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Autore: Apricot93    22/12/2014    3 recensioni
Dal Cap. 9:
«... E voglio una persona che non si aspetti sempre il peggio da me, Rae, perché non me lo merito».
Non voglio stare con te. Avrebbe potuto dirmi questo e non avrebbe fatto differenza.
Non posso neanche controbattere. Con cosa poi? Ha ragione su tutta la linea, io lo so che Finn merita tutto questo «e pensi che lei sia questa persona?».
Sorride, un sorriso amaro che gli deforma le labbra in una risatina canzonatoria «è l'unica parte del discorso che hai ascoltato?».
Dal Cap.10: (Finn's POV)
«Sei peggio di una bambina dell'asilo, Rae» e mi sei mancata per tutto il tempo in cui sei stata via «ma sei adorabile...» le avevo sussurrato all'orecchio avvicinandomi di un passo.
Le sue guance erano avvampate all'istante, immediate come l'allegria che aveva spazzato via il mio nervosismo.
Che mi fossi imbarazzato anch'io, però, non l'avrei ammesso nemmeno sotto tortura.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Archie, Chloe Harris, Finn Nelson, Kester, Rae Earl
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 5: Elle

Stamford - 12/19 Novembre


Finn's POV

«Finn! Ehi Finn!».
Mi volto di scatto quando sento pronunciare il mio nome a gran voce. Ho lasciato Rae e la Clinica alle mie spalle da un paio di minuti, e sto praticamente correndo senza meta in mezzo alla strada deserta in pieno diluvio universale. Vedo Archie che si sbraccia nella macchina e trattengo a stento un sospiro, ma le mie gambe agiscono del tutto indipendentemente e non rallentano il passo. Le assecondo, rivolgendo di nuovo lo sguardo davanti a me al... un momento ma dove cazzo sto andando??? Inchiodo i piedi a terra totalmente spaesato e chiudo gli occhi per fare mente locale, poi finalmente realizzo... il capolinea dei bus! Un lampo di lucidità mi sorprende e ritrovo l'idea che mi ha portato a correre come un forsennato, continuo la mia avanzata quando una presa decisa mi raggiunge a una spalla.
«Ehi, ma che fai?... Ti stai allenando per la maratona? Non vedi che diluvia?» domanda Archie ansimando a un passo da me. Dev'essere sceso dalla macchina per corrermi dietro e adesso mi fissa come se fossi pazzo... "come se"...
Leggo nei suoi occhi l'assurdità del mio comportamento e mi decido a rallentare. Adesso che il suo ombrello rosso copre entrambi mi rendo conto di essere fradicio, quando diavolo ha iniziato a piovere così?
«Era ora che ti fermassi, mi spieghi cos'è successo?... Avete litigato?».
Con uno strattone mi libero dalla sua presa e di nuovo gli volto le spalle «Arch torno a casa in autobus. Vedi la fermata? È proprio lì» indico con un cenno di mano un puntino rosso all'orizzonte, «vado adesso».
«Come? Ma che dici?» farfuglia, «dammi mezz'ora, vado a salutare Rae anch'io e poi torniamo insieme».
Pronuncia il suo nome come se niente fosse ma dentro di me esplode una rabbia incontrollabile e istintivamente serro i pugni, «tu fai come vuoi, io me ne vado ADESSO».
«Ma che diamine è successo Finn? Calmati un attimo prima di sparire come una furia» mi intima alzando la voce dopo aver notato i miei pugni chiusi.
So bene quali sono le sue intenzioni, cerca di farmi ragionare come al solito dannatissimo grillo parlante, ma non ha speranze stavolta. Se avesse anche solo una vaga idea della confusione che ho in testa non mi avrebbe nemmeno fermato.
Vorrei essere in grado di fare la cosa giusta, voltarmi, salire in macchina, ragionare, parlarne, ma sono troppe cose, troppe cose che richiedono una forza che al momento non ho. Non voglio pensare e non voglio parlare o rischio di impazzire qui e ora, voglio solo starmene in santa pace per i fatti miei.
Senza volerlo continuo a ripetermi ossessivamente che stavolta è finita. L'ho lasciata io o mi ha lasciato lei? Perchè cazzo non smetto di pensarci??? Tanto il risultato non cambia, mi sono voltato e lei non ha emesso un suono, non una sillaba per farmi restare, non mi ha dato il minimo appiglio, perciò non resterò in questo posto dimenticato dal mondo un secondo di più.
Sono allo stremo delle forze come mai prima d'ora, l'unica cosa che desidero è sprofondare in un sedile, chiudere gli occhi e risvegliarmi a destinazione.
L'unico ostacolo che mi separa dalla pace adesso è il mio migliore amico, quindi tento di calmarmi e facilitargli le cose.
«Arch sto bene... davvero» dico dopo una lunga pausa. Raccolgo tutta la mia forza di volontà per apparire credibile, e voltandomi gli rivolgo lo sguardo convincente più costruito della storia dell'Umanità... «ci metterò la metà del tempo considerando che guidi come un pensionato», aggiungo anche una risata per alleggerire il momento sperando che se la beva.
Vana speranza, mi osserva per qualche istante con un sopracciglio alzato, dubbioso sul da farsi «e va bene», alla fine cede sconsolato, «però ti accompagno alla fermata, piove e non voglio avere una polmonite sulla coscienza». Coglie dai miei occhi l'urgenza ma non si lascia abbindolare «o così o niente».
«Come vuoi», mi arrendo o sarebbe capace di restare qui in eterno, «ma non ce n'è assolutamente bisogno».
Sentendomi le gambe di marmo mi costringo a salire in macchina, la vista delle carte appallottolate sui sedili posteriori mi fa lo stesso effetto di un pugno nello stomaco mentre ripenso alla lettera che ho buttato ai piedi di Rae pochi minuti fa... e al suo contenuto. Che idiota sono stato. Distolgo lo sguardo da quei promemoria e mi concentro sulla strada mentre sento montare di nuovo la rabbia.
Archie si sistema sul sedile del guidatore sbuffando, «roba da matti» mugugna tra sé e sé.
Grazie al cielo in un paio di minuti arriviamo a destinazione nel silenzio più assoluto. Mi alzo dal sedile come se fosse tappezzato da frammenti di vetro, con due occhi che seguono insistentemente ogni mio movimento, ma finalmente sono di nuovo all'aria aperta. Archie si sporge dal finestrino e prima che possa allontanarmi mi rivolge un ultimo ammonimento, «ti assecondo perchè sei fuori di testa, ma vedi di non fare cazzate va bene?».
«Ok» mi limito a dire con un'alzata di spalle. Mi avvio alla biglietteria bloccandomi dopo pochi passi, «vai da lei?» gli chiedo con un filo di voce.
«Sì» risponde senza esitazione, «ho appena capito che avrei dovuto già farlo da un pezzo».
«Ti saluto allora... buona fortuna» dico alzando un braccio senza voltarmi.
Grazie di tutto amico mio, ma adesso non c'è niente che tu possa fare per me.

