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Autore: ValeDowney    18/11/2014    4 recensioni
"Storybrooke sembra una cittadina come tutte le altre, se non fosse per il fatto che non è sulle carte, nessuno sa della sua esistenza e i cittadini sembrano nascondere qualcosa. Rose, una bambina dolce ma curiosa e sempre in cerca di guai, scoprirà, insieme al suo amico Henry, che qualcosa di magico si aggira per quella città"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The Rose of true Love

Capitolo I: Un fiore per Gold - Seconda Parte
 

Il viaggio fu molto silenzioso e Rose non faceva altro che guardare fuori dal finestrino, evitando lo sguardo preoccupato del padre. Gold non riusciva a capire l’improvviso strano comportamento della figlia: appena era uscita fuori da scuola, era contenta; poi, tutto a un tratto, non aveva voluto farsi prendere in braccio da lui ed era semplicemente salita in macchina. Ora se ne stava in silenzio a guardare fuori dal finestrino.
“Tesoro, è successo qualcosa a scuola che non mi vuoi dire ?” provò a chiederle, ma la bambina sembrava non averlo neanche sentito. Quindi ci riprovò: “Non è da te essere silenziosa. Se davvero è successo qualcosa, devi dirmelo e parlerò personalmente con la preside”
“Non è successo niente a scuola!” replicò Rose, guardandolo. Gold la guardò per un attimo senza parole. Quella non era la sua dolce bambina, dal comportamento mite e gentile. Era come se il suo lato da Signore Oscuro stesse uscendo da lei. No, non doveva permettere che Rose diventasse come lui era secoli prima: lei doveva essere come la madre.
Riguardò la strada. “E’ che mi preoccupo per te, sei tutto ciò che ho e non voglio perderti” disse.
“Papà, ma di che cosa stai parlando? Tu non mi stai perdendo” disse Rose, guardandolo stranamente. A volte proprio non capiva suo padre.
“Tu sei il mio tesoro più prezioso e chiunque ti abbia fatto del male deve pagare caro” disse Gold. Solo a quel punto Rose capì le parole del padre: abbassò lo sguardo, guardando il ginocchio ferito. Riguardò il padre.
“Papà, nessuno mi ha fatto del male. Sono caduta nel corridoio, sbattendo contro un pezzo di marmo” mentì la bambina.
“Dovrebbero eliminare certe cose. I bambini si possono fare molto male e, infatti, è quello che è successo a te. Adesso andiamo a casa e ti curo subito quella ferita” disse Gold.
“Perché, invece, non andiamo in negozio? Possiamo prendere qualcosa da Granny’s e mangiare lì” propose Rose.
“Ma piccolina, quella ferita al ginocchio…” iniziò col dire Gold, ma Rose lo bloccò dicendo: “Scommetto che, anche in negozio, hai qualcosa con cui curarmela” e Gold non aggiunse altro.
Poco dopo, dopo aver preso qualcosa da mangiare da Granny’s, i due si trovarono nel “Negozio dei Pegni” e Rose era seduta sul bancone, mentre suo padre, di fronte a lei, le curava la ferita al ginocchio con uno speciale unguento che teneva nel retro del negozio.
Rose sussultò un po’ dal dolore, non appena Gold le tamponò la ferita con l’unguento e un batuffolo di cotone: “Scusami, tesoro, ma vedrai che ora passa.”
“Se fossi stata più attenta, non mi sarei fatta male” disse Rose
“Se non fossi stata più attenta, non saresti nemmeno una bambina e dovrei incominciare a preoccuparmi” disse Gold e finì di medicarle la ferita. Mentre andava a rimettere l’unguento in una credenza nel retro del negozio, Rose titubante gli chiese: “Non è che, oggi pomeriggio, posso andare a giocare con Henry al nostro castello ?”
“Non hai da fare dei compiti?” domandò Gold, dal retro del negozio.
“Sì… un po’…” rispose Rose. Gold ritornò dal retro e le disse: “Prima i compiti e, solo quando li avrai finiti, potrai andare a giocare con il tuo amico.”
Rose saltò giù dal bancone e, abbracciando Gold, disse: “Grazie, grazie papà.”
