Appena passato il
vortice, mi ritrovo nel covo di Kadosh.
È tutto buio e fumoso,
non capisco da dove provenga la luce; vedo a malapena l’agente dell’HYDRA
rapito e poi, ecco, c’è lui.
Non ha la maschera
grigia, come nei suoi stupidi video; i fluenti capelli corvini gli scendono
lungo il viso. Di certo non si aspettava di vedermi, per lo stupore inarca un sopracciglio. I suoi
occhi caotici si posano su di me, sento un brivido! Con voce pacata e maliarda,
ma in un qualche modo fosca, mi chiede: “E tu che ci fai qui?”
Il mio cuore batte
troppo forte, sono di nuovo dinnanzi alla mia nemesi, all'uomo che ho giurato
davanti alla dea MAAT di fermare. Quando mi sono gettata nel vortice sapevo che
sarei arrivata da lui ma, allo stesso tempo, non lo sapevo. E' stato istinto,
incoscienza a farmi balzare e ora non so cosa fare. Rimango dunque ferma e
muta, sopraffatta dall'emozione e dallo stupore.
“Va bene, rimani.” dice
lui, calmo, come se in realtà questo inconveniente della mia presenza non lo
disturbasse affatto, come a sottolineare il poco conto in cui mi tiene, come se
io non fossi una minaccia, come se non fossi stata io a mandare a monte i suoi
ultimi piani, come se non fossi io che lo conosce a fondo.
Mentre sono un poco
interdetta per il suo disprezzo, non mi accorgo della magia che sta evocando.
Artigli neri e giganti
compaiono dal nulla e mi ghermiscono per poi immobilizzarmi al muro.
“E ora veniamo a te.” dice
Kadosh, rivolgendosi all'uomo che ha rapito dal treno
“Dov'è il mio taccuino?”
“Oh quello ce li ho io!” esclamo,
per poi correggermi “No, forse l’ho lasciati sul treno.”
No, accidenti, non
avrei dovuto dirlo … Maledizione! Ma non è del tutto colpa mia, è che quando
c’è Ispas … Kadosh nei
paraggi, devo stare molto concentrata o mi vengono da fare queste sciocchezze!
“Ah, allora i tuoi amici me li
riporteranno.” è imperturbabile. Borbotta qualcosa che
non riesco a sentire e, d’improvviso, l’uomo a terra non dà più segni di vita.
Rabbrividisco.
“No, stanno andando a Bratislava, da Rostislav.”
No, di nuovo! Ma avrà
una sorta di aura che obbliga a dire la verità o questa nebbia è strana?
“Rostislav? Lo
conosco ...” è enigmatico. “Dovrò preparare una
buona accoglienza per i tuoi amici.”
“No, andranno da Rostislav,
non verranno qua.”
“Non ti salveranno?” domanda
retoricamente e divertito Kadosh.
“È
più importante fermare l’HYDRA, io non mi salverei.”
“Ma tu, sei tu. Se loro hanno il mio
taccuino .. beh, faremo uno scambio.”
Non aggiunge altro, il
fumo lo avvolge, quasi il suo corpo stesso diventasse di nebbia e, mentre la
sua figura si dissolve, i suoi occhi brillano e lui dice: “Un abbraccio, Kadosh.”
Mi ritrovo sola, in
questa stanza buia, o quasi: c'è una fiochissima luce
endogena che mi permette di distinguere le sagome, ma è davvero troppo lieve.
Prigioniera di Ispas … di Kadosh, accidenti, di Kadosh! Quando finirò di chiamarlo Ispas?
Sono comunque sua
prigioniera ... non mi era mai capitato. Finora, da due anni a questa parte, lo
avevo incontrato solo affrontandolo in combattimento, lui non è mai stato in
mano mia, né io in mano sua e le nostre conversazioni sono sempre state
circoscritte a qualche scambio di minaccia e insulto durante i nostri duelli.
