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Autore: Bijouttina    16/12/2014    13 recensioni
Un biglietto da visita, una scommessa con gli amici e una piscina basterebbero a capire il significato della storia.
La gelosia e la dolcezza in persona, Marco e Serena.
Marco è un rappresentante e affascinante pallanuotista, Serena una dolce e sensuale commessa in un outlet.
Una storia frizzante e divertente, con personaggi molto particolari che vi conquisteranno.
***
« Ora la mia missione è conquistarla e farla innamorare di me.», mi sento bello deciso e carico.
«E se ci riuscissi? Poi che cosa faresti? Tu non resisteresti neanche due minuti in una relazione stabile. Facciamo una nuova scommessa. Tu la porterai in villa dai tuoi, la farai conoscere ai coniugi Rossini, se non scapperà, vorrà dire che è davvero innamorata di te, e se questo succedesse, tu le farai la proposta.».
«Sei per caso impazzito?».
Che cosa ha bevuto?! Che cosa si è fumato?!
«No, affatto. Se tu la porterai da loro, vorrà dire che sarai innamorato di lei, non lo faresti altrimenti. E se sarai innamorato di lei, metterai la testa a posto. Per la gioia della tua mammina. Che ne pensi? Ti va di rischiare?».
Ho voglia di farlo? Non molta, ma non mi tiro mai indietro.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La serie del rischio'
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17. Il pranzo della domenica
Sto osservando Marco dormire tranquillo accanto a me, mi è mancato tremendamente la scorsa notte. L'ho passata con Luca, a parlare di Marica, di Alex e anche di lui. Abbiamo parlato molto, come abbiamo sempre fatto, mi era mancato confidarmi con il mio migliore amico.
«Smettila di fissarmi», mugugna Marco, aprendo solo un occhio.
«Non ci penso nemmeno».
Poso il naso sul suo e lo osservo ancora più da vicino, mi mordo l'interno delle guance per non ridere.
«Flounder, stai rischiando grosso», borbotta mettendomi una mano sul fianco e avvicinando i nostri corpi.
«Non ho paura di te, Shark. Sei il mio uomo, e posso guardarti dormire quanto più mi pare e piace». Soffio sulle sue labbra.
«Te la sei cercata».
Con una mossa fulminea me lo ritrovo sopra di me, sono sovrastata dal suo fisico statuario. Mi morde il labbro inferiore, i lobi delle orecchie, mi mordicchia ovunque, tenendomi i polsi bloccati sopra la testa.
«Ora scoprirai che cosa succede quando tiri troppo la corda con il sottoscritto, piccoletta».
«Piccoletta a chi?». Intercetto le sue labbra e le mordo.
«A te!».
Continua a mordermi, non mi dà tregua. Mi dimeno come una pazza, ridendo a più non posso.
«Smettila, Marco, ti prego. Dovremmo prepararci o faremo tardi dai tuoi». Provo a dire tra le risate.
«Sì, dovremmo, ma ora non ne ho voglia». Lascia andare uno dei miei polsi e comincia a farmi il solletico.
«No, non il solletico, ti prego». Emetto dei gridolini isterici.
«Oh, ti dà fastidio?». Mi prende in giro lui con un sorrisetto malefico. «Buono a sapersi».
Riprende a torturarmi, come se avessi parlato con il muro fino a questo momento. Lo colpisco con dei leggeri pugni sulla schiena, non sortiscono l'effetto sperato.
«Tarantola, stai un po' ferma. Non riesco a torturarti se ti agiti in questo modo». Si lamenta, un attimo prima di baciarmi sulle labbra.
«Non ti sei vendicato già abbastanza. Amore, basta, ti scongiuro», piagnucolo chiudendo gli occhi.
«Solo se mi prometti una cosa?», azzarda lui.
«Che cosa?».
«Che ti fai la doccia con me prima di andare». Un sorriso malizioso si forma sulle sue labbra.
Scoppio a ridere.
«Tutto qui?».
