Zan zan
zan.
Questo è
l'ultimo capitolo.*tolgono cappelli dalla testa per
rispettare un minuto di silenzio*
... Ma
don't worry, be happy!*O*
Ci sarà anche l'epilogo, insomma è_é! E quindi voi
non verrete qua ad ucciderci con delle grandi mannaie vero?ç_ç
*fanno occhi cucciolosi*.
Insomma,
siamo strafelici di come Miedo sia piaciuta. E vi ringraziao tutti quanti dal profondo del cuore. Grazie,
grazie, grazie!*w*
E ora, let's respond ai comment!
Red Robin:
No no, niente incesto qua XD Cioé
forse un po' - ma insomma, da due maniache non puoi aspettarti niente di
diverso. Comunque non avere paura XD Qua l'incesto rasenta lo zero assoluto,
Edo è solo ossessionato da Al. Un "po' più" del solito.*smirk*
Comunque sì, qui Edo è allegramente bipolare xD<3
Damaris: Gwa, pensare che ti riportiamo alla mente King è amore çOç! Grazie mille per il commento stupendo, ci fai gonfiare
d'orgoglio e amore çOç Purtroppo qua scarso aMMMore, però insomma, abbiam
compensato da altri fronti, no?XD
Liris: DEVE far
paura!*__* *risate diaboliche qua*
Qua scoprirai misteriosi arcani...çOç! *si guardano intorno e scappano*
visto che siamo ormai alla fine è_é
FIghtClub: Grazie
XD!
Elmeren Kun: Edo è talmente preso dalla paura che Al scappi che è
disposto a tutto pur di farlo restare lì con lui. Infatti del dolore che
provoca al fratellino non ne prende assolutamente nota XD L'importante è che
lui stia a casa col suo niisan.ù_ù Siamo contente che sia stata apprezzata, Edo
è tutto merito di Mika ;_;!*ammira la sua donnina*
Chibisimo: eccoci eccoci çOç *coccola* Qua pronte,
sei contenta?*^* Abbiam avuto dei
*piacevoli*ammicca** contrattempi, ma ora siamo qui è_é!
E sì, hai preso i nomi e i... ruoli XD Grazie mille ancora *w*
Shiba96:
Edo rende perché è guidato da manine d'oro çOç<3
Grazie mille per tutti i complimentiii >///<
Saku: XD Tranzolla, è qua e non scappa è_é!
Grazie mille tata *w*
E ora, visto
il grande successo, sono aperte le donazioni alla "Salviamo il piccolo
Alphonse da questo amore fraterno", l'indirizzo a cui mandare i soldi è
Al-*viene trascinata via dalla sua donna ;A;!!!!*
Let's start xDDD
Stava
sdraiato sul letto, il braccio contro la fronte e il respiro affannoso.
Non aveva
fatto altro che trattenere le grida per tutta la notte - prima mentre suo
fratello lo curava, poi per il dolore pulsante, concentrato sul taglio, sul
bozzo che si era venuto a formare nella sua gamba. Si sentiva come se avesse
mille aghi infilzati, mentre la sua pelle aveva un colore poco piacevole. Mugugnava,
mordendosi le labbra.
Appena
aveva fatto giorno, Edward gli aveva dato un bacio sulla fronte, sorridendogli.
"Vado
a fare la spesa, tu non muoverti, ok?" gli aveva detto sorridendo, felice
che quella volta non avrebbe tentato di scappare.
E ora era
lì, solo, con una gamba rotta e un macigno sul cuore.
Edward
camminava a passo svelto, nervoso, mentre non riusciva a smettere di torturarsi
– le dita, le unghie, gli abiti. Non riusciva a svuotare la mente, in circolo
aveva troppa adrenalina per rimanere tranquillo. Ogni minimo rumore acuiva la
sua tensione, mentre si avvicinava al centro del paesino. Forse, immergersi
nella folla – quasi come annegare – lo avrebbe distratto. Sussurrava, tra i
denti, monosillabi incomprensibili, fissando in basso la strada che calpestava
con mirata forza, quando andò a sbattere, goffamente, contro una persona.
