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Autore: rossella0806    30/11/2014    3 recensioni
Piemonte, inizi del 1900.
Adele ha appena vent'anni quando è costretta a sposare il visconte Malgari di Pierre Robin, di quindici anni più vecchio, scelto in circostanze non chiarite dal padre di lei, dopo la chiusura in convento di Umberto, il ragazzo amato da Adele.
I genitori del giovane, infatti, in seguito ad una promessa fatta a Dio per risparmiarlo dalla tubercolosi, non ebbero alcun dubbio a sacrificare il figlio ad una vita di clausura, impedendogli di scegliere una strada alternativa.
Sono passati due anni dal matrimonio e dall'allontanamento forzato da Umberto, e Adele si è in parte rassegnata a condurre quell'esistenza tra Italia e Francia, circondata da persone che non significano nulla per lei, in balia di un marito che non ama, fino a quando, una sera di marzo, giunge a palazzo una lettera di Umberto, che le confessa di essere scappato dal convento di monaci e che presto la raggiungerà per portarla via.
Genere: Avventura, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Adele inspirò ancora una volta il familiare profumo che sprigionava il collo dell'innamorato, insolitamente mischiato a quell'aroma di zolfo e di estraneo che emanava la camicia rossa di lana grezza.
Riaprì gli occhi, fino ad allora serrati nella visione di incredulità che abitava la sua mente e, finalmente, ritornò a guardare in volto il giovane.
"Umberto, sono così felice, sono tanto, tanto felice di riaverti qui con me ... "
Adele si bloccò a metà di quel discorso carico di emozioni a lungo represse, perché si accorse solo allora, dopo la foga e l'entusiasmo del momento, dei capelli dell'innamorato, così diversi da come se li ricordava:
"I tuoi capelli ...sono così corti ..." constatò, passandosi tra le dita quelle ciocche corvine troppo brevi.
Il giovane abbozzò un sorriso, e accarezzò con dolcezza la guancia calda e umida di lei.
"Ora mi sono ricresciuti, dovevi vedermi qualche tempo fa, ero un monaco in piena regola, con la mia tonsura e l'abito dell'Ordine!"
Adele, in piedi davanti a lui, si riscosse bruscamente dall'intorpidimento che, fino a quel momento, l'aveva imprigionata: il suo Umberto aveva vissuto per quasi due anni come un monaco, un umile servitore di Dio e lei, ingenuamente, aveva rimosso quel pensiero, quella certezza, appena aveva avuto la possibilità di riabbracciarlo.
Si sentì improvvisamente e nuovamente in colpa, perché aveva condannato al peccato un uomo di Dio e, adesso, temeva per quello che Lui avrebbe potuto fare nei confronti di Umberto.
Sua madre e la sua balia, infatti, l'avevano allevata nel timore di Dio, inculcandole una paura che andava ben oltre la popolare reverenza: ogni mancanza, ogni più piccola bugia o insoddisfazione di bambina prima e di ragazza poi, ogni peccato veniale veniva prontamente supplito da almeno una preghiera e una penitenza, a seconda della gravità commessa.
"Io ... non so cosa fare, non é giusto quello che ti ho fatto, non voglio che tu sia punito!"
La giovane si allontanò di scatto dal ragazzo, andando a sbattere contro una delle quattro sedie di faggio che circondavano il tavolo, al centro della stanza.
"Ma cosa stai dicendo?" domandò incredulo il ragazzo " tu non mi hai costretto a fare nulla! Sono io che ho deciso di fuggire dal convento! L'ho fatto solamente per venire a cercarti! "
"Appunto!" controbatté tremante Adele " ho trascorso settecento trenta lunghe notti a sognarti, non c'era giorno in cui non ti pensassi, non un'emozione, un libro o della musica che non avessi voluto condividere con te! Ogni mattina e ogni sera, appena sveglia e prima di coricarmi, guardavo il cielo fuori dalla finestra della mia stanza, con l'assurda speranza di rivederti, di abbracciarti e baciarti, di essere finalmente ed esclusivamente tua!"
"E allora perché adesso mi stai parlando in questo modo?! " il viso di Umberto cominciò a trasformarsi in una maschera di incredulità, troppo stupito di assistere a quello spettacolo che non aveva alcuna motivazione di andare in scena.
