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Autore: _Sherazade_    17/12/2014    1 recensioni
Ayla, Ragazza come tante.
A diciotto anni si ritrova orfana, ma con grandi sacrifici e con l'aiuto degli amici riesce a non abbattersi e a sopravvivere in una qualche maniera.
Dopo qualche anno la vita sembra essere tornata tranquilla, ma Ayla non sa la triste verità: sta per morire.
È qui che entra in campo Apodis, un demone della morte.
Il suo lavoro è quello di aiutare le anime degli uomini a trovare la strada per l'altro mondo e impedire che gli spiriti malvagi se ne impadroniscano.
Il suo ultimo incarico è proprio Ayla.
Apodis si troverà di fronte a una scelta: seguire il proprio lavoro e prendere l'anima di Ayla, oppure dare retta al proprio istinto e lasciare libera la giovane.
Una semplice scelta che cambierà le loro vite.
Scritto nel 2009, rielaborato nel 2014.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Iris - custode dei mondi'
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"Capitolo Sesto"


Mi sarei presa un mese o due settimane? Questo era il dilemma sul quale mi stavo struggendo.
Da una parte sentivo anche io il bisogno di un lungo stacco dalla mia vita di tutti i giorni: tra i miei sogni e quell’orribile sensazione che mi accompagnava da giorni ero quasi giunta al mio limite.
Strano che non fossi ancora esplosa.
C’era però l’altra parte di me che ancora non si sentiva pronta a lasciare casa.
 
Ero risoluta nel prendermi le ferie, ma l’idea della scampagnata lontana dai miei luoghi e dalle mie solite abitudini, era forse troppo.
Non che non mi piacesse viaggiare, ma da sola non sarebbe stato poi così divertente.
Pensandoci e rimuginandoci sopra ancora e ancora capii che quella non sarebbe stata solo la mia vacanza, che non la dovevo solo a me stessa. La dovevo anche a Ly e George che mi avevano risollevata nel momento in cui avevo avuto bisogno.
A Ly soprattutto, che si era data da fare per me prima ancora che io provassi a chiederle una qualsiasi cosa.
Accettare quella vacanza sarebbe stato un modo per dirle ancora una volta grazie.
Quello inoltre sarebbe stato un altro passo verso la riconquista della mia vita e della mia indipendenza.
Non che dipendessi da loro in tutto e per tutto, però… mi ero come creata un’invisibile fortezza tutta attorno a me, una barriera protettiva.
La mia casa e la mia routine erano la mia certezza, la mia sicurezza… ma non è così che si dovrebbe vivere.
Una vita nella paura non è davvero vita. Bisogna tirare fuori il coraggio e prendere il toro per le corna.
C’è differenza fra sopravvivere e vivere.
Io fino a quel momento, nonostante avessi comunque ritagliato dei momenti felici da ricordare, avevo cercato di sopravvivere.
Era giunto per me il momento di ricominciare da capo, e scoprire una nuova vita.
Sorrisi fra me e me pensando che forse Ly non aveva tutti i torti.
 
Il mio appartamento non era enorme, ma senza i miei cari sembrava immenso. Staccare per un po’ dai miei fantasmi non mi avrebbe fatto del male, e forse avrebbe aperto la strada a una nuova Ayla. Più sicura di sé e più libera. Avrei potuto convivere con i miei fantasmi senza però essere messa sotto.
 
Mentre mi muovevo con l’auto verso la libreria pensai non tanto a quanto tempo prendermi ma a come sfruttare il tutto.
Non potevo di punto in bianco fare una vacanza di un mese ai tropici, aldilà del fatto che non avevo chissà quali grandi risorse economiche.
Avrei potuto farmi una bella settimana a casa, fra ozi e lavoretti vari.
 
