l'ho notata. Mezzo...».
Lei m'interruppe: «Ti prego, tesoro, non ripeterla. È una parola orribile, che ci porterà guai se la pronuncerai, hai capito? Per il nostro bene, non devi dirla, mai.».
Volevo chiederle perché. Volevo chiederle cosa c'entrasse con Rose Weasley, e perché quella ragazza fosse così importante – una sconosciuta che non avevo mai visto.
Volevo chiederle cosa significasse, ma mi morsi la lingua. Mia madre non mi avrebbe mai risposto, e non avevo bisogno di menzogne.
Tentando di acquisire un mellifluo tono determinato, chiesi invece: «Ma chi è lei?». Il risultato fu orribile: il timbro era piagnucoloso, angosciato, frustrato.
Mia madre, un'abile lettrice di anime, se ne accorse, ma non si scompose molto. «La conoscerai fra un po'. E non pensare che io la conosca, ne so esattamente quanto te su di lei, tesoro. E ti posso dire che l'ossessione di tuo padre non è propriamente obiettiva...ha solo paura per te, tesoro mio. Ha paura che tu incappi nella sua maledizione, per così dire. E vuole evitarlo a tutti i costi. Dargli retta non ti farà male, Scorpius, ma anche disubbidirgli, in parte, ti farebbe bene. Deve capire che la sua fissazione è del tutto futile alla nostra causa.», spiegò, con tono distaccato. 
Mia madre parlava spesso della nostra famiglia come una “causa”. Quella notte, non dormii affatto. Fui assillato da un'immagine sbagliata e fastidiosa, un volto tutto lentiggini e riccioli ramati, quel poco che sapevo sull'aspetto di Rose Weasley.
Il giorno seguente ero, com'è d'aspettarsi, molto agitato. La notte insonne aveva reso i miei occhi grigi più tetri del solito e aveva lasciato al di sotto di essi evidenti chiazze violacee. A quella vista, sorrisi amaramente. 
Tutto merito tuo, Scorpius, pensai, distrattamente. Cercai di domare l'irrequieta onda bionda dei miei capelli, e, quando constatai che se non altro non sembrava che avessi lottato con un leone, decisi di essere ufficialmente presentabile.
Mio padre mi aspettava di sotto, impeccabile nel suo abito elegante di raffinata stoffa nera. Non sorrideva, anzi: sembrava ansioso di parlarmi e anche attento a come mi comportassi. Meglio così, pensai.
Invece, mia madre, anch'ella perfetta in un completo scuro che come minimo avrebbe fatto voltare le teste di numerosi Babbani, esibiva un sorriso tranquillizzante, principalmente un metodo di dimostrare incitamento. Per fortuna, e l'ammirai infinitamente per questo, non si scompose in un discorso strappalacrime che mi avrebbe reso nervoso. Per il momento, non parlò affatto: mi passò la colazione in silenzio e continuò a sorridermi in quel suo modo fantastico. Sembrava che capisse esattamente ciò che provavo e fosse intenzionata a creare un'atmosfera di agio. 
Mio padre, ancora appoggiato alla colonna davanti all'uscio, mi rivolgeva talvolta sguardi concentrati, attenti. Mi sentivo sotto esame.
Il silenzio iniziava a sembrarmi denso di tensione.
Fu in quel preciso momento che mia madre decifrò la mia espressione e parlò: «Scorpius, mi raccomando, fai il bravo e rispetta le regole. Porta il tuo baule e trovati qualche caro amico con cui aiutarti ad ambientarti, è molto importante. Ho saputo da Daphne che ci saranno anche Flavius e Claudia.», esordì, con tono autoritario, quasi mi stesse dando ordini.
Flavius e Claudia erano i figli di Blaise Zabini e Daphne Greengrass, la sorella di mia madre: erano miei cugini e, in un certo senso, erano stati per me i miei più grandi amici. Una volta all'anno ero abituato, in un mese particolarmente caldo d'estate, a risiedere nella loro villa al mare insieme a loro. Flavius era mio coetaneo, mentre Claudia aveva già diciassette anni e avrebbe affrontato l'ultimo anno ad Hogwarts. 