"Ma non capisci?! Tu eri consacrato a Dio! Eri un suo servitore! Adesso sei un eretico che é venuto a cercare una donna sposata! Non temi la Sua reazione? Non hai paura delle conseguenze?"
La stanza le sembrò improvvisamente claustrofobica, ogni cosa cominciò ad apparirle azzardata, frutto di una passione demoniaca e ormai dimenticata dal mondo, ma non dalla sua mente e, soprattutto, dal suo cuore.
"Adele, cosa ti é successo? Cosa ne é stato della dolce, allegra e intelligente ragazza che conoscevo?"
Umberto tentò di avvicinarsi a quella figura spaventata, così diversa dalla donna con cui -fino a pochi anni prima- si divertiva a passeggiare o a bere una cioccolata calda, ma che ora non osava nemmeno sfiorare, temendo che potesse rivelarsi un'effimera chimera, perciò si bloccò, in attesa che lei proseguisse.
"É morta! É morta con te, da quando te ne sei andato, da quel giorno in cui sono stata costretta a sposarmi!"
La giovane prese con forza la sedia contro la quale, pochi attimi prima, aveva urtato e, spostandola verso di lei, si sedette:
"Non ci posso credere, non ci voglio credere!" Umberto le si avvicinò cautamente, appoggiandole con delicatezza una mano sulla spalla, poi proseguì con voce calda e bassa:
"Adele, amore mio, sono stato io a scegliere tre mesi fa, di rinnegare la vita che i miei genitori avevano scelto per me, tu non c'entri niente con questa decisione ..."
La giovane appoggiò i gomiti sul tavolo di faggio in parte scheggiato e, le mani non più avvolte dai guanti, si coprì gli occhi, cominciando a scuotere con foga la testa.
Perché sta succedendo tutto questo? Si domandò Adele, mentre copiose lacrime cominciarono a rigarle le guance, gli incisivi a morderle le labbra carnose.
Quella situazione, da felice e incredibile com'era iniziata, stava prendendo una piega amara, malvagia e del tutto inaspettata ... no, questo non é vero, lo sapevo, temevo che prima o poi il passato mi avrebbe presentato il conto, continuava a rimuginare la giovane, fino a quando Umberto la riscosse da quel torpore così fastidioso e pungente.
"Adele, ti prego, smettila di tormentarti ... permettiti di essere ancora felice, di vivere come desideri, con chi desideri ... "
"Ma come faremo? Di cosa vivremo? Dove vivremo?!"
La ragazza alzò lo sguardo verso l'innamorato, speranzosa in una risposta che finalmente la potesse rincuorare, e togliere da quel vortice di incertezze che le stava divorando la mente.
"Non preoccuparti di questo. Durante i due anni alla certosa, mi hanno insegnato a ferrare i cavalli, a usare il martello e i chiodi, a riparare le suole di scarpe e stivali! Troverò un lavoro, Adele, te lo prometto. E poi mio padre non può rinnegarmi, io sono sempre suo figlio, e ho diritto alla mia parte di eredità!"
"Ma quando sei entrato in quel maledetto convento, hai perso ogni centesimo della sua fortuna!"
Adele si alzò di scatto dalla sedia e, avventandosi sul giovane, lo strizzò  in un abbraccio che lo lasciò senza fiato, stropicciandogli il maglione rosso, i seni premuti contro il petto, il respiro ansimante e irregolare, i battiti di quel cuore sofferente, accelerati all'inverosimile.
"Va bene, va bene Umberto, farò come vuoi tu. Ma ora abbracciami, stringimi forte, per favore".
 
 
Durante il viaggio di ritorno a palazzo, la giovane sposa non poté fare a meno di riflettere sulle parole che Umberto aveva pronunciato poco prima che si congedassero.
Le aveva raccontato di come, grazie all'aiuto del nuovo priore, aveva avuto il permesso di abbandonare la certosa: il religioso, infatti, era venuto a conoscenza della storia del giovane e la sua non volontà di entrare in convento, così gli aveva promesso il suo aiuto.
