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Autore: HeartBreath    20/12/2014    1 recensioni
Un'occhiata era la cosa più intima che si fossero mai scambiati - le iridi celesti di Sherlock si erano macchiate di depravazione più di quanto qualunque mano o bocca avesse mai fatto, semplicemente posandosi sulla figura nuda di Irene mesi addietro.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Irene Adler, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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'Cause you're a criminal as long as you're mine...




“Sa a cosa stavo pensando?”
Sherlock non la guardò quando sentì quella domanda. Continuò a seguire la strada della hostess da un capo all’altro dell’aereo.
“Abbiamo ricominciato a darci del lei?”
Irene accavallò le gambe sulla poltrona accanto alla sua. La sentì sorridere. “E’ molto più eccitante”
“A cosa stava pensando, Miss Adler?”
“Al suo cappotto” disse. “Un soprabito di quel materiale non è fatto per essere indossato a pelle, eppure neanche le mie zone più sensibili sono rimaste irritate quando l'ho indossato”
L'investigatore si ritrovò a roteare gli occhi silenziosamente, notando ancora una volta una chiara provocazione da parte di quella donna. Ma d'altra parte, dopo aver visto il suo corpo completamente nudo, qualunque sorta di immaginario pezzo di ghiaccio era ormai rotto. E dopo aver sentito la sua mano adagiata sulla propria con la leggerezza di una farfalla, il ghiaccio era stato persino sul punto di sciogliersi.
“Quindi?”
“Deve esserci per forza una conclusione illuminante? Ci stavo pensando e basta” disse Irene in tutta calma. “Lei non si è mai soffermato a pensare ad un momento casuale della sua vita?”
“Trovo molto più produttivo impegnare la mente in riflessioni diverse”
“Ad esempio?”
Guardandola con la coda dell'occhio, notò che non aveva mai smesso di ammirare il panorama fuori dal proprio finestrino. L'alba si era fatta spazio nel cielo già da un po', e una luce tiepida e colorata decorava il profilo della sua guancia e dei capelli sciolti. Paradossalmente, la trovava più elegante così – struccata, spettinata, reduce da una scampata esecuzione – che quando era protetta dal suo rossetto color sangue, i tacchi alti, gli abiti costosi, l'acconciatura plasmata alla perfezione. In Irene Adler, la grazia non era una maschera donata da elaborati outfit, bensì un modo di essere che sfoggiava persino nella situazione più scomoda. Nella segretezza della sua mente superiore, a suo tempo Sherlock era riuscito addirittura a trovare irritanti le lacrime che avevano rigato quelle guance. Anche se la causa era stato lui, gli aveva irrazionalmente dato fastidio che la Donna si fosse lasciata spezzare in quel modo, che avesse mostrato umanità, che avesse pianto.
Chissà, forse anche a Sherlock Holmes capitava di “soffermarsi a pensare a momenti casuali della sua vita”.
“Ad esempio cosa dirò per mascherare la mia scomparsa di questi giorni”
“A John?”
“All’Inghilterra” la corresse. “Neanche Mycroft sa che sono qui”
“Probabilmente sotto sotto lo sa. Il funzionario di governo e suo fratello sono due persone piuttosto distinte, e non credo che lei se ne renda conto”
“Mh” mormorò Sherlock. “Se ne è convinta...”
“Mi sembra di aver dimostrato che sono abbastanza brava a decifrare la gente, Mr. Holmes”
“Potrei dire la stessa cosa”
Non si rese conto di averle lanciato uno sguardo come se la stessa attaccando, non fino a quando lei non raccolse il suo guanto di sfida: ricambiò lo sguardo. Dio, lo ricambiò. Un'occhiata era la cosa più intima che si fossero mai scambiati - le iridi celesti di Sherlock si erano macchiate di depravazione più di quanto qualunque mano o bocca avesse mai fatto, semplicemente posandosi sulla figura nuda di Irene mesi addietro. Attraverso innumerevoli sguardi e poche parole, avevano espresso complicità, ammirazione, rivalità, conflitto. Attrazione? Sherlock non ne era sicuro. E le cose di cui non era sicuro, di solito erano quelle a cui non prestava particolare attenzione. Ma non prestare attenzione a Irene Adler era complicato. Quegli occhi – immensi, furbi e provocanti – gridavano per essere al centro dell'attenzione di Sherlock, e la cosa più sgradevole era la consapevolezza che spesso c'erano.
Irene sorrise ancora, ritraendo le labbra già di per sé sottili. “Ma, a differenza sua, io riesco ad essere oggettiva anche sulle persone che mi sono più vicine”
Lui fu svelto a rispondere. “Non è stata oggettiva su di me”
“Non sono stata oggettiva sul modo di agire in relazione a lei. E’ diverso”
