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Autore: Miriel_93    01/12/2014    2 recensioni
Per poter andare avanti, bisogna riuscire prima a far pace con il proprio passato.
Solo allora il futuro si snoderà davanti ai nostri piedi.
Nota (su consiglio di Solandia -> thank you very very very much): la mia ff si basa principalmente su quanto accade nell'anime dato che, purtroppo, ancora non sono riuscita a leggere tutto il manga per mancanza di tempo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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capitolo diciannove

Kenshin

Kaoru.
L’avevo cercata per giorni interi e notti infinite senza successo e ora, proprio ora che cominciavo a pensare di averla perduta per sempre senza nemmeno sapere come, proprio ora eccola qui, che oltrepassa il cancello di legno che si affaccia sulla strada. Silenziosa come un sogno.
Smetto di respirare, come se avessi paura che il minimo refolo d’aria potesse dissolvere quel miraggio. Non oso nemmeno parlare, resto seduto immobile a fissarla, l’aria bloccata nei polmoni e gli occhi incollati a lei. E se anche osassi aprire bocca, cosa mai potrei dire?
«Kenshin…», un sussurro lieve, che mi arriva da lontano, inconsistente eppure tanto presente da farmi quasi paura. Quel soffio leggero mi investe come un uragano e prima che possa anche solo rendermene conto mi alzo e percorro a grandi passi la distanza che separa il portico dal cancello.
Quando stringo le braccia intorno al corpo di Kaoru mi rilasso. Espiro, chiudendo gli occhi, contraggo i muscoli delle braccia e trattengo contro di me quel corpo vero, reale, molto più di quanto potessi sperare che fosse. Sento un paio di braccia che, timidamente, mi circondano e, quasi di colpo, l’angoscia sparisce in una nuvola di vapore.
Restiamo così per quella che sembra un’eternità, prima che Kaoru parli di nuovo.
«Kenshin…io…mi dispiace…», bofonchia, con il viso affondato nel rosso del mio gi. La stringo più forte, ma lei si dimena nel mio abbraccio. Perplesso, la libero dalla gabbia in cui l’ho intrappolata e cerco i suoi occhi.
«Mi dispiace, io…avrei dovuto avvisare», si scusa. «Ma ero così…così sottosopra che non…non ce la facevo ad affrontarti», mugola, distogliendo lo sguardo. Istintivamente le afferro il mento, costringendola a incrociare nuovamente i miei occhi.
«Sei qui», noto. «E tanto basta».
Scuote la testa, Kaoru. Scuote la testa e si morde un labbro nel tentativo di non piangere. Cerca di liberarsi dalla mia presa e io la lascio vincere di nuovo.
«No, Kenshin, non basta. Non basta più», mi corregge, prendendo una generosa boccata d’aria, prima di fare un passo indietro. «Sono stata una stupida a scappare così, ma non potevo fare altrimenti. Avevo bisogno di…di starti lontana, di disintossicarmi dalla tua presenza, da tutto quello che significhi per me», mi spiega, facendo vagare gli occhi sullo spazio che mi circonda, evitandomi accuratamente. «Io…io sono solo una stupida ragazzina che dell’amore non sa nulla, che costruisce castelli in aria con troppa facilità e poi scappa a nascondersi per non vederli crollare quando si rende conto che sono costruiti sul nulla. Ho sbagliato ad aggrapparmi così tanto a quello che…a quello che hai detto e che hai fatto. Ho sbagliato, ma se dovessi tornare indietro lo rifarei. Perché, Kenshin, guardiamo in faccia la realtà per un secondo: sono una ragazzina stupida che si è innamorata di te. E lo so che tu non puoi ricambiare, lo comprendo perfettamente, non sono proprio stupida del tutto, ma questo non cambia il sentimento che…»
Troppe parole.