“Di nulla, piccola e, per assicurarmi che farai la brava, farai i compiti qui in negozio” disse Gold e Rose lo guardò stranamente, ma sapendo che non poteva contraddire suo padre si andò a sedere dietro al bancone: estrasse i compiti dalla cartella e cominciò a farli.
Passò un’oretta e, ora, Rose si ritrovava con un foglio bianco davanti: doveva fare quel tema, ma non sapeva cosa scrivere. Come avrebbe fatto con sua madre? E’ vero, suo padre un po’ di volte gliela aveva descritta, ma in casa, stranamente, non vi erano foto sue.
Giocherellava con la biro mentre guardava quelle righe ancora bianche, che aspettavano solo di essere riempite da frasi riguardanti i suoi genitori. Poteva semplicemente descrivere suo padre, ma avrebbe preso un brutto voto e al Signor Gold, non piacevano i brutti voti. In quanto figlia del proprietario di tutta la città, doveva essere un buon esempio da seguire anche a scuola e, quel brutto voto non doveva essere il primo di una lunga serie.
Decise di optare per la soluzione più semplice, ma forse anche quella meno sicura: sgattaiolare fuori dal negozio, fingendo di aver finito tutti i compiti e sperando che suo padre ci cascasse.

“Io ho finito, vado da Henry” disse Rose mentre stava per aprire la porta. Gold, camminando verso di lei, disse: “Bene, ma prima vorrei leggere il tema che avevi da fare.”
“Tema? Quale tema?” chiese Rose guardandolo, facendo finta di nulla.
“Quello che ti hanno dato a scuola: è chiaro che quel foglio che hai sul bancone non sia per fare dei disegni o scarabocchiarci sopra. Su, avanti, fammelo leggere” rispose Gold e tese una mano.
Rose lo guardò, incerta su come agire, ma poi domandò: “Che ne dici se te lo faccio leggere stasera dopo cena?”
“No, vorrei leggerlo ora, se non ti dispiace, tesoro” rispose Gold, ma vedendo che la figlia non si muoveva, andò lui stesso al bancone e prese in mano il foglio. Il suo sguardo divenne cupo e guardò Rose, la quale deglutì per la paura.
“Spero tu abbia un’adeguata spiegazione del perché questo foglio sia ancora bianco!” replicò Gold, guardandola.
“Non avevo idee” disse semplicemente Rose.
“Volevi presentare un tema in bianco?! Be', signorinella, non uscirai da qua finché non avrai scritto qualcosa di decente e lo farai mentre ti guarderò” replicò Gold e batté con forza il foglio sul bancone, facendo sussultare Rose.
Lentamente, la bambina si sedette dietro al bancone. Prese la biro e guardò il padre, che la stava guardando a sua volta con uno sguardo poco rassicurante. Riguardò il foglio e provò a scrivere qualcosa, ma la biro non si muoveva.
“Sto aspettando, Rose” disse Gold.
“Mi dispiace, papà, ma non mi viene in mente nulla” disse Rose.
“Non è la prima volta che devi scrivere un tema e hai sempre avuto le idee chiare” disse Gold.
“Be', stavolta non le ho. Può capitare una volta ogni tanto, no?” disse Rose, guardandolo.
“Su cosa devi scrivere?” le chiese Gold.
“Su di te” rispose fingendo Rose.
“Se fosse stato su di me, avresti già finito. Avanti, dimmi la verità” disse Gold.
“E farmi passare per la cocca di papà?! Intanto so che andrà a finire così!” replicò Rose e andò nel retro del negozio. Gold la guardò, domandandole: “Piccola, ma cosa ti prende? Questa non sei tu”.
“E chi dovrei essere? Ah, sì, giusto: la tenera bambina che va sempre a piangere dal suo papà per qualunque cosa! Questa sono io!” replicò Rose, mentre gli dava la schiena.
“No, tu sei buona e generosa, proprio come lo era tua madre. Devi far sparire questo lato cattivo di te, perché è male” disse Gold.
“Forse non è vero che sono buona: dopotutto, ognuno di noi nasconde un lato cattivo, no?” disse Rose.
“Non dire una cosa del genere! Sei mia figlia e so che tu sei buona! Tua madre non avrebbe mai voluto sentirti dire queste cose, quindi smettila!” replicò Gold.
Rose lo guardò in silenzio. Non voleva che suo padre si arrabbiasse, quindi andò da lui e gli disse: “Mi dispiace, papà: non volevo arrabbiarmi. Adesso vado subito a fare quel tema.”
