Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Yavannah    16/12/2014    2 recensioni
«Certo che mi piacciono! Sono una donna», rispose quella quasi stizzita; Bilbo non aveva mai pensato che i fiori potessero piacere solo alle donne, dato che dalle sue parti la floricultura era ampiamente praticata.
«Io ne ho … di bellissimi, nel mio giardino», raccontò allora sognante Bilbo. « E sai, noi chiamiamo le bambine con i nomi dei fiori, nella Contea»
Elyn aveva raccolto i ciclamini tra le mani e inconsciamente li aveva portati al viso, come se si aspettasse di sentirne il profumo; anche se sapeva che si trattava di fiori invernali e che non profumavano.
Rivolse quindi l’attenzione all’amico, che notò i suoi occhi luccicare di contentezza. Bilbo sapeva che la piccola lite di Elyn con Fili avrebbe avuto breve durata, e, grazie ai Valar, pareva proprio che il ragazzo sapesse come farsi perdonare; tuttavia, emise un sospiro triste e stanco , e riprese a raccontare.
«Stiamo molto attenti ai significati, sai», le rivelò nostalgico, incrociando le mani dietro la nuca e stiracchiandosi davanti ai tizzoni ardenti.« E non so ancora che cosa saltò in testa a mio nonno quando diede a mia madre il nome di una pianta velenosa!»
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bilbo, Fili, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Elyn e Fili'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Le nuvole si erano radunate ma  aveva smesso di nevicare, e Bilbo notò uno strano fermento all’interno dell’accampamento.

Avvistò seduto su di un muretto il piccolo Ori, avvolto in una sciarpa di lana grigia e impegnato a scribacchiare nel suo taccuino, e gli si avvicinò. Il giovane nano non doveva essersi accorto della sua presenza, assorto com’era, tant’è vero che sobbalzò.

«Ciao, Ori», disse lo hobbit imbarazzato. «Che cosa … stai facendo?»

In quella lo sguardo gli cadde sul quadernetto e vide che si trattava di un ritratto.

Thorin.

Il taccuino si chiuse di scatto, e Ori divenne tutto rosso per l’imbarazzo; a Bilbo, che adesso fingeva di osservare un gruppo di elfi poco lontano, cadde una lacrima.

«Volevo … metterlo nero su bianco, prima che io possa … ehm, dimenticarlo», si giustificò il giovane nano, riaprendo il quaderno e mostrando all’amico la propria opera, che Bilbo giudicò davvero realistica.

 

Quello era il Thorin che aveva visto quando si era presentato per la prima volta alla sua porta, ed era lo stesso Thorin che aveva affrontato Azog solo con la propria spada ; non quello febbricitante, delirante e pietoso di poche ore prima.

 

Bilbo annuì, sforzandosi di sorridere, non prima però di essersi asciugato di nascosto gli occhi.

«Io invece, sai, credo che non potrò mai dimenticarlo», ammise con voce atona, «solo che non sarò mai bravo come te, nel disegno», e ammettendo ciò, poggiò la mano sulla casacca del ragazzo. Un moto di stizza gli percorse la spina dorsale: tutti i  nani avevano guardato il re nel furore della battaglia e lo avrebbero ricordato per sempre così, ardito e coraggioso; mentre tra tutti, Bilbo lo aveva veduto sanguinante, e supplice.

 

Perché gli aveva fatto questo?

Forse Thorin voleva dimostrargli che è da stupidi cercare di fingere di essere forti ad ogni costo, e cercava il conforto di qualcuno che gli voleva bene, e non lo avrebbe giudicato. Lui, Bilbo.

 

Quando Ori tirò su col naso , lo hobbit si schiarì la gola. Doveva assolutamente cambiare discorso.

«Vorrei tanto farmi un bagno bollente», confessò a mezza voce. «Me l’avevano offerto ieri sera, ma ho rifiutato. Ero troppo stanco. Credo che non riuscirò mai a togliermi di dosso questa puzza di orco, e, credimi, non ne sono affatto contento»

Ori lo stette a sentire senza ribattere, come se non gli avesse prestato attenzione a sufficienza.

