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Autore: Bijouttina    18/11/2014    11 recensioni
Un biglietto da visita, una scommessa con gli amici e una piscina basterebbero a capire il significato della storia.
La gelosia e la dolcezza in persona, Marco e Serena.
Marco è un rappresentante e affascinante pallanuotista, Serena una dolce e sensuale commessa in un outlet.
Una storia frizzante e divertente, con personaggi molto particolari che vi conquisteranno.
***
« Ora la mia missione è conquistarla e farla innamorare di me.», mi sento bello deciso e carico.
«E se ci riuscissi? Poi che cosa faresti? Tu non resisteresti neanche due minuti in una relazione stabile. Facciamo una nuova scommessa. Tu la porterai in villa dai tuoi, la farai conoscere ai coniugi Rossini, se non scapperà, vorrà dire che è davvero innamorata di te, e se questo succedesse, tu le farai la proposta.».
«Sei per caso impazzito?».
Che cosa ha bevuto?! Che cosa si è fumato?!
«No, affatto. Se tu la porterai da loro, vorrà dire che sarai innamorato di lei, non lo faresti altrimenti. E se sarai innamorato di lei, metterai la testa a posto. Per la gioia della tua mammina. Che ne pensi? Ti va di rischiare?».
Ho voglia di farlo? Non molta, ma non mi tiro mai indietro.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La serie del rischio'
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13. Diablo
La mattina seguente mi sveglio con una strana sensazione addosso. Allungo un braccio per cercare Serena, ma lei non c'è. Mi metto seduto e mi guardo intorno, i suoi vestiti sono ancora sparsi sul pavimento della mia camera. Non può essere andata lontano, questo è certo. L'aroma del caffè appena fatto mi riempie le narici, la mia donna ha preparato la colazione. Sorrido come uno scemo.
Appoggio i piedi sul pavimento fresco e raccolgo i miei boxer, non posso andare in giro per casa completamente senza vestiti. Non ci sarebbe niente di male, per carità, ma non mi piace.
Raggiungo Serena in cucina, è impegnata a versare il caffè in due tazze e non si accorge della mia presenza alle sue spalle. Indossa la mia camicia, solo due bottoni allacciati; devo ammettere che questa visione è parecchio eccitante.
«Smettila di fissarmi, non credere che non ti abbia sentito arrivare».
Si volta verso di me con un sorriso meraviglioso a illuminarle il viso.
«Ti stavo solo ammirando, buono, buono nel mio angolino». Mi giustifico.
«Se aspettavi un paio di minuti, te lo avrei portato a letto». Mi fa notare porgendomi una delle due tazze.
«A dirtela tutta non è stato piacevole svegliarmi e non trovarti accanto a me. Pensavo te ne fossi andata, ma poi ho visto i tuoi vestiti sparsi sul pavimento». Mi stringo nelle spalle.
«Beh, al giorno d'oggi non farebbe neanche più troppo scalpore se andassi in giro per strada nuda». Mi prende in giro lei.
«Sì, certo, come no! Poi verresti arrestata per esibizionismo e io col cavolo che ti pagherei la cauzione!», tuono divertito.
Prorompe in una risata cristallina.
«Tu guardi troppi telefilm americani, Shark».
«Forse», ammetto io con noncuranza. «Comunque non ti permetterei mai di girare svestita in un luogo che non sia uno dei nostri appartamenti, solo io posso vederti nuda. Cerca di non dimenticarlo o mi arrabbio davvero».
«Sei geloso?», chiede armeggiando con i bottoni della mia camicia.
Scopre il suo seno e io non capisco più niente.
«Sono geloso, possessivo, non sopporto che altri uomini possano guardare la mia donna, non tollero che altri uomini possano fare strani pensieri su di te. Flounder, sono geloso da morire di te».
Mi avvicino lentamente a lei e la afferro per un fianco.
«E poi ti amo, ti voglio solo per me».
