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Autore: M4RT1    24/11/2014    1 recensioni
Finnick PoV | Finnick/Annie | 65th and 70th Hunger Games
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Finnick Odair ha giocato tre volte: alla sua Edizione, a quella di Annie, a quella della Memoria.
Questa storia parla delle prime due.
Del quattordicenne che vinse i sessantacinquesimi Hunger Games e del giovane Mentore che salvò Annie.
Di come si conobbero, di come divennero amici. Di come arrivarono a sposarsi.
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Dal capitolo XI:
Aveva sempre sperato – anche creduto, in fondo – che gli Hunger Games in realtà fossero una gran bufala, che i Tributi venissero feriti e, con la scusa di rimuovere i cadaveri, guariti da Capitol City e impiegati come Senzavoce, magari, ma vivi. In quel momento capì che si sbagliava. La ragazza era morta.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Annie Cresta, Finnick Odair
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Finnick Odair ha giocato tre volte

Chapter VII - Interviews and best friends

 
 
Capitol City, 65th Hunger Games
"Il prossimo turno è il vostro."

Finnick Odair si aggiustò nervosamente la cravatta bianca, guardandosi intorno. Lui e Maia, vestiti con gli stessi colori pastello – celeste, panna e beige – indossavano abiti eleganti ma delicati. Lui un completo elegante, classico, lei un vestito lungo fino alle ginocchia, arricciato in vita. Erano carini, certo, ma neppure lontanamente intriganti o minacciosi o affascinanti come i Tributi che li avevano preceduti.
Nel fissare il ragazzo del Tre sorridere all'indirizzo della folla, Finnick sentì una stretta all'altezza dello stomaco. Le interviste sono fondamentali, si ripeté. Le interviste vogliono dire sponsor. Le interviste potrebbero salvarti la vita.

"Maia, vai."

La voce di Gea colse di sorpresa entrambi, ma la ragazza non ebbe tempo di voltarsi per lanciare un ultimo sguardo spaventato alla Mentore. Fu spinta sul palco in pochi secondi e, in un attimo, fu in onda.
Maia camminò veloce, sicura, a testa alta, esattamente come Mags le aveva detto. Solo i suoi occhi, spalancati e intenti a scandagliare la sala, tradivano un certo nervosismo. E solo per Finnick, perché in quei giorni aveva imparato a conoscerla, suo malgrado. E la domanda che da giorni lo torturava gli si ripresentò con violenza, spazzando via tutto il resto: perché? Perché conoscerla? Perché sfilare? Perché applaudire, ridere, mangiare, dormire? Sarebbero morti, sarebbero morti entrambi. Forse non al Bagno di Sangue, ma dopo sì. Una lancia avrebbe percorso la traiettoria giusta, un coltello avrebbe lacerato la loro pelle, o forse sarebbe toccato al freddo o alla fame o al tradimento di un amico. Ma sarebbero morti e non aveva senso amarsi, prima.

Il momento di Finnick giunse pochi minuti più tardi. Anche lui, come Maia, fu sospinto da mani forti e trascinato sul palco, dove camminò tremante fino alla poltrona bianca accanto a Cesar, che gli strinse la mano. Tutt’attorno a lui, volti interessati e maxischermi con la sua faccia. Gli sembrava che tutto girasse, intorno, che il vociare della gente fosse troppo forte e la voce di Cesar troppo bassa, che la sua bocca fosse incollata e il suo sguardo troppo spaventato per essere un Favorito.

"Allora, Finnick, sei uno dei più giovani, giusto?" stava domandando Cesar, attento. Quell’anno, la sua capigliatura era lilla.

"Io, credo di sì" rispose Finnick. Si guardò intorno, cercando un volto familiare, un volto a cui davvero importasse di lui, ma si rese conto che era circondato da estranei. Estranei macabri, modificati, finti. Il grande schermo inquadrò i suoi occhi chiari.

"Sei agitato, Finnick?" lo incoraggiò il presentatore, sporgendosi in avanti. "Guarda che siamo tutti amici, qui."