«Tutto qui», conferma lui.
Si alza, trascinandomi con sé. Con una mossa da vero atleta, mi carica su una spalla come se fossi un sacco di patate.
«Cavernicolo!».
«Sei solo invidiosa perché tu non riesci a sollevarmi di peso», bofonchia schiaffeggiandomi il sedere.
«Oh sì, sono proprio invidiosa. E smettila di colpirmi», grugnisco, fingendomi offesa.
«Colpirti? Ma io non ti sto affatto colpendo!». Mi dà un'altra pacca sul sedere.
«Giuro che me la pagherai, Shark!», tuono.
«Sto tremando!».
Mi mette giù davanti la doccia, apre l'acqua e mi spinge dentro. Un urlo esce incontrollato dalla mia bocca: è ghiacciata.
Lo afferro per un braccio e lo trascino dentro.
«Così impari!». Mi vendico io.
«Sono abituato». Fa spallucce affondando le dita nei miei fianchi, avvicinandomi a sé e baciandomi fino a togliermi il respiro.
Mi ritrovo le sue mani sulle natiche, mi solleva fino ad allacciare le mie gambe attorno ai suoi fianchi. Ci scambiamo dei baci roventi. Sbatto la testa contro il porta sapone, lui scivola maldestramente sul tappetino. Scoppiamo entrambi a ridere.
«Come cazzo faranno a fare sesso nella doccia?!», sbotta lui divertito.
Mi rimette con i piedi per terra, prima che ci facciamo male sul serio.
«Non lo so davvero, nei film sembra così naturale!», commento io sputando acqua, poco elegantemente.
«Non fa per me». Scaccia l'idea con la mano.
«Potrebbe essere il modo migliore per rompersi l'osso del collo». Gli faccio notare.
«Su questo ti do ragione», dice prima di baciarmi le labbra.
 
 
Un'ora dopo siamo nella sua macchina, diretti verso la villa dei Rossini. Picchietto nervosamente le unghie sul bracciolo, fissando il paesaggio che scorre davanti a me.
«Se ti può consolare, sono parecchio nervoso anch'io». Avvolge la mia mano con la sua e stringe dolcemente.
«Non mi consola molto ma grazie lo stesso». Gli sorrido.
«Sai,Flounder, mia madre già ti adora. Lorenzo dice che ci vede già sposati con figli, potrebbe anche essere la realtà, conoscendola. Hai già conquistato il mio nipotino preferito. Avresti già un pretendente, se la nostra storia non dovesse funzionare. Nota bene, questa storia funzionerà, perciò non farti strane idee. Ora non ti resta che conquistare le mie sorelle, le mie nipotine e, soprattutto, mio padre».
«Non vorrei sembrare scortese, ma dovrei sentirmi meglio dopo questa consapevolezza? Tu almeno dovevi piacere soltanto ai miei, la tua famiglia è piuttosto numerosa». Gli faccio notare a braccia conserte.
«Almeno mia madre non farà apparire un'altra donna dal nulla per cercare di accasarmi». Punzecchia amabilmente, con un sorrisetto sulle labbra.
«Anche perché, se lo facesse, la pretendente farebbe una brutta fine ancora prima che apra bocca. Non so se lo avessi capito, ma tu sei il mio uomo, mio e di nessun'altra. Spero di essere stata chiara». Gli pizzico un braccio.
«Ahi, mi hai fatto male», brontola, massaggiandosi il punto incriminato mentre siamo fermi a un semaforo, gli ho lasciato un segno rosso.
«Mamma mia come siamo lagnosi oggi». Lo stuzzico.
In un modo o nell'altro devo vendicarmi del solletico e dei morsi di questa mattina.
«Tu invece rischi grosso oggi, stai molto attenta. Guarda che ti do in pasto a mio padre e non credere che sia una cosa piacevole. Comincerei a tremare se fossi in te».
«Lo sto già facendo».