Le afferro il viso e blocco quel fiume di spiegazioni posando le mie labbra sulle sue.
«Basta, Kaoru. Basta. Per favore», le chiedo, a fior di labbra. E lei si ammutolisce, non so se per la mia richiesta o se per il bacio. La guardo a lungo negli occhi, ascoltando il silenzio che galleggia a mezz’aria. «È vero, hai sbagliato», dico, alla fine. «Se non a me, avresti potuto dirlo a Sano, a Yahiko, a Megumi, a chiunque. O lasciare un biglietto. Qualsiasi cosa. Non hai idea di quello che mi hai fatto passare. O che hai fatto passare agli altri. Ti abbiamo cercata ovunque, per giorni interi. È stato egoista, da parte tua», continuo, osservando i suoi occhi farsi più liquidi di quanto vorrei. «Ma me lo sono meritato», aggiungo. «Me lo sono meritato, e forse ne avevo bisogno». Faccio una pausa, lascio che capisca che non la sto accusando.
«Kenshin…»
«Non ho finito», la interrompo, e lei corre a mordersi il labbro inferiore. «Senza saperlo, avevo bisogno di scoprire che cosa significasse perderti, per capire che non è quello che voglio», bisbiglio, accarezzandole le guance con i pollici. «Scusami, se sono stato così stupido da non capirlo prima».
Kaoru mi fissa in silenzio. La fronte è lievemente increspata dalla perplessità, le labbra serrate dalla concentrazione.
«Io non capisco…», soffia. «O forse ho paura di capire male…», aggiunge. La sua fronte si corruga un po’ di più.
«Ti amo, Kaoru», mormoro. I suoi occhi si allargano per lo stupore. «Ci ho messo una vita a capirlo, ad accettarlo. Ma la paura…o meglio, la disperazione che ho provato in questi giorni mi ha aperto gli occhi. Non sapere che fine avevi fatto, se stavi bene o se avevi bisogno di me, non poter fare nulla per rimediare, non potermi nemmeno scusare con te per come mi sono comportato…tutto questo e molto altro mi ha fatto capire che è impensabile anche solo raccogliere le mie cose e lasciarti tornare alla tua vita di tutti i giorni», confesso. «Quella sera…avevo deciso che avrei ripreso a vagabondare. Non aveva senso restare qui a farti soffrire, a consumarti. Ma la mattina dopo tu eri sparita…e io mi sono sentito crollare il mondo sotto i piedi».
«Tu…tu volevi andartene?» Mi chiede, gli occhi sgranati inondati dalla paura di avermi quasi perso. Annuisco, senza aggiungere altro, mentre il suo sguardo comincia ad agitarsi, a cercare di sfuggire, a scivolare da un dettaglio all’altro pur di non sostenere il mio.
«Kaoru, guardarmi», le chiedo. I suoi occhi tornano nei miei, appannati da un velo di lacrime. «Sono ancora qui», le faccio notare. «E non me ne andrò finché non mi manderai via tu». Mi guarda confusa, cercando traccia di ripensamenti, bugie, false speranze. Lascio che frughi nei miei occhi, nei miei pensieri, nelle mie intenzioni. Le lascio tutto il tempo di cui hai bisogno. Poi, quando la vedo sbattere velocemente le palpebre per non rimettersi a piangere, sorrido, stregato da quel suo essere fragile come cristallo. «Sposami, Kaoru». 



***L'angolo di Miriel_93***
Sono imperdonabile. Come sempre ci ho messo un secolo a postare il nuovo capitolo e mi dispiace davvero tantissimo. Purtroppo tra l'università, lo stage per l'università, affari di cuore più ingarbugliati che mai e tante altre magagne, proprio non sono riuscita a trovare né il tempo né l'ispirazione per scrivere. Spero solo che questo capitolo vi piaccia abbastanza da perdonarmi almeno in parte ç_ç
Ad essere del tutto sincera mi convince solo fino a un certo punto, forse è troppo scontato, ma se piace a voi sono contenta.
Per ora mi dileguo, ma torno presto <3
Baci baci!
  
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