Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D.
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Autore: DirceMichelaRivetti    22/12/2014    1 recensioni
Nick Fury non rimane certo fuori dai giochi, sebbene abbia lasciato la direzione del nuovo SHIELD a Coulson.
Fury porta avanti la sua lotta all'HYDRA: ha i mezzi per farlo e il supporto degli agenti Burton e Romanoff, all'occorrenza.
Presto scoprirà che l'HYDRA potrebbe essere ancora più pericolosa di quanto si creda; incontrerà nuovi alleati e nemici; oggetti e luoghi misteriosi e inquietanti.
Le indagini di Fury si intrecceranno con quelle del nuovo SHIELD e si rivolgerà anche a Coulson e ai suoi per poter far fronte alle varie minacce che si profilano.
Inoltre, rimane da svelare il mistero che circonda le origini di Skye.
Fitz, poi, sta cercando il proprio riscatto, il modo per tornare come prima o anche migliore.
Ho messo l'avviso "spoiler" perché seguo la serie in inglese e, quindi, ogni tanto potrebbero esserci delle anticipazioni.
Ho messo "What if" perché, pur cercando di aderire il più possibile alla serie, ho sviluppato una mia idea circa l'alieno della Guest House, circa Skye e circa le incisioni e la porterò avanti.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Fury, Nuovo personaggio, Phil Coulson, Un po' tutti
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Appena passato il vortice, mi ritrovo nel covo di Kadosh.

È tutto buio e fumoso, non capisco da dove provenga la luce; vedo a malapena l’agente dell’HYDRA rapito e poi, ecco, c’è lui.

Non ha la maschera grigia, come nei suoi stupidi video; i fluenti capelli corvini gli scendono lungo il viso. Di certo non si aspettava di vedermi,  per lo stupore inarca un sopracciglio. I suoi occhi caotici si posano su di me, sento un brivido! Con voce pacata e maliarda, ma in un qualche modo fosca, mi chiede: “E tu che ci fai qui?”

Il mio cuore batte troppo forte, sono di nuovo dinnanzi alla mia nemesi, all'uomo che ho giurato davanti alla dea MAAT di fermare. Quando mi sono gettata nel vortice sapevo che sarei arrivata da lui ma, allo stesso tempo, non lo sapevo. E' stato istinto, incoscienza a farmi balzare e ora non so cosa fare. Rimango dunque ferma e muta, sopraffatta dall'emozione e dallo stupore.

“Va bene, rimani.” dice lui, calmo, come se in realtà questo inconveniente della mia presenza non lo disturbasse affatto, come a sottolineare il poco conto in cui mi tiene, come se io non fossi una minaccia, come se non fossi stata io a mandare a monte i suoi ultimi piani, come se non fossi io che lo conosce a fondo.

Mentre sono un poco interdetta per il suo disprezzo, non mi accorgo della magia che sta evocando.

Artigli neri e giganti compaiono dal nulla e mi ghermiscono per poi immobilizzarmi al muro.

“E ora veniamo a te.” dice Kadosh, rivolgendosi all'uomo che ha rapito dal treno “Dov'è il mio taccuino?”

“Oh quello ce li ho io!” esclamo, per poi correggermi “No, forse l’ho lasciati sul treno.”

No, accidenti, non avrei dovuto dirlo … Maledizione! Ma non è del tutto colpa mia, è che quando c’è IspasKadosh nei paraggi, devo stare molto concentrata o mi vengono da fare queste sciocchezze!

“Ah, allora i tuoi amici me li riporteranno.” è imperturbabile. Borbotta qualcosa che non riesco a sentire e, d’improvviso, l’uomo a terra non dà più segni di vita. Rabbrividisco.

“No, stanno andando a Bratislava, da Rostislav.”

No, di nuovo! Ma avrà una sorta di aura che obbliga a dire la verità o questa nebbia è strana?

Rostislav? Lo conosco ...” è enigmatico. “Dovrò preparare una buona accoglienza per i tuoi amici.”

“No, andranno da Rostislav, non verranno qua.”

