CAPITOLO 1
Giovanni se ne stava a sistemare la refurtiva incassata
durante le ultime scorrerie del gruppo. C’erano tante monete ed alcuni gioielli.
Mise le monete in un sacchetto, che sistemò sotto il tavolo,
mentre lasciò in bellavista i gioielli.
Si trovava in una cascina abbandonata, sul crinale
appenninico nel versante romagnolo. Quella era la zona scelta appositamente da
lui; gli Appennini erano poco abitati, anche perché la terra era brulla e poco
adatta all’agricoltura. La pianura era facilmente raggiungibile in poche ore di
galoppo, permettendogli di compiere azioni fulminee nella ristretta fascia
pedemontana, per poi tornare ad addentrarsi verso i monti. In quel luogo aspro
ci viveva solo qualche povero pastore, e ogni tanto qualcuno di loro passava di
fronte alla cascina con il suo magro gregge. Nessuno faceva caso ai briganti.
Inoltre, quello era la zona stabilita per gli scambi tra
fuorilegge; lui e la sua banda consegnavano i gioielli e gli oggetti più preziosi che erano riusciti a rubare ad alcuni
contrabbandieri toscani, che le rivendevano poi nel Granducato. Quella era una
pratica illegale, che comunque continuava ad essere praticata da tempi
immemorabili senza che le gendarmerie riuscissero in qualche modo a fermarle.
La merce rubata era tutta stesa sul tavolo, e Giovanni se ne
stava tranquillamente seduto, rigirandosi tra le mani quegli splendidi gioielli.
Si fermò un attimo, osservando il bracciale di Siario, che aveva rubato alcune
sere prima. Sorrise, poiché quello doveva valere un bel po’ di denaro.
Il colpo a casa dei
Siario aveva dato una grande reputazione al gruppo dei suoi briganti. Le sue
gesta si erano diffuse subito tra i contadini, naturalmente ingigantite e
modificate, e ora tutti vedevano in lui un eroe. Se era riuscito a beffare quel
demonio di Siario, avrebbe potuto rapinare e deridere chiunque, dicevano,
poiché tutti odiavano i nobili. Ma attraverso quella rapina, aveva chiuso anche
i conti che aveva in sospeso con quell’uomo.
Quello era stato il suo più grande colpo; fino a quel
momento, si era limitato a prendere di mira qualche villa isolata, sempre di
nobili di poco conto, e con pochi spiccioli. Ma quel colpo grosso, gli era
costato anche una bella taglia sulla sua testa; tutte le guardie si erano
immediatamente messe in moto, e stavano ricercando la sua banda per tutta la
pianura.
Ma nessuno si sarebbe mai avventurato sugli Appennini in quel
periodo dell’anno. Faceva già molto freddo, ben presto la neve avrebbe
ricoperto tutto, e tra ghiaccio e gelo cercare dei briganti sarebbe stato come
cercare un ago in un pagliaio. Comunque, per ora aveva vietato ai suoi uomini
di muoversi, perché era troppo pericoloso. Non aveva programmato nessun altra
azione nell’immediato. Tanto, entro due giorni si sarebbero stancati di cercarlo.
I gendarmi, ultimamente, erano piuttosto vagabondi, e meno ne facevano, meglio
era, poiché non volevano correre troppi rischi.
In più, anche quel
giorno si erano aggiunti ai suoi uomini altri cinque ragazzi, tutti accattoni,
pronti a combattere per avere cibo e soldi. Era vero che una parte del bottino
lui la spartiva con i poveri, con i contadini e con i suoi informatori, che
erano ormai ovunque, ma gran parte della refurtiva la teneva lui, e ne dava un
po’ ai suoi uomini, che si accontentavano di poco. Pagava molto bene gli
informatori, che così gli diventavano molto fedeli, visto che spesso i loro
datori di lavoro li pagavano poco e li trattavano male.
Ormai possedeva un vero e proprio esercito personale;
con nuovi arrivati, il suo gruppo
raggiungeva quasi le ottanta unità. Ben presto, se fosse stato ben attento a
non farsi catturare, avrebbe potuto attaccare anche consistenti gruppi di
guardie armate, e nessuno avrebbe più potuto fermarlo. Purtroppo aveva anche
molti rivali, poiché erano tantissimi i gruppi di fuorilegge in azione sul
territorio, ma erano tutti più deboli del suo, e ricevevano minore sostegno dal
popolo, poiché erano considerati semplici tagliagole.
Pian piano, sfruttando quel raro momento di solitudine,
incominciarono a tornargli alla mente le immagini del suo sfortunato passato.