«Tu uomo delle caverne...».
«Eh no, ora basta. Mi hai stancato piccoletta!».
La sollevo di peso e me la carico su una spalla.
«Ora ti faccio vedere io chi comanda!».
Scalcia, ride divertita, mi schiaffeggia sulla schiena.
«Mettimi giù!».
«Ti metterò giù dove e quando voglio, Flounder!». La schiaffeggio scherzosamente sul sedere.
«Hey!».
«Che cosa vuoi pretendere da un uomo delle caverne?!».
La lascio andare sul letto e mi sdraio sopra di lei.
«Ora me la pagherai, Flounder!».
Le tappo la bocca con la mia prima che possa ribattere: adoro giocare con lei.
 
 
La accompagno al lavoro, controvoglia, non mi va di separarmi da lei, non mi va per niente. Le ultime ore trascorse insieme sono state a dir poco meravigliose, non mi ero mai sentito così in sintonia con una donna prima d'ora. Serena capisce le mie battute, è irriverente proprio come me, le piace ridere e non si prende mai troppo sul serio.
Credo davvero che lei possa essere la donna della mia vita.
Lungo la tangenziale mi squilla il cellulare, rispondo dal vivavoce.
«Dimmi che te la sei scopata stanotte!». La voce squillante di Lorenzo riempie tutto l'abitacolo.
«No comment», rispondo io, svoltando alla mia uscita.
«Oh oh, te la sei fatta alla grande allora, lo sapevo!», sbotta con soddisfazione.
«Non avrai mica scommesso anche su questo spero?». La mia era una domanda retorica e trova conferma un istante dopo.
«Certo! Ho scommesso con Riccardo una birra. Lui diceva che lei non te l'avrebbe mai data. Pollo! È stata una vittoria facile». La soddisfazione nella sua voce è alquanto irritante.
«Come mai davi per scontato che ci sarebbe stata?».
Parcheggio la macchina nel primo posto libero che trovo e mi porto il telefono all'orecchio, non mi va che tutto il quartiere senta le idiozie che spara normalmente Lorenzo.
«Beh, uscite insieme da qualche giorno, avete già dormito nello stesso letto, non potevate resistere ancora a lungo senza darci dentro. Com'è a letto? Voglio i dettagli. È porca? Ha fantasia o è la classica donna da missionario e basta?».
«Ma ti sembrano domande da fare? Non risponderò, mettiti il cuore in pace».
«Oh deve essere una gran porca allora!». Ride come uno scemo.
«Smettila di parlare di lei in quel modo!», tuono con un certo fastidio.
«Sai socio, da quando c'è lei, sei piuttosto suscettibile». Mi fa notare in tono neutro.
«Sarò anche suscettibile, ma non parlerò della mia vita sessuale con te.», borbotto acido.
«Lo vedi? Stai usando ancora quel tono. Una volta mi raccontavi tutto delle tue avventure. Che cosa è cambiato? Che cos'ha di diverso questa Serena?».
«Che cosa è cambiato? Beh, questa non è un'avventura, non lo è proprio per niente. Mi sono innamorato di lei, ci sono cascato in pieno questa volta». Gli spiego. «Lei è diversa da tutte le donne che ho frequentato finora».
«Cazzo, è ancora peggio di quello che credevo». Commenta schifato.
Basta, sono stanco di questa conversazione, non ho più voglia di parlare di amore con lui, anche perché lui non ne capisce un fico secco.
«Tu, invece, che cosa hai combinato ieri sera con le amiche di Serena?», domando curioso.
«Diciamo che mi sono divertito con Stella stanotte. È un po' in carne, ma è stato piuttosto piacevole, lo ammetto. Stasera tocca all'altra... Come cazzo si chiama?».
Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa.
«Marica». Vado in suo soccorso.
«È vero, Marica! Comunque stasera mi divertirò anche con lei».
«Non hai paura che si sentano usate?».