Sono sorpresa che non mi abbia aggredita, ma si sia limitato ad ... incatenarmi
non è proprio il termine più corretto, dato che sono artigli quelli che mi
tengono bloccata a questo muro, ma il concetto è il medesimo.
Quando mi sono trovata
davanti a lui e ho capito che sciocchezza era stata infilarsi in quel vortice
nero, ho supposto ci sarebbe stato uno scontro e, quando mi sono resa conto,
che mi aveva solo immobilizzata sono rimasta decisamente perplessa: con tutte
le volte che ho rovinato i suoi piani, lui non prova rancore per me? Da uno come
lui mi aspettavo torture, vendete, e invece non ha fatto nulla di tutto ciò ...
Forse non è così
malvagio come credo ...
O forse adesso è
impegnato e ci penserà più tardi a farmi rimpiangere di averlo ostacolato. Già,
ha detto che vuole proporre uno scambio ai miei compagni, se verranno (speriamo
si tengano alla larga); probabilmente, una volta riavuto il suo taccuino,
catturerà anche loro e allora non avrà più bisogno di tenermi in buono stato.
Sì, dev’essere così, non posso credere che abbia una
così scarsa considerazione di me!
Forse questa attesa
nell'ignoto è già di per sé una tortura psicologica da parte sua, forse l'ha
fatto per farmi sentire debole, indifesa e per farmi assaggiare il sapore della
paura dell'incertezza …
Si sbaglia! Se crede
ch'io me ne starò qui tranquilla ad aspettare che lui torni, è in grosso
errore!
Artigli imprigionanti,
dunque, vediamo un po' se capisco che cosa gli ha generati ...
Mi concentro, espando
i miei sensi ... cerco la connessione col flusso astrale … ecco mi pare di
esserci, provo a forzarli ...
“Non conviene mai tentare di liberarsi,
questi cosi sono sempre affamati.” risuona cristallina
la flemmatica voce di Isp … Kadosh.
Dove sei, maledetto?! Dove
sei?
AAAAH!
Che diamine è?!
Il dolore di un grosso tafano che ti punge, ma
non è solo un attimo, continua! Mi fa male lì, al polpaccio destro. Pur
riuscendo a muovere poco il collo, guardo in basso e vedo sangue colare. Ora ho
capito, questi dannati affari non sono proprio solo artigli, hanno minuscole
bocche e ora una di queste mi sta lentamente mangiando ...
Ecco!: questo è il Kadosh che conosco io!
Ah, accidenti sento un
altro bruciore attorno al morso ... deve essere bava corrosiva; per fortuna proteggermi
da essa non è difficile per il mio potere arcano.
E ora? Cosa fare? Non
mi va di riprovare a liberarmi, non vorrei fallire di nuovo e trovarmi divorata
da altri cosi. Forse mi conviene davvero aspettare che Kadosh
torni e poi affrontarlo. Fury e Barton non saranno
così stupidi da provare a cercarmi, sanno meglio di me che Rumlow
e Rostislav sono pericolosi e, dunque, avranno
proseguito per Zilina; verranno a cercarmi risolta
quella faccenda.
Kadosh
sembrava così sicuro che sarebbero venuti qua, probabilmente si stancherà di
aspettare e quindi si rifarà vivo da me e allora giocherò le mie carte.
Intanto entro in
meditazione, così da rigenerare un po’ le mie energie.
Mentre Afdera era nei sotterranei del
castello di Kadosh e Fury e Barton
erano in treno in attesa di giungere a Vienna, Natasha
era pronta per entrare in azione.
Era decisa a voler uccidere Rostislav: uomo subdolo, viscido, avido e abbietto come ne
aveva già visti molti nella sua vita. Ucciderlo non le sembrava certo un
peccato. Avrebbe potuto farlo tranquillamente la sera prima, ma Fury si era
raccomandato talmente tanto per quella bottiglia, che voleva vederla e controllare
se sparisse oppure no.