Durante la settimana non riuscivo a dedicarmi alle faccende come invece avrei dovuto. Così facendo avrei potuto sistemare tutte quelle cose che col tempo si erano accumulate.
Ogni tanto mi affidavo alle mani esperte di George, che era ben lieto di darmi una mano. Per le piccole cose ci pensavo da sola, ma i lavori di idraulica erano fuori dalla mia portata.
Nella seconda settimana, per il momento, mi figuravo di dedicarmi  a piccole gitarelle di un giorno o due, in modo da staccare, ma non troppo.
Mi sarei organizzata per bene, perché detestavo la disorganizzazione in queste faccende, e forse avrei pure permesso a Ly di consigliarmi.
 
Subito mi venne in mente un posto dove sarei tornata con piacere dopo anni di assenza: Livigno. C’ero stata molto tempo prima assieme alla mia famiglia. Ricordavo con piacere quel ferragosto.
 
Cominciai quindi a pensare a tutti quei  luoghi che, dopo tanto tempo, avrei voluto rivisitare e cominciai a pensare che forse un mese non sarebbe stato poi così male.
 
Parcheggiai e andai incontro a Ly che mi aspettava con evidente impazienza.
- Allora, hai deciso Ayla? – neanche un “Ciao, come va?”.
- Sì, prenderò le ferie! Ma sono parecchio indecisa su quanti giorni fare. Il mese mi tenta ma non ne sono del tutto convinta. – Ly a stento soppresse un gridolino di gioia.
- Beh, calmati Ly, non ho detto che lo prenderò, solo che mi tenta…
- Ti farò fare la scelta giusta mia cara. – disse lei con un sorriso sornione.
La fissai spaventata fino a che George non ci raggiunse, solo che mi sorprese. Invece che sgridarci per il nostro modo di fare e per il ritardo, ci invitò ad entrare e disse a me di pensarci ancora un po’, entro sera di fargli sapere.
Quel giorno avrei fatto solo una mezza giornata dato che avevo fatto un bel po’ di straordinari, e quindi dovevo riposare un po’.
 
Una bella camminata mi avrebbe fatto schiarire le idee; così, una volta finito il turno, avrei potuto uscire, e cercare di riflettere ancora per un po’ prima di comunicare a George la mia scelta.
Mi disse comunque che era contento per il solo fatto che mi fossi decisa a prendere le beneamate ferie, aldilà di quanto tempo mi sarei presa.
 
Lavorai con maggior lena del solito. Non ero una scansafatiche in genere, ma la voglia di finire presto il turno non mi era mai venuta.
Questa volta avevo le mie buone ragioni per essere così allegra e sprizzante d’energia.
La fiacchezza che mi aveva preso nelle ultime settimane si era acquietata, mi sentivo bene e il mio bel sconosciuto incappucciato mi aveva fatto visita ancora la notte prima.
Quando ci toccavamo le mani sentivo sempre come se tutto il dolore per la perdita dei miei familiari, mi fosse portata via.
Con lui trovavo sempre la pace… e poi arrivava il mostro che  mi spaventava a morte.
 
Era arrivata la fine del mio turno e staccai per vedere di arrivare a capo della benedetta faccenda.
Ly mi guardò uscire dalla libreria come faceva ogni tanto Cerby quando salutavo prima di andare al lavoro.
- Ti prenderai un mese, vero?!? – mi chiese lei con gli occhioni da cucciolo smarrito.
Prima però che le rispondessi, George la trascinò via facendomi l’occhiolino.
Camminai a lungo, andando prima nei parchi, e poi dirigendomi verso le mura di città alta. Non ero una grande camminatrice per i percorsi in salita, ma questo riuscii a farlo senza troppo sforzo, anche perché sapevo che la mia ricompensa sarebbe stata adeguata allo sforzo. Anzi, addirittura migliore.
La mia città poteva anche avere moltissimi difetti, ma la vista da lassù era un qualcosa di indescrivibile e magnifico.
Nessuno posto è come casa, dicono alcuni.
Per me era vero, per quanti problemi e disguidi potessero esserci, io avrei per sempre amato la mia terra natia.
 