Finnick si disse che avrebbe dovuto crederci, per superare la serata. Così sorrise. E quando sorrise, un sospiro generale si levò dal pubblico – soprattutto da quello femminile.

"Credo che qui le ragazze facciano il tifo per te" ridacchiò Flickerman, battendo le mani. "Bene, c’è qualcosa che vorresti dire? Hai una persona speciale da salutare?"

Finnick scosse la testa. Aveva persone da salutare? Non era quello il punto. Il punto era chi volesse salutare, era avere persone abbastanza interessanti da attirare l'attenzione di tutti, pure di quelle ragazze in ultima fila. E lui non ne aveva.

"Non credo" mormorò, sentendosi d’improvviso solo. Non aveva intenzione di dire addio ai suoi genitori e rischiare di apparire ancora più vulnerabile e infantile di quanto già non fosse. E non aveva fratelli o sorelle. "Io sono figlio unico" spiegò. Per una ragione che non comprese, il pubblico rise di gusto.

"Capisco. Non hai una ragazza?" lo incoraggiò Cesar, ammiccando. Era ovvio che avesse bisogno di gossip, notizie da gettare in pasto a Capitolini ingordi non solo di cibo, ma di tutto, perché lì la vita era così finta che Mags aveva ragione: qualunque cosa, qualunque cosa vera, era una novità assoluta per quelle persone dalle parrucche sintetiche.

"No, non ho una ragazza" spiegò comunque, serio.

Una massa di ragazzine sospirò, quasi sollevata. Ce n'era una proprio sotto il palco, tutta viola e rosa e brillantini, che lo guardava con occhi verdi (un verde finto, del tutto diverso da quello del Quattro) e sospirava come una di quelle compagne di classe che lo seguivano ovunque, pronte a fargli gli occhi dolci.

"Però ho un’amica. Si chiama Annie" puntualizzò. Immaginò che, da casa, Annie stesse guardando la televisione – era obbligatorio, per quanto ne sapesse.

"Annie, dici? Da quanto vi conoscete?" incalzò Cesar, intento a strappargli almeno una storia accattivante.

"Da tre mesi, ma è la mia migliore amica."

Si ricordò di sorridere di nuovo. Una telecamera fece un primo piano del suo volto.

"Capisco. Bene, cosa vorresti dirle?"

"Vorrei salutarla" balbettò. Si guardò intorno e, con sorpresa, si accorse che tutti pendevano dalle sue labbra, che aspettavano altro. Non sapeva bene cosa dire, così aggiunse: "E dirle che deve smetterla di chiamarmi ‘Nick. E' da stupidi."

Il pubblico rise nuovamente, battendo le mani. Finnick si chiese se le risate fossero finte, magari registrate, perché non gli sembrava di aver detto nulla di divertente.

 "Facciamo un bell’applauso a Finnick Odair, Distretto Quattro!" esclamò Cesar, sovrastando il vocio, poi rimandò il ragazzino a posto, chiamando la ragazza del Distretto Cinque.

 
***

 
Annie è su quel palco, davanti agli spettatori di Capitol City. In pasto alle belve.

Cammino avanti e indietro, nervoso.

Cesar ha i capelli verde bottiglia, le sopracciglia verde bottiglia, il vestito viola. Dovrebbe cambiare stilista.

"Sta’ un po’ fermo, Finn" mi rimprovera Mags, tenendo per un braccio Michael. Lui è il prossimo a dover salire, ma in questo momento è incantato a guardare Annie ridere, seduta sulla poltroncina bianca che ospita i Tributi. La fissa fingere una sfacciataggine che non ha e poi richiudersi in se stessa, timida e pacata come è davvero. I capitolini impazziranno per lei.

"Scusa" mormoro, fissando intensamente l’immagine sullo schermo. Annie sembra davvero a suo agio, ma so che non è così. È solo apparenza – lei è troppo riservata per parlare di sé così liberamente. Accanto a Cesar sembra del tutto fuori posto: lei è troppo... troppo, per loro. Non la meritano, nessuno lo fa. Nemmeno io, soprattutto io.

