Ovviamente il resto dei ricordi era
annebbiato e confuso, ma
poteva considerarsi già un buon inizio. Purtroppo non
riusciva a focalizzare il
viso dei due tizi che lo avevano portato sull’isola, quindi
decise di cercare
qualcosa qua e là.
Camminando per qualche metro, scorse nel bel mezzo della strada alcune
carcasse, probabilmente di leprotti, ridotte in uno stato disumano da
qualche
carnivoro alquanto affamato.
Il sangue ancora colante e fresco, le ossa spolpate e le mosche
ronzanti sui
cadaverici animaletti allarmarono il ragazzo, rendendolo pallido come
un
cadavere.
Forse anche loro stavano cercando qualcosa. Una via di uscita, un
indizio o del
cibo e, da un momento all’altro, si sono ritrovati con delle
zanne conficcate
nella carne. Può anche darsi che non avevano sofferto molto
la loro morte,
concludendo la loro esistenza in un modo alquanto sereno, magari senza
neanche
rendersene conto.
Un predatore esperto conosce i punti deboli della propria preda e non
azzarda
mosse sbagliate, soprattutto per non lasciarsi coinvolgersi in un
inseguimento
che forse lo lascerebbe a bocca asciutta. Il biondo, dopo alcuni
pensieri
agghiaccianti sulle veloci morti del leprotto, si rese finalmente conto
del
grande pericolo che stava correndo. Se un animale, capace di tale
aggressività
per un piccolo bocconcino di carne, gli fosse saltato addosso, non
avrebbe
avuto scampo.
All’improvviso,
distogliendolo dai suoi pensieri, una
cantilena iniziò a risuonare attraverso le disabitate vie
della città fantasma.
La fonte dei suoni sembrava essere un altoparlante collegato agli
strani
aggeggi sui tetti, ecco svelato il mistero della loro
utilità.
La canzoncina proseguì per alcuni secondi, terminando con
un’agghiacciante
urlo, non si capì nemmeno se di animale o di una persona.
Incusse di nuovo il silenzio, che ora pareva anche più
profondo. Kida si guardò
intorno con aria sospetta, come se lo stridulo provenisse da qualche
ragazza
nelle vicinanze, magari in pericolo ed in attesa di un eroe come lui.
Poi i marchingegni
elettronici ricominciarono a fischiare, fino al momento in cui una voce
acuta e
allegra iniziò ad echeggiare contro i muri delle abitazioni
spoglie.
“Buongiorno concorrenti! State tutti bene?” il
ragazzetto ascoltava con
un’espressione confusa. Non aveva mai aderito a nessun genere
di concorso,
soprattutto in uno dove fosse previsto un rapimento per partecipare.
“Spero che
siate ancora tutti vivi, non distruggete il divertimento senza nemmeno
aver
ascoltato le regole!” il microfono fischia rumorosamente nel
corso della frase,
così il conduttore ne approfitta per schiarirsi la voce.
“Prima di tutto, in questo gioco non si vince nulla. Al
contrario, se non
parteciperete o vi farete sopraffare da altri concorrenti, perderete
tutto.
Tutti voi avete delle targhette con il vostro nome ed un numero.
Quello, miei
cari, sarà la chiave di tutto” una risatina
accompagnò la frase, prima di
riprendere fiato e continuare
“Coloro che uccideranno il concorrente con il numero uguale
al proprio,
dovranno poi trovare il giocatore bianco, l’agnello senza
peccati, e
convincerlo a darvi la chiave per la salvezza. Qualsiasi metodo
è accettato.”
la voce si fece improvvisamente più cupa, lasciando da parte
l’eccitazione del
momento.
“Mi dispiace per i più docili, ma qui regna la
regola dell’uccidi o sii
ucciso”. Boom, i microfoni si spensero con una serie di
“bip” a intermittenza.
Alcuni corvi, disturbati da tutto il frastuono, migrarono verso il nord
della
città, gracchiando e sbattendo furiosamente le ali.
Il biondo si accomodò per terra, riflettendo sugli strani
avvenimenti, il
discorso da psicotico e le “regole” del gioco.
L’uomo o donna dietro a tutto
questo, in mancanza di identificazione a causa della voce modificata da
qualche
programma, era probabilmente un qualche emarginato sociale, vista la
leggerezza
e la frettolosità con le quali aveva appena spiegato queste
cose così poco
ordinarie.
In ogni caso, non avrebbe mai ucciso qualcun altro, pensò.
Analizzò vari piani
per convincere le altre persone a fare un gruppo, senza usare la
violenza,
magari uscendo indenni da questo posto. Un po’ come i
Turbanti Gialli, che però
un giorno si spinsero troppo in là. Non avrebbe fatto un
secondo errore, questa
volta nessuno si sarebbe dovuto far male.
“Ma, le persone da convincere, quante saranno? Contando il
fatto che il tizio
ha detto che ci sono due concorrenti per ogni numero, e io sono il
numero
nove.. Possono esserci diciotto o più potenziali assassini.