La donna si era abbigliata e agghindata
con cura, si era data un po' di matita nera sugli occhi, affinché risaltassero
maggiormente, si era allungata le ciglia e si era strofinata le labbra con un
lucido perlato. Si guardò un'ultima volta allo specchio: era proprio la
bambolina che doveva essere. Si mise a sedere sul divano, leggendo un libro, in
attesa che Rostislav arrivasse; quando l'uomo giunse,
lei lo fece aspettare una buona mezz'ora: era strategia, ovviamente. Infine
scese e salì sulla limousine in cui trovò l'uomo, impaziente di portarla a casa
sua.
Durante tutto il tragitto, Rostislav allungò le mani più volte, ma Natasha
non ebbe certo problemi a tenerlo a bada. Una volta giunti alla villetta
dell'uomo, si accomodarono in salotto e lui le servì champagne e qualche
pasticcino.
“Allora, Anya,
ti piace la mia casetta?” le chiese Rostislav,
passando un braccio dietro alle spalle della donna, seduta sul divano accanto a
lui.
Natasha, che aveva usato come
nome di copertura Anya, rispose con tono sbadato: “Sì,
è carina, non c'è male.”
“Non c'è male?” si stupì il padrone “È
la prima volta che qualcuno si limita ad un commento così misero, solitamente
si guadagna lodi sperticate.”
La donna aveva deciso di punzecchiare
l'orgoglio dell'uomo, in modo da farlo decidere a prendere la bottiglia,
temendo che se gliel'avesse chiesta lei, lui si sarebbe insospettito e avrebbe
potuto negargliela.
“Forse sarà una grande attrazione per le
provincialotte di questa zona ma, credimi, ho visto posti
di gran lunga superiori.”
“Eppure è una delle migliori ville della
regione!” replicò l'uomo.
“Sarà...”
“A cosa sei abituata?”
“Qualcosa di più sofisticato od elegante
o, perché no, artistico. Qui su vede che il mobilio è di qualità, ma non c'è
alcun gusto nell'arredare. Alcune cose stonano parecchio le une con le altre.”
“Capisco, è sicuramente colpa di mia
moglie: è lei che si occupa di queste cose e non è mai stata raffinata.
Possiamo, però, revisionare tutto secondo il tuo gusto, per qualche ora.”
“Ah sì? E come?” finse meraviglia la donna.
“Con la bottiglia, ovviamente.”
“Con la bottiglia? Ma allora eri serio!
Io pensavo scherzassi!”
“Oh, non su questo.” Rostislav
sorrise “Allora? Vuoi vederla?”
“Oh, sì! Sarebbe meraviglioso!”
“Allora aspettami qua.”
“Non mi muovo.”
L'uomo si allontanò per una decina di
minuti, poi tornò con una bottiglia: sembrava parecchio vecchia, non c'era
nemmeno il segno della saldatura dei due lati, quindi non era stata costruita a
stampo. Il vetro era trasparente e all'interno sembrava vorticare qualcosa, a
una velocità tale che l'occhio umano non poteva distinguere.
“È questa, dunque?” chiese Natasha, trepidante.
“Esatto. Esprimi un desiderio.”
“Non saprei...” la donna si ricordò che
Fury le aveva detto di non esprimere desideri in presenza della bottiglia.
“Ti mostro io.” Rostislav
si accostò alla bottiglia e sussurrò alla bottiglia: “Voglio dei gioielli da
regalare a questa splendida creatura.”
Dopo l'uomo iniziò a vagare per la
stanza.
“Ebbene?” chiese Natasha
“Non vedo nulla.”
“Aspetta ...”
La donna iniziò a dubitare che quella
fosse la bottiglia che stava cercando. Si alzò in piedi, nel far ciò fece
cadere un cuscino e si sentì un tintinnio metallico. Natasha
prese il cuscino, aprì la federa e all'interno trovò un collier e dei
braccialetti d'oro che era sicura prima non ci fossero. Ebbe così la conferma
che aspettava. Finse stupore e gioia, indossò i gioielli, poi si avvicinò
all'uomo per abbracciarlo e baciarlo, o almeno questa era l'impressione.
