Premessa
dell’autrice: Questo capitolo inizia ambientato nel corso del settimo episodio
della seconda stagione. Sconsiglierei la lettura a chi non ha ancora visto la
puntata, sia per la presenza di spoiler, sia perché considero per noti alcuni
fatti.
Questa giornata è tremenda! Tra Ward che si è accorto di Bobby che lo seguiva, l'esplosivo
che ha con sé e, soprattutto, con Coulson che sembra impazzito!
Sapevo che non era una buona idea
usare su di lui la macchina della memoria, ma lui è il direttore ed è lui a
decidere. Mi ha fatto impressione, vederlo agitarsi in quella maniera, sentirlo
parlare freneticamente, blaterare in quel modo... Non è bello vedere il proprio
capo in un tal stato.
Adesso Skye
l'ha portato nella cella di sotto, spero riacquisti presto la lucidità. So che
teme di diventare come Garrett, per fortuna non pare
arrivato a un simile stato! Suvvia, dovrebbe
essere semplicemente scosso dai ricordi che ha rivissuto: non dev'essere stato piacevole, chissà cos'è successo...dalle
sue parole non ho capito molto. Skye, invece,
sembrava capire bene, probabilmente sa qualcosa di più. Mi infastidisce, un po',
non sapere che cosa accada esattamente,
ma in fondo sono abituata alla segretezza, alla compartimentazione; anzi, c'è fin troppa
condivisione di informazioni,
rispetto a prima. Beh, forse questo è dovuto anche al fatto che sono tra gli
stretti collaboratori del direttore Coulson. Non così stretta per sapere
che cosa ci sia dietro a questa
faccenda. Poco male, mi fido di May e di Skye, sono
certa che agiranno al meglio.
Sono molto più preoccupata per Fitz. Non solo per la sua salute, ma anche per i suoi
sentimenti, per la sua felicità.
Una volta sorrideva spesso, quasi sempre; era allegro e geniale,
sicuro in quel che faceva. Ora è più schivo,
impaurito, lavora ai suoi progetti da solo. Non è più lo stesso...
Io non sopporto di vederlo così!
Rivoglio il mio amico!
Soffre e la
mia presenza lo fa stare ancor
peggio. Io ... io ... mi odio!
Odio il fatto
di essere la
causa del soffrire di quella
che è la persona
più importante per me, oltre ai miei
genitori. Non sarei dovuta andare via,
ma al momento sembrava la soluzione
migliore, sembrava potesse essere un
sistema per aiutarlo
e, invece, le cose sono solo peggiorate
e ora mi odia!
E soffre!
Adesso mi evita. Quasi non mi rivolge
la parola e
l'unico con cui trascorre del tempo è Mack. Anche adesso, sono lì, assieme, davanti al televisore, con un
videogioco. Li sento parlare.
“Sai, i miei capi mi piacciono non incasinati,
sempre.”
Sta dicendo Mack.
“Sì, lo è. O lo sarà. Si rimetterà, lo ha già
fatto. Oltretutto … il cervello non cancella mai i file. Si perdono solo le
connessioni, ma c’è sempre un backup. È solo questione di scavare e trovarlo.”
Accidenti! Era da un po’ di tempo che
non sentivo fare a Fitz
un discorso così lungo e filato, senza interruzioni, senza che si
debba fermare a cercare le parole. Va beh, gli capita più che altro nei
discorsi tecnici e scientifici di bloccarsi, ma è comunque un piacere sentirlo così. Inoltre, mi sembra che ci sia speranza nelle sue parole ed è forse la prima
emozione positiva che gli sento trasmettere,
dopo molti giorni. Ha usato un tono piatto, però ho percepito la sua speranza.
“Quindi anche tu hai file di backup?”
Gli domanda Mack … non lo sopporto!
No, non è che non sopporto
lui è che … sì, sono gelosa, ho paura … Fitz si sta
allontanando troppo da me e si avvicina
troppo a lui … Meglio unirmi alla conversazione.