“Ohi, fai atten- Fullmetal?"
Contrariato
alzò lo sguardo, incontrando l'unica persona che non avrebbe voluto vedere né
in quel momento, né mai.
Roy Mustang
lo guardava dall'alto dei suoi infiniti centimetri in più, sogghignando
felicemente per l'arrivo del diversivo.
"Che
ci fai qua?"
“Le
interessa davvero? Non credo.”
Qualsiasi
traccia di affettata gentilezza, o perlomeno educazione,con cui aveva
forzatamente imparato ad impastare la voce – imposizione di Al, dopo la
trasmutazione ben riuscita –, era scomparsa totalmente, per lasciare spazio
unicamente all’acido e all’odio.
Cosa faceva
lì? Lo credeva, in verità, in viaggio verso Alphonse. Di sicuro erano riusciti
a mettersi d’accordo, in quale modo, e quell’uomo detestabile sarebbe riuscito
a salvarlo, no? Era forse in ritardo?
“Potrei
chiederle la stessa cosa.”
"Fullmetal."
Roy alzò il
ghigno, assieme alle buste della spesa che aveva in mano.
"Cosa
vuoi che faccia qui, a quest'ora? - domandò, palesando la risposta ovvia. - Hai
il cervello atrofizzato?"
“Non potevo
immaginare che lei sapesse fare qualcosa di utile alla società come questo.”
L’irritazione
che gli provocava era mille volte superiore a quella solita.
Doveva
distrarlo? Il piano suo e di Alphonse era quello di tenerlo lì più a lungo
possibile, in modo che il fratellino scappasse? Ah, avrebbe fallito di certo.
Con quella gamba, non sarebbe andato da nessuna parte, mai.
Gli sfuggì
un sorriso sghembo, strano, che strideva enormemente nel suo viso.
E Mustang
lo notò, stranito.
Certo,
secondo lui il Fullmetal non c'era mai stato tanto
con la testa - cioé, nel modo meno crudele del
termine. Ma aveva qualcosa di strano.
Proprio a pelle. Gli occhi erano stanchi, appesantiti dalle borse, eppure con
quel barlume che li rendeva spaventosamente vivi. Forse anche troppo.
"E'
utile al mio stomaco, direi. Tu che ci fai qua da solo?"
Non fare il finto tonto, idiota di un
Mustang.
“Alphonse
non sta tanto bene. Sono venuto a prendergli qualcosa per farlo stare meglio.”
Una bugia
talmente gelida, ma pronunciata con un’affettazione talmente sottile da farla
apparire reale.
Non
riusciva a non risultargli particolarmente odioso e irritante, quell’uomo. Il
sopracciglio alzato, la forma delle labbra, persino la postura del corpo semi
immobile.
Ti sei aggrappato ad un’ancora così
fallimentare, Alphonse, piuttosto che stare con me?
"Ma...
come, sta ancora male?"
Sapeva che
Al aveva ancora qualche problema con il suo nuovo
corpo - nonostante di tempo ne fosse abbondantemente passato. Ma erano passati
giorni (settimane?) da quando lo aveva sentito al telefono.
... gli
venne in mente che l'ultima volta che lo aveva sentito la linea era
improvvisamente caduta. Ma lasciò correre il pensiero, pensando a un semplice
guasto.
"Ma di
preciso cos'ha? Influenza?"
Ingenuità.
Il taisa continuò a fissarlo, sperando di capire qualcosa di
più di ciò che veniva fuori dalle labbra dell'alchimista d'acciaio.
“Non riesce
ad alzarsi dal letto, letteralmente.
Si può togliere dalle scatole, ora che mi ha fatto il terzo grado, e farmi
passare? Alphonse mi aspetta.”
Un tono
irritato, e una strana inflessione nel pronunciare il nome del fratello.
E poi, da
quando lo chiamava per nome intero?
"Scusa
se voglio sapere come sta Al."