«Ragazzina impertinente. Troverò un modo per farti pagare questo tuo comportamento sfrontato, oh sì che lo troverò», bofonchia con un angolo della bocca sollevato all'insù.
Mi ritrovo a sorridere beatamente.
Svolta in una stradina sterrata che sembra portare in mezzo al nulla, invece ci ritroviamo tra file e file di vigneti. In fondo alla strada si erge una villa enorme, circondata da una distesa immensa di verde. Osservo il tutto con la bocca spalancata: questo posto sprizza soldi da ogni angolazione lo si guardi. Ora la mia ansia sta aumentando a vista d'occhio. Io non sono abituata ad avere a che fare con gente ricca. E se facessi la figura della pezzente? Non voglio che Marco si vergogni di me. Ho usato i cinquanta euro che mi ha dato mio padre per comprarmi questo vestito azzurro. Me ne sono innamorata subito perché mi ricordava il colore degli occhi di Marco, ma non è così di classe. Se le sue sorelle mi squadrassero dalla testa ai piedi come se fossi una schifezza?
«Sei veramente convinto che io piacerò alla tua famiglia? Io... Io...». L'agitazione mi fa anche ammutolire e non è da me.
Marco ferma la macchina a metà strada, si volta verso di me e mi prende il viso con entrambe le mani.
«Non ci provare nemmeno. Flounder, per prima cosa tu devi piacere a me e per il sottoscritto tu sei una donna meravigliosa di cui non posso più fare a me. Se non dovessi piacere alla mia famiglia, non me ne frega niente. Ascoltami bene, io so per certo che piacerai loro, perciò non farti venire l'ansia per questo. Voglio vederti sorridere, lanciare frecciatine a destra e a manca, ammaliare tutti con questi tuoi favolosi occhioni verdi. Voglio che tu sia te stessa, perché tu sei semplicemente perfetta», dice tutto d'un fiato, lasciandomi completamente senza parole. «Ti amo Serena, tutto il resto passa in secondo piano».
Mi bacia dolcemente sulle labbra. Io non posso far altro che allacciargli le braccia intorno al collo e approfondire quel bacio.
«Grazie Shark», mormoro a fior di labbra. «Mi sento meglio ora».
«Sei pronta?», chiede strofinando il suo naso contro il mio, lentamente.
«Sono pronta», rispondo con decisione.
Lui mi sorride e ingrana la prima per riprendere quel breve tragitto che ci separa dalla villa; l'enorme scritta Cantine Rossini campeggia sopra il grande cancello come parte integrante della struttura in metallo. La osservo attentamente con il naso sollevato all'insù.
«Le manie di grandezza di mio nonno, non farci caso». Mi spiega stringendosi nelle spalle.
«In effetti perfino un alieno sulla sua navicella può trovarvi senza grossi problemi», commento divertita.
«Ecco perché c'erano dei disegni strani sul campo di grano là dietro. Ora si spiegano tantissime cose».
«Se vengo rapita dagli alieni, stai pur certo che è colpa dell'insegna di tuo nonno». Gli faccio notare.
«Lo terrò presente quando la polizia verrà a interrogarmi sulla tua sparizione», continua lui.
«E poi ti sbattono dentro. Chi mai ti crederebbe?».
«I Men in Black!», sbotta, prorompendo in una fragorosa risata.
«Quanto sei scemo!». Lo colpisco con un leggero pugno sul braccio.
«Mi ami anche per questo, no?». Mi strizza l'occhio.
«Senza ombra di dubbio».
Mi prende la mano e se la porta alla bocca, ne bacia il palmo con tenerezza. Ci fermiamo davanti al cancello, si apre un attimo dopo. Prendo dei respiri profondi, cercando di tranquillizzarmi. Fortunatamente, per ogni eventualità, ci sarà Marco al mio fianco.
«Flounder respira».