Si stava facendo tardi, e il sole in lontananza cominciava a tramontare, colorando il cielo di tonalità calde, in contrasto con l’aria fresca della sera.
Poter assaporare il tramonto da quella postazione riusciva a scatenare in me moltissime emozioni, che solo in rare occasioni riuscivo a provare. Sentivo in me una serenità e una leggerezza che era da tanto che non riuscivo più a sentire.
Era come se il vuoto del cuore venisse colmato da quella bellezza, come se tutti i problemi venissero spazzati via dalla brezza.
Ammirando quel bellissimo spettacolo presi la mia decisione: amavo la mia città, ma vedere dei posti nuovi non mi avrebbe fatto male.
Avrei staccato per un mese per tornare poi rinvigorita e più serena.
 
Respirai profondamente e mi sporsi leggermente per sentire meglio l’aria che di lì a poco sarebbe diventata gelida.
Novembre era oramai alle porte, e forse sarebbe arrivata anche la prima nevicata.
Mi sedetti su una panchina e chiusi gli occhi, chiedendo al cielo che quella piccola serenità trovata non svanisse troppo in fretta, e soprattutto, di non cambiare idea all’ultimo.
Mi conoscevo bene, a volte ero un po’ vigliacca, e il coraggio che mostravo in un primo momento, svaniva poi al momento di dimostrarlo.
 
- Tutto ok? – una voce vicina mi destò e si riferiva per forza a me: era troppo vicina per essere rivolta ad altri.
Aprii gli occhi e mi trovai di fronte a un bel ragazzo dai capelli lunghi e scuri raccolti in una coda e dagli occhi color del ghiaccio.
- Uhm… ehm… no, tutto ok, grazie. Stavo solo… rilassandomi un attimo, ecco. – gli risposi imbarazzata.
- Sembravi preoccupata e giù di corda. Sicura che sia tutto ok? – sapeva forse leggermi nel pensiero? Non pensavo di avere addosso un’aria tanto sconsolata.
- Beh si, ho qualche problemino, ma ora è più o meno tutto risolto. Problemi col lavoro diciamo. - Qualcosa nel suo sguardo mi spinse ad aprirmi un pochino
- E anche con la vita privata. -  disse lui sedendosi accanto a me.
Ok, se non sapeva leggermi nel pensiero dovevo avere stampati in faccia i miei problemi.
- Un pochino, ma niente di che. Grazie. – cercai di tagliare corto io. Stare accanto ad un ragazzo tanto attraente mi metteva soggezione.
- Lo so che non sono fatti miei, - cominciò lui, - ma a volte parlare con gli sconosciuti aiuta. Avresti così dei pareri del tutto sinceri. – disse sfoderando un caldo sorriso. Non so come ma decisi di parlargli di me e della mia vita.
Non gli raccontai ogni singolo dettaglio: mi concentrai semplicemente sugli ultimi accadimenti. Non so come ma mi ritrovai persino a raccontargli del mio sogno ricorrente. Quella fu l’unica parte in cui lo vidi più… coinvolto ecco. Oserei dire perfino preoccupato. In effetti era un sogno strano, e probabilmente lui mi reputava strana o un po’ pazza.
- Fai bene a prenderti un mese. Del resto la vita è molto breve e sai, meglio godersela con intelligenza. – disse guardando fisso verso il sole che stava scomparendo all’orizzonte. - Mi sembri molto stressata e stanca. Un po’ di tempo tutto per te non potrà certo farti male. – lo dicevo spesso anche io, e per questo gli sorrisi.
- Lo penso anche io. Forse è giunto davvero il tempo per me di applicarmi.
- Il problema sarà poi riprendere la routine. – rise, e mi fece sorridere.
Aveva avuto ragione: parlare con lui era stato utile, mi aveva aiutata e cominciavo a sentirmi meglio e sicura di me e della mia scelta.
Non avrei più cambiato idea.
 
Cominciava a farsi buio e tardi. Dovevo scendere prima che la libreria chiudesse e comunicare a George la mia scelta.
Di sicuro Ly avrebbe fatto i salti di gioia, manco le avessi detto che avevo vinto alla lotteria.
 