La sua prima sfortuna
era stata quella di nascere durante il periodo del dominio delle truppe
napoleoniche. I francesi, affermando di portare la libertà, avevano liberato la
Romagna dalle truppe del Papa, costringendo alla fuga chierici e nobili. Questo
aveva solo penalizzato il territorio, che era già povero di suo, e tantissimi
contadini si erano trovati in grosse difficoltà. Durante la sua infanzia, quei
dannati francesi se n’erano andati, portandosi dietro tutte le cose di valore
che avevano trovato, e tutto era tornato come prima, se non peggio. I signori
di un tempo tornarono nelle loro terre, per spremerle ancora di più. Il
malumore dei contadini era tangibile, e molto spesso scoppiavano rivolte, represse
nel sangue dalle guardie pontificie, che non si spaventavano a commettere
inutili stragi.
Lui era figlio di contadini, che lavoravano nelle campagne
del forlivese come braccianti, al servizio proprio dei Siario, che a quel tempo
erano tornati da poco a riprendere possesso delle loro terre. Aveva due
fratelli più grandi e uno più piccolo, e altri due erano morti in tenera età, a
causa delle malattie e della malnutrizione.
Suo padre e sua madre
venivano assunti a giornata nei grandi appezzamenti terrieri di quei ricchi
signori, che però erano molto furbi nella gestione delle paghe. Infatti, avendo
a disposizione tantissimi possibili braccianti, contrattavano fino all’ultimo
sui salari, che erano magrissimi. Ai poveri lavoratori non restava altro che
accettare, se non volevano morire di fame, senza alcun margine di trattativa.
Così i suoi genitori lavoravano a turni, e portavano a casa
un magro salario, che non bastava a sfamare la famiglia. Pure la casa in cui
vivevano era di proprietà dei Siario, a cui dovevano versare pure un affitto.
La situazione era critica, ma per lui andava fin troppo bene, poiché lui almeno
aveva un tetto sopra la testa e un tozzo di pane raffermo da mettere sotto i
denti, mentre ogni giorno vedeva bambini, adulti e anziani accalcarsi di fronte
ai portoni di ferro delle case dei ricchi, per chiedere l’elemosina.
Anche lui aveva iniziato a lavorare fin da subito, da quando
aveva undici anni, svolgendo piccole mansioni che anche un bambino poteva fare.
I suoi fratelli maggiori furono mandati dai genitori a fare i garzoni in alcune
botteghe di Forlì, così almeno avrebbero mangiato e forse un giorno avrebbero
potuto applicare alla perfezione un mestiere redditizio.
Quando fu il suo turno di partire, all’età di sedici anni,
lui era fuggito di casa. Non voleva diventare un calzolaio, oppure tornare a
fare la fame come contadino. Lui voleva essere libero. Allora era un ragazzo,
ma aveva delle idee chiare in testa. Era un ragazzo più alto degli altri, ma
talmente tanto magro che si potevano vedere le ossa premere sotto la pelle del
suo corpo. I capelli erano castani, così come gli occhi. Per diventare un vero
brigante gli era bastato solo farsi crescere un po’ di barba, rubare un fucile,
trovare altri compagni, cosa che tra l’altro si era rivelata molto semplice, ed
addentrarsi verso i monti, alla ricerca di un posto sicuro dove nascondersi. E
così si era ritrovato ad essere un fuorilegge.
Ora, almeno, non era più magro e consunto come un tempo. Il
cibo raramente mancava alla sua banda, e ora si trovava ad essere un uomo di
trent’anni in piene forze. Commettere furti e rapine ai danni dei più ricchi gli
aveva permesso di vivere meglio e di mettere qualcosa sotto i denti, senza
condurre una vita di stenti agli ordini di un prepotente padrone. Ultimamente
era riuscito a mettere da parte pure un po’ di denaro.
Mentre rifletteva, sentì bussare alla porta.
‘’Vieni, Gianni’’, disse al ragazzo che stava bussando, in
attesa di essere ricevuto.
Gianni gli era sempre vicino, era un giovane affidabile e
spesso e volentieri lo lasciava fare da vedetta al suo nascondiglio, in modo da
poterlo avvisare in caso di necessità. Non era molto alto, ma aveva un fisico
slanciato ed era in grado di compiere lunghe corse senza sentire neanche un po’
di fatica. In poche parole, era il tipo giusto da far da sentinella.
Il resto del gruppo dei briganti si trovava nell’altro lato
della montagna, in una grotta naturale ben nascosta e quasi irraggiungibile per
chi non era abituato a fare delle scalate. Era il rifugio ideale, che veniva
utilizzato dopo aver compiuto rapine consistenti. Nessuna guardia sarebbe
salita fin lì per cercarli.