Gold si abbassò e, posandole le mani sulle spalle, disse: “ Quello che si deve scusare sono io, che ho alzato la voce con te. Non dovevo, piccola, scusami.”
“Papà… quel tema… non è vero che lo devo fare solo su di te. Ecco… lo devo fare su entrambi i genitori e la Signorina Tremaine ha detto che devo chiedere a tutti e due, ma io…” spiegò titubante Rose e le lacrime le si formarono negli occhi.
Gold la strinse forte a sé e, mentre le accarezzava la schiena, disse: “Tesoro, non piangere. Quella donna pagherà, parola mia.” E nelle sue parole Rose sentì come un senso di malvagità, che non aveva mai sentito in suo padre. Davvero avrebbe fatto del male alla sua maestra? Suo padre non era una persona cattiva o, almeno, lei non lo vedeva così. Si raccontavano brutte storie su di lui e i cittadini avevano costantemente paura. Ma per lei era il suo dolce papà che, fin da quando era una neonata, le era sempre stato accanto. Non aveva una madre, morta in circostanze ancora sconosciute, ma aveva un padre che le voleva molto bene e che l’avrebbe sempre protetta da chi le avrebbe fatto del male o, semplicemente, l’avrebbe trattata in malo modo.
L’abbraccio finì e Rose disse: “Papà, prima mi dispiace essermi arrabbiata con te. È che non volevo farmi vedere piangere davanti alle mie compagne di classe.”
Gold le mise le mani sulle guance dicendole: “Ascoltami bene, piccola. Non permettere mai a nessuno di dirti quello che devi fare. Solo tu deciderai la strada giusta da seguire, nessun altro. Chi vuole metterti in testa strane idee lo fa solo per farti fare scelte sbagliate.” E le spostò una ciocca di capelli dalla fronte.
“Tranquillo, papà. Cercherò di seguire questo tuo consiglio, ma ora è meglio che mi metta sotto con quel tema o, se no, non potrò andare a giocare con Henry” disse Rose e, dopo averlo baciato su una guancia, corse nel davanti del negozio. Si mise dietro alla scrivania e incominciò a scrivere.
Gold la guardò sorridendo, ripensando a quanto fosse veramente uguale al suo compianto amore: se solo non fosse morta, sarebbero potuti essere una famiglia felice.
Poco dopo, e dopo anche il permesso da parte del padre, Rose si trovava con Henry, nel loro castello (una struttura in legno alquanto decadente) sulla spiaggia: “Sono contento che le cose tra te e il Signor Gold si siano risolte bene e che non si sia arrabbiato più del dovuto” le disse Henry, dopo che Rose gli ebbe raccontato quanto accaduto poco prima nel negozio di suo padre.
“Forse avrei dovuto dirgli subito la verità, invece di raccontare solo bugie” disse Rose.
“Be', ora non importa, perché avete risolto tutto. Tu hai fatto quel tema e ora sei qua con me” disse Henry. Rose lo guardò sorridendogli, ma poi gli chiese: “Cos’è che dovevi farmi vedere?”
“Questo” rispose Henry e, dal suo zaino, tirò fuori un libro.
“Un libro?!” disse stupita Rose.
“Non un semplice libro: ma il libro” disse Henry. Rose puntò l’occhio sulla copertina verde. In caratteri dorati c’era scritto “Once Upon a Time”.
“E’ un libro di favole. Non ci trovo nulla di speciale, visto che ne ho tanti a casa” disse.
“Ma questo libro è davvero speciale. Guarda, te lo mostro” disse Henry e, dopo averlo aperto, lo sfogliò, mostrando le varie illustrazioni dei personaggi presenti nelle storie scritte. Il bambino si fermò su una storia in particolare, quella su Biancaneve e il Principe Azzurro. L’illustrazione mostrava i due durante il loro matrimonio.
“Non ti sembra di averla già vista?” domandò Henry, indicando, con un dito, Biancaneve.
“Sì, ovvio: nel film Disney e con lei c’erano pure i sette nani e tutti gli animali che l’aiutavano con le pulizie” rispose Rose.
“Intendevo qua in città” disse Henry. Rose lo guardò stranamente, quindi Henry continuò: “E’ Mary Margaret Blanchnard.”