“Non ti salveranno?” domanda retoricamente e divertito Kadosh.

“È  più importante fermare l’HYDRA, io non mi salverei.”

“Ma tu, sei tu. Se loro hanno il mio taccuino .. beh, faremo uno scambio.”

Non aggiunge altro, il fumo lo avvolge, quasi il suo corpo stesso diventasse di nebbia e, mentre la sua figura si dissolve, i suoi occhi brillano e lui dice: “Un abbraccio, Kadosh.”

Mi ritrovo sola, in questa stanza buia, o quasi: c'è una fiochissima luce endogena che mi permette di distinguere le sagome, ma è davvero troppo lieve.

Prigioniera di Ispas … di Kadosh, accidenti, di Kadosh! Quando finirò di chiamarlo Ispas?

Sono comunque sua prigioniera ... non mi era mai capitato. Finora, da due anni a questa parte, lo avevo incontrato solo affrontandolo in combattimento, lui non è mai stato in mano mia, né io in mano sua e le nostre conversazioni sono sempre state circoscritte a qualche scambio di minaccia e insulto durante i nostri duelli. Sono sorpresa che non mi abbia aggredita, ma si sia limitato ad ... incatenarmi non è proprio il termine più corretto, dato che sono artigli quelli che mi tengono bloccata a questo muro, ma il concetto è il medesimo.

Quando mi sono trovata davanti a lui e ho capito che sciocchezza era stata infilarsi in quel vortice nero, ho supposto ci sarebbe stato uno scontro e, quando mi sono resa conto, che mi aveva solo immobilizzata sono rimasta decisamente perplessa: con tutte le volte che ho rovinato i suoi piani, lui non prova rancore per me? Da uno come lui mi aspettavo torture, vendete, e invece non ha fatto nulla di tutto ciò ...

Forse non è così malvagio come credo ...

O forse adesso è impegnato e ci penserà più tardi a farmi rimpiangere di averlo ostacolato. Già, ha detto che vuole proporre uno scambio ai miei compagni, se verranno (speriamo si tengano alla larga); probabilmente, una volta riavuto il suo taccuino, catturerà anche loro e allora non avrà più bisogno di tenermi in buono stato. Sì, dev’essere così, non posso credere che abbia una così scarsa considerazione di me!

Forse questa attesa nell'ignoto è già di per sé una tortura psicologica da parte sua, forse l'ha fatto per farmi sentire debole, indifesa e per farmi assaggiare il sapore della paura dell'incertezza …

Si sbaglia! Se crede ch'io me ne starò qui tranquilla ad aspettare che lui torni, è in grosso errore!

Artigli imprigionanti, dunque, vediamo un po' se capisco che cosa gli ha generati ...

Mi concentro, espando i miei sensi ... cerco la connessione col flusso astrale … ecco mi pare di esserci, provo a forzarli ...

“Non conviene mai tentare di liberarsi, questi cosi sono sempre affamati.” risuona cristallina la flemmatica voce di IspKadosh.

Dove sei, maledetto?! Dove sei?

AAAAH!

Che diamine è?!

 Il dolore di un grosso tafano che ti punge, ma non è solo un attimo, continua! Mi fa male lì, al polpaccio destro. Pur riuscendo a muovere poco il collo, guardo in basso e vedo sangue colare. Ora ho capito, questi dannati affari non sono proprio solo artigli, hanno minuscole bocche e ora una di queste mi sta lentamente mangiando ...

Ecco!: questo è il Kadosh che conosco io!

Ah, accidenti sento un altro bruciore attorno al morso ... deve essere bava corrosiva; per fortuna proteggermi da essa non è difficile per il mio potere arcano.

E ora? Cosa fare? Non mi va di riprovare a liberarmi, non vorrei fallire di nuovo e trovarmi divorata da altri cosi. Forse mi conviene davvero aspettare che Kadosh torni e poi affrontarlo. Fury e Barton non saranno così stupidi da provare a cercarmi, sanno meglio di me che Rumlow e Rostislav sono pericolosi e, dunque, avranno proseguito per Zilina; verranno a cercarmi risolta quella faccenda.