“Qualcuno ha visto Skye?”
chiese Simmons, avvicinandosi al divano.
Non ricevette risposta, entrambi gli uomini
rimasero in silenzio. La scienziata capì che aveva spezzato la conversazione,
anziché unirsi ad essa. Sì, effettivamente non aveva detto nulla di
appropriato, ma non aveva neppure voluto far capire che li stava origliando.
Sì, in effetti, non aveva voluto unirsi a loro,
ma proprio interromperli, cercare di ostacolare il loro legarsi … Si vergognò,
non era stata per nulla corretta. Diceva di volere il bene di Fitz, ma poi non lo voleva troppo legato agli altri, cioè,
insomma, non lo voleva troppo lontano da lei.
Per la vergogna distolse lo sguardo e l’occhio
le cadde sui monitor di sorveglianza e notò che Skye
era stata rinchiusa nella cella.
Simmons e i due uomini si precipitarono a liberarla, a chiederle che
cosa fosse successo e dove fosse Coulson. Skye spiegò
brevemente e pochi minuti dopo era in auto con Mack,
per raggiungere Phil e impedirgli di commettere pazzie. Con la ragazza era
andato l’esperto di meccanica, poiché era l’unico operativo rimasto alla base,
dal momento che Triplett, Hunter e Bobby erano con
May a cercare di catturare Ward.
Jemma pensò che, finalmente, avrebbe potuto trovare il tempo di
parlare con Fitz, con calma e tranquillità, senza che
nessuno potesse interromperli, senza che il giovane si rifugiasse da Mack.
La donna, per un attimo, si domandò se non
fosse meglio lasciare in pace l’amico ma, no, non se la sentiva, avrebbe fatto
almeno un ultimo tentativo per riuscire a riguadagnare l’armonia che c’era
precedentemente tra di loro o, per lo meno, iniziare a ricostruirla e,
comunque, anche se non ci fosse riuscita, molto probabilmente alla fine non si
sarebbe arresa e avrebbe continuato ancora e ancora.
Non avrebbe rinunciato a Fitz!
Strano, non aveva mai immaginato di tenere così
fortemente all’amico … Ricordò quella volta in cui Fitz
era dovuto andare in missione con Ward: quanto si era
preoccupata! Quanta angoscia!
Era stata assai in pena per lui, aveva temuto
anche allora di perderlo. Tanta era stata la sua apprensione, che era stata
disposta, per la prima e unica volta nella sua vita, a violare le regole dello S.H.I.E.L.D. pur di avere notizie su di lui e la sua
missione. Aveva fatto bene, in quell’occasione, a fare la cosa ‘sbagliata’: lei
e Skye avevano avuto la possibilità di scoprire la
realtà dei fatti e salvare gli amici. Era certa, dunque, che anche nell’attuale
situazione doveva fare come il suo istinto, il suo cuore, le suggeriva.
Simmons andò nella cucina della base e preparò velocemente uno
spuntino, il preferito di Fitz: waffle
con yogurt greco, miele d’acacia e noci. Mise tutto su un vassoi etto, assieme
ad acqua e bicchieri e andò nel laboratorio, dove sapeva essersi rifugiato
l’amico.
“Toc-toc!” esordì
lei, sorridente, sulla soglia “Si può entrare?”
Fitz era seduto a un tavolo e leggeva degli appunti; voltò leggermente
il capo, incurvò le spalle, fu scosso da un fremito di nervosismo. Iniziò a
respirare in maniera accelerata, come un principio di iperventilazione.
Perché?
perché quest’ansia?
È simmons! È la mia migliore amica, è la donna che amo o che
ho amato, almeno … sono sicuro di amarla ancora, se non riesco quasi a
sopportarne la vista?