Non mi ero neanche resa conto di aver smesso di farlo. Okay, bene, ce la posso fare. Ferma la macchina accanto a due station nuove, lucide e pulitissime. Mi ci potrei perfino specchiare sulla carrozzeria. Ho deciso: il mio trabiccolo rimarrà chiuso per sempre nel garage, almeno fino a quando non deciderò di rottamarlo.
Scendo stando attenta a non cadere dai tacchi, con i sassi del vialetto non sono una bella abbinata. Mi sistemo il vestito, non vorrei che mi rimanesse incollato al sedere.
«Sei bellissima, smettila». Mi prende per mano e mi accarezza dolcemente una guancia con il dorso dell'altra.
La porta d'ingresso si spalanca all'improvviso, facendomi sussultare. Daniele ci corre incontro.
«Serena!», grida con un sorriso enorme sulle labbra.
Allargo le braccia e lui ci si fionda senza pensarci due volte. Si aggrappa a me, lo prendo in braccio, tenendolo stretto, le sue gambe sono allacciate intorno ai miei fianchi.
«Ciao Daniele. Come stai?», chiedo dopo avergli posato un bacio sulla guancia arrossata.
«Sto bene e tu sembri una principessa oggi», risponde, baciandomi maldestramente la guancia.
«Ehi campione, non si saluta più lo zio preferito?», domanda Marco, fingendosi offeso.
«Ciao zio», saluta dopo aver appoggiato la testa sulla mia spalla.
«A quanto pare preferisce le belle donne», commenta a bassa voce.
«Tutto suo zio», dico in un sussurro, strizzandogli l'occhio.
La signora Rossini ci raggiunge quasi di corsa, tacchi permettendo.
«Ragazzi miei, siete arrivati!».
Prende il viso di Marco tra le mani e lo sbaciucchia senza ritegno. Mi sarebbe piaciuto avere una macchina fotografica, l'espressione scioccata del mio uomo era certamente da immortalare.
«Serena, tesoro, sei un fiore», mi accarezza un braccio dolcemente. «Vedo che Daniele non è per niente timido».
«Serena è la mia principessa. Ha promesso che se non sposa lo zio Marco, sposa me», dice con l'innocenza dei suoi cinque anni. Riesce comunque a farmi arrossire.
«Anche mio nipote ha buon gusto», commenta lei ridendo.
«Deve essere un dono di famiglia, signora Rossini».
«Per carità, chiamami Rossella. Signora Rossini mi fa sentire vecchia». Scaccia quell'idea con un movimento rapido della mano. «Vieni che ti faccio conoscere il resto della famiglia».
Daniele non ha alcuna intenzione di staccarsi da me, me lo porto in giro come se fosse un marsupio. Marco continua a scuotere la testa incredulo, è rimasto turbato dal comportamento della madre e non lo nasconde. La seguiamo all'interno della villa. Credo che potrei perdermi in questo posto, spero ci sia un piano di evacuazione in caso di incendio, sennò faccio la fine del sorcio.
Ci porta in una grande sala, dove ci sono parecchie persone.
«Fratellino!», esclama una donna bionda con dei capelli tagliati molto corti, i suoi occhi sono blu come quelli di Marco.
«Lei è mia sorella Chiara. Sorellina, lei è Serena, la mia ragazza».
Chiara mi guarda con un sorriso enorme a illuminarle il viso.
«Serena, finalmente Marco ha deciso di mettere la testa a posto! Benvenuta in questa gabbia di matti!».
Marco rotea gli nocchi, sbuffando; io mi trattengo per non scoppiare a ridere.
Un'altra donna viene nella nostra direzione, la madre di Daniele.
«Mio figlio ti sta dando fastidio?», chiede, osservandolo con un sopracciglio inarcato.
«No, assolutamente, è un bambino adorabile». La rassicuro.
«Comunque io sono Lucrezia, non abbiamo avuto l'occasione di presentarci l'altro giorno». Mi sorride.
«È un piacere conoscervi», affermo, fingendomi sicura di me. L'ansia è ancora a un livello piuttosto elevato.