Tentando in ogni modo di trattenere un sorriso, tornò a poggiare la nuca sullo schienale della sua poltrona. Prese ad osservare passivamente la porta che separava loro dalla cabina di comando. “Se ne è convinta...” ripeté.
Lei emise un risolino roco con noncuranza, o forse finse soltanto di essere noncurante.
Per qualche motivo, Sherlock sapeva che avrebbe rotto di nuovo il silenzio, così si mise a contare i secondi d’attesa.
Ventuno... Ventidue...
“Immagino che dovrei chiedere al grande detective cosa ne sarà di me”
Senza pensarci, erano tornati a non guardarsi. “Tra cinquantatre minuti atterreremo a Sukhumi, dove verrà scortata ad un altro aereo”
“E dovrei fidarmi delle persone che mi accompagneranno”. Non era una domanda.
“Non credo abbia molta scelta”
“Lei non verrà con me”. Neanche questa era una domanda.
Sherlock aprì bocca, ma solo dopo un paio di secondi proseguì: “Avevamo bisogno di allontanarci in fretta dal territorio pakistano e, fortunatamente, gente di un certo prestigio in Georgia mi deve qualche favore: li ho chiamati e ho fatto organizzare tutto perché ci aspettino all’aeroporto di Sukhumi. Le hanno già procurato una nuova identità, riceverà i documenti e ogni informazione necessaria dai suoi accompagnatori”
“Dove mi porteranno?”
“Lontano da qui”
E lontano dall’Inghilterra. Questo non lo disse.
“E’ stato difficile trovare un Paese dove la Donna non avesse creato scompiglio” aggiunse invece.
Avvertì il corpo di Irene accanto a sé rilassarsi, la testa abbandonarsi sullo schienale. La manica della giacca sfiorò il suo gomito sul bracciolo.
“Italia...” sospirò la voce di Irene, come in estasi.
“Come sa che parlo dell’Italia?”
“Lì oppure l’Africa. E so che ha scelto per me la meta più fattibile sotto ogni punto di vista. Di classe, bellissima, affascinante, tentatrice... Il Paese adatto a me”
“Pericolosa. Ostile. Senza morale. Perversa. Potrei averla destinata all’Africa, Miss Adler”
“Non l’ha fatto”
“Ne è sicura?”
Lei lo guardò ancora, ma stavolta Sherlock continuò a evitare la sua figura. “Forse sono ostile, forse pericolosa. Ma non sono caratteristiche che l’hanno mai preoccupata. Al contrario, la tentazione l’ha colpita come un mattone, appena mi ha conosciuta”
Il detective si fece uscire un risolino secco e sarcastico. “Temo che si sia fatta un’idea sbagliata del nostro primo incontro”
“Ma davvero? Perché non mi dice quale dei due Paesi ha scelto veramente per me, allora?”
Tacque. E allora fu Irene a ridere.
“Come pensavo”
Le labbra di Sherlock si schiusero a mezz’aria, come fiduciose che lui avrebbe trovato all’istante un modo per ribattere. Ma ad attraversarle non arrivò neanche una parola. Forse Irene lo notò, perché ridacchiò di nuovo e prese ad agitarsi sul sedile: rannicchiò il proprio corpo verso sinistra, in modo da poter adagiare la testa contro la spalla di Sherlock. E lui non mosse un muscolo, si limitò a chiudere la bocca e accettare il proprio silenzio.
“Ho sempre desiderato vedere l’Italia...”
Senza un vero motivo, solo in quel momento si accorse che Irene non gli aveva mai fatto la domanda più importante. “Perché è venuto a salvarmi?”. Era abituato alle domande seccanti, ai lenti ragionamenti che la gente comune portava avanti a fatica dinnanzi alle sue azioni “inspiegabili”. Si sarebbe aspettato una domanda simile, da lei. Oppure, forse se la sarebbe aspettata dalla gente comune, e continuava a sottovalutare Irene Adler. Forse lei sapeva benissimo il motivo di quel salvataggio.
Ma - a differenza del grande Sherlock Holmes quando aveva scoperto la password del suo cellulare – Irene ebbe il buon gusto di tacere. Abbandonarsi contro l’uomo accanto a sé. Godersi quegli ultimi cinquantatre minuti.






















Un'Adlock non poteva mancare al mio profilo di EFP, nossignore. Scandalo a Belgravia è l'episodio che più amo, senza neanche un dannatissimo bacio questi due sono riusciti ad esprimere più passione di molte coppie che vedo saltarsi addosso regolarmente.
Ho deciso di inscenare ciò che avviene dopo l'episodio MA di non spingermi fino al loro addio, perché il mio animo romantico aveva bisogno di sospendere questa scena nel tempo, di sentirla eterna. E spero di essere riuscita ad esprimervi la stessa cosa, quindi fatemi sapere cosa ne pensate ^^

Il titolo è preso dal testo di Bad romance di Lady Gaga (mi sembrava perfetta *-*)

Ormai sono diventata la persecuzione della sezione Sherlock, quindi se vi va di saperne di più sul mio lavoro in questo e altri fandom, vi lascio la mia pagina di Facebook.

Un abbraccio a tutti, vado a fare colazione che forse sarebbe ora ._."


V
  
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