Sì,
forse sì … forse è proprio l’amore per lei che mi fa sentire così a disagio. Se
fosse solo un’amica, riuscirei a stare in sua presenza, ne sono certo, ma ora
ho paura di sembrare un completo idiota ai suoi occhi.
Insomma,
conosce triplett, conosce un sacco di gente in gamba
e sa fare il proprio lavoro e poi ci sono io, che fatico pure ad esprimermi.
Dannato ward! È tutta colpa tua!
Prima
potevo avere qualche speranza con lei, ma ora?
Non ho
più la mia genialità, non ho più nulla!
Adesso,
appena la vedo, ecco che mi agito, mi innervosisco, sento l’ansia … perché?
Finché
il mio inconscio mi parlava coi panni di jemma
riuscivo a parlarle, ora che lei è davvero qui, ho il caos più totale dentro di
me!
Sono
arrabbiato perché si è allontanata, perché mi ha lasciato solo, quando più
avevo bisogno di un amico vicino. Era in missione, d’accordo, ma poteva dire di
no.
Ora è
qua e io non so che cosa fare.
“S...sì, vieni...pure.” bofonchiò Fitz, distogliendo lo sguardo e tornando a fissare gli
appunti.
“A cosa stai lavorando?” chiese Simmons, cercando di rompere il ghiaccio; aveva sorriso e
il suo tono era stato gentile e interessato.
“Niente.” rispose seccamente lui, spegnendo il tablet che aveva tra le mani “Che cosa vuoi?” domandò
seccamente, senza guardarla.
“Nulla. Solo fare due chiacchiere... Guarda: ho
fatto i waffle!”
Jemma era radiosa e mostrò il vassoio con il dolce.
“Non sono un bambino che si consola con la merenda!” si stizzì Fitz, lanciò all'amica uno sguardo pieno di ira e dolore.
Simmons fu sorpresa e, lì per lì, avrebbe voluto arrabbiarsi, ma si
contenne e, sempre gioviale, replicò: “Non ho mai detto che fosse per te.”
“Per chi, allora? Triplett
non c'è...” fu la sarcastica risposta.
“È per me!” esclamò la donna e addentò
un’intera metà di waffle, riempiendosi troppo la
bocca, quasi rischiando di strozzarsi.
Fitz si mise a ridere.
Jemma sentì di essere riuscita a stemperare la tensione.
Mentre la risata ancora continuava, lo stesso Fitz si stupì. Appena si accorse di quell'accenno alla
sintonia passata, lui troncò il riso e tornò serio: aveva paura. Paura che le
cose tornassero come prima, almeno con lei, almeno per un po’ di tempo … fino a
quando lei non lo avrebbe di nuovo abbandonato.
Come avrebbe potuto sopportare di nuovo un
abbandono da parte sua? Era stato così difficile la prima volta...!
La lontananza improvvisa, prolungata,
apparentemente immotivata gli avevano fatto troppo male, sia al suo cuore che
alla sua mente. Si era sentito solo, perso!
Certo, Skye e May gli
avevano rivolto la parola, più volte, quando Simmons
non c’era, ma non era la stessa cosa! Erano persone che conosceva da pochi
mesi, Jemma, invece, era al suo fianco da anni,
sapeva tutto di lui! La loro complicità, il loro rapporto era qualcosa di
unico, per lui, e irripetibile, che non poteva sperare di stringere con qualcun
altro, tanto meno in così poco tempo!
Inoltre non sopportava i loro sguardi, pieni di
pietà e commiserazione, come se lo tenessero con loro e gli parlassero come un
vecchio parente rimbambito che non si è abbastanza crudeli da lasciare in un
ricovero, ma da cui non ci si aspetta più nulla di utile o interessante.
Mack era diverso; non avendolo visto come era prima, non poteva
compatirlo quanto gli altri, ma comunque non riusciva a percepirlo realmente
come un amico, nonostante trascorresse molto tempo con lui.
“A cosa stai pensando?” domandò Simmons, cortesemente.