Mi presentano i loro rispettivi mariti, Giulio e Cesare - okay, per poco non ridevo loro in faccia - e le bambine, una di loro l'avevo già vista durante la prima lezione di nuoto. Manca solo una persona da conoscere: il capo famiglia, il temibile signor Rossini.
Un uomo sulla settantina viene verso di noi, le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti, lo sguardo fiero e deciso. Deglutisco a vuoto. Daniele si fa prendere in braccio da sua madre e mi lascia indifesa, finora mi aveva fatto da scudo e mi sentivo protetta. Ora mi sento nuda come un verme.
Si ferma davanti a me e le sue labbra si stendono in un sorriso sincero.
«Finalmente! Che piacere conoscere la fidanzata di mio figlio!».
Mi avvolge in un abbraccio, per poco non mi stritola, mi solleva perfino da terra. Non so che cosa dire o fare, rimango immobile.
«Fatti guardare!». Mi prende entrambe le mani e si allontana quel tanto che basta per potermi scrutare. Sono in totale imbarazzo. Capisco da chi ha preso tutto il fascino Marco.
«Ragazzo mio, hai scelto proprio bene». Si rivolge al figlio, dandogli una pacca sulla spalla.
«La ringrazio signor Rossini», farfuglio frastornata.
Marco, se possibile, è ancora più sbalordito. Io, invece, mi sento piuttosto strana. Devo comunque aver superato l'esame.
 
***
 
No, non ci credo. Deve esserci qualcosa di strano nell'aria. Quelli non possono essere i miei genitori, non sono loro, ne sono certo. Se gli alieni fossero già passati di qua e li avessero rapiti? Tutto questo avrebbe senso. Sì, deve per forza essere successo qualcosa del genere, è l'unica spiegazione. Mio padre ha perfino sollevato Serena da terra, estasiato. Sono felice che la mia famiglia l'abbia accolta tanto calorosamente, ma non sono per niente abituato a questo tipo di effusioni da parte loro.
Serena sembra sconcertata almeno quanto me, decido di salvarla dalle grinfie di mio padre. Le metto una mano sulla schiena e l'avvicino a me.
«Sati bene?», chiedo posandole un bacio sulla tempia.
«Sto bene, Shark. Sono solo stupita. Immaginavo tuo padre un tantino diverso», risponde osservando i miei nipoti giocare tranquilli sul grande tappeto della sala.
«In effetti anch'io me lo ricordavo diverso. Devono averlo sostituito con un modello migliore», commento.
«Pensi che tua madre l'abbia rottamato?». Scherza con il sorriso sulle labbra.
«No, devono aver rottamato anche lei. Questi non sono i miei veri genitori, te lo posso assicurare».
Appoggia la testa sulla mia spalla, le passo un braccio lungo la schiena, tenendola stretta a me. Mia madre ci spia da lontano, un sorriso perenne sulle sue labbra colorate di rosso. Mi addolora ammetterlo, ma Lorenzo ha ragione: mia madre mi vede già con la fede al dito.
«Sbaglio o tua madre sembra piuttosto soddisfatta?», domanda dopo un attimo di silenzio.
«L'avevo notato anch'io. Sta già immaginando il nostro matrimonio e dei marmocchi», le dico reprimendo una smorfia.
«È così lungimirante?».
«Non immagini quanto, amore mio», sospiro sconsolato.
Lucrezia manda tutti a lavarsi le mani, anche noi adulti: il pranzo è pronto.
Che la tortura abbia inizio!
Daniele ha voluto a tutti i costi sedersi accanto a Serena, ha piagnucolato finché non l'hanno accontentato. Quel piccoletto vuole tutte le sue attenzioni, potrei perfino essere geloso di lui. Probabilmente lo sarei anche stato, se non avesse avuto cinque anni. Lui può tutto.
«Allora, Serena, che cosa fai nella vita?», comincia mio padre, versandole un bicchiere di vino rosso.