L'anziano uomo, lì per sostituire solo momentaneamente il vero priore, indirizzò il ragazzo dalla sorella stiratrice, la quale lo accolse come uno dei tre figli –due maschi e una femmina- che aveva allevato.
Umberto impiegò quasi un mese per riuscire a scoprire l'indirizzo di Adele, grazie alla complicità di una cugina che, prima del matrimonio della giovane sposa, era stata una sua cara amica e confidente.
Era ormai pomeriggio inoltrato quando Adele fermò il suo purosangue in prossimità delle stalle.
Il sole sarebbe tramontato da lì a un'ora circa, così si affrettò a ritirare il cavallo, nella speranza che nessuno notasse la sua presenza e, soprattutto, il turbinio di emozioni che le popolava il cuore e la mente.
 
 
"Adele, venite"
La giovane sposa entrò discretamente nello studio del marito, dove sapeva che lo avrebbe trovato, dal momento che aveva scorto -dal giardino- la luce delle lampade a petrolio a rischiarare la stanza.
In realtà, non sapeva perché fosse andata a svegliare il can che dorme, avrebbe potuto tranquillamente dileguarsi nella sua camera, svestirsi e sdraiarsi sul letto, abbandonandosi alle fantasticherie di innamorata.
Eppure, per dovere o solamente per senso di colpa, aveva diretto i suoi passi -insolitamente sicuri- nella stanza che, in quel momento, ospitava il visconte.
"Buon pomeriggio, Francesco. Volevo solo avvisarvi che sono ritornata ... "
L'uomo rimase seduto sulla sedia imbottita di velluto damascato rosa, piegando gli angoli della bocca sottile, in quello che avrebbe dovuto essere un accenno di benvenuto.
"Vostra sorella é in salute?"
"S-sí grazie, sta bene"
"E i bambini?"
"Anche loro, siete molto gentile a domandarlo ..."
"Semplice cortesia, mia cara"
Di nuovo, come appena il giorno prima, una sorta di spessa foschia, si frappose fra i due coniugi.
"E l'affare che dovevate concludere con i latifondisti? Siete riuscito ad affittare il casolare a Riva del Po?" la giovane sposa tentava di non oltrepassare quella soglia invisibile, oltre la quale, era certa di non poter più fingere: rimase perciò a un paio di metri di fronte alla scrivania, dietro la quale l’uomo continuava a tenere incrociate le mani.
"Non ancora: li ho invitati domani sera a cena, così da poter discutere gli ultimi dettagli ..."
"Molto bene, così potremo partire alla volta della Francia già questo sabato, giusto? O avete cambiato idea?" si informò la moglie, con una punta di infondata curiosità.
"No di certo, mia cara. Spero non lo abbiate fatto voi"
"Niente affatto. Ora perdonatemi, ma ho avuto una giornata piuttosto impegnativa. Vorrei andare a stendermi"
La ragazza aveva già una mano sulla maniglia della porta, quando la voce calda e profonda del visconte, la fece fermare:
"Adele, c'è qualcosa che volete dirmi?"
"N-no, perché me lo domandate?" restò per una manciata di secondi radicata in quella posizione, le spalle voltate all'uomo poi, con tutta la naturalezza di cui fu capace in quel momento, si voltò.
"Per andare a trovare vostra sorella, per quanto abiti lontano, non é necessario sellare il cavallo alle prime luci dell'alba ... vi ho vista questa mattina. Forse sbaglio?"
La giovane sposa si sentì improvvisamente raggelare il sangue nelle vene, mentre una fitta di colpevolezza le attraversò lo stomaco.
"Io ... io sono partita così presto perché ... perché volevo tornare prima che facesse buio, proprio come vi avevo detto ieri"
Il visconte acconsentì ad accettare quell'infantile spiegazione come assoluta verità, quindi continuò:
"Va bene, voglio credervi, ma sappiate che detesto chi mi mente, preferisco la verità a qualsiasi bugia, anche a quelle che, stupidamente, si definiscono a fin di bene. E, un'ultima cosa, per qualsiasi problema, mia cara, sappiate che potete e dovete, contare su di me"
Adele annuì silenziosamente e uscì dallo studio del marito, lasciandolo in uno stato di completa frustrazione.
 
   
 
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