“Eh? Come...?” si scosse Fitz
dalle proprie ansie.
“Sei rimasto silenzioso per un paio di minuti,
non so se stessi ragionando o se fosse un modo per dirmi di andarmene.”
“Jemma...” Fitz era parecchio indeciso.
Via, una
volta per tutte devo vuotare il sacco!
Almeno
saremmo entrambi chiari e arriveremo ad una conclusione. Se sarà negativa, se
porrà fine alla nostra amicizia, sarà comunque meglio di questo limbo in cui mi
trovo!
Io spero
ancora che lei mi sia almeno amica, ma la evito, per paura che non sia così,
per timore di scoprirla diversa, di dover soffrire.
In
fondo, da quando è tornata, cerca di comportarsi come nulla fosse, ma allo
stesso tempo temo la sua pietà ...
Non
sapere, però, come stiano realmente le cose mi fa stare ancora peggio.
Finché
non parleremo chiaramente, lei è sia la mia stessa amica di prima, sia una che
mi compatisce come tutti gli altri ...
Via, è
ora di aprire questa scatola di Schrodinger e
scoprire se il gatto è vivo o morto.
“Jemma...” ripeté
lui.
“Sì?” lei lo incoraggiò con lo sguardo.
“Dobbiamo parlare.”
“Non desidero altro.”
“Sei diversa.” sentenziò Fitz,
con una punta di rimprovero.
“Che intendi?” Simmons
era estremamente meravigliata: tutto si aspettava, fuorché una simile
affermazione.
“Guardati! Hai tagliato i capelli, ti vesti
molto diversamente da prima …”
“Ho cambiato look per la copertura e allora?
Sono sempre io!”
“No, come dice Skye,
hai visto il mondo fuori dal laboratorio. Io, invece, sono rimasto qui, solo!
Tutto attorno a me è cambiato: non siamo più un team, ma il cuore dello S.H.I.E.L.D., non siamo più agenti, ma ai vertici. È
arrivata nuova gente, una miriade di impegni e preoccupazioni hanno mosso tutti
quanti... E io sono rimasto indietro, anzi, oltre a rimanere fermo al passato,
il mio cervello ha avuto un bug e ora non funziona più come prima. Non sono più
adatto a tutto questo, non sono più altezza! Prima dell'incidente, avrei potuto
anche gestire la situazione. Ero un ingegnere con un quoziente intellettivo di
203 punti. La mia stessa conoscenza e intelligenza mi avrebbero permesso di
sentirmi a mio agio, in mezzo a questi nuovi colleghi, avrei potuto interagire
con loro, guidarli, forse. Certo, non avrei stretto amicizie, forse, forse
avrei trovato piacevole chiacchiere con qualcuno di loro, fuori dal
laboratorio.” il suo tono era profondamente malinconico“Sarei stato bene, però;
un po' solitario, ma come lo sono sempre stato; anche senza troppi legami,
sarei stato tranquillo, rilassato...felice... Felice non so...la tua lontananza
mi avrebbe fatto comunque soffrire, ma sarebbe stato diverso.” iniziò ad
innervosirsi “Con il cervello in queste condizioni, niente di tutto ciò è stato
possibile! Sono uno scienziato che non sa più nemmeno i termini basilari!” ora
era furioso “Il mio discorso più sensato è: se prendiamo il coso e gli diamo
una carica di quello, l’effetto dell'’altro coso potrebbe causare una cosa! Dì,
hai capito qualcosa?”
Simmons, imbarazzata, mormorò: “Di quest'ultimo pezzo, no.”
“Ecco e, di solito, tu mi capivi al volo, non
dovevo neppure concludere le frasi, perché lo facevi tu per me ... e
viceversa... Adesso? Non riesco ad esprimermi con te, figurati con gli altri!
Credo che i nostri colleghi si domandino che cosa ci stia a fare in
laboratorio; le prime volte avranno pensato fossi l’addetto a riordinare.
