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Autore: rossella0806    08/12/2014    2 recensioni
Piemonte, inizi del 1900.
Adele ha appena vent'anni quando è costretta a sposare il visconte Malgari di Pierre Robin, di quindici anni più vecchio, scelto in circostanze non chiarite dal padre di lei, dopo la chiusura in convento di Umberto, il ragazzo amato da Adele.
I genitori del giovane, infatti, in seguito ad una promessa fatta a Dio per risparmiarlo dalla tubercolosi, non ebbero alcun dubbio a sacrificare il figlio ad una vita di clausura, impedendogli di scegliere una strada alternativa.
Sono passati due anni dal matrimonio e dall'allontanamento forzato da Umberto, e Adele si è in parte rassegnata a condurre quell'esistenza tra Italia e Francia, circondata da persone che non significano nulla per lei, in balia di un marito che non ama, fino a quando, una sera di marzo, giunge a palazzo una lettera di Umberto, che le confessa di essere scappato dal convento di monaci e che presto la raggiungerà per portarla via.
Genere: Avventura, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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Il mattino successivo, Adele si svegliò con la pioggia che batteva alla finestra della sua camera.

Quella notte non aveva dormito molto, solo qualche ora poco prima che albeggiasse, troppo angosciata a ripensare agli avvenimenti che le erano accaduti appena il giorno avanti.

La cena con il marito si era rivelata una pena continua, tanta era la paura che attanagliava la giovane sposa, certa che il visconte avesse compreso il suo segreto, il suo incontro con Umberto.

La ragazza inspirò profondamente l’aria poco salubre della stanza chiusa da ore, la camicia da notte di ciniglia bianca, i lunghi capelli ricci sparsi a ventaglio sull'alto cuscino, gli occhi  di nuovo chiusi per riflettere.

"Tra appena due giorni partirò per la Francia, e chissà per quanto tempo dovrò restare lontana da Umberto…"  

A quel pensiero insopportabile, la giovane aprì di scatto gli occhi, come un lampo improvviso che squarcia il cielo d'agosto e, subito, una consapevolezza le attraversò la mente.

"Non gli ho detto che sabato me ne sarei andata! Ero talmente felice e preoccupata della sua presenza, che me ne sono completamente dimenticata!"

Adele si mise a sedere prontamente sul letto a baldacchino e guardò fuori dalla finestra: pioveva troppo per pensare di uscire da sola con il suo baio bianco e grigio, proprio come aveva azzardato il giorno prima. E poi, da buona padrona di casa, avrebbe dovuto trascorrere l'intera mattinata a dare ordini alla cuoca sul menù da preparare per la cena con i latifondisti che si sarebbe svolta quella sera stessa.

E avrebbe anche dovuto controllare che le cameriere lucidassero a dovere la migliore tra le argenterie, pulissero il grande camino della sala da pranzo, togliendo i rimasugli di cenere e carta bruciata delle scartoffie del marito, e poi ... certo, c'era anche lui, Francesco, quell'uomo più grande di quindici anni, che non aveva scelto, come era ovvio che sarebbe stato per una giovane della sua levatura sociale, fino ad allora sufficientemente premuroso e gentile con lei, accondiscendente alle richieste della moglie in quei quasi due anni di matrimonio ma che, il pomeriggio precedente, aveva quasi temuto per la schiettezza delle parole pronunciate.

"Sappiate che detesto chi mi mente, preferisco la verità a qualsiasi bugia, anche a quelle che, stupidamente, si definiscono a fin di bene"

Doveva trovare un escamotage al più presto per riuscire a comunicare ad Umberto la sua imminente partenza.

Adele si alzò dal letto e cominciò a passeggiare per la stanza, le mani incrociate sul petto, le pantofole di lana ai piedi.

"Dovrei trovare un modo che mi permetta di avvisarlo, di incontrarlo prima che vada, di dirgli che lo penserò sempre, e che vivrò con l'angoscia di ritornare al più presto da lui"

Poi, come un'illuminazione divina, la ragazza si riscosse da quelle macchinazioni, un'idea stampata nella mente febbricitante.