Flavius era un ragazzo dal temperamento pacato, mite, ma era anche un ragazzo assolutamente egoista e arguto, come un degno Serpeverde. Sebbene anch'io possedessi alcuni tratti in comuni con la Casa a cui senza dubbio sarei appartenuto, preferivo nasconderli e mostrare un'altra facciata di me: l'intelligenza, l'astuzia, l'intuito, il mistero. Ma non sapevo che quella situazione idilliaca sarebbe durata molto poco. 
Invece, Claudia era un fiasco totale. Ritenuta dai propri genitori il massimo dell'efficienza e della responsabilità, non appena le affibbiavano me e Flavius sgattaiolava via di nascosto, non senza chiuderci in casa per sicurezza. Flavius sembrava quantomeno abituato a quell'atteggiamento, mentre io, furente – soprattutto a causa dell'essere rinchiusi – e irrequieto, continuavo ad urlare e protestare, sì, come un bambino molto viziato.
Flavius, in quell'occasione, si era comportato come se niente fosse, tuttavia era evidente la riluttanza e la pietà che da quel momento in poi aveva provato per me.
Non che fosse una gran perdita: semplicemente, mia madre non aveva né il diritto né il dovere di saperlo. Giusto. Dovevo rimanere il figlio prediletto e maturo, un bambino troppo cresciuto per la sua età.
Poi magari ad Hogwarts mi sarei scatenato – era proprio ciò che ambivo fare, riuscire ad ambientarmi così bene da ritrovarmi file di ammiratori a destra e a manca, e qualche ragazza che al mio passaggio mi avrebbe fissato con adorazione.
Un'ambizione vergognosa, troppo inverosimile, assurda anche per un ragazzino di undici anni.  
Tuttavia, non potevo concedermi di meglio a cui pensare.
Mi sistemai i capelli e, dopo aver divorato la colazione, mi apprestai a prendere le mie cose.
In camera, riuscii a sorridere quando notai la scopa di mio padre accovacciata sulle lenzuola. Ciao, piccola, le mormorai ironicamente con il pensiero. 
Il gufo che mi avevano comprato era striato di nero e di un caldo marrone cioccolato, sembrava giovane e fiero, e indubbiamente faceva un sacco di effetto.
Quando la Metropolvere ci trasportò in uno stretto cunicolo da cui sapevo che saremmo arrivati a King's Cross, lasciai che l'ansia s'impadronisse dell'ultimo poro salvo della mia pelle.
Lanciai un'occhiata allarmata a mia madre, ma lei mi strinse la spalla con fare rassicurante e le permisi di infondermi coraggio. Fu allora che mio padre cacciò amorevolmente ma un po' bruscamente la sua mano dalla mia spalla, e vi appoggiò la sua.
L'effetto era totalmente diverso: la mano di mio padre sembrava posata lì per utilità, più che per significato. 
Gli rivolsi uno sguardo attento, e osservai che una ruga di preoccupazione aveva cominciato a solcare la sua fronte pallida. 
«Scorpius, devo parlarti.», sussurrò, mentre ci piazzavamo dinnanzi al Binario 9. 
Mia madre gli sibilò contro: «Non ora, Draco. Aspetterai fino a quando  raggiungeremo il Binario.».
Sebbene fossi curioso e avido di sapere cosa avesse da dirmi di così importante, non potei obiettare. Quando Astoria Greengrass diceva una cosa, non poteva essere altrimenti.
La sua mano mi guidò verso il Binario, ci saremmo sbattuti contro ma se lei proseguiva significava che dovesse esserci una ragione...infatti. Quando attraversammo la barriera, mi sentivo particolarmente e piacevolmente stupito. Guardai mia madre, ma lei si limitò a sorridere con una sorta di affetto, come se la barriera fosse una vecchia amica che lei conosceva da moltissimo tempo.