Arrivata a lui, invece, gli prese il collo e senza esitazione o fatica glielo
spezzò. Rostislav cadde a terra senza vita. Natasha, soddisfatta, si guardò attorno e constatò che la
bottiglia non era scomparsa, come auspicato da Fury. Pensò a cosa fare: l'ex
direttore le aveva dato istruzioni precise al riguardo, decise comunque di
telefonargli e chiedere conferma degli ordini.
“Negativo.” le disse Fury "Non la
toccare, aspettaci lì, io e Barton arriveremo al più
presto.
Giunti in stazione poco dopo le 19, i
due uomini si erano quindi divisi a Vienna, ognuno, col proprio mezzo di
trasporto, era partito alla volta della propria missione.
Fury si era tolto il travestimento e
aveva indossato nuovamente la tua di kevlar e la benda sull'occhio; poi aveva
cercato una zona isolata e lì aveva attivato la modalità di volo e i
propulsori. Il SUV si sollevò di diversi metri, poi sfrecciò a una velocità di
oltre 400 chilometri orari. Il paesino di Nagyecsed
era in Ungheria, vicino al confine con la Romania, a circa 500 chilometri da
lì, quindi avrebbe impiegato circa poco più di un'ora prima di arrivare. Afdera
aveva detto che Kadosh era un nobile rumeno,
evidentemente la sua famiglia aveva possedimenti anche in Ungheria.
Il cognome era Bathory,
un cognome terribilmente noto. Era una famiglia che aveva dato alla luce
condottieri, un re di Polonia e molti principi di Transilvania; l'esponente
della dinastia maggiormente noto era però la Contessa Erzbeth
Bathory, detta anche la Contessa Sanguinaria, nota
per aver ucciso sicuramente almeno 100 persone, sospettata dell'omicidio di
altre 200; le vittime erano state tutte ragazzine, torturate; la contessa Bathory faceva il bagno nel loro sangue.
Kadosh veniva proprio da una
famigliola poco raccomandabile e alquanto truce.
Fury occupò il tempo del viaggio
raccogliendo un po' di informazioni sulla famiglia, su Kadosh
(di cui ora sapeva il vero nome), sul castello a Nagyecsed
e così via. Certo, non aveva abilità da hacker, ma riusciva ad ottenere
discreti risultati. Ispas Vlad
Dragos Bathory di Ecsed era nato proprio a Nagyecsed
nel 1981, il 3 aprile; laureato a pieni voti in Tradizioni Comparate;
collezionista di rarità d'antiquariato, più volte campione nazionale sia di
scherma che di lotta libera. Appariva come il classico rampollo di un
importante casata che può permettersi di studiare e fare esercizio, senza
bisogno di guadagnare denaro. Era ritenuto un massimo esperto in folklore,
mitologia e religioni.
Fury notò una certa affinità tra gli
interessi di Afdera e quelli di Kadosh, poi si disse
che ciò era dovuto al fatto che fossero entrambi occultisti, anche se il suo
amico Stephen era diverso.
Raccolti questi pochi dati, il tempo era
ormai passato e Fury si accorse di essere ormai in prossimità della meta,
decise quindi di trovare un posto dove atterrare per entrare in città con
discrezione. Lasciò il SUV posteggiato vicino a un campo coltivato, poiché
centinaia di metri dietro al maniero. Voleva intrufolarsi nel castello per
cercare e liberare la ragazza senza far scoprire la propria presenza. Aveva
considerato l'ipotesi di una trattativa diplomatica, ma dubitava di avere
alcunché con cui indurre Kadosh ad un accordo.