Ora la tartasseranno con mille domande, mettendola a disagio. Starò attento e, se dovesse succedere, mi intrometterò, mettendo fine al terzo grado non gradito.
«Lavoro come commessa in un negozio di articoli sportivi all'outlet», risponde la mia donna con un sorriso che farebbe perdere la testa a ogni uomo. Amo quel sorriso. Mi sto distraendo e non può succedere, devo monitorare questo scambio di domande e risposte.
«Articoli sportivi», ripete lui, pulendosi la bocca sul tovagliolo di cotone bianco. «È lì che vi siete conosciuti?».
«Più o meno», ammette lei. «La prima volta che ci siamo visti, gli ho rovesciato un cappuccino bollente addosso. Credo che non fosse stato amore a prima vista».
La semplicità con cui racconta quell'evento, mi fa sorridere. Non sarà stato amore a prima vista, ma poco ci mancava.
«Marco non ci ha mai raccontato di questo episodio», s'intromette mia madre.
«È successo poco prima che tu credessi che fossi gay». Le ricordo, scoppiando a ridere e contagiando l'intera tavolata.
«Che cosa vuol dire gay?», domanda Daniele a bassa voce.
«Te lo spiegherò quando sarai più grande». Gli promette Serena con una dolcezza infinita.
«Okay, ammetto di averlo pensato. Beccare il tuo amico Lorenzo che dorme a casa tua non è di grande aiuto». Mi fa notare, puntandomi un dito contro.
Alzo le mani in segno di resa, non ha tutti i torti.
«Mi sono tranquillizzata non poco quando ho scoperto questa bella donna. Non credevo nella sua esistenza, ma ho dovuto ricredermi».
«Serena, cara, ti ringrazio di questo. Mia moglie stava impazzendo!».
Mio padre le rivolge un sorriso rassicurante.
«Sono felice di aver fugato ogni eventuale dubbio», commenta la mia donna, regalandomi un bacio sulle labbra qui davanti a tutti.
«Ti amo», le sussurro facendola arrossire.
«Dimmi un po', cha lavoro fanno i tuoi?», continua mio padre tagliando a piccoli pezzi le fettine di arrosto che mia madre gli ha appena messo nel piatto.
«Mio padre è professore di matematica in una scuola superiore giù in città. Gli mancano un paio di anni alla pensione, se tutto va bene. Mia madre, invece, è casalinga. Si è sempre presa cura di me e mio fratello».
Deve essere sempre stata brava a scuola per come risponde diligentemente alle domande del signor Rossini.
«Oh, hai un fratello! Come si chiama?». Ora è mia madre a essere curiosa.
«Si chiama Alessandro, ha qualche anno meno di me. Si sposerà a settembre e mia madre lo sta tartassando». Si rabbuia per un momento, ma il sorriso non tarda a tornare sulle sue labbra. «Scusate, non credo che questo sia interessante».
«Un matrimonio! Che bello!», esclama mia madre entusiasta.
«Tu, invece, Marco?».
Che cosa vorrebbe insinuare mio padre con questa domanda?
«Lo sapete che lo zio Marco sta insegnando a nuotare a Serena? Lei ha paura dell'acqua, tantissimissima, ma io gli ho detto che non deve perché...».
Mio nipote si ferma un momento per riprendere fiato. Lo adoro, mi ha appena salvato da una domanda imbarazzante e, a mio parere, fuori luogo.
«...perché l'acqua è nostra amica e poi gli ho detto...».
«Le ho detto». Lo corregge mia sorella Lucrezia.
Daniele sbuffa e continua per la sua strada.
«...gli ho detto che non ci sono squali in piscina e che non deve avere paura. C'ero io a salvarla, lei è la mia principessa».
Serena lo bacia sulla fronte.
«Sono fortunata ad aver conosciuto un principe tanto valoroso».
Mio nipote sorride felice e le butta le braccia al collo.
«Cavolo, mio figlio si è preso proprio una bella sbandata», sbotta mio cognato Cesare. «Io starei attento se fossi in te».