E perché
sentire lui, quell’uomo detestabile,
abbreviare il suo nome aumentava la sua rabbia?
Si scostò
di lato, lasciandogli la strada sgombra - trafficata da decine di persone.
"Se
non mi dici cos'ha allora verrò a trovarlo..."
Lo sapeva,
maledizione, lo sapeva!!
“No.”
Fu un
monosillabo di un’ira incontenibile, sottile e stridente, che trapanò il
cervello di Roy.
“Sarebbe
inutile.”
"Non
dovresti decidere per lui. Se non può alzarsi dal letto, sai che noia."
Tentò di
dissimulare, vedendolo trattenere qualcosa più forte di lui.
Non
riusciva ad essere convinto delle sue parole. Avevano una punta troppo evidente
di fastidio.
Come se
stesse ipotizzando chissà quale danno alle sue spalle.
“Sì che
decido io per lui, sono suo fratello maggiore. Non ha bisogno di visite,
soprattutto delle sue. Si toglie, ora?”
Edward,
pugni chiusi in tasca, si stava sforzando enormemente per non saltargli al
collo e morderlo come una fiera impazzita.
"Ok,
ok..."
L’adulto indietreggiò
di qualche passo, ridendo in maniera irritante, almeno all'orecchio del
maggiore degli Elric. Poggiò una busta a terra,
sventolando in aria una mano - come ad accomodare le sue inutili e (più del
solito) sgarbate richieste.
"Comunque
verrò comunque, almeno per un salutino."
Riacchiappò
la busta, sollevando un sopracciglio e tentando l'impossibile.
"Potrei
venire ora, no? Un salutino rap-"
“Ho detto
di no, in quale lingua glielo devo dire per farglielo capire?!”
Come un
fiume in piena, la furia di Ed si svuotò addosso all’uomo che si trovava
davanti.
“Alphonse
non ha bisogno che lei gli faccia un inutile saluto, ha solo bisogno di riposo
e delle MIE cure, di lei non ha assolutamente bisogno!!”
Non ha bisogno di nessuno che non sia io.
Roy Mustang
non poter fare altro che alzare un sopracciglio e alzare le spalle.
"Come
ti pare." rispose, deciso a non continuare la conversazione. Strinse la
presa intorno alla plastica delle buste, voltandosi per dargli le spalle.
"Allora
ciao, Fullmetal Tappo. Salutamelo tu."
“Nemmeno
per sogno.”, sibilò quello, con astio e odio. Lo osservò per un attimo
andarsene in una direzione opposta a casa sua.
Lo stava
prendendo in giro, credendolo di gabbarlo così – si sarebbe diretto verso Al
appena avesse girato lo sguardo da un’altra parte?
Le
congetture, tutti quei macchinosi pensieri, gli procurarono un mal di testa
atroce. Decise che sarebbe stato meglio tornarsene a casa – in fondo, stava
male sia dentro che fuori quelle quattro mura. Delle due, era di certo migliore
sorvegliare il fratellino.
Stava male,
in fondo, no?
Entrò in
casa con gesti secchi e nervosi. Buttò le chiavi a terra, noncurante della loro
sorte. Un silenzio ingombrante circolava per le stanze, impregnando le pareti. Non
c’era traccia di vita.
“Alphonse?
Alphonse? Dove sei?!”
E poi,
sentì debole un sospiro, uno sforzo, un rumore di qualcosa che si scontrava con
l'acqua del gabinetto.
Sicuramente
Alphonse non gli avrebbe risposto, in quel momento. Stringeva e rilassava le
dita sulla tazza del water, mentre il suo stomaco ballerino premeva per buttare
fuori ogni cosa dentro di sé - possibilmente anche lo stomaco e tutto il resto.
Edward, con
un moto di amore fraterno ricomparso da chissà dove, si fiondò in bagno.
“Alphonse,
che diavolo hai?!” domandò istericamente, come se non fosse già abbastanza
evidente.
