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Autore: mizuriko    02/12/2014    4 recensioni
A volte non serve per forza sapere con certezza chi sia il nostro interlocutore per innamorarsi perdutamente. A volte basta il suono della sua voce o anche il suono di uno strumento... questa è la storia di un amore che danza sulle note di un pianoforte. Spero vi piaccia ...
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era passata più di una settimana da quando Raphael era fuggito da sotto gli occhi increduli di Savannah. Nelle sere precedenti lei era sempre uscita fuori nella speranza di vederlo seduto ad aspettarla, ad attendere il suono della sua musica, invece non c’era mai. La delusione e la tristezza che assalivano la ragazza in quei momenti erano indescrivibili, lo stomaco le doleva e le sue mani tremavano, lacrime silenziose solcavano le guance infreddolite. Da quando Raph non si affacciava più alla sua finestra non aveva più voglia di suonare il piano, ora quella casa appariva ancora più vuota di quanto non lo fosse già in precedenza. Non riusciva a comprendere la sua reazione, ovviamente era scioccata dal fatto che il suo interlocutore fosse uno strano mutante ma sapeva anche che non doveva averne paura perché per lei, Raph, era molto più di questo. Doveva dirglielo, doveva rivederlo, non poteva lasciarlo andare così … ma come poteva trovarlo? Non sapeva quasi nulla di lui. Rientrò in casa sulle note di “I’m not the only one” di Sam Smith, quella canzone le piaceva davvero, le sarebbe piaciuto provare a cantarla ma ora non ce la faceva. Tutta la sicurezza che stava acquisendo con la vicinanza di Raph, ora stava svanendo, lasciandole un’enorme voragine nel petto, quel senso di smarrimento stava tornando a tormentarla. Tutti la abbandonavano prima o poi, era successo con suo padre, con suo fratello,sua madre  e adesso Raphael.
Si lasciò cadere al suolo accanto allo stereo, con le dita picchettava il parquet imitando le note ironiche di Sam. Lo sguardo perso oltre la finestra, spalancata, l’aria gelida entrava in casa e le faceva salire i brividi lungo tutta la schiena.
-Questa sensazione … - aveva sussurrato.
Era la stessa che aveva provato quando Raph le aveva parlato, quando le aveva afferrato la mano e quando lo aveva guardato negli occhi.
Sapeva di dover studiare per l’esame imminente ma non ne aveva voglia, voleva solo poter suonare nella speranza di essere ascoltata da lui. Ma Raph non arrivava e l’aria era sempre più fredda, faceva quasi male, proprio come il vuoto che aveva dentro.
***
Raph  non era più tornato da lei, non era neanche più uscito dalla tana. I suoi fratelli gli giravano intorno senza dire una parola. Lui era concentrato a cambiare canale senza fermarsi, non c’era nulla che lo potesse smuovere da quella pigrizia convulsa. Perché cavolo non era più tornato lì? Perché se ne stava immobile sul divano di casa senza muovere un muscolo? La verità era che aveva paura … aveva paura che lei potesse sbattergli la porta in faccia, che non gli avrebbe più dato la possibilità di ascoltare la sua musica e lui non avrebbe fatto altro che costruire un  muro ancora più alto.
-Raph, potresti darmi una mano in garage?-
-Non ne ho voglia-
Donatello cercava in tutti i modi di smuoverlo da quello stato pietoso.
-Non puoi rimanere sdraiato su quel divano per sempre-
-Scommettiamo?-
Aveva un tono sprezzante ma al fratello non importava. Lo prese dalle braccia e lo trascinò di peso fino ad arrivare al tarta-carro. Il viola si sedette a terra poggiando il guscio contro la ruota del veicolo, guardò Raph che era rimasto in piedi a fissarlo, tenendo le braccia incrociate.
-Sputa il rospo-
-Come scusa?- rispose il rosso.
-Non è da te rintanarti in casa per giorni, senza distruggere qualcosa o prendere a botte qualcuno, cosa ti succede?-
-Niente di importante-
Donatello sospirò e abbasso il capo per qualche minuto.
-Quella sera ti sei chiuso in camera tua senza uscire per giorni, non hai più rivolto la parola a nessuno, ora non venirmi a raccontare che non è successo niente-
-Ho conosciuto una ragazza, umana intendo-
Donatello sollevò la testa guardandolo negli occhi, incuriosito.
-Si chiama Savannah e da qualche mese la vado a trovare tutte le notti, suona il pianoforte, studia all’Università e se ti stai chiedendo se è attraente, la risposta è sì-
-Hai detto il pianoforte?-
-Sì, perché?-
-Scusa ma non è proprio un pianoforte quello che mi hai fatto costruire qualche mese fa?-
Raph divenne scarlatto e voltò la testa di lato per poi guardare il soffitto, imbarazzato.