«Controllo ogni mossa dello squaletto, non ti preoccupare». Gli strizzo l'occhio.
Le mie nipotine si avvicinano a noi, credevo volessero dirmi qualcosa e, invece, attirano l'attenzione della mia donna.
«Serena, vieni a vedere le nostre bambole nuove?», chiede Gioia, posandole una manina sul braccio.
«Più che volentieri», risponde lei, scusandosi con tutti noi e seguendo tutti e quattro i miei nipoti in salotto.
Ora sono totalmente indifeso, sono in balia della mia famiglia, sento tutti i loro occhi puntati addosso.
«Marco, Marco, Marco». È mia sorella Chiara a rompere quel silenzio imbarazzante.
La incenerisco con lo sguardo.
«Quindi ti sei fatto la ragazza», infierisce Giulio, suo marito.
«A quanto pare», borbotto io.
«Una commessa», sputa mio padre. Eccolo, ora lo riconosco! Non era stato rapito dagli alieni, aveva solo finto di essere migliore di com'è realmente.
«Qualcosa da ridire anche su di lei?», sibilo, indubbiamente infastidito dal tono che ha usato.
«Pensavo puntassi più in alto, o magari è lei che punta in alto», insinua incrociando le braccia al petto.
«Non osare parlare di lei come un'arrivista, non te lo lascerò fare», ringhio stringendo le mani a pugno sopra il tavolo.
«Marco, stai calmo, ti prego». Mia madre mi supplica, posando una mano sul mio braccio.
«Come posso rimanere calmo? Sta insultando la donna che amo e non glielo permetterò», dico guardandola negli occhi. «Può insultare me quanto vuole, ma Serena non la deve nemmeno tirare in ballo».
Respiro affannosamente, sono incazzato da morire.
«Sentimi bene, papà. Io amo Serena, la amo davvero e non m'importa se a te non piace, se non ti va a genio solo perché è una commessa. Tanto perché tu lo sappia, lei è diplomata e parla perfettamente tre lingue straniere, non è colpa sua se non ha trovato un lavoro migliore. Puoi offrirgliene uno tu se credi, ma dubito accetterebbe. Io non ti capisco proprio, non ci riesco. Perché non ti va mai bene niente di quello che faccio?».
Lo osservo attentamente, lui sta per aprire bocca, ma non glielo permetto.
«No, ti prego, non rispondermi. Toglieremo il disturbo».
Mi alzo dal mio posto e bacio mia madre sulla guancia.
«Grazie per il pranzo, mamma. Passa da me quando vuoi, saremo felici di vederti».
«Tesoro, non fare così», piagnucola.
«Non ti preoccupare per me, mamma. Ho la scorza dura». Cerco di sorridergli.
Saluto le mie sorelle e i rispettivi mariti con un cenno della mano. Voglio andarmene via da qua.
«Luigi, digli qualcosa!», tuona mia madre.
Lui è troppo orgoglioso, non ammetterà mai di aver sbagliato. Lui, del resto, non sbaglia mai.
Mi fermo di scatto, quello che vedo nell'altra stanza mi emoziona: Serena è circondata dai miei nipoti e giocano spensierati sul tappeto. Lei sta pettinando una bambola bionda e sta spiegando ad Ambra come fare una treccia. Si accorge della mia presenza e mi regala un sorriso meraviglioso. Sono pazzo di lei.
Sento dei passi alle mie spalle, li riconoscerei anche al buio, una mano si posa sulla mia spalla.
«Sai papà, sono stanco. Mi dispiacedi non essere mai stato il figlio che tu volevi, ce l'ho messa tutta. Io amo la mia vita, amo la mia famiglia, ora amo anche Serena».
Daniele le si siede in grembo e le circonda il collo con le braccia. Gli bacia la punta del naso, tenendolo stretto a sé per non farlo cadere. Gli sta parlando dolcemente e lui sorride entusiasta.