«Per quello credo che dovrai aspettare», lo informò invece con una vocina sottile sottile. «L’acqua al momento è poca : serve per bere, e per i feriti. Tutti noi siamo riusciti a pulirci alla meglio con delle pezzuole bagnate; ma credo che l’unico, in tutto l’accampamento, che abbia fatto un vero bagno sia stato il re degli elfi, Thranduil»

A quella notizia gli occhi di Bilbo si accesero di malizia; non amava affatto quel sovrano tronfio e arrogante: per quanto bravo in battaglia, il Mezzuomo aveva notato, sin dalla loro permanenza a Bosco atro, il carattere irascibile e antipatico dell’elfo .

«Bene, vorrà dire che mi laverò lì», disse Bilbo a Ori, che sgranò gli occhi inorridito.

«Ma … Bilbo, non puoi dire sul serio!», si scandalizzò il ragazzo. «Lui è un re … e non è affatto come Thorin …»

«Neanche Dain è come Thorin, ma questo non mi ha impedito di dirgli due paroline», raccontò Bilbo guardando il volto del nano farsi ancor più sgomento. «Grazie per la dritta, e spero di vederti dopo. Ti auguro una buona giornata»

 

Il numero delle tende sembrava inspiegabilmente diminuito, e non ci volle molto a Bilbo per scovare quella del re degli elfi : alta e ricoperta da ricami verde e oro, sembrava vuota a parte un soldato a guardia della porta. Gli occhi del Mezzuomo indugiarono per un attimo sui propri  piedi, e sulle orme che producevano nel fango ; dopotutto, doveva solo trovare il modo per non farsi vedere.

Ed era bravo in questo.

Camminò dove la terra era più dura e, quando fu ben nascosto dietro un rudere, indossò l’anello: la familiare sensazione di potere che gli dava indossare il cerchietto d’oro lo investì prepotentemente e gli infuse coraggio.

Fatti pochi passi, Bilbo sbirciò nella tenda e notò che era ancora occupata; poco dopo, tuttavia, Thranduil uscì, vestito con abiti di seta e broccato e lo hobbit si illuse che la guardia d’ora in poi sarebbe stata meno attenta , ma purtroppo si sbagliava.

 

Evidentemente, all’interno doveva celarsi qualcosa di prezioso.

 

Così, dopo aver afferrato un sasso dal terreno, lo usò per distrarre il soldato e rapido e silenzioso come un’ombra, entrò all’interno della tenda. E aveva ragione: sopra un tavolino giacevano anelli e monili preziosi di varia foggia, che probabilmente l’elfo non aveva avuto il tempo d’indossare. L’aria era satura di vapori e di olii profumati e in quella bruma, Bilbo finalmente la scorse. Una grande vasca smaltata, in cui Thranduil poco prima, evidentemente aveva fatto il bagno. L’idea di lavarsi nella stessa acqua che aveva usato quell’uomo odioso un po’ lo tediava, ma Bilbo sapeva che non era il momento di fare lo schizzinoso; avrebbe fatto il primo bagno da tre settimane a questa parte.

Più silenziosamente che poté, Bilbo si sfilò la casacca e poi, cercando di fare il meno rumore possibile, la cotta di mithril : a parte qualche schizzo di sangue nero che vi si era rappreso in due o tre punti, era altrimenti immacolata. Quando la lasciò cadere a terra con una punta di risentimento, il tintinnio delle maglie risuonò nel silenzio, e il soldato elfico infilò la testa nella tenda, ma subito uscì. Bilbo lasciò andare un sospiro di sollievo e si mise a esaminare le varie boccette di olii, stappandole e annusandole una a una.

«Un re che fa il bagno nel profumo di violette è certamente ridicolo», sussurrò, «ma di sicuro è meglio della puzza di troll»

Infilò la mano nell’acqua e trovò che la temperatura era perfetta; quindi versò l’olio nella vasca. Nel frattempo , all’esterno, un elfo aveva chiamato il soldato per il pasto, e la porta era finalmente senza guardia.

Bilbo ne approfittò per infilarsi in vasca: i suoi sensi furono inebriati e rinvigoriti dal profumo, e si accorse che la sua pelle tornava pulita e rosea senza bisogno di strofinare. Persino i suoi piedi, dalla piante dure e incrostate di fango, adesso gli apparivano come quando era nella sua casa nella Contea.

 

Oh, la Contea.