Kadosh sembrava così sicuro che sarebbero venuti qua, probabilmente si stancherà di aspettare e quindi si rifarà vivo da me e allora giocherò le mie carte.

Intanto entro in meditazione, così da rigenerare un po’ le mie energie.

 

Mentre Afdera era nei sotterranei del castello di Kadosh e Fury e Barton erano in treno in attesa di giungere a Vienna, Natasha era pronta per entrare in azione.

Era decisa a voler uccidere Rostislav: uomo subdolo, viscido, avido e abbietto come ne aveva già visti molti nella sua vita. Ucciderlo non le sembrava certo un peccato. Avrebbe potuto farlo tranquillamente la sera prima, ma Fury si era raccomandato talmente tanto per quella bottiglia, che voleva vederla e controllare se sparisse oppure no.

La donna si era abbigliata e agghindata con cura, si era data un po' di matita nera sugli occhi, affinché risaltassero maggiormente, si era allungata le ciglia e si era strofinata le labbra con un lucido perlato. Si guardò un'ultima volta allo specchio: era proprio la bambolina che doveva essere. Si mise a sedere sul divano, leggendo un libro, in attesa che Rostislav arrivasse; quando l'uomo giunse, lei lo fece aspettare una buona mezz'ora: era strategia, ovviamente. Infine scese e salì sulla limousine in cui trovò l'uomo, impaziente di portarla a casa sua.

Durante tutto il tragitto, Rostislav allungò le mani più volte, ma Natasha non ebbe certo problemi a tenerlo a bada. Una volta giunti alla villetta dell'uomo, si accomodarono in salotto e lui le servì champagne e qualche pasticcino.

“Allora, Anya, ti piace la mia casetta?” le chiese Rostislav, passando un braccio dietro alle spalle della donna, seduta sul divano accanto a lui.

Natasha, che aveva usato come nome di copertura Anya, rispose con tono sbadato: “Sì, è carina, non c'è male.”

“Non c'è male?” si stupì il padrone “È la prima volta che qualcuno si limita ad un commento così misero, solitamente si guadagna lodi sperticate.”

La donna aveva deciso di punzecchiare l'orgoglio dell'uomo, in modo da farlo decidere a prendere la bottiglia, temendo che se gliel'avesse chiesta lei, lui si sarebbe insospettito e avrebbe potuto negargliela.

“Forse sarà una grande attrazione per le provincialotte di questa zona ma, credimi, ho visto posti di gran lunga superiori.”

“Eppure è una delle migliori ville della regione!” replicò l'uomo.

“Sarà...”

“A cosa sei abituata?”

“Qualcosa di più sofisticato od elegante o, perché no, artistico. Qui su vede che il mobilio è di qualità, ma non c'è alcun gusto nell'arredare. Alcune cose stonano parecchio le une con le altre.”

“Capisco, è sicuramente colpa di mia moglie: è lei che si occupa di queste cose e non è mai stata raffinata. Possiamo, però, revisionare tutto secondo il tuo gusto, per qualche ora.”

“Ah sì? E come?” finse meraviglia la donna.

“Con la bottiglia, ovviamente.”

“Con la bottiglia? Ma allora eri serio! Io pensavo scherzassi!”

“Oh, non su questo.” Rostislav sorrise “Allora? Vuoi vederla?”

“Oh, sì! Sarebbe meraviglioso!”

“Allora aspettami qua.”

“Non mi muovo.”

L'uomo si allontanò per una decina di minuti, poi tornò con una bottiglia: sembrava parecchio vecchia, non c'era nemmeno il segno della saldatura dei due lati, quindi non era stata costruita a stampo. Il vetro era trasparente e all'interno sembrava vorticare qualcosa, a una velocità tale che l'occhio umano non poteva distinguere.

“È questa, dunque?” chiese Natasha, trepidante.

“Esatto. Esprimi un desiderio.”

“Non saprei...” la donna si ricordò che Fury le aveva detto di non esprimere desideri in presenza della bottiglia.