Giovanni ora si trovava in quella cascina solo per attendere
l’arrivo dei fuorilegge toscani, che avrebbero acquistato la sua merce rubate per
farla passare al di là del confine e portarla ai ricchi mercanti fiorentini,
che l’avrebbero poi rivenduta. Poi, si sarebbe riunito al suo gruppo, e li
avrebbe raggiunti. Infatti, lui di giorno stava con i suoi compagni nella
grotta, e solo di sera li abbandonava, andandosene a dormire in una piccola
casetta più a valle.
Gianni si fece avanti,
a passi felpati come quelli di un gatto. Il suo viso era leggermente teso, in
una smorfia che presagiva qualcosa di non proprio positivo.
‘’Ci sono i toscani, giusto?’’,
chiese Giovanni con sicurezza, non badando all’espressione del ragazzo.
‘’No, Zvan, in realtà abbiamo un altro genere di visite’’,
disse il ragazzo, in evidente imbarazzo.
Giovanni inarcò un
sopracciglio. Non attendeva nessun altro in quel suo luogo segreto.
‘’Spero che non siano austriaci, allora! Dai, dimmi chi mi
cerca’’, disse Giovanni, con un sorriso.
Gli austriaci andavano a rinforzare le truppe pontificie, e
le aiutavano nella ricerca dei fuorilegge, compiendo azioni nei punti più difficili
da raggiungere. Ma lui sapeva bene che non si trattava di austriaci, se no
Gianni gli avrebbe fatto un verso, per avvertirlo.
‘’No, Zvàn. E’ il nostro informatore di Ravenna, che ci ha
portato anche alcuni ospiti. Non proprio graditi, tra l’altro’’, disse Gianni.
Poi, si avvicinò all’orecchio di Giovanni. ‘’Concorrenza’’, sussurrò.
Giovanni si agitò sulla sedia. Si chiese come si fosse
permesso quell’infido informatore a portare al loro covo segreto ‘la concorrenza’,
che nel gergo della banda stava a indicare un altro capo di briganti. Non fece
in tempo a rispondere ad altro, poiché il piccolo ometto, che era il suo
informatore alla corte dell’Arcivescovo di Ravenna, fece capolino sulla porta.
‘’Prego, Marco, entra
pure. Gianni mi stava informando ora della tua inattesa visita. Spero mi porti
qualche buona notizia’’, disse Giovanni, stando ben attento a non mostrare la
sua rabbia. Almeno per ora.
Quel Marco era il tipico soggetto che poteva irritare
chiunque. Aveva un fisico tozzo, con un poderoso ventre che premeva al di sotto
degli abiti, che era veramente una cosa rara. Inoltre, in genere aveva un modo
di parlare dotto, che faceva quasi ridere Giovanni. Dopo ogni informazione che
passava, insisteva per ricevere soldi, ed era molto avido. In genere, era molto
polemico, e gli piaceva dilungare su numerose questioni, creando problemi con
chi trattava con lui. Insomma, non era proprio il tipo con cui un brigante
potesse andare d’accordo. Ma Marco serviva molto alla banda, poiché era l’unica
spia che avevano presso l’Arcivescovo di Ravenna, ed era un soggetto sempre
informato su tutto. In fondo, i soldi che chiedeva se li guadagnava, anche se
aveva un modo di fare irritante.
‘’Salve, Zvàn. Non
porto buone notizie, ma ottime notizie’’, disse Marco, sorridendo.
Giovanni fece cenno a
Gianni di posizionarsi sulla porta, e rimase impassibile al sorriso
dell’informatore.
‘’Certo, certo, immagino. D’altronde, per farti scomodare dai
tuoi agi alla corte dei chierici ravennati, e per farti compiere questo lungo e
rischioso viaggio, serviva un’ottima notizia. Dimmi tutto’’, disse, con fare
guardingo, sistemandosi meglio sulla sedia.
‘’Tranquillo, la mia
assenza momentanea non la noteranno neppure. Un mio uomo di fiducia mi sta
sostituendo egregiamente, e tutti si fidano di lui, mentre io risulto ammalato.
Ma torniamo a noi. Sono venuto fin qui per portarti un possibile alleato.
Insieme, farete grandi cose’’, disse Marco.
Giovanni lo fissò, innervosito. Quel Marco si credeva di
essere lui il capo del gruppo, forse. Ma lui l’avrebbe sistemato a dovere. Lavorava
per lui da solo un anno, ma si stava facendo sempre più prepotente. Stava per
iniziare a parlare, quando dalla porta entrò un uomo.