Se lo venisse a sapere Serena, non ne sarebbe per niente felice, ma sono certo che lo scoprirà sicuramente.
«Nah, ho pregato Stella di non dirlo in giro e farò lo stesso con Marica stasera».
La sicurezza di Lorenzo mi spaventa parecchio, anche se ho come la sensazione che mi stia nascondendo qualcosa.
«Lo sai, vero, che io sto frequentando la loro migliore amica?». Gli faccio notare.
«E tu terrai la bocca chiusa perché sei il mio migliore amico». Mi minaccia poco velatamente.
Non ho alcuna intenzione di mentire alla mia donna per salvargli il culo, cercherò soltanto di non far andare il discorso in quella direzione alquanto pericolosa.
«Farò del mio meglio». Lo rassicuro.
«Bravo Marchino».
Ma che cosa gli passa per la testa? Spassarsela con entrambe le amiche di Serena è troppo anche per uno come lui. Si caccerà sicuramente nei casini, l'importante è che non tiri in mezzo anche me: se dovesse mettere a repentaglio la mia storia con lei, giuro che questa volta lo ammazzo sul serio, non la passerebbe liscia.
Apro la portiera, metto un piede fuori e il cellulare squilla nuovamente. Chi diavolo è che rompe ancora? Premo il tasto verde senza controllare chi sia a chiamare.
«Pronto?», rispondo seccato.
«Ti sembra il modo di rispondere?». Lucrezia mi ammonisce immediatamente.
«Scusami sorellina, ero al telefono con Lorenzo fino a un momento fa». Mi giustifico.
«Non aggiungere altro. Quel ragazzo mi dà i nervi, non so proprio come tu riesca a sopportarlo».
A volte me lo chiedo anch'io, ma forse ormai ci ho fatto l'abitudine.
«Ti serviva qualcosa?», le chiedo cambiando completamente argomento, ho già mal di testa stamattina.
«Emergenza familiare e solo tu puoi aiutarmi», comincia piuttosto agitata.
Come inizio non promette niente di buono e so già che ci andrò di mezzo io.
«Quale sarebbe questa emergenza?». Penso abbia notato il mio sospiro carico di rassegnazione, non fa niente.
«Daniele sta piangendo da più di un'ora. Ha trovato un gattino nel cortile di casa e vuole a tutti i costi tenerlo. Sto cercando, invano, di fargli capire che Giulio, il suo amatissimo papino, è tremendamente allergico al pelo di quel felino. Non c'è verso di farlo ragionare, tiene quella pallina infeltrita, che dovrebbe essere un gatto, stretta al petto e non ha alcuna intenzione di lasciarla andare. Ti prego, parlaci tu, sei la mia unica salvezza». Mi supplica.
«Dammi dieci minuti e sarò da te».
«Sei il fratello migliore al mondo». Mi manda un bacio e riattacca.
Solo quando fa comodo, ovviamente, meno male che sono pure l'unico. Ecco che mi sono lasciato invischiare ancora una volta in qualcosa di assurdo. Ora come posso convincere un bambino di cinque anni che non può tenere un piccolo gattino? Sarà un'impresa titanica, ma qualcosa mi inventerò.
Raggiungo casa di mia sorella il più velocemente possibile, lei mi sta aspettando sulla soglia.
«Finalmente sei arrivato! Non ne posso più!». Mi afferra un braccio e mi trascina in casa.
«Datti una calmata», le dico incespicando sui miei stessi piedi. La situazione sta degenerando ancora prima di arrivare da mio nipote.
«Vorrei vedere te!». Mi lancia sul divano accanto a Daniele.
La guardo in cagnesco. Che modi sono questi? Lascio perdere esclamazioni poco consone al luogo e non adatte a un pubblico di minori. Mi concentro sul piccoletto, ha le lacrime agli occhi, il naso che gli cola, non è esattamente una bella scena.