“Ti mostro io.” Rostislav si accostò alla bottiglia e sussurrò alla bottiglia: “Voglio dei gioielli da regalare a questa splendida creatura.”

Dopo l'uomo iniziò a vagare per la stanza.

“Ebbene?” chiese Natasha “Non vedo nulla.”

“Aspetta ...”

La donna iniziò a dubitare che quella fosse la bottiglia che stava cercando. Si alzò in piedi, nel far ciò fece cadere un cuscino e si sentì un tintinnio metallico. Natasha prese il cuscino, aprì la federa e all'interno trovò un collier e dei braccialetti d'oro che era sicura prima non ci fossero. Ebbe così la conferma che aspettava. Finse stupore e gioia, indossò i gioielli, poi si avvicinò all'uomo per abbracciarlo e baciarlo, o almeno questa era l'impressione. Arrivata a lui, invece, gli prese il collo e senza esitazione o fatica glielo spezzò. Rostislav cadde a terra senza vita. Natasha, soddisfatta, si guardò attorno e constatò che la bottiglia non era scomparsa, come auspicato da Fury. Pensò a cosa fare: l'ex direttore le aveva dato istruzioni precise al riguardo, decise comunque di telefonargli e chiedere conferma degli ordini.

“Negativo.” le disse Fury "Non la toccare, aspettaci lì, io e Barton arriveremo al più presto.

Giunti in stazione poco dopo le 19, i due uomini si erano quindi divisi a Vienna, ognuno, col proprio mezzo di trasporto, era partito alla volta della propria missione.

Fury si era tolto il travestimento e aveva indossato nuovamente la tua di kevlar e la benda sull'occhio; poi aveva cercato una zona isolata e lì aveva attivato la modalità di volo e i propulsori. Il SUV si sollevò di diversi metri, poi sfrecciò a una velocità di oltre 400 chilometri orari. Il paesino di Nagyecsed era in Ungheria, vicino al confine con la Romania, a circa 500 chilometri da lì, quindi avrebbe impiegato circa poco più di un'ora prima di arrivare. Afdera aveva detto che Kadosh era un nobile rumeno, evidentemente la sua famiglia aveva possedimenti anche in Ungheria.

Il cognome era Bathory, un cognome terribilmente noto. Era una famiglia che aveva dato alla luce condottieri, un re di Polonia e molti principi di Transilvania; l'esponente della dinastia maggiormente noto era però la Contessa Erzbeth Bathory, detta anche la Contessa Sanguinaria, nota per aver ucciso sicuramente almeno 100 persone, sospettata dell'omicidio di altre 200; le vittime erano state tutte ragazzine, torturate; la contessa Bathory faceva il bagno nel loro sangue.

Kadosh veniva proprio da una famigliola poco raccomandabile e alquanto truce.

Fury occupò il tempo del viaggio raccogliendo un po' di informazioni sulla famiglia, su Kadosh (di cui ora sapeva il vero nome), sul castello a Nagyecsed e così via. Certo, non aveva abilità da hacker, ma riusciva ad ottenere discreti risultati. Ispas Vlad Dragos Bathory di Ecsed era nato proprio a Nagyecsed nel 1981, il 3 aprile; laureato a pieni voti in Tradizioni Comparate; collezionista di rarità d'antiquariato, più volte campione nazionale sia di scherma che di lotta libera. Appariva come il classico rampollo di un importante casata che può permettersi di studiare e fare esercizio, senza bisogno di guadagnare denaro. Era ritenuto un massimo esperto in folklore, mitologia e religioni.

Fury notò una certa affinità tra gli interessi di Afdera e quelli di Kadosh, poi si disse che ciò era dovuto al fatto che fossero entrambi occultisti, anche se il suo amico Stephen era diverso.

Raccolti questi pochi dati, il tempo era ormai passato e Fury si accorse di essere ormai in prossimità della meta, decise quindi di trovare un posto dove atterrare per entrare in città con discrezione. Lasciò il SUV posteggiato vicino a un campo coltivato, poiché centinaia di metri dietro al maniero. Voleva intrufolarsi nel castello per cercare e liberare la ragazza senza far scoprire la propria presenza. Aveva considerato l'ipotesi di una trattativa diplomatica, ma dubitava di avere alcunché con cui indurre Kadosh ad un accordo.