Non c'era nessuno attorno, erano ormai
le ventuno, tutto era buio e gli agricoltori erano nelle proprie case. Fury
attraversò i campi e giunse alla cinta muraria del castello senza alcuna
difficoltà; con pari semplicità si arrampicò sulle mura e le scavalcò. Una
manciata di secondi dopo aver messo piede a terra nel cortile interno, l'uomo
sentì detto latrati e subito dopo vide sopraggiungere cinque alani sia da destra
che da sinistra. Non si spaventò, prese la pistola vuol silenziatore e di sparò
agli animali. Cinque colpi, tutti ben piazzati in mezzo alla fronte delle
bestie. I cani caddero a terra, morti o forse non proprio: con gran stupore
dell'intruso, essi si trasformarono in fumo e svanirono.
Fury rimase interdetto qualche secondo,
poi si scosse: non aveva tempo da perdere.
Scrutò il maniero, individuò un'ala non
illuminata e, quindi, non utilizzata in quel momento, vi si diresse e osservò
le finestre: quelle del pian terreno erano a un metro e ottanta d'altezza, gli
scuri erano aperti, ma c'erano delle inferiate e i vetri erano chiusi.
Fury si arrampicò e si mise in piedi sul
davanzale di una finestra, poi prese il suo punteruolo laser e lo usò per
tagliare le inferiate e aprirsi un varco nel vetro; l'ultima volta che aveva
usato quel gioiellino era stato per salvarsi la vita, per fuggire al soldato
d'inverno, dopo che l'HYDRA aveva attaccato lui e il suo SUV.
L'uomo, essendosi aperto un passaggio,
entrò nel castello e si trovò in vari salone, probabilmente usato per i
ricevimenti o i balli e al momento chiuso. Era tutto buio, lui prese gli
occhiali speciali con oscuro visione, li indossò e poté aggirarsi nelle tenebre
come se fosse stato giorno; dunque iniziò la sua ricerca.
Si mise a girovagare per i corridoi,
stando ben attento a controllare sempre che fossero liberi, prima di
imboccarli. Avrebbe voluto usare i raggi X per controllare le stanze senza
dovervi entrare, ma sfortunatamente, quando impostava gli occhiali su quella
modalità, non otteneva risultati. Chissà, forse si trattava di magia, oppure
semplicemente del fatto che le pareti dei castelli fossero spesse almeno un
metro e mezzo. Non potendo fare diversamente, Fury doveva aprire ogni porta per
controllare e, in fondo, ogni volta era un rischio, anche se era abbastanza
certo non ci fossero persone in quell'ala. Sperava di trovare un qualche
indizio circa dove si trovasse la ragazza.
Aprì una prima porta e si stupì di
trovarci oltre una serra: tantissime piante di varie specie e tipologie, aria
calda e umida. L'uomo non avrebbe saputo dire se Kadosh
fosse un appassionato anche di botanica o se quelle piante gli servissero per
pozioni o roba del genere.
Andò avanti, aprì un'altra porta e vide
un'onda venirgli contro con n tale impetuosità che frecce appena in tempo a
chiudere la porta per non essere travolto.
Quella casa iniziava ad essere
inquietante e quindi anche molto interessante per Fury.
Dietro ad un terzo uscio trovò un muro
di fuoco e fiamme; al quarto una ricca collezione di pietre, c'erano minerali
di ogni tipo: diaspri, giade, agate, selenite, calcite, avventure, labradorite,
quarzi e molte, molte altre ancora.
Fury proseguì e trovò una quinta porta,
entrandovi avvertì una leggera brezza, lanciò una rapida occhiata e vide tante
ampolle apparentemente vuote. Incuriosito, si avvicinò ad una di esse e lesse
l'etichetta: Scirocco. L'uomo aggrottò la fronte, non capendo; me prese
un'altra e vide scritto: Tramontana. C'erano poi anche: Bora, Ostro, Libeccio,
Zefiro e tutti gli altri nomi dei venti. Fury azzardò ad aprire un'ampolla
appena, appena, quella dello scirocco, e sentì uno spiraglio di vento umido e
caldo. La richiuse subito e decise di mettersi in tasca quella e altre due boccette
per farle poi analizzare.