“La tua maestra?!” disse stupita Rose.
“E la stessa che mi ha dato questo libro. Rose, penso che tutti gli abitanti di Storybrooke vengano dalla Foresta Incantata” disse Henry. Rose lo guardò ancora più stranamente.
“Mi devi credere, Rose, è tutto vero” disse Henry, guardando l’espressione dell’amica.
“E’ difficile credere a una cosa del genere” disse titubante Rose.
“Quindi mi credi pazzo?! E’ così che mi vedi?” replicò Henry.
“Non ho mai detto che tu sia pazzo, sto solo dicendo che è una cosa difficile a cui credere. Insomma, personaggi delle fiabe nel mondo reale? Neanche un bambino di quattro anni ci crederebbe” spiegò Rose.
“Be', pensala come vuoi, ma quando incomincerai a renderti conto di quanto i personaggi di qua, assomiglino a quelli delle fiabe, ti dovrai ricredere” disse Henry, chiudendo il libro.
“Quindi, in teoria, anche mio padre proviene dalla Foresta Incantata?” domandò Rose.
“Probabile, anche se non ho trovato nessun personaggio nel mio libro che possa assomigliare al Signor Gold. Forse dovresti parlargliene di questa storia” rispose Henry, guardandola.
“Se lo faccio, mi prenderà per pazza” disse Rose.
“Proprio come tu avevi fatto con me” disse Henry e Rose gli lanciò un’occhiataccia. Mentre Henry rimetteva il libro nello zainetto, Rose guardò il sole che, all’orizzonte, stava piano piano calando, per poi chiedere: “ Ti sei mai chiesto dove sia tuo padre?”
“Sì, credo che sia da qualche parte fuori Storybrooke, me lo sento. E poi non so se lo sai, ma la mia mamma non è la mia vera mamma” rispose Henry. Rose lo guardò stranamente, non avendoci capito nulla in quel giro di parole, quindi Henry aggiunse: “Regina non è la mia vera mamma.”
“E da cosa l’hai scoperto? Spero non dal fatto che odi le mele, visto che lei fa praticamente tutto con le mele” domandò Rose.
“A parte quello, dove hai ragione, l’altro giorno, mentre cercavo qualcosa con cui costruire un nuovo oggetto per i nostri giochi ho trovato delle carte ed erano tutte di adozione” rispose Henry.
“Sicuro che fossero su di te?” chiese Rose.
“Portavano il mio nome e risalivano, guarda caso, a dieci anni fa e, sempre su di esse, c’era scritto che non sono nato qua, ma a Phoenix” rispose Henry.
“E c’è anche scritto il nome della tua madre biologica?” domandò Rose.
“No, per quello ho cercato informazioni su Internet, dove c’è anche scritto dove abita in questo momento” rispose Henry.
“Henry, qualunque cosa tu abbia in mente, fattela andare subito via: meglio non rischiare, conoscendo tua madre, e di certo non è una santarellina” disse Rose.
“Ma Rose, voglio conoscere la mia vera mamma e chiederle del perché mi abbia abbandonato. So che tu non puoi capire, perché la tua mamma è morta, ma io devo sapere” disse Henry, guardandola.
“E se poi ne rimarrai deluso? Sai che potrebbe succedere” chiese Rose.
“Correrò il rischio” rispose Henry. Rose se ne stette in silenzio, ma poi gli disse: “Se è questo che vuoi, allora ti appoggio e, visto che tengo anche alla mia vita, non dirò nulla né a tua madre e nemmeno a mio padre”.
“Grazie, Rose, sei davvero un’amica” disse sorridendo Henry. Poi riguardarono avanti e Rose disse: “Il tramonto è sempre bellissimo, peccato non avere più tempo per guardarlo.”
“Tempo?! Oddio, sono in ritardo! Mia madre andrà su tutte le furie” disse Henry e scese dal castello. Rose lo seguì, mentre il bambino correva via dalla spiaggia, verso il marciapiede della strada.
“Se continuerai a correre così, arriverai a casa senza fiato” disse Rose, mentre gli stava accanto.
“Se non arriverò a casa in tempo, mia madre mi ucciderà” disse Henry, andando di passo veloce.