Quello non
rispose, scosso da un altro conato. Sentiva la gola bruciargli, mentre l'acido
risaliva su per l'esofago. Ormai si era svuotato di tutto - anche se
imperterrito lo stomaco continuava a comandargli di rimettere l'anima.
Il
maggiore, improvvisamente, si sentiva confortato e tranquillo. Era ancora lì,
nessuno era venuto a prenderlo. Si sentì battere forte il cuore di gioia.
“Sei ancora
qui, ancora mio…”, bisbigliò, raggiante,
impossibilitato a contenere tutto. Senza
il minimo sentore dell’immenso dolore fisico e mentale dell’altro, privato di
qualsiasi empatia, quasi fosse stata succhiata via in un colpo solo.
Alphonse
respirò pesantemente, cercando di recuperare il controllo di sé. Era tutto un bruciore, un dolore intenso che
pulsava nella gamba, e che dal petto percorreva gola, cuore, polmoni. Anima.
Non ebbe il
coraggio di voltarsi e guardare il viso di suo fratello. Aveva troppa paura di
vedere un mostro, e di perdere ogni ultima immagine di quello che Ed era una
volta. Sì limitò ad ansimare, senza staccare gli occhi dalla tazza del water -
l'odore rancido del vomito che impregnava la stanza.
“Ti porto
qualcosa? Asciugamani, da bere, un’aspirina?”
La voce di
Edward usciva meccanica dalla voce, affettata e affabile come quella di
un’infermiera. Altrettanto falsa, di plastica.
“Del the?”
Al non
rispose, portandosi le mani allo stomaco - una smorfia di dolore sul suo viso
pallido e sudato. Voleva un letto, un ospedale, qualcuno che lo tirasse fuori
da quell'inferno creato da suo fratello.
"N-niisan..." provò a chiamarlo, nell'inutile tentativo
di riportarlo indietro.
“Sì tesoro?”
Il suo
sorriso, la sua voce, erano pesanti e soffocanti come lo sporco più lordo, più
penetrante ed osceno.
"Niisan..."
ripeté, sentendo un nodo farsi sempre più stretto alla gola, mentre quasi
involontariamente si aggrappava a un suo braccio, senza sapere più che fare. Era
arrivato al limite. Lui, la sua mente, il suo corpo. Voleva semplicemente
smettere di stare lì.
“Una
camomilla?”
Sembrava in
un mondo a parte, staccato da Al, che vedeva esteticamente sofferente da un
vetro limpidissimo, da cui non riusciva a comprendere il dolore.
“Non so
cosa poterti dare, altrimenti, per il vomito…”
Non fosse
mai che chiamasse Winry o zia Pinako.
Loro? Fuori dai loro affari!
Alphonse
poggiò al testa sulla sua spalla, in un misto di singhiozzi e lacrime. Scosse
la testa,più per esasperazione che per rispondere alle domande di Edward.
“Vuoi che
ti porti a letto, Alphonse? Sei tanto stanco?”
Paterno,
dolce, terrificante. Più lo trattava teneramente, più le carni di Al
s’irrigidivano, rendendolo un blocco di marmo.
Rimase
appeso alle sue vesti, senza dire più una parola.
La voce di
quello che doveva essere il suo niisan sembrava ormai quella di un estraneo - meccanica
come quella di una bambola.
Quel nodo
alla gola che diventava sempre più stretto.
Lo prese in
braccio, leggero come una sposina
“Stai tanto
male, vero, Al? Povero tesoro mio…”
Gli baciò
la fronte, caldo.
Rapido, lo
portò nella loro camera, quella che dividevano da quando Al respirava nuovamente
(“Niichan, niichan, dopo tutto il tempo che sei stato quell’ammasso di
metallo, ora dobbiamo goderci la vicinanza, eh! È importante!”) come una
sposina, appoggiandolo delicatamente sul letto. Tornò giù in cucina, estremamente celere nel
preparare la camomilla e ugualmente veloce a portargliela. Il suo fratellino
stava così male, era un suo dovere essere rapido ed efficiente per farlo stare
meglio possibile.