Qualche minuto dopo biglietto alla mano sono intento a studiare la tabella con gli orari dei bus, ho mancato di un soffio quello delle 16.00 e adesso mi toccherà aspettare mezz'ora qui, sbuffo e mi siedo su una panchina al coperto con gli occhi chiusi e la testa appoggiata alla parete di plexiglas alle mie spalle.
Cerco con tutte le mie forze di ricacciare indietro i pensieri ma la mia mente non vuole collaborare e rivivo le ultime due ore come un film. Le parole di Rae mi rimbombano ancora nelle orecchie scatenando la stessa rabbia e frustrazione che mi hanno portato ad avere le nocche indolenzite finora, eppure mi rendo conto che sono stati i suoi silenzi, forse, la parte peggiore. Come ha potuto chiedermi di andare avanti con la mia vita? Come ha potuto anche solo pensare che l'avrei lasciata lì senza provare a fare qualcosa per aiutarla? Dannazione Rae perchè devi incasinarmi così???
«Oh no non di nuovo!».
Un'imprecazione alle mie spalle mi scrolla dal torpore di quelle riflessioni, apro gli occhi e ho un déjà vu, a qualche metro da me una ragazza borbotta tra sé e sé mentre rincorre una risma di fogli sparpagliati sull'asfalto, alcuni appiccicati a terra a causa della pioggia di poco fa, altri intenti in mirabolanti capriole causate dal vento. È la stessa persona con cui mi sono scontrato neanche un paio d'ore fa, riconosco l'ingombrante custodia della macchina fotografica appesa al collo e il trench rosso. Possibile che non abbia ancora trovato una soluzione? Chiudo gli occhi infastidito tornando ad appoggiare la testa alla parete sentendo già la mancanza della quiete di pochi istanti fa.
«Ehi scusami» un sussurro mi arriva a distanza ravvicinata. Apro gli occhi e la trovo intenta a fissarmi, rossa in viso, con il fiatone e lo sguardo improvvisamente più rilassato nel momento in cui mi riconosce, «ah ma sei tu!» sgrana gli occhi e sorride, «senti so che abbiamo già vissuto questo momento e non te lo chiederei mai se non ne avessi davvero bisogno, ma non è che mi daresti una mano?» mi domanda porgendomi la macchina fotografica e la borsa. «Dovresti solo reggermi queste, a recuperare tutti i fogli posso pensarci da sola ma non mi fido a lasciarle incustodite». Allungo una mano prendendole ciò che mi porge senza proferire parola, più per togliermela di torno che altro «grazie mille torno subito!».
La seguo con lo sguardo mentre saltella da una parte all'altra della strada alla ricerca dei fogli. A vederla così credo abbia più o meno la mia età, capelli castani e occhi verdissimi su un viso da furbetta. La scena si rivela più buffa di quanto potessi immaginare perchè continua a imprecare contro la pioggia mentre asciuga con un fazzoletto ormai zuppo i fogli bagnati.
Ci mette un po' per raccogliere tutto e quando si avvicina di nuovo a me ha un'aria così stravolta che riesce a strapparmi un sorriso, «spero tu abbia una copia di tutto» le dico trattenendo a stento una risata.
«Lo spero anch'io» sorride a sua volta imitando il mio tono divertito. «Scusami se continuo a chiederti aiuto ma oggi non me ne va bene una, sono passata un momento al bar dietro l'angolo per scaldarmi con un thè e ho perso l'autobus per una manciata di secondi. Grazie mille comunque», dice riprendendo dalle mie mani le sue cose.
«Non c'è di che» rispondo, preparandomi a sprofondare un'altra volta nei miei pensieri, ma devo aver capito male...
«Potrei mettere su un'esperimento sociologico quasi quasi» continua a chiacchierare ignorando il mio sguardo ora palesemente infastidito, «ma si, un test sulla gentilezza e disponibilità tra perfetti estranei».
Dalla sua espressione divertita capisco che si aspetta una risposa, magari l'inizio di una conversazione, ma mi limito ad un cenno del capo voltandomi subito dopo.
«Comunque io sono Elsie» insiste allungando una mano verso di me.
La osservo un attimo colpito da tanta loquacità, che abbia fatto qualcosa per incoraggiarla al dialogo? Le stringo la mano più per educazione che altro, ma chiarisco la mia voglia di silenzio rispondendo con un laconico «Finn».
«Un chiacchierone» constata un attimo dopo.
Ci mancava giusto questa oggi, rimanere in santa pace è chiedere troppo? Non rispondo limitandomi a un'alzata di spalle.
«Ok, ti lascio agli affari tuoi... Almeno sei stato gentile» conclude finalmente... ma è delusione quella che leggo nei suoi occhi? Poco male, l'ultima cosa di cui ho bisogno adesso è una pazza logorroica che si diverte a rincorrere fogli volanti.
Si siede lasciando due sedili vuoti tra di noi, e accolgo a braccia aperte il silenzio che si crea tutto intorno. Qualche minuto dopo arrivano altre persone alla fermata, e senza che me ne accorga il bus fa capolino dalla strada e si ferma per farci salire.
Casa dolce casa, penso tra me e me.