Feci per alzarmi dalla panchina, ma il ragazzo si alzò in piedi e mi porse la mano per aiutarmi a tirarmi su.
Lo ringraziai e mi avviai verso la strada che portava verso la città bassa. Ero già a buon punto quando lui mi raggiunse.
- Non posso certo permetterti di girare da sola a quest’ora! – decise che mi avrebbe scortata fino alla mia destinazione e a nulla valsero le mie proteste.
Purtroppo, come spesso accadeva nelle grandi città, le strade non erano sicure per le donne, specie col buio e se sole.
- Ma sei proprio sicuro di volermi accompagnare? – gli ero grata, ma non volevo rubargli troppo tempo.
Si era dimostrato essere un ragazzo a modo e gentile, per questo non mi andava di approfittarne troppo.
Mi resi conto poi che avevo parlato solo io, e che di lui non sapevo nulla, se non che con lui accanto non stavo affatto male.
Era come stare con l’uomo incappucciato del mio sogno.
Pensando a quello spalancai gli occhi per la sorpresa e lui, accorgendosene, mi chiese se stessi male.
- No affatto, ho solo pensato a una cosa. Ed era una cosa bella. – dissi sorridendogli.
Provai a fargli delle domande, ma lui fu molto evasivo, e quindi non riuscii a scoprire nulla sul mio “bodyguard”.
 
Arrivammo infine davanti alla libreria.
- Grazie davvero per tutto, chiacchierare con te è stato fantastico, mi hai aiutata molto. Non so come ripagarti.
- Anche a me ha fatto piacere. Inoltre, anche se non posso spiegarti come, anche tu mi sei stata d’aiuto. – disse di rimando.
- Allora, quando dovresti cominciare?
- Da lunedì, il primo novembre, fino al trenta, un mese esatto. Ammesso che George me lo conceda subito. – sarà stata un’impressione, ma mi sembrò di vederlo sbiancare.
Lo ringraziai ancora e lui mi voltò le spalle prendendo la propria strada. C’era però ancora una domanda che volevo fargli.
- Aspetta. – gridai, e lui si voltò immediatamente.
- Dimmi.
- Non so neanche il tuo nome.
- Non è importante. Auguri Ayla, ci rivedremo presto. – l’idea di poterlo rivedere mi rendeva davvero molto, molto, felice.
 
Appena entrata nella libreria cercai subito George per comunicargli la mia decisione.
Sia lui che Ly accolsero con gioia la mia scelta, anche se Ly ebbe un po’ da ridire sul fatto che passassi la prima settimana a casa
Ma se ne fece però presto una ragione.
Eravamo giunti al weekend,e l’indomani avrei comunque avuto il giorno libero; quindi avrei cominciato le ferie il lunedì. Si poteva dire che le mie ferie sarebbero cominciate proprio la giornata successiva.
Erano oramai arrivati alla fine del loro turno e ne approfittai per parlare con Ly del mio incontro con quel bel giovane e realizzai una cosa: io non gli avevo mai detto il mio nome.
Come diavolo faceva a saperlo allora?
- Per me è un tuo ammiratore segreto. Magari viene spesso in libreria, ma non l’hai mai notato, oppure è un cliente del Jump. – Ly sospirò. – È un colpo di fulmine. E da quanto mi hai detto… - sorrise maliziosamente, - è davvero carino.
- Beh, ma che c’entra? Per me non è interessato a me in quel senso… È impossibile! – “Non sarei mai alla sua altezza…” pensai tristemente. Era davvero un gran bel ragazzo, per questo non c’era assolutamente verso che potesse davvero essersi interessato a me come donna.
Stranamente serena e rilassata mi avviai verso l’auto con un sorriso a trentadue denti.
 