"Allora, Annie, hai qualcuno da salutare?" domanda Cesar all'improvviso. Il ricordo della mia risposta a quella stessa domanda mi fa quasi sorridere, mi chiedo se si ricordi di me e del mio saluto alla ragazza che ora siede su quella poltroncina.

"In effetti sì" risponde lei. Muove leggermente una gamba, poi si allontana una ciocca di capelli dalla fronte.

"Chi sarebbe?" domanda Cesar, curioso. Mi sono sempre chiesto quale sia il suo confine, quanto finga e quanto invece sia davvero interessato ai pettegolezzi e ai Tributi.

"Lui si trova qui, in realtà" spiega Annie. Lo stomaco mi si contrae piacevolmente. "Ma voglio ricambiare un saluto che mi ha dedicato cinque anni fa."

Cesar si sforza di ricordare, ma evidentemente non riesce a farlo. Dopotutto, ha già conosciuto altri cento Tributi da quando io presi posto su quella sedia ed è sicuramente difficile ricordarseli tutti. Spossante, come lavoro, mi ritrovo a pensare con amarezza. Al mio Distretto, i pescatori cominciano a uscire in mare di notte, ma immagino che per Flickerman ricordarsi i nomi di più di dieci Tributi alla volta sia troppo.

"Finnick, Cesar" gli spiega allora Annie, il tono a metà tra il sorpreso e l’offeso. "Lui mi ha salutato, durante la sua Edizione."

Anche in questo caso, il pubblico ride, ma questa volta capisco il perché. Lei è spontanea, naturale. Io ero bello. Ed ero ingenuo come solo un bambino può essere. Lei è semplicemente se stessa.

"Ma certo, ora ricordo!" esclama Cesar, e mi chiedo se ricordi davvero. "Ma sicuro, Finnick! E quindi siete ancora amici?" domanda, curioso. Il pubblico rumoreggia.

"Siamo più che amici" risponde Annie. Sento un groppo in gola, il cuore che mi pulsa nelle orecchie. "Lui è il mio migliore amico, una delle persone a cui voglio più bene" spiega Annie. Tutto tace. Sento quasi un fischio nelle orecchie, sommato ai commenti dei Tributi in attesa che – ci giurerei – mi stanno fissando.

"Capisco, Annie. Un bel applauso ad Annie Cresta, Tributo del Distretto Quattro!"
 

La trasmissione finisce troppo tardi, per i miei gusti. Quando termina – e lo fa con il solito, stupido primo piano dello sguardo accattivante di Cesar – quasi corro verso la porta dalla quale usciranno i Tributi. Mi trattiene solo il pensiero che decine di telecamere sono puntate su di me e che, come Mentore, ho già infranto parecchie regole e non mi sembra il caso di attirare ancor più l’attenzione su Annie.

Tuttavia, nulla mi impedisce di seguire Mags e di congratularmi con Michael per cinque secondi esatti, sorridendo e allontanandomi in direzione di Annie.

"Allora, come è stato?" domando, quasi stessimo parlando del tempo. Ci incamminiamo insieme verso le stanze, in silenzio.

"Imbarazzante" risponde lei. Ha lo sguardo basso e i pugni stretti, ma sorride. È un buon segno, credo.

Gea mi scosta bruscamente per stringere la mano di Annie e me la sottrae per quasi dieci minuti solo per complimentarsi sul suo vestito. Quando, finalmente, potrei tornare a parlare con lei, Mags mi lancia uno sguardo di fuoco e mi comunica quasi telepaticamente che è ora di dormire.

"Mi sa che vi conviene andare" mormoro allora. "Domani vi aspetta-" mi interrompo, la voce che mi muore in gola. Cosa dovrei dire? Domani vi aspetta una giornata piena?

Per fortuna, come sempre, Mags interviene in mio aiuto e spinge via i due, augurando loro la buonanotte. Poi ritorna verso di me.

"Finn, sai che tu dovresti incoraggiarli, vero? Sai che, una volta nell’Arena, il tuo compito sarà tener in vita entrambi, almeno all’inizio?" domanda, accigliandosi. Siamo giunti alla porta della mia stanza. La guardo, lei mi guarda.
"Certo che lo so" annuisco. Ma non è così che andranno le cose.



 
  
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