Non c'era nessuno attorno, erano ormai le ventuno, tutto era buio e gli agricoltori erano nelle proprie case. Fury attraversò i campi e giunse alla cinta muraria del castello senza alcuna difficoltà; con pari semplicità si arrampicò sulle mura e le scavalcò. Una manciata di secondi dopo aver messo piede a terra nel cortile interno, l'uomo sentì detto latrati e subito dopo vide sopraggiungere cinque alani sia da destra che da sinistra. Non si spaventò, prese la pistola vuol silenziatore e di sparò agli animali. Cinque colpi, tutti ben piazzati in mezzo alla fronte delle bestie. I cani caddero a terra, morti o forse non proprio: con gran stupore dell'intruso, essi si trasformarono in fumo e svanirono.

Fury rimase interdetto qualche secondo, poi si scosse: non aveva tempo da perdere.

Scrutò il maniero, individuò un'ala non illuminata e, quindi, non utilizzata in quel momento, vi si diresse e osservò le finestre: quelle del pian terreno erano a un metro e ottanta d'altezza, gli scuri erano aperti, ma c'erano delle inferiate e i vetri erano chiusi.

Fury si arrampicò e si mise in piedi sul davanzale di una finestra, poi prese il suo punteruolo laser e lo usò per tagliare le inferiate e aprirsi un varco nel vetro; l'ultima volta che aveva usato quel gioiellino era stato per salvarsi la vita, per fuggire al soldato d'inverno, dopo che l'HYDRA aveva attaccato lui e il suo SUV.

L'uomo, essendosi aperto un passaggio, entrò nel castello e si trovò in vari salone, probabilmente usato per i ricevimenti o i balli e al momento chiuso. Era tutto buio, lui prese gli occhiali speciali con oscuro visione, li indossò e poté aggirarsi nelle tenebre come se fosse stato giorno; dunque iniziò la sua ricerca.

Si mise a girovagare per i corridoi, stando ben attento a controllare sempre che fossero liberi, prima di imboccarli. Avrebbe voluto usare i raggi X per controllare le stanze senza dovervi entrare, ma sfortunatamente, quando impostava gli occhiali su quella modalità, non otteneva risultati. Chissà, forse si trattava di magia, oppure semplicemente del fatto che le pareti dei castelli fossero spesse almeno un metro e mezzo. Non potendo fare diversamente, Fury doveva aprire ogni porta per controllare e, in fondo, ogni volta era un rischio, anche se era abbastanza certo non ci fossero persone in quell'ala. Sperava di trovare un qualche indizio circa dove si trovasse la ragazza.

Aprì una prima porta e si stupì di trovarci oltre una serra: tantissime piante di varie specie e tipologie, aria calda e umida. L'uomo non avrebbe saputo dire se Kadosh fosse un appassionato anche di botanica o se quelle piante gli servissero per pozioni o roba del genere.

Andò avanti, aprì un'altra porta e vide un'onda venirgli contro con n tale impetuosità che frecce appena in tempo a chiudere la porta per non essere travolto.

Quella casa iniziava ad essere inquietante e quindi anche molto interessante per Fury.

Dietro ad un terzo uscio trovò un muro di fuoco e fiamme; al quarto una ricca collezione di pietre, c'erano minerali di ogni tipo: diaspri, giade, agate, selenite, calcite, avventure, labradorite, quarzi e molte, molte altre ancora.

Fury proseguì e trovò una quinta porta, entrandovi avvertì una leggera brezza, lanciò una rapida occhiata e vide tante ampolle apparentemente vuote. Incuriosito, si avvicinò ad una di esse e lesse l'etichetta: Scirocco. L'uomo aggrottò la fronte, non capendo; me prese un'altra e vide scritto: Tramontana. C'erano poi anche: Bora, Ostro, Libeccio, Zefiro e tutti gli altri nomi dei venti. Fury azzardò ad aprire un'ampolla appena, appena, quella dello scirocco, e sentì uno spiraglio di vento umido e caldo. La richiuse subito e decise di mettersi in tasca quella e altre due boccette per farle poi analizzare.