Una testolina minuscola, grigia e pelosa sbuca dalle braccia di Daniele, mi guarda con i suoi occhietti azzurri. Non sono mai stato un grande amante dei gatti.
«Hey campione! Mi fai conoscere il tuo nuovo amico?», chiedo avvicinandomi con il viso al suo.
Lui mi guarda di sottecchi.
«La mamma dice che non posso tenerlo, ma l'ho trovato io», piagnucola.
«Lo so, ma il tuo papà starà male se lo troverà qui. Ti piacerebbe vedere il tuo papà con gli occhi gonfi e rossi, che starnutisce e si soffia il naso tutto il tempo?».
Scuote la testa lentamente.
«No, non voglio che il mio papino stia male».
«Allora dobbiamo trovare una soluzione», gli dico passando un dito su quella testolina morbida. Il gattino mi osserva attentamente, è un fagottino di pelo.
L'idea che è appena balenata nella mia mente mi fa rabbrividire. So per certo che mi pentirò di questa soluzione, ma non vedo altre alternative.
«Facciamo così. Lo porterò a casa con me, potrai vederlo tutte le volte che vorrai».
Mi mordo la lingua, il danno è ormai fatto. Il viso di mio nipote si illumina.
«Davvero? Zio! Tu e Serena sarete bravissimissimi con lui!», commenta raggiante.
Serena ed io? Oh cavolo.
«Serena non può stare da me tutto il tempo», gli spiego.
«Ma... ma... voi vi volete bene, dovete sposarvi, fare tantissimi bambini e poi tu zio non ce la fai da solo. Serena sì che può, lei è bravissima». Tesse le lodi della donna che amo e mi ritrovo a sorridere.
«Hai ragione, lei è bravissima. Prometto che ne parlerò con lei e ci prenderemo cura di questa pallina di pelo insieme». Lo rassicuro.
«Va bene!», esclama mio nipote con ritrovata allegria.
Mi passa il micetto e lo prendo in una mano, è davvero minuscolo.
«Lo chiameremo Diablo», affermo guardandolo negli occhi, il felino sembra apprezzare.
«Mi piace, zio! Diablo!», ripete Daniele saltellando sul divano.
Mia sorella mi guarda con un'espressione sconvolta in viso, io mi stringo nelle spalle. Ci sarà da divertirsi.
 
 
***
 
 
Non ho alcuna voglia di lavorare oggi, continuo a ripensare alle ultime ore trascorse con Marco. Sono stata benissimo con lui, come non lo ero mai stata prima. Fare l'amore con lui è meraviglioso, prenderci in continuazione in giro è fantastico. Con lui mi sento davvero me stessa, mi fa ridere e adoro quando dice che mi ama. A essere sincera mi sento piuttosto in colpa, io non riesco a dirgli proprio niente. Sono ancora piuttosto confusa riguardo ai miei sentimenti. Non riesco a capire se quello che provo per lui può essere chiamato amore o sia solo sintonia.
Luca mi fa tornare alla realtà.
«Tesoro mio, il tuo sguardo perso nel vuoto non promette niente di buono».
«In che senso?», chiedo non afferrando quello che vuole dirmi.
«Sere, sei innamorata di lui! Te lo si legge in faccia!», sbotta scuotendomi poco elegantemente per le spalle.
«Vorresti dirmi che io non so che cosa provo per lui e, invece, la mia faccia lo sa benissimo? Non mi convince molto questa teoria, se devo essere sincera mi sembra una gran cavolata». Faccio una smorfia.
«Come fai a non sapere se sei innamorata di lui o no?», domanda sgomento.
«È così e basta, che ci posso fare? Sai benissimo anche tu che sono sempre stata una frana in amore». Mi siedo pesantemente su uno sgabello.
«Oh mio Dio, voi l'avete fatto!». Si porta una mano alla bocca per lo stupore. «Devi raccontarmi tutto».
Si guarda intorno controllando che non ci sia nessuno in vista e si inginocchia davanti a me.