“No, ti vuole troppo bene per farlo, anche se il nostro amato sindaco sarebbe veramente capace di fare una cosa del genere” disse Rose. Per un attimo Henry la guardò, ma poi riguardò avanti, domandandole: “Non dovresti andare a casa anche tu?”
“Preferisco accompagnarti, non si sa cosa possa accadere nella tana del leone” rispose Rose.
“Da quando in qua fai questi tipi di battute? Tuo padre non ne è il tipo” chiese Henry.
“Di tanto in tanto bisogna anche scherzare, no? E poi, è un modo per non pensare al peggio che verrà” rispose Rose, quando imboccarono una via con tante lussuose ville. Ce ne era una, in fondo, una tra le più grandi, che era la loro destinazione.
“Mifflin Street, la via delle case più lussuose e anche dove vive il perfido sindaco” disse Rose.
“Anche tu vivi in una casa lussuosa” disse Henry.
“E’ vero, ma non in questo quartiere. A mio padre non piace essere al centro dell’attenzione” disse Rose.
“Se una casa enorme, rosa e con ben tre piani non è essere al centro dell’attenzione, allora dovrò pensare a un altro termine per definire qualcosa al centro dell’attenzione” disse Henry e arrivarono di fronte alla casa. Il bambino suonò al campanello.
“Spero solo che non sia in casa” disse Henry.
“Dubito che a quest’ora si trovi ancora nel suo ufficio. Ti do un consiglio: sei ancora in tempo per scappare” disse Rose, quando la porta si aprì e una alquanto arrabbiata Regina Mills li guardò.
“Mi correggo: ora non fai più in tempo” disse Rose.
“Si può sapere dove sei stato per tutto questo tempo?! Avresti dovuto venire a casa un’ora fa!” replicò Regina, guardando il figlio.
“Scusa, mamma, ma ho perso la cognizione del tempo” disse Henry.
“Hai dei compiti da fare o te ne sei già dimenticato?!” replicò domandando Regina.
“No, mamma” rispose Henry.
“Allora fila a farli, immediatamente!” replicò Regina, spostandosi da una parte ed Henry, dopo aver salutato Rose, entrò. Regina guardò Rose, replicando: “E tu, faresti meglio ad andare subito a casa, prima che qualcuno ti faccia del male.”
Rose la guardò. Non le piacevano gli sguardi perfidi di Regina. Quindi si voltò e si incamminò verso casa. Regina la guardò andarsene e poi rientrò in casa, sbattendo la porta. Henry la stava aspettando in salotto.
“Devi vergognarti di andartene sempre in giro con la marmocchia di Gold!” replicò Regina, camminando verso di lui.
“Perché, mamma? Io e Rose siamo amici” chiese Henry, guardandola.
“Conosci suo padre e la figlia è uguale a lui: è capace di condurti sulla cattiva strada ed io non voglio che ciò accada, quindi devi stare lontano da lei. Promettimelo, Henry, perché tu sei molto importante per me” rispose Regina, fermandosi di fronte a lui e mettendogli le mani sulle guance.
All’inizio Henry fu titubante, ma poi disse: “Va bene, mamma, te lo prometto”.
“Bravo. E ora vai a fare i compiti” disse Regina e Henry se ne andò di sopra in camera sua. Regina lo seguì con lo sguardo, ma poi se ne andò nello studio e, dopo essersi accertato che Henry fosse al piano di sopra, chiuse le porte scorrevoli. Prese il cellulare, digitando un numero e, dopo esserselo messo all’orecchio, aspettò in linea.
Dopo un po’, dall’altra parte risposero: “La voglio sotto stretta sorveglianza e nessuno deve sospettare qualcosa: se la verità dovesse venire a galla, qualcuno di nostra conoscenza potrebbe arrabbiarsi molto e io non voglio che ciò che è stato fatto in questi dieci anni vada in fumo per la vostra incompetenza!” disse Regina.
Dall’altra parte dissero qualcosa e Regina replicò: “Non voglio nessun tipo di scusa! Il mio piano è ancora perfetto e non voglio che voi me lo roviniate! Se dovesse succedere, sapete quanto io possa diventare cattiva!” e riattaccò.
“Sono tutti degli incompetenti!” replicò Regina e, dopo aver gettato il cellulare sul divano, se ne andò su per le scale.