Guardò la sveglia rettangolare di porcellana bianca sul comodino, constatando con piacere che suo marito, a quell'ora, probabilmente aveva già lasciato il palazzo, diretto a fare il suo solito giro di controllo nelle terre lì vicino, pioggia permettendo, ovviamente.

La giovane sposa agguantò il campanello in argento che teneva sul mobile da toeletta e, scuotendolo, attese l'arrivo della sua cameriera personale, la quale, secondo le abitudini impartitele, in quel momento avrebbe dovuto trovarsi nel salottino della colazione, la stanza di fronte a quella della padrona.

La servetta, una ragazzina di diciotto anni, con una lunga treccia bionda e gli occhi scuri come la pece, fece la sua comparsa appena un minuto dopo la chiamata della padrona.

"Buongiorno, viscontessa. Avete bisogno di me?"

Adele, nel frattempo che aspettava, aveva indossato una vestaglia turchese con i pizzi fiorentini ai polsi.

A quella domanda annuì con convinzione, invitando la giovane ad avvicinarsi.

"Vieni avanti, Andreina, ho bisogno di chiederti un favore urgente. Mio marito é già uscito?"

"Sì, signora" rispose la ragazzina, con la solita voce timida di quando le si rivolgevano " il visconte é uscito una mezz'ora fa, voleva aspettarvi per fare colazione, ma poi ha visto questo brutto tempo e così é andato nei campi, signora, alle terre"

Adele tirò un sospiro di sollievo, poi continuò:

"Molto bene. Ora ascoltami, per favore. Dovrai consegnare una lettera all'indirizzo che ti indicherò. Prendi la diligenza, farai prima, perché ci vogliono quasi due ore per arrivarci. É tutto chiaro fino a qui?"

"Sì, signora"

"Bene ... non temere, ti darò tre monete quando tornerai. É una cosa molto importante, Andreina, ti chiedo perciò di andare appena ti consegnerò la lettera. Hai capito?"

La giovane fece di sì con la testa, così poco a sua agio in quella divisa nera con il grembiule inamidato, bianco come la cuffia.

"Ti ringrazio" continuò sollevata la padrona "ti chiamerò quando avrò scritto il biglietto. Puoi andare … "

La cameriera si allontanò discretamente dalla camera, lasciando la giovane sposa nell'incertezza della sua decisione, aggravata dal fatto che fosse implicito, almeno per lei, la segretezza di quella missione.

Si avvicinò perciò allo scrittoio in ciliegio, nell'angolo vicino alla finestra, estrasse da un cassetto del mobile un foglio di carta e una matita, e cominciò a scrivere la sua salvezza.

 

 

Adele trascorse il resto della giornata a impartire ordini alla servitù riguardo la disposizione per la cena, pensando in realtà all'incontro che l'avrebbe attesa il giorno dopo con Umberto, nella piazza del mercato del paese.

Quella sera, però, avrebbe dovuto assolvere ai suoi compiti di perfetta padrona di casa.

La pioggia aveva smesso di cadere da quasi un’ora, quando la ragazza si sedette di fronte allo specchio da toeletta della sua camera, intenta ad incipriarsi il viso.

Per l'occasione aveva deciso di indossare un abito lungo fino alle scarpe, in stile Impero, di un tenue color rosa, l'ampia scollatura ad esporle l'incavo dei seni.

Dopo il trucco delicatamente steso sugli zigomi, si sistemò l'acconciatura dei capelli, raccolti semplicemente da un fermaglio in argento tempestato di piccoli diamanti, dono di nozze del marito.

Allungò una mano sul mobile da toeletta e aprì il cofanetto abbellito da zaffiri e rubini, per estrarre una tra le quattro collane di perle di fiume e oro bianco.

In quel mentre, proprio quando la giovane sposa aveva allacciato il prezioso gioiello, qualcuno bussò alla porta.

"Avanti ..."