Uscì dalla stanza e tornò alla ricerca della giovane. Provò un'altra sala e questa volta non trovò nulla di strano, ma solo lugubre: un salone con le pareti foderate di velluto nero, decorato con arabeschi d'oro e d'argento, un grosso tavolo ovale circondato da scranni in legno, dagli alti schienali. Teschi umani usati come candelieri, uno come tazza. Al centro del tavolo c'era una grande vasca d'acqua. Fury provò ad ispezionare meglio quel luogo e trovò pergamene scritte con uno strano inchiostro marrone...sangue, forse? Trovò altri oggetti come vasetti, pentoloni, lamine di metallo con disparte incisioni. L'uomo dedusse che si trattasse di una sorta di laboratorio alchemico, quindi uscì.

Fury si stava ormai allontanando dall'ala del castello da cui si era introdotto e quindi iniziò a stare all'erta. Era passato sotto un’arcata sormontata dallo stemma della famiglia Bathory: uno scudo rosso con sopra disegnato un drago dalla coda a spirale e il muso a becco, sullo sfondo un gambo con delle spine.

 (http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/5/52/Coa_Hungary_Family_B%C3%A1thory_Erzs%C3%A9bet_(1560-1614).svg/100px-Coa_Hungary_Family_B%C3%A1thory_Erzs%C3%A9bet_(1560-1614).svg.png )

 

La stanza successiva in cui entrò si rivelò essere una vasta biblioteca. L'attraversò e, dal lato opposto rispetto a quello da cui era entrato, trovò un grande caminetto. Fury lo ispezionò e lo trovò lindo, gli sorse quindi un dubbio. Attivò nuovamente la visione a raggi X negli occhiali per osservare il caminetto e questa volta riuscì a vedere che cosa nascondesse: un passaggio segreto. Dal focolare si apriva in un qualche modo una porta oltre la quale si trovava una scala a pioli. Coi raggi X, Fury individuò subito il meccanismo che apriva il passaggio e quindi lo azionò. Il varco si aprì e lui poté accedere alla scala a pioli che andava sia in alto che in basso. Ragionò circa dove andare e alla fine decise di prendere la via più ovvia quella che scendeva nei sotterranei.

 

Mi desto dalla mia meditazione

Quanto sarà passato da quando sono qua? Non so quantificarle in ore. Sono stufa d’attendere, proverò di nuovo a liberarmi.

Mi concentro di nuovo, cerco di percepire la vera essenza del sortilegio che mi incatena. I miei occhi si illuminano di blu, finalmente concepisco la sostanza di questo incantesimo riesco a imporre la mia volontà e quindi ad indebolire la stretta degli artigli, a farli aprire pian, piano.

Perfetto, ora c'è abbastanza spazio per permettermi di scivolare via senza difficoltà. Non mi resta che uscire da qua.

Qui, però, è sempre molto buio, non so quanto sia grande la stanza, meglio se cammino rasente al muro. Toh, gli artigli sono svaniti! Significa che Kadosh sa che sono libera? Mah!

Cammino e presto raggiungo in prossimità di una scala a pioli, dritta in piedi, non ne vedo la fine, ma sento dei passi. Chi è?

Non ho tempo di fare nulla e mi accorgo che è Fury che sta scendendo.

“Perché non siete andato a Bratislava?” lo rimprovero, mentre coi piedi tocca terra.

“Ci sta pensando Barton. Sono felice di vederti viva; ora, però, andiamocene.”

Fury fa per andarsene, ma non può farlo, nessuno può. Senza darci il tempo di fare alcunché, la scala scompare d'improvviso ma ecco che ricompare lui.

È come se ci fosse il fruscio di un mantello sollevato dal vento e poi davanti a noi compare Kadosh, perfettamente composto, schiena dritta, riesce ad essere maestoso, percepisco un'aura strana che lo avvolge, lui emana forza, è il suo potere, la sua sicurezza.