Apodis tornò in ufficio più confuso e sconvolto che mai.
Lui non era mai, e dico proprio mai, entrato in contatto coi suoi incarichi prima del tempo.
In genere si presentava solo al momento di prendere l’anima. Sebbene fosse loro permesso di avere dei contatti con i loro incarichi, Apodis l’aveva sempre evitato per non affezionarsi troppo a loro.
Qualcosa in lei lo aveva spinto a cercare un confronto.
Cosa gli stesse accadendo ancora non lo sapeva, o meglio, intuiva cosa potesse essere, ma lo rifiutava.
Nella sua breve carriera di demone della morte aveva prelevato anime anche più giovani di quella di Ayla, eppure… eppure non si era mai lasciato coinvolgere così tanto. Nessuno lo aveva intenerito a tal punto.
Dover prendere le anime non era un compito facile e non amava strappare la vita... ma era il suo dovere, e lo aveva sempre svolto con la massima dedizione.
Già il suo era un caso particolare: a quelli come lui in genere non davano compiti così importanti, ma il buon Barock aveva detto che quella di demone della morte era la sua vocazione.
Nessuno volle contraddire il re, perché non si era mai sbagliato.
 
Apodis sentiva un qualcosa dentro di sé, qualcosa mai provato prima che gli diceva che non poteva prelevare quell’anima: non era ancora giunta l’ora per Ayla Eyre.
Avrebbe voluto poter chiamare Ael per avere un parere dall’unico che poteva capirlo e forse aiutarlo. Purtroppo però non c’era modo di mettersi in contatto con lui se non raggiungendolo nel suo rifugio.
 
Elar entrò in ufficio e vedendo l’amico e collega in difficoltà cercò di scoprire il motivo di tanto disagio. I risultati furono però piuttosto scarsi.
Dopo molte insistenze riuscì finalmente a farlo parlare e a farsi spiegare la situazione.
- Non è che la ragazza ti piace e quindi ti senti un po’ frenato? – Apodis gli lanciò uno sguardo di fuoco. Impossibile!
- So che è capitato di incarichi sospesi all’ultimo, ma son casi estremamente rari. In genere poi è Barock in persona a sospendere tutto. Non credo sia mai successo che un demone della morte abbia bloccato tutto senza nemmeno l’ok dei piani alti.
- Lo so Elar! – l’amico alzò gli occhi al cielo come in cerca di risposte  e sorrise
- Forse lei è una di quelle ragazze fortunate, solo che finché non arrivano ordini noi dobbiamo attenerci a quelli di partenza. Dovrai prelevare la sua anima nel giorno e nelle circostanze descritte nella scheda. – Apodis sospirò poggiando la testa sulla scrivania, ed Elar continuò col suo discorso.
- Chissà… forse tu sei uno di quei rari demoni che riescono a percepire i mutamenti del destino… forse Iris stessa si è messa in contatto con te facendoti percepire che non è giunto il momento per la tua protetta… chi può dirlo? – sorrise e scosse le spalle dell’amico.
- Lo so che senza un documento ufficiale non puoi fare di testa tua… ma se la tua sensazione è tanto forte dovresti per me sentire i piani alti. – Apodis scosse la testa.
- Sai che non mi ascolterebbero mai. È già un miracolo che non sia più sotto sorveglianza. Lo sai che all’inizio si fidavano poco di me. – all’inizio della sua carriera, diversi supervisori controllarono il lavoro di Apodis, Lui non era un demone come tutti gli altri, e questo un po’ preoccupava alcuni alti demoni della corte.
- Lo sai che non puoi agire diversamente senza le disposizioni della corte…
- Ma Elar, io ho questa certezza assoluta, non è giunto il momento per lei,  deve vivere ancora. Non posso sbagliare,  sai quanto me che una volta presa l’anima non può essere rimessa nel corpo. Se l’ordine arrivasse troppo tardi avrei tolto la vita a chi ancora doveva vivere. – disse Apodis col cuore in gola.
Voleva aiutare Ayla, ma non sapeva come. Conosceva fin troppo bene il trattamento che veniva riservato ai disertori, ma che fare?
- Conosco quello sguardo amico mio. E non posso fare altro che augurarti buona fortuna. Cercherò di aiutarti da lontano. – disse Elar dandogli una pacca sulla spalla e prendendo la strada di casa. - Miracoli non ne posso fare, ma quel poco che posso lo farò! – disse esibendo il migliore dei suoi sorrisi. - Fai attenzione a Sylas: lui non ti ha mai visto bene, e questo potrebbe essere un buon pretesto per farti fuori – Sylas… il fratello di Barock, e maggiore esponente del gruppo dei demoni che avrebbero voluto schiavizzare gli uomini.
Mentre Elar lasciava l’ufficio, Apodis decise di seguire il proprio istinto e di andare incontro a quello che il destino gli avrebbe presto riservato.
 