Uscì dalla stanza e tornò alla ricerca
della giovane. Provò un'altra sala e questa volta non trovò nulla di strano, ma
solo lugubre: un salone con le pareti foderate di velluto nero, decorato con
arabeschi d'oro e d'argento, un grosso tavolo ovale circondato da scranni in
legno, dagli alti schienali. Teschi umani usati come candelieri, uno come
tazza. Al centro del tavolo c'era una grande vasca d'acqua. Fury provò ad
ispezionare meglio quel luogo e trovò pergamene scritte con uno strano
inchiostro marrone...sangue, forse? Trovò altri oggetti come vasetti,
pentoloni, lamine di metallo con disparte incisioni. L'uomo dedusse che si
trattasse di una sorta di laboratorio alchemico, quindi uscì.
Fury si stava ormai allontanando dall'ala
del castello da cui si era introdotto e quindi iniziò a stare all'erta. Era
passato sotto un’arcata sormontata dallo stemma della famiglia Bathory: uno scudo rosso con sopra disegnato un drago dalla
coda a spirale e il muso a becco, sullo sfondo un gambo con delle spine.
La stanza successiva in cui entrò si
rivelò essere una vasta biblioteca. L'attraversò e, dal lato opposto rispetto a
quello da cui era entrato, trovò un grande caminetto. Fury lo ispezionò e lo
trovò lindo, gli sorse quindi un dubbio. Attivò nuovamente la visione a raggi X
negli occhiali per osservare il caminetto e questa volta riuscì a vedere che
cosa nascondesse: un passaggio segreto. Dal focolare si apriva in un qualche
modo una porta oltre la quale si trovava una scala a pioli. Coi raggi X, Fury
individuò subito il meccanismo che apriva il passaggio e quindi lo azionò. Il
varco si aprì e lui poté accedere alla scala a pioli che andava sia in alto che
in basso. Ragionò circa dove andare e alla fine decise di prendere la via più
ovvia quella che scendeva nei sotterranei.
Mi desto dalla mia
meditazione
Quanto sarà passato da
quando sono qua? Non so quantificarle in ore. Sono stufa d’attendere, proverò
di nuovo a liberarmi.
Mi concentro di nuovo,
cerco di percepire la vera essenza del sortilegio che mi incatena. I miei occhi
si illuminano di blu, finalmente concepisco la sostanza di questo incantesimo
riesco a imporre la mia volontà e quindi ad indebolire la stretta degli
artigli, a farli aprire pian, piano.
Perfetto, ora c'è
abbastanza spazio per permettermi di scivolare via senza difficoltà. Non mi
resta che uscire da qua.
Qui, però, è sempre
molto buio, non so quanto sia grande la stanza, meglio se cammino rasente al
muro. Toh, gli artigli sono svaniti! Significa che Kadosh
sa che sono libera? Mah!
Cammino e presto
raggiungo in prossimità di una scala a pioli, dritta in piedi, non ne vedo la
fine, ma sento dei passi. Chi è?
Non ho tempo di fare
nulla e mi accorgo che è Fury che sta scendendo.
“Perché non siete andato a Bratislava?”
lo rimprovero, mentre coi piedi tocca terra.
“Ci sta pensando Barton.
Sono felice di vederti viva; ora, però, andiamocene.”
Fury fa per andarsene,
ma non può farlo, nessuno può. Senza darci il tempo di fare alcunché, la scala
scompare d'improvviso ma ecco che ricompare lui.
È come se ci fosse il
fruscio di un mantello sollevato dal vento e poi davanti a noi compare Kadosh, perfettamente composto, schiena dritta, riesce ad
essere maestoso, percepisco un'aura strana che lo avvolge, lui emana forza, è
il suo potere, la sua sicurezza.
Con l'estrema calma di
chi sa di avere il coltello dalla parte del manico, afferma serafico: “Lei può uscire, la
sua presenza qui è stato un inconveniente. Voglio, però, che mi restituiate i
miei appunti.”
“Appunti di cosa?” chiese Fury, per
prendere tempo, ma l’altro non abboccò.