Con l'estrema calma di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico, afferma serafico: “Lei può uscire, la sua presenza qui è stato un inconveniente. Voglio, però, che mi restituiate i miei appunti.”

“Appunti di cosa?” chiese Fury, per prendere tempo, ma l’altro non abboccò.

“Li avete voi, ora, vero?” domanda Kadosh, con un tono che vorrebbe essere cordiale ed effettivamente lo è abbastanza, ma non riesce a nascondere del tutto un vago cenno di scherno.

“Ce li ha un nostro amico.” spiegò l’ex direttore.

“Il nome.” Kadosh è imperativo.

Fury è determinato a non parlare, per fortuna! Ero già pronta a dirgli di tacere. Io, fossi in lui, direi un nome inventato ... ma non posso certo parlare io, saprebbe che è una menzogna. In ogni caso, effettivamente, non starebbe bene mettere nei guai una persona qualsiasi.

Fury e Kadosh si stavano scrutando fissamente negli occhi, nessuno dei due voleva cedere e distogliere per primo lo sguardo; poi Kadosh sorrise e spiegò candidamente: “Rivoglio solo i miei appunti, non è un problema vostro.”

“I tuoi appunti saranno un problema nostro.” gli ringhiò Afdera.

So perfettamente che qualsiasi cosa stia studiando, la userà presto o tardi per i suoi loschi scopi.

IspasKadosh allora posa il suo sguardo su di me (non lo aveva ancora fatto; odio come ostenta il fatto di ignorarmi!) e parla come se si sentisse un grande maestro che spiega una somma verità: “Saranno problemi vostri in futuro, pensa al presente.”

La nostra ostinazione non gli piace, ma non si irrita, anzi quasi considerandoci patetici, come per domandarci perché ci stiamo complicando le cose, sospira: “Bene adesso vi lascio col mio amico, poi riparliamo.”

Lo sento pronunciare parole in aramaico che vanno scrivendosi su un foglietto che stringe tra l'indice e il medio, poi lo infila in qualcosa, forse un fessura, ad un altezza maggiore della sua. Del fumo si solleva da terra e Kadosh scompare. Poco più in alto di dove è stato lasciato il biglietto si accendono due luci rosse: è un golem!

Fury, senza battere ciglio, estrasse una delle pistole e sparò alcuni colpi, che tuttavia non ebbero effetto.

Ispas, hai fatto una pessima scelta questa volta!

Ti sei scordato che sono ebrea e che la qabbala non ha segreti per me?

Afdera pronunciò alcune lettere ebraiche che andarono ad intaccare le difese magiche del golem. Fury sparò di nuovo e finalmente qualcosa iniziò a creparsi o a sgretolarsi, ma parti marginali: non è ancora abbastanza per fermarlo, è necessario indebolirlo maggiormente.

L’uomo, continuando a sparare contro il golem e cercando di mettersi al riparo dai suoi attacchi, urlò: “Idee?”

“Non saprei, io posso continuare con la magia, per fermarlo definitivamente bisognerebbe togliere il biglietto che ha nella fessura della bocca.”

“Tutto qua? Perché non l’hai detto subito?”

Fury fa una cosa molto eroica: ripone la pistola e si avvicina al mostro, cercando di provocarlo. Il golem prova a coprirlo con un pesante pugno, ma Fury è parecchio in gamba, schiva il colpo senza perdere la sua compostezza, poi rapidamente infila la mano nella bocca dell'essere ed estrae il biglietto.

Il golem subito si arresta e torna ad essere solo una statua.

La ragazza esultò, ammirata. L’uomo fece un cenno con la mano, come per dire che era stata una sciocchezza.

“Siamo al punto di partenza: senza una scala, non sappiamo come uscire di qua.” sospirò Afdera “Questa è casa di Kadosh, il suo potere è più grande qui, poiché avrà molti artefatti. Non conosco bene il tipo di magia che può avere usato per la scala, ma voglio provare a farla apparire io.”