«Com'è stato?». Abbassa il tono della voce, quando vuole anche lui sa che cosa vuol dire la parola discrezione.
«È stato perfetto, Luca, credimi. Lui è semplicemente meraviglioso, ha detto che mi ama. Non sono mai stata così bene con qualcuno in tutta la mia vita».
Rivedo i suoi bellissimi occhi blu, il suo corpo statuario, le sue labbra che si stendono in un sorriso malizioso. Devo smetterla, tutto questo mi ha fatto venire le scalmane.
«Sei proprio sicura di non sapere quello che provi per lui? A me sembra piuttosto lampante». Inarca un sopracciglio e posa le mani sulle mie ginocchia. «Credimi tesoro, tu lo ami. Mettiti l'anima in pace. Non è una malattia grave l'amore, non devi averne paura».
«Da dove proviene tutta questa saggezza?», chiedo titubante, mi sta nascondendo qualcosa, ne sono più che certa.
«Tutta farina del mio sacco». Mi bacia la punta del naso e sparisce a servire un cliente appena entrato.
Ora sono curiosa di sapere che cosa è successo al mio migliore amico, dovrò metterlo sotto torchio, ma aspetterò il momento giusto.
 
 
Quando vedo Marco entrare dalla porta del negozio, il mio cuore comincia a battere come un pazzo. Gli faccio cenno di aspettarmi un attimo, devo andare a cambiarmi prima di uscire, non voglio che lui mi veda in queste condizioni. Indosso un vestito azzurro, legato in vita da una cintura blu, un paio di sandali con il tacco. Sciolgo i capelli dalla coda di cavallo e li ravvivo con le mani, mi passo il lucidalabbra. Non sarò perfetta, ma almeno sono un po' più presentabile.
Marco strabuzza gli occhi appena si accorge di me.
«Sbaglio o sei sempre più bella?».
«Credo che tu ti stia sbagliando, magari hai perso qualche diottria fissando il sole venendo qui».
Un sorriso sghembo appare sulle sue labbra.
«No, io non sbaglio mai», commenta prima di sfiorare lievemente le mie labbra con le sue.
«Farò finta di crederti, Shark». Gli strizzo l'occhio.
Salutiamo Luca da lontano, è stato sfuggente oggi e non sono riuscita a cominciare quel discorso con lui. Sapeva benissimo che gli avrei fatto il terzo grado, mi ha evitato volontariamente. Una cosa è certa, però, non mi può sfuggire per sempre.
Marco sembra nervoso, non apre bocca finché non arriviamo alla sua macchina.
«Ehm, ci sarebbe un piccolissimo problema», comincia impacciato, grattandosi la testa.
«Ossia?», chiedo corrugando la fronte.
Apre la portiera della macchina e mi indica una piccola scatola di cartone appoggiata sul tappettino del passeggero, c'è qualcosa che si muove all'interno. Sussulto e mi aggrappo al braccio di Marco.
«Flounder, ti assicuro che quel cosino lì non morde».
«Non è un topo vero? Mi fanno schifo i roditori», piagnucolo.
«No, non è un topo, anche se ha la stessa dimensione».
Si abbassa e solleva la scatola, la mette davanti a me così posso guardarci all'interno. Un gattino piccolissimo, grigio, con qualche striatura bianca sta dormendo come un angioletto. Mi porto una mano alla bocca, è tenerissimo.
«Oh mio Dio, com'è cuccioloso», esclamo prendendolo in mano e accarezzando dolcemente quella testolina minuscola. «È bellissimo, Shark».
«Sono contento che ti piaccia». Si schiarisce la voce e aggiunge: «Dovremo prendercene cura noi».
Lo guardo stupita. Perché mai dovremmo tenere un gatto?