 

Mai come ora sentiva la mancanza del suo letto e del suo giardino; voleva allontanarsi al più presto dai quei luoghi che gli erano costati solo dolore. L’odore di violette gli rammentò la dolce primavera, quando queste sbocciavano di fianco ai ruscelli ; e nonostante fosse pieno inverno, il ricordo era così vivido da sembrare reale.

Indugiò per molto tempo in acqua e si rese conto che doveva asciugarsi prima che il fuoco si spegnesse: così, a malincuore, uscì lentamente dalla vasca, stando attento a non far troppo rumore. Una cascatella di gocce si riversò a terra, cosa che lo preoccupò, ma quando si voltò, il pavimento appariva asciutto. Una mano salì ad arruffare i capelli, e anche quelli stranamente erano asciutti : il sorriso distese i tratti di Bilbo, che trovava l’inconveniente di doversi asciugare davanti al fuoco alquanto fastidioso; doveva senz’altro trattarsi di acqua magica.

 

E se – si chiese- avesse funzionato anche con i vestiti?

 

Speranzoso , versò altro profumo in vasca e immerse una manica della camicia ; e in pochi istanti quella era tornata linda e asciutta. Così, reso audace dalla propria fortuna, lavò i propri indumenti, la cotta e si rivestì in tutta fretta, perché aveva pur sempre paura di venir scoperto. Quando però , prima di lasciare la tenda, i suoi occhi indugiarono sul pelo dell’acqua, la scoprì sporca e notò che il fondo della vasca era coperto di melma.

 

***

 

 

Non vi era traccia di elfi nelle vicinanze, e le poche tende rimaste erano state smontate per tutto il tempo in cui  lui era stato intento a fare il bagno.

Felice di apprendere ciò, il Mezzuomo si tolse l’anello in un luogo riparato e si diresse nella direzione opposta, dove cioè erano accampati i Nani. Molti degli Uomini, che si trovavano in mezzo ai due accampamenti, erano ancora indaffarati con i propri feriti; poco lontano, però, vide Thranduil che parlava fitto fitto con Dain, torreggiando su di lui.  Non volle origliare ciò che avevano da dirsi e passò oltre, anche se continuò a osservarli con la coda dell’occhio. All’improvviso urtò contro qualcosa di molto grosso, ma Bilbo si rese conto che non era qualcosa, bensì qualcuno.

 

Il Mutapelle.

 

«Mi aspettavo di vederti , prima o poi, Bilbo Baggins», lo salutò Beorn, il cui aspetto notoriamente incuteva timore, ma che Bilbo sapeva essere una brava persona. «Ho sentito che ti cercavano», e mentre lo diceva i suoi occhi ferini seguivano un carro che scendeva verso valle.

«Dove … vanno, Beorn?», chiese Bilbo serio, notando anch’egli il carro; ecco dov’erano finiti gli Elfi, dopotutto.

Il Mutapelle lo fissò per un istante, prima di rispondere.

«I feriti meno gravi tornano all’avamposto di Thranduil al limitare della foresta», spiegò. «Quelli in pericolo di morte , invece, sono stati trasferiti nella Montagna. L’inverno è rigido, e lì hanno una speranza che qui altrimenti non avrebbero», e indicò dei fiocchi di neve che volteggiavano pigramente nel cielo e si posavano sulla terra fangosa; faceva decisamente troppo freddo.

Bilbo deglutì.

«Capisco», asserì. «E’ stata la scelta migliore»

S’incamminarono in silenzio, che fu rotto da Beorn quando , attirati dal profumo, raggiunsero Bofur e Bombur che rimestavano in un paiolo.

«Suppongo che tu abbia gradito il mio dono, quando ti salvai dall’orco», e il suo sguardo cadde su un grosso barattolo dal contenuto dorato che era accanto al bivacco dei due nani.

«Di più», ammise Bilbo, pensieroso, mentre i ricordi affioravano nitidi nella sua mente. «Quando credevo che sarei morto di fame, mi ha salvato la vita»

 

 

Thorin era affacciato davanti alla porta principale insieme a lui e ai compagni, scrutando giù in fondo, verso Dale. Avevano da poco avuto il primo scontro diplomatico con Bard , il quale aveva precisato che ,se proprio non volevano aiutare gli Uomini a ricostruire la città distrutta dal drago, potevano anche mangiarsi l’oro – in altre parole, li avrebbero lasciati lì a morire di fame- ma Thorin non aveva ceduto di un millimetro e Bard, indignato, se n’era tornato all’accampamento.