Alphonse
alzò le iridi verso il maggiore - un profondo solco sotto gli occhi denotava
mancato sonno da ormai giorni, un po' per il dolore, un po' per la paura. Sentiva
la voce di Edward ovattata, lontana, mentre la testa gli doleva, e un pensiero
martellante lo colpiva insistentemente.
Doveva
scappare, subito.
Guardò la
tazza fumante, sentendo l'odore fastidioso entrargli nelle narici -
provocandogli ancora un moto continuo nel suo stomaco, la bile ormai stanca di
fare su e giù per l'esofago.
Edward,
dimentico di ogni facilità con cui riusciva a comprendere il fratello, soffiò
più volte sul liquido bollente – non avrebbe mai voluto che si scottasse,
naturalmente – per poi portargli la tazza alle labbra secche e screpolate.
“Attento,
ch’è ancora caldo…”
In un’altra
situazione, sarebbe risultato rassicurante e protettivo come un genitore col
figlio più piccolo con un’influenza pazzesca. Ora, appariva solo enormemente
inquietante.
Il minore
dischiuse un poco le labbra, lasciando che la bevanda scivolasse più lungo il
suo collo piuttosto che dentro la bocca.
Scappare, scappare, scappare...
Stringeva convulsamente
le mani sul materasso, gocce calde di camomilla che colavano fino al petto.
Mettersi in salvo fuggire reagire.
E poi bam, cocci a terra e liquido caldo sul viso di Edward. Alphonse
racimolò tutte le sue forze, spingendolo lontano dal letto e lasciandosi
scivolare a terra, strisciando come un verme alla ricerca di un appiglio per
rimettersi in piedi.
Scappa, scappa, scappa.
L’altro
lanciò un urlo, e una bolla iniziò a formarsi sulla guancia, poco sotto
l’occhio. Le pupille si ridussero a due minuscoli puntini, mentre afferrava Al
per una caviglia – la gamba sana, la gamba malata, non aveva importanza. Se
stava fuggendo, si meritava di soffrire cento volte di più.
“Che cazzo
credevi di fare, eh?!”
"Lasciami!
- urlò, quasi isterico, mentre tentava invano di calciarlo - LASCIAMI!"
Allungò le
mani verso quella del fratello, affondandovi le unghie.
“Perché
dovrei, eh?! Così te ne potrai andare come vorrai?! Non credo proprio!!”
Egli gli
gridava contro con tutto il fiato che aveva nei polmoni, rendendosi più
spaventoso che in tutte le altre occasioni. I nervi per poco non spaccavano la
pelle, le vene pulsavano d’ira pura, le membra tremavano impercettibilmente.
"Lasciami
stare!!"
Premeva più
forte sulle sue carni, mentre con l'altra mano andava ad afferrare un coccio
della tazza.
E poi,
stavolta fu Ed ad urlare di dolore, mentre la ceramica bianca gli penetrava
nella mano sana. Cominciò a gridare come una bestia martoriata, tenendosi la
ferita che macchiava l’automail fin dentro i più
piccoli circuiti.
Ferito da
suo fratello? Era forse un incubo, quello?
“Al, come
hai potuto…?”
Ma lui
ignorò ogni sua parola, lasciandolo urlante e imprecante dietro di sé. Si
aggrappò con forza alla porta, tirandosi in piedi per poi saltellare sulla
gamba sana - poggiando a momenti l'altra, ancora pulsante di dolore. Doveva
scappare, urlare, invocare aiuto prima che fosse troppo tardi. Ancora il coccio
sanguinante in mano.
Ed riuscì,
misteriosamente, a calmarsi. Rimase per un po’ col fiatone, con la ferita
sgocciolante, e un sorriso strano, storto, si aprì sul suo volto. (bizzarro,
per quanto esso fosse malato, non strideva in alcun modo col suo viso)
Più lo
fissava, più gli diveniva lampante, chiaro, limpido: suo fratello stava dando
di matto. Era l’unica spiegazione per averlo ferito! E poi era giustificato,
con quella brutta frattura della gamba, in molti avrebbero reagito così.