«Andiamo.», m'incalzò, con tono caldo, affettuoso. 
L'Espresso per Hogwarts era lo stesso delle foto che Astoria aveva scattato più di vent'anni prima. 
Una miriade di bambini – giocosi, allegri, spensierati – s'affollava tutt'intorno, correndo. Alcuni compivano persino qualche semplice incantesimo allietante, come la comparsa di alcuni uccellini oppure di scintille colorate. 
Osservai nuovamente mia madre, che sospirando fece un cenno a mio padre. Lui mi portò in un angolo, facendo un brusco saluto verso una direzione che non riconobbi, e, raccogliendo il fiato, iniziò a parlare.
«Riesci a vedere, Scorpius, figlio mio, la bellezza della magia? È un'emozione dei cuori, è un qualcosa che ci rende diversi, speciali. Anni fa, c'è stata una guerra. Un uomo cattivo voleva sterminare il mondo dei maghi discendenti da famiglie babbane, e per fare ciò doveva uccidere un ragazzo che sarebbe stato destinato ad ucciderlo. Vedi, io ho combattuto in quella guerra. Figlio mio, io stavo perdendo la ragione, stavo per passare all'Oscurità più buia, ma c'era un fascino, un punto della Luce che mi aveva sempre attratto. Riuscii, appena in tempo, a compiere la scelta giusta.», spiegò, con voce tremante. Non lo avevo mai sentito così insicuro.
«Non me l'avevate detto, padre.», mormorai, con il fiato sospeso.
Lui negò con il capo, quasi commosso, e capii che non solo non lo aveva detto in passato, ma non lo avrebbe detto mai più. 
«Perché?», chiesi, sorprendendomi della durezza della mia voce.
Lui non rispose neanche a questo, invece mormorò: «Scorpius, devi giurarmi che proverai con tutto se stesso a stare lontano ed evitare Rose Weasley.».
Lo guardai, con un cipiglio torvo, come se, anche se non la conoscessi, sapevo che sarebbe stato davvero complicato.
Annusai l'aria e percepii un odore intenso di fiori. Un profumo di rose e bontà. Di sole e altre mille cose belle.
Mi voltai e incontrai lo sguardo disorientato di una ragazza dai morbidi capelli boccolosi e ramati, dagli occhi azzurri grandi e luminosi, dalla pelle candida e vellutata. Il suo viso era cosparso di lievi lentiggini, e il suo naso era esile e delicato. Era alta e snella, ed era davvero molto carina. Indossava l'uniforme e questa sembrava rendere la sua sagoma più slanciata.
Lei distolse subito lo sguardo e rise insieme a un uomo alto dai capelli rossi e una donna  dai capelli castani e folti, che dovevano essere i suoi genitori. La ragazza continuava a ridere, guardando due altri ragazzi intorno a lei, entrambi mori, probabilmente i suoi cugini. Lei si voltò di nuovo verso di me, mostrando la dentatura bianca e perfetta, e seppi di essere spacciato.
Quella ragazza era, con ogni probabilità, Rose Weasley. Lei iniziò a squadrarmi con curiosità e diffidenza, come se fossi un esemplare interessante da studiare.
Lanciai uno sguardo a mio padre, ma lui stava osservando la donna castana di fianco a Rose Weasley. Guardandola, notai che era davvero molto bella, dall'aria intelligente e sicura.  
Capii che era la loro famiglia quella che prima aveva salutato.
Continuando a guardarla, mio padre bisbigliò: «Ricorda il giuramento.».
Si riferiva al giuramento che non avevo stretto e che, anche se l'avessi fatto, avrei infranto molto presto. E non avevo torto.
Tuttavia, annuii, mentre lui mi avvicinava a Flavius e Claudia. Ricambiai finti risi, con la testa che vagava allo spettacolare sorriso a cui avevo assistito poco prima. 
   
 
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