Lui sembra leggermi nel pensiero e continua con il resoconto: «L'ha trovato mio nipote Daniele, mio cognato è allergico, ma lui voleva tenerlo a tutti i costi. Mia sorella era disperata e ha chiesto il mio aiuto. Ho dovuto promettere a Daniele che lo avrei tenuto io».
«E io che cosa c'entro in tutto questo?», domando dubbiosa.
«Ha detto che tu sei bravissimissima e che saresti stata in grado di badare a lui. Ha detto che dobbiamo anche sposarci e fare tantissimissimi figli». Si stringe nelle spalle. «Ambasciator non porta pena».
Scoppio a ridere. Gli credo, Daniele può aver davvero detto tutto questo. Quel bambino è a dir poco adorabile.
«Come si chiama questa pallina di pelo?». Gli gratto il pancino.
«Diablo», risponde lui con espressione divertita.
«Vorresti dirmi che questo angioletto si chiama Diablo?». Inarco un sopracciglio. «Si può sapere il motivo?».
«Perché è un nome cazzuto», dice come se fosse una cosa ovvia.
È così irresistibile che non riesco più a trattenermi.
«Sei spettacolare Shark!».
Mi fiondo sulle sue labbra, le nostre lingue si cercano impazienti, mi mancavano i suoi baci, mi mancava lui. Quando ci stacchiamo, siamo entrambi senza fiato.
«Wow. Non pensavo che la scelta del nome perfetto potesse portare a un bacio mozzafiato. È un modo nuovo per rimorchiare», commenta con un sorrisetto furbo sulle labbra.
Tengo Diablo in una mano, con l'altra lo afferro per il bavero della polo, le nostre bocche quasi si sfiorano.
«Non voglio più sentire la parola rimorchio uscire da questa fantastica bocca. L'era del rimorchio è finita», sibilo cercando di essere convincente.
«La mia Flounder è gelosa. Mi piace». Azzera le distanze e mi bacia avidamente. «Ti amo da morire».
Bene, ora le gambe sono un ammasso di gelatina, rimango sempre sbalordita dall'effetto che mi provocano i suoi baci e le sue parole.
«Che cosa hai intenzione di fare con lui, ora?», chiedo cercando di ricompormi.
Diablo apre finalmente gli occhietti e mi fissa, cerca di prendermi un dito con le zampine, glielo lascio fare: lo annusa e, dopo un momento di titubanza, lo lecca. Che sensazione strana, non avevo mai avuto a che fare con un gatto prima d'ora.
«Non lo so, non ho idea di cosa devo fare con lui. Tu te ne intendi?».
Scuoto la testa.
«Neanche un po', però mi è venuta in mente una cosa. Vieni con me».
Lo prendo per mano e lo trascino lungo il viale, c'è un negozio di articoli per animali accanto a un ottico qui all'outlet.
Entriamo e un campanello avvisa i dipendenti del nostro ingresso. Non sono mai stata in un negozio di questo tipo, non ne ho mai avuto il bisogno.
«Che cosa facciamo ora?». Marco si guarda in giro spaesato.
«Forse è meglio se chiediamo consiglio a qualcuno.», rispondo cercando con gli occhi un commesso.
Ne passa uno proprio in questo momento e corro da lui.
«Scusami, avremmo bisogno di aiuto».
«Certo, di cosa avete bisogno?».
Il ragazzotto moro si chiama Sandro, o almeno così c'è scritto sul cartellino attaccato alla maglia rossa dell'azienda, ci guarda con impazienza.
«Il mio ragazzo ed io abbiamo trovato questo gattino davanti casa, vorremmo tenerlo, ma non siamo esperti. Che cosa ci serve per cominciare?».
Il commesso si porta un dito sul mento e poi ci dice di seguirlo.