Probabilmente mi disprezzano ... sicuramente!”
“Non dire sciocchezze!” si affrettò a dire Simmons, che non sopportava di vederlo così disperato “Di
certo ti considerano strano, perché te ne stai sempre sulle tue, ma non puoi
dire che ti disprezzino! È vero, ora hai delle difficoltà, ma sei comunque
riuscito a dare un grande contributo a tutti quanti!”
Fitz la fissò in cagnesco, un po’ risentito, ma non disse nulla.
“So che è difficile e doloroso per te. Non
posso dire che ti capisco, perché non sarebbe vero. Io non sono nelle tue
condizioni e, quindi, posso solo supporre, immaginare come sia terribile per
te. Sono però certa che tu non sia differente da prima. Tu sei sempre e
comunque il geniale dottor Fitz e, anche se al
momento ti occorre più tempo per le tue scoperte ed invenzioni, tu hai più
capacità e bravura di tutti gli altri scienziati qua dentro, messi assieme!”
“Allora siamo proprio messi male!” esclamò, poi
rifletté e per qualche secondo rimase in silenzio: quelle parole, comunque, lo
avevano parecchio colpito. Con un accento di speranza, domandò: “Lo pensi
davvero?”
“Sì.” Simmons gli si
avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla “Ti sei ripreso rapidamente e stai
facendo un buon lavoro per...”
“...per le mie condizioni?!” sbottò lui, interrompendola,
aspro e furente, e si ritrasse.
“No, non intendevo questo. Io non metto affatto
in discussione le tue capacità!”
“Dici così solo per tentare di consolarmi, di
non farmi arrabbiare, ma non lo pensi affatto!”
“No, io ...”
“Non fai altro che compatirmi, esattamente come
tutti gli altri!” ira e dolore, ormai, erano indistinguibili nell’animo e nella
voce di Fitz “Sono inutile, ormai, non mi sbattete
fuori solo per pietà o, forse, per paura che l'HYDRA mi prenda e mi estorca
informazioni.”
“Fitz, non è affatto
vero!” Jemma era estremamente dispiaciuta “Noi ti
vogliamo tutti bene e facciamo affidamento su di te!”
“Per il bene, può essere.” si placò un poco
l’uomo “Non parlarmi però di lavoro! Vieni qui a controllarmi, mi tratti come
un bambino, pensi ch'io non sappia più cavarmela da solo, che abbia bisogno
costante di essere sorvegliato e aiutato!”
“Non è così!” questa volta fu lei a sentirsi
offesa e, quindi, si impuntò nel difendere le proprie azioni: “Io mi sono
sempre comportata così con te! Ricordi quella volta che ti preparai il panino,
quando sei andato in missione con Ward? Io ti sono
sempre stata vicino, ho sempre voluto fare quel che era in mio potere per te!”
“Adesso è diverso...”
“No, non lo è! Sei tu che mal interpreti il mio
atteggiamento. Io mi comporto proprio come prima!” fece una breve pausa “Sì,
ammetto che forse sono stata un poco più apprensiva, ma è perché mi sento in
colpa!”
“In colpa?” si stupì Fitz.
“Sì. Io sono certa che tu abbia ancora tutte le
tue qualità e potenzialità di prima, mi rendo però conto che tu fai fatica. Ti
senti frustrato, vorresti essere attivo come prima, ma per il momento fai
fatica, ti senti mutilato e a disagio ... Lo so, lo vedo e me lo hai detto.
Soffro a vederti così e cerco di aiutarti in tutto ciò che posso poiché so che,
quel che ti è accaduto, è colpa mia.”
“No, è colpa di Ward!”
“Sì, in parte sì. Tu, però, hai scelto di dare
a me il solo ossigeno che avevamo a disposizione. Tu eri pronto a morire per
me, tu hai sacrificato parte delle tue capacità per me... Io non posso
lasciarti solo, io devo starti vicino e fare di tutto per te!” la giovane aveva
le lacrime agli occhi.