 
Finalmente imbucai la via di casa: purtroppo i parcheggi erano tutti occupati e non avevo voglia di mettere Betsy in garage.
Ero decisa a fare un po’ di spesa: avendo la macchina sottomano sarebbe stato più semplice e rapido uscire.
La fortuna, una volta tanto, volle assistermi, e trovai parcheggio poco distante dal mio condominio.
Prima di chiudere l’auto estrassi dal baule un regalino di Ly, un libro che da anni volevo prendere ma che per una cosa o per l’altra avevo sempre rimandato.
“Memorie di una geisha” mi aveva sempre affascinato, e il film era riuscito a trasmettermi molto; tuttavia, volevo assolutamente leggere il libro e ora avrei avuto tutto il tempo per gustarmelo.
Contenta per il regalo mi incamminai verso il mio appartamento.
Faceva freschino ma oramai eravamo in Novembre, sarebbe stato strano il contrario.
Sentii ansimare, dei forti lamenti. La cosa mi preoccupò e affrettai il passo: il quartiere era sì tranquillo, ma non troppo.
“Meglio non rischiare brutte sorprese” pensai.
Cercai di individuare da dove venissero i rumori, e scoprii con sorpresa che non provenivano da dietro le mie spalle, ma sembravano riecheggiare nella via.
Era come trovarsi in uno di quei film horror dove senti che tutto è distorto e l’assassino ti sbuca fuori dai posti più impensati.
 
Sorpassando un piccolo incrocio notai un uomo disteso a terra che ansimava dolorante.
Con forse estrema leggerezza mi avvicinai: non potevo certo lasciarlo lì agonizzante..
- Tranquillo, ti aiuto io, credi di riuscire ad alzarti? – chiesi, ma la sola risposta che ricevetti fu un borbottio.
Riuscii a farlo prima sedere, e poi far alzare per raggiungere al più presto casa. Era la prima volta che mi dimostravo tanto incauta, ma il poverino era talmente debole che se anche fosse stato un malintenzionato, non sarebbe riuscito a farmi nulla.
Una volta illuminato dalla luce dei lampioni però lo sgomento fu tale che stavo per perdere la presa e far cadere entrambi.
- Tu?!? Ma cosa ci fai qua? – era il ragazzo che avevo conosciuto poche ore prima.
- Senti è una lunga storia, non preoccuparti. – disse lui reggendosi a malapena. - Lasciami pure qua e vai a casa: non è un posto tranquillo questo, e ora potresti essere in pericolo. Scappa! – mi ordinò. E che ero? Una bambina forse?
- Non posso lasciarti qui da solo, e in questo stato. – gli urlai contro, stringendolo maggiormente. - Casa mia è qua dietro l’angolo, vieni e chiamiamo un’ambulanza. – feci per incamminarmi sperando che non mostrasse ulteriore resistenza.
- Fidati che non ce n’è bisogno, scappa e non preoccuparti per me. – lui cercò di allontanarmi, facendoci quasi cadere.
- Non avrei mai dovuto farmi vedere da te. È stato un enorme sbaglio. – borbottò quasi più a sé stesso che a me. io ero più confusa che mai.
- Ma di che stai parlando? Coraggio, ora andiamo, chiamerò un medico e… - sentii come un ruggito e, il tempo di battere le ciglia, mi ritrovai a casa mia, in piedi in salotto.
Ero forse diventata matta? Era stato tutto un sogno?
Sbattei freneticamente le palpebre, come se potesse accadere qualcosa di nuovo e sconcertante.
E allora notai che lui era lì accanto a me e delle ferite non v’era più alcuna traccia.
- Forse è il caso di sederci, noi dobbiamo parlare Ayla!
  
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