Bilbo trovava le parole dell’uomo ragionevoli e giuste, ma il re sotto la Montagna non sembrava dello stesso avviso.

 

Come sarebbero sopravvissuti al rigido inverno, senza cibo e senza alleanze?

 

Tutti erano fiacchi e indeboliti, e le scorte di rimpinzimonio si assottigliavano – ma nessuno osava discutere le decisioni del re, e Bilbo si sentì in dovere d’intervenire.

«Non puoi andare in guerra», disse rivolto a Thorin, in tono drammatico, ma quello non lo degnò di un solo sguardo.

«La cosa non ti riguarda», rispose invece composto, come se si trattasse di una cosa di poca importanza; notò invece gli sguardi preoccupati di Fili e Kili che erano in piedi accanto a lui.

Il Mezzuomo non poté mascherare la sua indignazione: Gandalf aveva ragione quando diceva che i Nani sono testardi e non ci si può ragionare e, proprio come faceva sempre lo stregone, si ritrovò ad alzare la voce.

«Scusa, non so se l’hai notato, ma c’è un esercito di elfi ,laggiù!», strillò risentito. «Per non parlare di parecchie centinaia di pescatori arrabbiati!»

Bilbo sapeva che quei poveretti avevano tutti i motivi per avercela con loro, ma aveva paura degli Elfi –il loro esercito era imponente, e potenzialmente pericoloso- e Thorin questo proprio non riuscita a capirlo .

 

Come avrebbero fatto, loro quindici, a fronteggiare centinaia di uomini armati?

 

«Siamo inferiori di numero!», squittì sconsolato, e inaspettatamente Thorin si voltò e sorrise.

«Non per molto ancora», sussurrò, e Bilbo si trovò a deglutire , sconcertato.

 

Cosa diavolo aveva in mente?

 

«Che … che vuoi dire?», chiese Bilbo, e vide il nano che gli si avvicinava con una strana espressione compiaciuta in volto.

«Che, Mastro Baggins, non dovresti mai sottovalutare i Nani», gli consigliò. «I Corvi Imperiali ci hanno reso un gran servigio e mio cugino Dain è a meno di due giorni da qui, in questo momento, con il grosso del suo esercito»

La rivelazione fece rimanere Bilbo senza parole, e , a quanto pareva, anche molti suoi compagni : gli unici a non mostrare segni di sorpresa erano i figli di Dis, Balin e Dwalin. Una fitta di fastidio lo investì: non gli andava di essere trattato come uno qualunque, e sapere della venuta del signore dei Colli Ferrosi senza che lui non ne avesse il benché minimo sentore lo faceva sentire come ai primi tempi, quando tutti lo trattavano come un inetto.

«E chi ti dice che questo tuo cugino ti ubbidirà, e che non sia venuto con l’esercito solo per usurparti il trono?»

La frase gli uscì di getto, ma Bilbo non se ne pentì.

«Mi ubbidirà, perché io ho l’Archepietra di Thrain», rispose Thorin, e tornò a distogliere lo sguardo dal viso dello hobbit.

«Ma non l’hai ancora trovata», lo punzecchiò Bilbo, e sentì l’altro sospirare.

«Hai sempre avuto la lingua lunga, Scassinatore, e questo non sempre è un bene», asserì Thorin, in tono un po’ più duro. «Talvolta faresti meglio a tenere per te i tuoi pensieri. Sei fastidioso»

«E invece io parlerò fintanto che avrò qualcosa da dire!», si inasprì Bilbo, parandosi davanti a lui. «Tu non capisci! Non tutti mettono l’onore al primo posto … e spero che la tua scelta sia stata ben ponderata, Thorin», fece prima di allontanarsi, ma il Nano lo bloccò.

«Vuoi sempre avere l’ultima parola, eh, Mastro Baggins?», sibilò il Re sotto la Montagna. «Bene. Perché non ascolterò una parola di più»

E a quella frase, corrucciato come non mai, Bilbo si arrampicò su per il muro e sparì alla vista dei Nani, che rientrarono poco dopo per riprendere la loro opera di restauro della Montagna.

 

 

 

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Yavannah