“Li avete voi, ora, vero?” domanda
Kadosh, con un tono che vorrebbe essere cordiale ed
effettivamente lo è abbastanza, ma non riesce a nascondere del tutto un vago
cenno di scherno.
“Ce li ha un nostro amico.” spiegò l’ex
direttore.
“Il nome.” Kadosh
è imperativo.
Fury è determinato a
non parlare, per fortuna! Ero già pronta a dirgli di tacere. Io, fossi in lui,
direi un nome inventato ... ma non posso certo parlare io, saprebbe che è una
menzogna. In ogni caso, effettivamente, non starebbe bene mettere nei guai una
persona qualsiasi.
Fury e Kadosh
si stavano scrutando fissamente negli occhi, nessuno dei due voleva cedere e
distogliere per primo lo sguardo; poi Kadosh sorrise
e spiegò candidamente: “Rivoglio solo i miei appunti, non è un problema
vostro.”
“I tuoi appunti saranno un problema nostro.”
gli ringhiò Afdera.
So perfettamente che
qualsiasi cosa stia studiando, la userà presto o tardi per i suoi loschi scopi.
Ispas
… Kadosh allora posa il suo sguardo su di me (non lo
aveva ancora fatto; odio come ostenta il fatto di ignorarmi!) e parla come se
si sentisse un grande maestro che spiega una somma verità: “Saranno problemi
vostri in futuro, pensa al presente.”
La nostra ostinazione
non gli piace, ma non si irrita, anzi quasi considerandoci patetici, come per
domandarci perché ci stiamo complicando le cose, sospira: “Bene adesso vi
lascio col mio amico, poi riparliamo.”
Lo sento pronunciare
parole in aramaico che vanno scrivendosi su un foglietto che stringe tra
l'indice e il medio, poi lo infila in qualcosa, forse un fessura, ad un altezza
maggiore della sua. Del fumo si solleva da terra e Kadosh
scompare. Poco più in alto di dove è stato lasciato il biglietto si accendono
due luci rosse: è un golem!
Fury, senza battere ciglio, estrasse una
delle pistole e sparò alcuni colpi, che tuttavia non ebbero effetto.
Ispas,
hai fatto una pessima scelta questa volta!
Ti sei scordato che
sono ebrea e che la qabbala non ha segreti per me?
Afdera pronunciò alcune lettere ebraiche
che andarono ad intaccare le difese magiche del golem. Fury sparò di nuovo e
finalmente qualcosa iniziò a creparsi o a sgretolarsi, ma parti marginali: non
è ancora abbastanza per fermarlo, è necessario indebolirlo maggiormente.
L’uomo, continuando a sparare contro il
golem e cercando di mettersi al riparo dai suoi attacchi, urlò: “Idee?”
“Non saprei, io posso continuare con la
magia, per fermarlo definitivamente bisognerebbe togliere il biglietto che ha
nella fessura della bocca.”
“Tutto qua? Perché non l’hai detto
subito?”
Fury fa una cosa molto
eroica: ripone la pistola e si avvicina al mostro, cercando di provocarlo. Il
golem prova a coprirlo con un pesante pugno, ma Fury è parecchio in gamba,
schiva il colpo senza perdere la sua compostezza, poi rapidamente infila la
mano nella bocca dell'essere ed estrae il biglietto.
Il golem subito si arresta e torna ad
essere solo una statua.
La ragazza esultò, ammirata. L’uomo fece
un cenno con la mano, come per dire che era stata una sciocchezza.
“Siamo al punto di partenza: senza una
scala, non sappiamo come uscire di qua.” sospirò Afdera “Questa è casa di Kadosh, il suo potere è più grande qui, poiché avrà molti
artefatti. Non conosco bene il tipo di magia che può avere usato per la scala,
ma voglio provare a farla apparire io.”
“Brava, sono certo che puoi riuscirci.”
Mi concentro, mi sforzo
... Non è semplice ... ma ... Eccola!