“Visto?! Ti stai contraddicendo! Ammetti che
non sono più geniale e che stai con me per pietà e per far stare calma la tua
coscienza!”
“No, i sensi di colpa sono secondari ...” ormai
Jemma era confusa, l’emozione aveva preso il
sopravvento su di lei: voleva ad ogni costo aiutare e far star bene il proprio
amico, ma non riusciva a trovare le parole adatte e questo la faceva quasi disperare.
Disse, con voce alterata da un pianto che
tratteneva: “A me manchi moltissimo, io vorrei che il nostro rapporto tornasse
profondo e intenso, vorrei che ci capissimo ancora con un semplice sguardo, che
bastasse solo la reciproca presenza per stare bene. Eravamo una coppia
perfetta, ora qualcosa si è inceppato, ma possiamo aggiustare tutto!”
Simmons aveva le guance rigate da lacrime che none era riuscita a
trattenere: non sopportava l'abisso che si era creato tra loro.
Fitz scosse il capo, non era convinto per nulla e disse: “Con
queste parole, stai contraddicendo gran parte di quel che hai fatto. Quando il
nostro rapporto era armonioso, non gli davi troppa importanza. Ero il tuo
migliore amico ...”
“Lo sei tutt’ora.” precisò lei, con veemenza.
“Non ero, però, importante quanto tu lo eri per
me. Amicizia e amore sono ben diversi. Fin da subito, ho notato come Triplett ti guardasse e soprattutto come tu lo guardassi.
C'è attrazione tra voi ... Sono stato geloso!”
Per la prima volta, Simmons rifletté sugli
atteggiamenti un po' invasivi, un po' preoccupati che aveva avuto Fitz i primi tempi in cui Triplett
si era unito al team.
“Mi vuoi bene, sì, e mi sono illuso, quando ti
sei preoccupata tanto per la missione con Ward. Già
allora, però, la tua apprensione mi ha irritato; come se fossi stato un bambino
incapace e da proteggere!”
“Ti hanno mandato in una zona di guerra! Tu che
non avevi mai impugnato un'arma, se non in fase di costruzione!”
“Sono un agente dello S.H.I.E.L.D.!”
ribadì Fitz a denti stretti.
“Infatti te la sei cavata benissimo! All'epoca
sono stata troppo apprensiva perché ti voglio troppo bene, perché sei
importantissimo per me!”
“Ecco, colleghiamoci alla seconda
contraddizione: perché te ne sei andata? Non dire che era necessario per lo S.H.I.E.L.D. perché avrebbe potuto andare qualcun altro.
Inoltre, avresti potuto dirmelo! Mi sarei preoccupato, sì, ma almeno non avrei
pensato che mi avessi abbandonato. Come posso fidarmi ancora?” l’ira di Fitz era ormai tutta fuoriuscita, ora rimaneva solo la
sofferenza e la sua fragilità; dovette sforzarsi, vincere il dolore alla gola,
per dire: “È sbagliato, lo so, ma io ho bisogno di appoggiarmi a qualcuno, di
un sostegno, di costanza; ora più che mai.”
Jemma sgranò gli occhi, si sentì nuovamente offesa, incrociò le
braccia e chiese: “Quindi, perché temi ch’io mi allontani di nuovo, preferisci
affidarti a Mack. Che garanzie ti dà?”
“È l'unico che non mi tratta come un invalido!”
“Nessuno ti tratta così! Sei tu che lo credi!”
insisté Simmons, estremamente dispiaciuta e un poco
esasperata da quel ritornello.
Fitz la fissò torvamente, non sapeva cosa rispondere. Il suo
collo tremava visibilmente per il groppo in gola.