«Avrà bisogno di mangiare alimenti indicati alla sua età: croccantini e umido per gattini. Sulle confezioni c'è scritto fino a quanti mesi devono nutrirsi con questi, poi passerete a quelli per adulti. Vi servirà una cassettina per i bisogni e i sassolini per riempirla. Avrete bisogno anche di una cuccetta, anche se quest'ultima non è fondamentale. Molti gatti la snobbano, preferendo dormire su sedie, letti o divani. In questo reparto troverete tutto quello di cui il micio avrà bisogno. Se avete ancora bisogno, mi trovate alla cassa». Ci rivolge un sorriso sincero prima di dileguarsi.
«Da che cosa cominciamo? Che pappa preferisci bel cucciolino?». Mi rivolgo a Diablo come se mi rivolgessi a un bambino.
Lui, ovviamente, non mi risponde.
«Okay, scegliamo noi». Lo rassicuro con una grattatina sulla testa.
Marco sta controllando minuziosamente ogni scatolina, ogni confezione di croccantini, lo sguardo concentrato, è talmente bello che mi incanto a guardarlo.
«Pollo o salmone?». Mi mostra due lattine di cibo umido.
«Uno e uno? Deciderà lui cosa preferisce, che dici?».
Sorride e annuisce.
«Dico che hai ragione, Flounder».
Prendiamo più gusti di croccantini, mettiamo il tutto in un cestino che Marco è andato a recuperare. Scegliamo una cassettina per i bisogni, sarà in grado di usarla da solo o dovremmo insegnargli noi che deve andare lì? Cavolo, non ci voglio pensare. Spero con tutto il cuore che seguirà l'istinto e sappia già di dover fare i suoi bisogni in quella sabbietta. Marco ne prende un sacco enorme, più conveniente.
Perdiamo un po' più di tempo per scegliere una cuccetta, ce ne sono molte e di ogni genere. Alla fine ne scegliamo una in vimini con un cuscino imbottito, sembra comodissima.
«Dovremmo prendergli anche uno di questi?». Indica un tiragraffi semplice con la base a forma di fiore e un'ape appesa a un filo.
«Non lo so», ammetto stringendomi nelle spalle.
«Io lo prendo lo stesso. È per il nostro cucciolo, mica per un gatto qualsiasi».
Si renderà conto di aver detto il nostro cucciolo? Mi ha fatto una sensazione strana.
Alla cassa apro il portafoglio per contribuire alla spesa, ma lo sguardo assassino di Marco mi fa desistere.
«Non ci provare nemmeno, tu non pagherai un centesimo». Mi minaccia estraendo la sua carta di credito e puntandomela contro.
Meglio non contraddirlo, non vorrei mai che se la prendesse. È un uomo vecchio stampo, non farebbe mai pagare alla sua donna.
Sua donna.
Sto cominciando a parlare come lui, non so se sia un bene o un male.
Ha speso un patrimonio per questa pallina di pelo, chissà che cosa spenderebbe per un regalo importante. Perché mi sto facendo domande così idiote? Può fare quello che vuole con i suoi soldi, sono io che devo stare sempre attenta a quello che compro, non posso sprecare inutilmente quel poco che guadagno.
«Andiamo a casa, amore? Dobbiamo gestire gli spazi per questo diavoletto». Le sue parole mi fanno tornare con i piedi per terra.
«Certo, andiamo». Gli sorrido e mi sento bene.
Osservo Diablo appisolato sul mio braccio ed è un amore, proprio come il suo padrone.

 
***Note dell'autrice***
Ed ecco a voi Diablo! E voi tutte a pensare a chissà quale personaggio avrebbe fatto la sua apparizione! Che cosa ne pensate del pelosetto? E dei suoi nuovi padroni? ;) Lorenzo e Luca hanno comunque fatto la loro apparizione ed è tornato anche Daniele, che è sempre un amore. Ci saranno un po’ di novità nel prossimo capitolo… belle o brutte non lo so ;) crudele!
Grazie mille a tutti quelli che passano a leggere questa mia storia…siete tantissimi e vi adoro tutti, dal primo all’ultimo!
A martedì prossimo :)



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