Ce l'ho fatta! Ce l'ho
fatta! Non mi sembra vero, ma la scala è lì.
“Saliamo.” disse Afdera, contentissima,
con un gran sorriso in volto.
“Aspetta.” la fermò Fury “È meglio se ci
portiamo dietro questo bestione, tu sai come farlo funzionare, vero?”
“Certo.” rispose lei, prese carta e
penna e scrisse l'ordine di proteggerli, poi lo infilò nella bocca del golem.
Il golem si animò nuovamente, questa
volta come alleato, precedette sulla scala i due umani.
Mentre saliamo, sento
una scarica elettrica che mi attraversa tutta, vacillo, ma riesco a tenermi
attaccata ai pioli.
“Cos'hai? Tutto bene?” domandò Fury,
accorgendosi del suo traballare.
“Voi non avete sentito nulla?” chiese
lei. stupita.
Come possono non aver ricevuto
quella forte scossa?
“No, niente.”
Mi sembra stano, ma va
beh, ignoro la cosa e continuo a salire, bisogna uscire alla svelta.
Arrivarono in biblioteca, si
affrettarono a cercare l’uscita. Fury si stupì nel vedere che Afdera sapeva esattamente
come muoversi e lo condusse rapidamente al portone principale del maniero senza
difficoltà. Uscirono, sempre di buon passo attraversarono il cortile, sorpresi
di non incontrare opposizione. Arrivarono al cancello posto a chiudere
l’ingresso dalle mura; la ragazza pronunciò un incantesimo e lo aprì. Varcarono
il confine tra la proprietà della famiglia Bathory e
il suolo pubblico.
Appena misero piede fuori dalla
proprietà privata di Kadosh, il golem che li seguiva
si crepò e si sbriciolò, riducendosi a un ammasso di cocci, ma nell’aria
volteggiava un foglietto. Afdera, perplessa, lo afferrò e lo lesse a denti
stretti:
“A volte le informazioni giuste puoi ottenerle con le
buone, altre volte con le cattive, altre volte semplicemente pensandoci. Un abbraccio,
Kadosh.”
Dannazione! Ora
capisco! Stupida, stupida che sono! Le scale le ha fatte riapparire lui, non
io! E quella scossa elettrica ... deve avere usato una tecnica mesmerica per
leggere le nostre menti! Maledizione!
E ora pure questo
biglietto, per farci sapere come lui è riuscito ad ottenere ciò che voleva, per
sottolineare il suo potere ... con questa dannata presa in giro dell'abbraccio
...! Dio, Dio, quanto lo detesto.
“Chi ha il suo taccuino?” domandò la
ragazza, in preda all’agitazione.
“Perché?
E che significa quel biglietto?”
“Prima,
mentre eravamo sulla scala a pioli, ho sentito una scossa, sono certa che in
quel momento Kadosh abbia letto la vostra mente per
sapere dove fosse il suo taccuino. Chi ce l’ha? Non voi, altrimenti non ci
avrebbe fatti uscire.”
“No,
infatti, l’ha preso l’agente Barton.”
“Dobbiamo
tornare dentro!” esclamò lei “Dobbiamo impedirgli di raggiungerlo!”
Afdera
fece per tornare indietro, Fury le si parò davanti e la bloccò, chiedendole:
“Che cosa c’è in quel quaderno? Perché non vuoi che lo recuperi?”
“Non
so a cosa stia lavorando, ma sicuramente è qualcosa di pericoloso!”
“Anche
se lì dentro ci sono gli appunti dei suoi appunti, è molto probabile che lui
possa arrivare alla conclusione dei suoi studi anche senza di quelli.”
“No,
io devo …”
Afdera
non poté concludere la frase. Fury aveva estratto una piccola bomboletta spray
di cloroformio e l’aveva sulla bocca e sul naso della ragazza che cadde
addormentata. L’uomo la sorresse, poi se la caricò in spalla e tornò verso il
SUV, inviando un messaggio a Barton: Non difendere il taccuino a costo della
vita.