Effettivamente
anche il mio inconscio continuava a dirmi che ero io ad isolarmi e non gli altri
ad escludermi e, per quello che ho potuto verificare, è abbastanza così … però
…
“Non ha importanza, nulla ne ha!” sbottò lui,
aggrappandosi di nuovo a qualcosa che lo facesse infuriare “Ricordi quando
stavamo cercando la Provvidenza?
Ricordi che dicesti che, almeno, eravamo ancora uniti e io ti dissi che non
avrei mai voluto che le cose cambiassero? Ricordi che cosa rispondesti? Che
ormai era tardi, che le cose erano già cambiate …”
“Eh?!” si stupì Simmons
“Che cosa c’entra questo, adesso?”
“C’entra, c’entra …” Fitz
aveva l’amaro in bocca “Tu, così, hai detto chiaramente che il nostro rapporto
non era più come prima, che era già stato destabilizzato … e io so qual è stato
l’elemento alieno che si è introdotto nel nostro sistema e ha spezzato
l’equilibrio: Triplett.”
“Cosa?! Tu ti stavi riferendo a noi due? Io
credevo che intendessi la nostra squadra, il nostro lavoro, lo S.H.I.E.L.D. in generale … Quello ormai era cambiato,
compromesso dall’HYDRA.”
“Davvero?”
“Certo.”
“Non lo stai dicendo solo per calmarmi?”
“Assolutamente! Non ti mentirei mai, lo sai. In
quel momento, nemmeno ci pensavo a Triplett, eravamo
così, allo sbando, in mezzo alla neve, senza conoscere le forze e quelle dei
nemici, convinti che il Direttore Fury fosse morto ... Ero stravolta, preoccupata.
L'unico pensiero che mi sollevava era che fossimo uniti e averti vicino, anche
se tutto il resto era stato capovolto.”
“Bene, torniamo, allora, alla domanda che ti ho
più volte fatto e alla quale non hai ancora risposto: se davvero sono così importante
per te, perché mi hai abbandonato, quando avevo più bisogno di averti vicina?”
Simmons guardò amaramente l’amico, sospirò, si avvicinò e, con tono
contrito, gli disse: “Pensavo che la mia vicinanza ti facesse più male che
bene. Vedevo che eri in imbarazzo e ti vergognavi, quand’ero in laboratorio con
te. Credevo che la mia presenza ti agitasse e innervosisse ancor maggiormente,
quando non trovavi risposte, e quindi ho pensato di allontanarmi, ritenendo che
tu potessi sentirti più tranquillo, libero e senza pressioni.”
Fitz rifletté qualche momento e, con tono spento e triste,
ammise: “Sì, è vero. La paura di deluderti e di non essere all’altezza, non
solo del lavoro, ma anche tua, è tremenda. Il sapere di non poterti offrire
nulla mi tormenta. Stare lontano da te e pensare che tu te ne fossi andata
proprio perché scontenta di me, è stato ben peggiore.”
Jemma istintivamente lo abbracciò, lo strinse forte, forte a sé e
gli disse: “Lo so, me lo hanno detto e … e mi dispiace davvero tantissimo! Ho
sbagliato e te ne chiedo scusa. Prometto che d’ora in poi non ti terrò nascosto
nulla e ti chiederò il tuo parere, prima di prendere decisioni del genere e,
anche se deciderò diversamente, ti spiegherò sempre il perché.”
Fitz, dapprima rigido, si sentì confortato, alla fine si sciolse
e ricambiò l’abbraccio. Era stanco di essere in conflitto con Jemma e, quindi, rassicurato da quelle parole, decise di
fidarsi nuovamente.
“Beh, facciamo merenda? I waffle
saranno ormai freddi.” disse il ragazzo, con un sorriso, per stemperare la
tensione e far capire che per lui la situazione era risolta.
Simmons si sentì rinfrancata e sollevata.
Si misero a mangiare assieme, ma presto
dovettero interrompere, poiché Coulson, Skye e Mack stavano rientrando alla base.