Intanto,
Alphonse cercava la via di fuga più semplice, poggiato al muro e saltando verso
l'ingresso. Si spaventò, pensando a ciò che aveva appena fatto. Mai in tutta la
sua vita avrebbe neanche sognato di fare del male al suo adorato fratello, e
invece ora...
Scosse la
testa, allontanando quel barlume di senso di colpa. Se non fosse scappato,
probabilmente non sarebbe stato mai più capace di provare niente. E sicuramente
non per insensibilità.
“Al, Al,
stai tranquillo, tranquillo…”
Lentamente
Edward muoveva passi quasi timidi verso suo fratello. Sorrideva, come ad un
cagnolino impaurito.
Era
sicuramente come pensava lui! Tutto quello stress – e poi, quel pensiero
assurdo di andarsene via… lo avevano fatto uscire di
senno. Certo! Era tutto così tremendamente plausibile!
"Non...
- allungò la mano, tenendo stretto tra le sue dita il coccio insanguinato (la
mano che, ballerina, tremava) - Non ti avvicinare!"
Probabilmente
Edward aveva ragione, in un certo senso. Non lo era ancora, ma una sola altra
ora in casa con lui, e Alphonse non sarebbe più uscito sano di mente da quella
casa.
Di scatto,
quest’ultimo balzò su Al. Lo prese tra le braccia, in una morsa che nella sua
testa era tenera e piena d’amore, ma che in realtà era talmente costringente da
impedire ogni movimento di Alphonse.
“Su, su, tranquillo…”
Gli
accarezzava i capelli, socchiudendo gli occhi, cullandolo. Cominciò ad agitarsi
tra le sue braccia, Al, nel disperato tentativo di liberarsi. Ma da quando
ormai era tornato ad essere un corpo di sangue e carne, aveva perso ogni
vantaggio fisico nei confronti di Edward. E si sentiva inerme.
"Lasciami!"
tentò di liberarsi, mentre il coccio bianco e rosso tentava disperatamente di
affondare nel braccio sano del fratello.
“Ssh, ssh, andrà tutto bene…”
Ci credeva
fermamente, nelle proprie parole.
Stava male,
era evidente. E l’unica cosa che serviva al suo adorato fratello era non
fuggire da lì.
Gli carezzò
il capo e le guance con la mano umana, tentando di trasmettergli più calore
possibile.
“Devi stare
per sempre con me, Alphonse…”
Mentre
l’altra mano, lenta, inesorabile, andò a stringere il collo. Fredde, gelate,
fortissime.
Se avesse
dormito per sempre, sarebbe stato bene, no?
Gli occhi
di Alphonse si alzarono, terrorizzati, mentre le sue mani schizzavano a quel
braccio d'acciaio. Sentiva l'aria mancargli, le gambe che si agitavano,
sperando di liberarsi da quella stretta. Inutilmente. Sentiva le farfalle allo
stomaco, e la testa girava vorticosamente - la nausea pressante premergli
contro la gola, l'aria che chiedeva di entrare dalle sue narici, la vista che
si annebbiava, la paura che lo possedeva. Emise un urlo soffocato, mentre la
sua stretta già si allentava e quella di Edward si faceva sempre più forte.
Più forte
più forte più forte.
Non si
rendeva minimamente conto di ciò che stava accadendo.
Il respiro
di Al che si faceva all’inizio più isterico e poi sempre più rarefatto; le
gambe che lentamente smettevano di muoversi, il petto che non andava più su e
giù.
Aveva
capito, finalmente, che non c’era altro posto più sicuro che casa sua, protetto
dal suo fratellone.
Un largo
sorriso si aprì nel volto di Ed. Seguitava a cullarlo.
“Starai
sempre così bene, qui…”
Le sue
parole erano lontane nelle sue orecchie. Riusciva a malapena a distinguerle,
mentre i suoi occhi si facevano pesanti, le sue membra si rilassavano - pronte
a irrigidirsi di nuovo.
Per sempre.