“Brava, sono certo che puoi riuscirci.”

Mi concentro, mi sforzo ... Non è semplice ... ma ... Eccola!

Ce l'ho fatta! Ce l'ho fatta! Non mi sembra vero, ma la scala è lì.

“Saliamo.” disse Afdera, contentissima, con un gran sorriso in volto.

“Aspetta.” la fermò Fury “È meglio se ci portiamo dietro questo bestione, tu sai come farlo funzionare, vero?”

“Certo.” rispose lei, prese carta e penna e scrisse l'ordine di proteggerli, poi lo infilò nella bocca del golem.

Il golem si animò nuovamente, questa volta come alleato, precedette sulla scala i due umani.

Mentre saliamo, sento una scarica elettrica che mi attraversa tutta, vacillo, ma riesco a tenermi attaccata ai pioli.

“Cos'hai? Tutto bene?” domandò Fury, accorgendosi del suo traballare.

“Voi non avete sentito nulla?” chiese lei. stupita.

Come possono non aver ricevuto quella forte scossa?

“No, niente.”

Mi sembra stano, ma va beh, ignoro la cosa e continuo a salire, bisogna uscire alla svelta.

Arrivarono in biblioteca, si affrettarono a cercare l’uscita. Fury si stupì nel vedere che Afdera sapeva esattamente come muoversi e lo condusse rapidamente al portone principale del maniero senza difficoltà. Uscirono, sempre di buon passo attraversarono il cortile, sorpresi di non incontrare opposizione. Arrivarono al cancello posto a chiudere l’ingresso dalle mura; la ragazza pronunciò un incantesimo e lo aprì. Varcarono il confine tra la proprietà della famiglia Bathory e il suolo pubblico.

Appena misero piede fuori dalla proprietà privata di Kadosh, il golem che li seguiva si crepò e si sbriciolò, riducendosi a un ammasso di cocci, ma nell’aria volteggiava un foglietto. Afdera, perplessa, lo afferrò e lo lesse a denti stretti:

“A volte le informazioni giuste puoi ottenerle con le buone, altre volte con le cattive, altre volte semplicemente pensandoci. Un abbraccio, Kadosh.”

Dannazione! Ora capisco! Stupida, stupida che sono! Le scale le ha fatte riapparire lui, non io! E quella scossa elettrica ... deve avere usato una tecnica mesmerica per leggere le nostre menti! Maledizione!

E ora pure questo biglietto, per farci sapere come lui è riuscito ad ottenere ciò che voleva, per sottolineare il suo potere ... con questa dannata presa in giro dell'abbraccio ...! Dio, Dio, quanto lo detesto.

 

“Chi ha il suo taccuino?” domandò la ragazza, in preda all’agitazione.

“Perché? E che significa quel biglietto?”

“Prima, mentre eravamo sulla scala a pioli, ho sentito una scossa, sono certa che in quel momento Kadosh abbia letto la vostra mente per sapere dove fosse il suo taccuino. Chi ce l’ha? Non voi, altrimenti non ci avrebbe fatti uscire.”

“No, infatti, l’ha preso l’agente Barton.”

“Dobbiamo tornare dentro!” esclamò lei “Dobbiamo impedirgli di raggiungerlo!”

Afdera fece per tornare indietro, Fury le si parò davanti e la bloccò, chiedendole: “Che cosa c’è in quel quaderno? Perché non vuoi che lo recuperi?”

“Non so a cosa stia lavorando, ma sicuramente è qualcosa di pericoloso!”

“Anche se lì dentro ci sono gli appunti dei suoi appunti, è molto probabile che lui possa arrivare alla conclusione dei suoi studi anche senza di quelli.”

“No, io devo …”

Afdera non poté concludere la frase. Fury aveva estratto una piccola bomboletta spray di cloroformio e l’aveva sulla bocca e sul naso della ragazza che cadde addormentata. L’uomo la sorresse, poi se la caricò in spalla e tornò verso il SUV, inviando un messaggio a Barton: Non difendere il taccuino a costo della vita.

   
 
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