«Guardala». Appoggio la testa sullo stipite della porta e la osservo sognante. «Credi che faccia tutto questo solo perché provengo da una famiglia benestante? Pensi che stia fingendo? Se lo pensi, ti stai sbagliando di grosso. Lei è limpida, dice sempre quello che pensa, saprebbe tenere testa anche a te. Se le raccontassi della nostra discussione, lei verrebbe da te e te ne direbbe quattro, lo farebbe sul serio. Papà, ti chiedo solo una cosa: non giudicarla. Lei è perfetta per me, sono felice con lei».
Questo monologo mi ha sfinito, mi sento svuotato, spossato.
«Marco, mi dispiace».
Mi giro di scatto verso di lui, l'espressione dipinta sul suo viso mi dice che lo è davvero.
«Non avrei dovuto dirti quelle cose. È vero, non sono felice che tu non voglia prendere in mano la nostra azienda, ma non per questo vuol dire che io non sia fiero dell'uomo che tu sei diventato. Sono fiero di te, molto. E sono felice che tu abbia trovato una donna in gamba che ti rende felice. Serena è una brava ragazza, si vede chiaramente. Non volevo sminuirla, sono stato un idiota».
Allarga le braccia e io mi infilo al loro interno, mi stringe forte.
«Sono fiero di te, Marco. Non metterlo mai in dubbio. Ti voglio bene, ragazzo mio».
Le sue parole mi colpiscono dritto al cuore e mi lascio andare.
«Te ne voglio anch'io, papà», ammetto, chiudendo gli occhi.
Sciolgo l'abbraccio e guardo nuovamente Serena, ci sta osservando con un angolo della bocca sollevato all'insù. Le soffio un bacio, lei ricambia con un sorriso.
«Papà?».
«Dimmi Marco». Si affianca a me e guarda nella mia stessa direzione.
«Credi che io potrò mai essere un buon padre?», domando senza staccare gli occhi da Serena.
«Sarai un padre fantastico, ne sono certo», risponde senza alcuna esitazione. «Avete già fatto progetti a lungo termine?».
Scuoto la testa.
«Mi sembra un po' prematuro».
«Però senti che è lei quella giusta», azzarda.
«Sì, ne sono certo. È la donna con cui voglio invecchiare. Non sono mai stato così sicuro di qualcosa in tutta la mia vita, mi credi?». Lo osservo di sottecchi e sta sorridendo.
«Ci credo, Marco, ci credo», commenta divertito.
Sento il rumore dei tacchi di mia madre avvicinarsi alle nostre spalle, si schiarisce la gola prima di parlare.
«Ehm, Marco? Vi fermate per il dolce, vero?», chiede piuttosto agitata.
Mi giro a guardarla e le sorrido.
«Penso che rimarremo anche per il caffè».
Lei mi abbraccia di slancio e si asciuga una lacrima.
«Vado a tagliare la torta allora». Mi bacia sulla guancia, prendendomi il viso con entrambe le mani. «Il mio bambino è fidanzato».
Si dilegua un attimo dopo senza darmi la possibilità di commentare. Mio padre avvolge un braccio intorno alle mie spalle.
«La vita di coppia non è mai tutta rose e fiori, ma ti posso garantire che io, personalmente, non mi pento assolutamente di niente. Vostra madre e voi tre figli siete il mio dono più grande».
Questo pranzo aveva preso una brutta piega, sono felice di come sia andato a finire. Chiarirmi con mio padre è stato un momento inaspettato, ma molto gradito. Mi sento più leggero ora.

 
***Note dell'autrice***
Com’è andato il pranzo a casa Rossini? Come vi è sembrato? Ad un certo punto non aveva preso una bella piega, ma fortunatamente si è risolto tutto al meglio. Nel prossimo capitolo vedremo una Serena battagliera :)
Ringrazio tutti come sempre… grazie a chi legge, chi commenta e chi apprezza questa mia storia…  non so che cosa farei senza di voi *abbraccio forte forte*



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