Henry stava leggendo il suo libro di favole, standosene seduto sul letto a gambe incrociate, quando sentì sua madre chiamarlo dal corridoio. Velocemente, nascose il libro sotto il cuscino. Non voleva che sua madre lo scoprisse: Regina non era di certo quella mamma che raccontava favole per farlo addormentare. Estrasse quaderno, libro di scuola e biro, fingendo di scrivere qualcosa.
Regina aprì la porta e lo guardò. Henry la guardò a sua volta. “Vedo che stai già facendo i compiti” gli disse.
“Sì, proprio come mi avevi detto di fare” disse Henry.
“Lo sai che domani hai la tua seduta con il Dottor Hopper, vero?” chiese Regina.
“Sì, me lo ricordo” rispose un po’ tristemente Henry.
“Bene, e questo comporta anche che non vedrai la marmocchia di Gold: voglio che tu stia alla larga da lei” disse Regina.
“Perché? Che cos’ha di male Rose?” domandò Henry.
“Nulla che ti interessa. Se ti dovessi ancora trovare in sua compagnia, ti rinchiuderò qua dentro, capito?” replicò Regina.
“Sì, mamma” disse Henry.
“Bravo, e ora continua con quei compiti” disse Regina e uscì dalla camera, chiudendo la porta dietro di sé.
Dopo essersi accertato che la madre se ne fosse andata, Henry riestrasse il suo libro di favole da sotto il cuscino, aprendolo davanti a sé, su un disegno che rappresentava la regina cattiva di Biancaneve, intenta a evocare un terribile sortilegio: quella regina assomigliava molto a sua madre o era solo una coincidenza e Rose aveva ragione sul fatto che le persone di Storybooke non provenissero dalla Foresta Incantata?
Poco dopo, nella villa di Gold, padre e figlia stavano cenando. Rose era molto silenziosa e continuava a pensare alle parole di Regina.
“Qualcosa non va? Sei piuttosto silenziosa, questa sera” chiese Gold. Rose lo guardò, ma non rispose, quindi Gold aggiunse: “Spero solo che tu, oggi, ti sia divertita con il tuo amico.”
“Sì, molto” disse Rose.
“Sono contento. Henry è un bravo bambino anche se non posso dire lo stesso per la madre” disse Gold e mangiò un pezzo di bistecca.
Ci fu un po’ di silenzio, ma poi Rose domandò: “Papà, tu credi alle favole?” Gold la guardò non sapendo che dire: dopotutto, a differenza degli altri, si ricordava benissimo della sua vita precedente, ma se avesse raccontato la verità la figlia gli avrebbe creduto?
“Sono solo storie scritte per far addormentare i bambini” rispose Gold.
“Henry pensa che i personaggi della favole siano qua. Forse non sono una brava amica, perché non gli ho creduto” disse Rose.
“Non avergli creduto non fa di te una cattiva amica. Gli amici fanno ben altro come, per esempio, stare sempre insieme e aiutarsi a vicenda. Anche se non gli credi, voi due rimarrete sempre amici” spiegò Gold.
“Hai ragione tu: le favole sono solo storie scritte per far addormentare i bambini” disse Rose e riprese a mangiare. Gold la guardò e, almeno per quella volta, la sua bugia non destò curiosità nella piccola Rose che, dopo cena, se ne andò a letto, aspettando che il padre, come di consueto ogni sera, passasse da lei per darle la buonanotte.
Ma la bambina non sapeva che da lì a poco, le cose sarebbero cambiate… per tutti.





Note dell'autrice: Ed eccoci qua con il primo capitolo finito. Non preoccupatevi Oncers: il secondo è già bello che avviato ma aspetterò un pochetto per pubblicarlo per avere la suspense. (risata alla tremotino) Nel secondo, ci saranno anche i flashback ed incominceranno i capitoli incentrati su alcuni personaggi ( nel mio ci sarà un personaggio inventato e che sarà molto importante per rumple e rose)

Volevo ringraziare chi ha recensito la prima parte. Grazie davvero di cuore. Spero che la storia (anche se siamo al primo capitolo) vi piaccia. Cercherò di non copiare di pari passo tutta la serie (anche perchè sono storie nelle storie ed è già complicata di per sè), ma ovviamente includerò tutti (o quasi) i nostri amati personaggi, dal punto di vista della piccola Rose

Al momento vi lascio alla lettura ed al prossimo capitolo.

  
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