-Sì ma non è questo il punto-
-E quale sarebbe?-
-Lei mi aveva promesso che non avrebbe mai fatto nulla di azzardato e invece lo ha fatto, mi ha tradito, mi ha guardato dritto in faccia e io sono scappato … -
-Ha urlato?-
-No-
-E allora perché sei fuggito?-
-Non mi hai sentito? Mi aveva promesso che non ci avrebbe mai provato!-
-Stronzate-
-Come scusa?-
Non era da Don utilizzare un gergo così poco decoroso.
-Sei solo un fifone-
-Io sarei un fifone?- si stava arrabbiando.
-Hai detto che ti aveva promesso di non guardarti, ma lo ha fatto e non è scappata urlando e tu sei fuggito … sei semplicemente un vigliacco, non hai avuto il coraggio di affrontarla, ti sentivi protetto nella tua campana di vetro, non è vero?-
Raph lo guardava duro, era ancora in piedi e aveva tutti i nervi tesi.
-Ma certo, fai pure la vittima. Non vuoi accettare di esserti innamorato e ancora peggio, non accetti un rifiuto. Quindi meglio fuggire prima di essere feriti, giusto? Pensi che starai meglio quando la vedrai passeggiare allegramente per strada con qualcun altro? Ti rimpiazzerà e tutto perché tu non hai le palle di guardarla dritta negli occhi e dirle “Sì, sono un mutante, e allora? Sono anche innamorato di te se è per questo!”-
Raph si avvicinò ancora di più, poi corse via. Solo in quel preciso istante Don si rese conto di trattenere il respiro, aveva appena dato del fifone a quella testa calda, pensava che prima o poi lo avrebbe preso a pugni.
***
Venne svegliata da uno strano suono. Savannah si tirò su a sedere, si era addormentata sul divano mentre ascoltava la musica. Si alzò con la coperta di pail e si avvicinò alla finestra.
-Perché è chiusa?-
Guardò fuori, New York dormiva e il buio regnava sovrano.
-Non sai che dormire con la finestra aperta fa male?-
Una voce familiare la fece sobbalzare. Si voltò lentamente, senza lasciare la coperta.
Nella penombra del salotto intravedeva una figura alta e possente che camminava nella sua direzione, quando fu abbastanza vicino lo riconobbe.
-Raph … -
-No, non parlare, fa parlare me- la zittì improvvisamente.
-Mi dispiace di essere scappato e di essere sparito, non volevo lasciarti sola. Ho avuto paura, mi sono comportato come un vigliacco … non scappare-
Savannah aveva gli occhi spalancati, non riusciva a smettere di guardare quella pelle verde e quei muscoli così definiti, forse li stava fissando un po’ troppo e cominciava a provare un certo imbarazzo. Lo guardò negli occhi e improvvisamente quel vuoto si colmò.
-Dispiace anche a me, non avrei dovuto coglierti di sorpresa … ti va di sederti?-
Disse indicando il divano dove aveva dormito.
-Sì … grazie-
C’era una strana atmosfera, la giovane ragazza sentiva scosse lungo tutto il corpo e stranamente provava ancora quella strana sensazione di freddo, era ovvio che ci fosse molto imbarazzo, dopotutto era la prima volta che parlavano guardandosi.
-Ho un’idea- Raph ruppe il silenzio creatosi.
Si alzò e andò vicino allo stereo, diede un’occhiata veloce alla parete dei dischi e poi ne inserì uno.
-Hans Zimmer- disse lui.
Lei annuì e lo osservò attentamente, non era niente male. Raph si mosse fluidamente tornando accanto a lei.
-Bella vero?- disse lei guardandolo negli occhi.
Quel verde le faceva perdere la testa, c’era così tanta chimica tra di loro, le guance le scottavano. Si specchiava dentro quelle due pozze luminose senza accorgersi della loro vicinanza.
-Bellissima … - rispose lui.
Prese la testa della ragazza fra le mani e fece combaciare le loro labbra, era un bacio appassionato, disperato e liberatorio. Le loro mani scottavano, tutto bruciava e l’unica cosa che riuscivano a sentire erano i battiti dei loro cuori. La coperta cadde a terra e Savannah venne scossa da un brivido, Raph la fece sdraiare senza interrompere quel contatto poi si stese su di lei, intrappolandola. Incastrò le dita dentro i nodi oro dei suoi capelli, lei sospirò e lui le morse il labbro inferiore assaporando intensamente quel momento.
Si staccarono per riprendere fiato e si guardarono, per poi azzerare nuovamente la loro distanza. Non servivano parole …
 
 
*angolo autrice*
Chiedo umilmente scusa, non ho avuto tempo di scrivere a causa della scuola ma finalmente eccomi di nuovo qui. Spero che questo capitolo vi abbia emozionati come ha emozionato me. Grazie ancora per la pazienza.
Baci, Mizu <3
  
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