"Buonasera, mia cara, siete pronta?"

Il visconte, impeccabile nel suo completo nero, osservò con un fremito di passione negli occhi verdi, il corpo perfettamente agghindato della moglie.

Fece qualche passo, avanzando nella sua direzione, le scarpe anch'esse nere e lucide, il fazzolettino bianco sistemato nella tasca della giacca scura.

"Sì, sono quasi pronta. Permettetemi di spruzzarmi qualche goccia del profumo che mi avete regalato, poi potrò raggiungervi" rispose Adele, il volto riflesso nello specchio.

"Molto bene, allora vi aspetto fuori ..."

"No, potete rimanere, se volete. C'impiegherò appena qualche secondo"

 

 

 

La cena si rivelò l'ennesimo successo di Francesco Malgari di Pierre Robin: l'uomo fu un impeccabile padrone di casa, che seppe scindere il piacere di una buona conversazione dal noioso, quanto essenziale, dovere di discutere di affari.

I due ospiti, soci di una grande azienda agricola, dimostravano all'incirca sessant'anni.

Non erano molto alti, uno di loro era stempiato, mentre l'altro aveva folti capelli brizzolati e portava gli occhiali.

All'inizio della serata, avevano profuso saluti e complimenti alla giovane viscontessa, concentrandosi poi sull'eccellente -ed efficiente- gestione del palazzo, almeno per quel poco che avevano potuto vedere.

E poi la cena, che "assoluta squisitezza, una delizia! Fate i complimenti alla cuoca, signora", continuavano a dirle i due latifondisti.

Adele dispensava sorrisi e accenni del capo con estrema accuratezza e un pizzico di diplomazia.

Notava gli sguardi di assenso e di orgoglio che il marito le riversava, mettendola in parte in imbarazzo.

Poi, dopo il dessert, i tre uomini cominciarono a discutere esclusivamente di affari, dell'affitto di quel casolare a Riva del Po per il quale erano venuti a disturbare la sua tranquillità.

Così, la giovane sposa, abbandonò educatamente quella noiosa riunione, per ritirarsi -dopo aver salutato con studiata  gentilezza gli ospiti- nella sua camera.

Stava quasi per addormentarsi, ormai dimentica della insulsa serata a cui era stata costretta a partecipare, con la gioia nel cuore e la mente occupata dal pensiero e dal profumo di Umberto, quando sentì un lieve colpo di nocche, cozzare contro la porta.

Si alzò a sedere sul letto, ma non riuscì ad essere abbastanza svelta nel recuperare la vestaglia turchese per coprirsi la camicia da notte di ciniglia bianca.

"Scusatemi, Adele, spero di non avervi svegliata ... "

Il visconte, ancora vestito impeccabilmente come a cena, aveva fatto la sua comparsa nella camera.

"É successo qualcosa?" domandò la ragazza, con una punta di allarmismo nella voce.

"No, nulla. Volevo solo mettervi al corrente della buona riuscita dell'affare. I latifondisti hanno accettato le mie condizioni, affitteranno per un anno di prova il casolare a Riva del Po. Mi sembrava corretto avvisarvi"

"Certo, avete fatto bene. Anch'io ieri, quando sono tornata, sono venuta a salutarvi ... "

"Che sciocchezza" si disse " cosa vado a rivangare la nostra conversazione di ieri pomeriggio"

"Bene, allora vi auguro di dormire serenamente" si accomiatò l'uomo, il viso perfettamente squadrato e glabro già rivolto alla porta.

"Buonanotte, Francesco, a domani"

 

 

NOTA DELL’AUTRICE: Ciao a tutti, e grazie a chi continua a leggere la storia: questo è un capitolo un po’ “inutile”, nel senso che non succede niente di rilevante, ma abbastanza fondamentale per il seguito, perché senza la vendita di questo benedetto casolare, Adele e il visconte non potranno partire alla volta della Francia!

Quindi, nel prossimo capitolo, invece sarà più denso di avvenimenti!

Grazie ancora, a presto!

 
   
 
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