Chi lo sa, se tra
tutti questi, c’è qualcuno con del buon
senso?” Il biondo continuò a scandire i
propri pensieri ad alta voce, incurante
dell’oscurità ormai incombente e degli
strani rumori provenienti da qualche casa.
Poco dopo, socchiuse gli occhi e si concesse qualche minuto di relax,
accarezzato dalla leggera brezza, quasi autunnale, che trasportava con
sé un
piacevole odore di mare e salsedine. Durante questi minuti persi come
uno
sprovveduto, qualcosa di abbastanza grande si mosse
nell’oscurità. Agile e
veloce, ma non abbastanza occulto per essere un animale. Lui non si
accorse di
nulla, ancora intento a ciondolare nella sua beneamata innocenza.
L’ombra si
avvicinò sempre di più, strisciando e
acquattandosi per non far saltare il
piano. Quando fu a pochi metri di distanza dall’obbiettivo,
gli balzò addosso
con una velocità tale da far fischiare anche il vento.
Ovviamente, il biondo si
accorse troppo tardi di essere in pericolo, sobbalzò di
sorpresa all’impatto e subito
provò ad allontanare le mani del predatore, che cercavano in
tutti i modi di
stringergli la carotide. L’aggressore, nonostante il fisico
slanciato e
allenato, si dimostrò poco tenace nell’affronto.
Kida, notando queste
debolezze, riuscì a liberarsi con qualche calcio e spintone
che fecero rotolare
l’altro per qualche metro, tra qualche colpo di tosse e
respiri affannati.
Ora che si trovavano ad una distanza di sicurezza, osservava i dettagli
del
viso dello sconosciuto, dagli occhi mori e senza vita, ai capelli
castani che
terminavano poco sopra alle spalle, con delle punte che ricoprivano
buon parte
del viso. I lineamenti ricordavano quelli di un adolescente, poco
più grande di
lui.
Pareva parecchio affaticato, con la mano destra si stringeva
furiosamente il petto,
gli occhi fuori dalle orbite e le ginocchia tremanti, una figura
davvero
pietosa pensando al fatto che proprio lui credeva di essere in grado di
poter
sopraffare un tenero ragazzino.
L’ansimante, nonostante l’accaduto, pareva alquanto
sicuro di sé; Non
indietreggiò, non si guardò intorno e non
abbassò lo sguardo, puntava
semplicemente la vittima con lo sguardo, come se ne stesse osservando i
movimenti.
Ma Kida rovinò il silenzio e l’imbarazzo del
momento con un sospiro seguito da
parole sconsolate, quasi fosse in pena per l’altro.
“Tu.. Sei quel tizio che
occupa tutti i grandi schermi di
Ikebukuro, giusto? Cavolo, senza fard e fondotinta quasi non ti
riconoscevo!”
Il solito impertinente che pensa solo
alle vaccate, ma la
battutina funzionò meglio di quanto si aspettasse.
Il diretto interessato rimase di sasso, come se uno shock lo avesse
colpito all’improvviso,
poi la sua maschera di impassibilità cadde e, come una
reazione a catena, scattò
via dalla vista del biondo. Probabilmente quelle parole lo avevano
riportato
alla realtà, magari provava ribrezzo per ciò che
aveva fatto, rancore,
vergogna.. Chi lo sa, ma di certo lo sbarbatello non lo
inseguì nelle buie e
strette vie dove l’altro si era slanciato.
Non pensava neanche più con logica, ormai niente aveva
più un senso, tutto
sembrava così fuori dall’ordinario, proprio come
era accaduto poco tempo prima
durante la sua permanenza a Tokyo. Ah, la cara vecchia Tokyo.. Non
vedeva l’ora
di tornarci, avrebbe voluto rivedere il suo migliore amico al
più presto; aveva
così tante cose da raccontargli, tra cui le varie disfatte
amorose e le denunce
per disturbo alla quiete pubblica, dettagli esilaranti e trascurabili
per
quanto ne diceva lui. Oh, santa gioventù, anche in un
momento simile pensava a
tutt’altro tranne che a qualche soluzione per il suo maggior
problema.
Pensava al curry caldo, al suo gatto rimasto in casa solo soletto, al
computer
che non aveva staccato dall’alimentatore, pensava persino a
quali videogiochi
sarebbero dovuti uscire quella settimana.
Ancora non si sentiva parte di un circolo assassino, non percepiva
ancora il
sangue che sarebbe colato dalle sue mani, soprattutto il fatto che quel
sangue.. Non sarebbe stato il suo.
“Okay, okay..
Particolarmente eccitante, anche se parecchio
pericolosa come esperienza. Mikado dovrà ergermi una statua
se esco vivo, o
almeno sano di mente, da ‘sto posto.”
E con queste parole si
avviò dalla parte opposta della
strada, sempre seguendo la fiacca luce della luna ormai scintillante
nel
limpido cielo di una notte che pareva senza fine.