Gianni tentò di fermarlo, ma il tipo lo colpì e lo gettò a
terra.
Giovanni si alzò, furioso.
‘’Chi sei? Come osi
entrare in casa mia e colpire un mio uomo di fiducia?’’, chiese, tirando fuori
una pistola carica dalla tasca e puntandola contro lo sconosciuto. L’uomo si
fermò. E Giovanni lo riconobbe.
‘’Calma, compagno. Io sono Aldo, il capo della banda delle paludi
ravennati, spero ti ricordi di me. Abbiamo già fatto piccoli affari insieme,
alcuni anni fa. Scusa per il tuo amico, ma dovevo entrare in fretta, perché non
ho molto tempo. Sono qui per parlarti di un affare che potrebbe interessarti.
E’, senz’ombra di dubbio, un affare che non potrai rifiutare’’, disse Aldo,
alzando la mano sinistra. Marco annuì vigorosamente, come per voler sostenere
ciò che aveva già detto poco prima.
Giovanni tornò a
sedersi, annuendo e ignorando Gianni, che era ancora a terra. Si trovava di
fronte al grande Aldo, il capo della banda di briganti che operava nelle paludi
attorno a Ravenna. Se lo ricordava più giovane. Ma comunque era lui, poiché gli aveva mostrato la mano sinistra,
alla quale mancavano due dita, mentre nel pollice aveva un grosso anello di
ferro ben inciso.
Le due dita mancanti erano il suo segno di riconoscimento. Era molto famoso in tutta la Romagna. Ed era
il tipico soggetto con cui non avrebbe mai voluto averci a che fare, poiché era
conosciuto da tutti per la sua fama di feroce tagliagole. In realtà, alcuni
anni fa aveva dovuto incontrarlo, anche se solo di sfuggita, per alcuni
commerci illegali di sale, che dalla costa dovevano attraversare gli Appennini
per andare verso il sud. In ogni caso, era stato un affare da poco, e in quel
momento non aveva prestato molta attenzione al suo aspetto fisico.
La banda di Aldo
operava in maniera totalmente diversa dalla sua; contrabbandava sale, compiva
rapimenti e uccideva senza pietà chiunque provasse ad intralciarlo, mentre lui,
di solito, si limitava a rapinare.
Aveva la fama di essere sleale, ma aveva molti scagnozzi, che
comunque erano feccia della società e feroci assassini. Doveva liberarsi al più
presto possibile di quel tipo, poi, con calma, se la situazione l’avrebbe
richiesto, avrebbe fatto sparire anche quell’impiccione di Marco senza dare
troppo nell’occhio. Per ora, non aveva alcuna intenzione di intrattenere una
possibile trattativa importante con un tipo come Aldo. Ma alla fine si decise
ad ascoltarlo ugualmente, per evitare inutili discussioni tra bande.
Aldo fece cenno con la testa verso l’informatore e Gianni.
Doveva intrattenere una discussione privata. Giovanni sapeva che, se ci teneva
veramente a una collaborazione, Aldo avrebbe giocato tutte le sue carte per
convincerlo, e che non voleva nessuno tra i piedi. Soprattutto, non voleva un
pericoloso polemico come Marco.
Giovanni fece cenno a Marco e a Gianni, che nel frattempo si
era rialzato, di uscire e di lasciarli soli. Gianni prese con la forza Marco, e
lo trascinò fuori. Poi chiuse la porta, e Giovanni mise la refurtiva a terra,
sgombrando il tavolo, ma tenendo a portata di mano la pistola.
I due capi dovevano
parlarsi tra loro senza testimoni.
NOTA DELL’AUTORE
Ciao a tutti, e grazie per avermi letto!
Con questo primo capitolo inizia la storia vera e propria.
Questa volta abbiamo conosciuto Giovanni.
Nel prossimo capitolo conosceremo meglio Aldo e scopriremo la
sua proposta, e vedremo se Giovanni accetterà di affrontare una nuova e
pericolosa avventura.
Vorrei informarvi che pubblicherò un capitolo a settimana,
nella giornata di lunedì. Cercherò di essere molto puntuale con gli
aggiornamenti.
Vorrei fare un ringraziamento speciale a Rossella0806 per
aver inserito la mia storia nelle preferite e per averla recensita, e anche a
Steph808 per averla seguita e recensita. Grazie!!! J Spero vogliate continuare a lasciare
un vostro pensiero sulla storia.
Ringrazio anche tutti voi che siete giunti fin qui! Spero che
la storia vi stia incuriosendo J Grazie a tutti!!