Sistemo lo zaino nello scomparto che sovrasta i sedili, poi mi siedo e comincio a godere del tepore interno del bus, con i vestiti umidi fuori iniziavo ad avere un freddo cane. Pochi minuti dopo avverto le vibrazioni del motore che si rimette in moto e annuncia la partenza. Poggio la testa contro il finestrino appannato e mi godo le immagini del paesaggio che scorrono davanti a me, se non avessi già la testa pieni di ricordi negativi da associargli questo posto mi piacerebbe davvero tantissimo.
Stremato dall'incontro con Rae e con la testa pesante a causa dell'umidità accumulata chiudo gli occhi e lascio che la strada mi culli dolcemente. Riesco a sentire i muscoli rilassarsi e la tensione svanire, ma non dev'essere decisamente il mio giorno fortunato perchè il tutto dura poco... troppo poco. Una voce fastidiosa come il ronzio di una zanzara distrugge per l'ennesima volta la mia quiete.
«Finn...».
Mormora ma non rispondo, ho gli occhi chiusi e nessuna intenzione di perdermi in conversazioni, prima o poi si stancherà e mi lascerà in pace.
«Finn...» purtroppo non demorde.
«Cosa c'è?... Elsie?» domando esasperato.
Aspetta qualche secondo prima di riprendere la parola, e quando lo fa è per farmi una richiesta «senti non voglio disturbarti», ah si??? Penso, «ma odio viaggiare da sola, ho paura che si sieda vicino a me qualcuno di poco raccomandabile, sai una ragazza in giro da sola... non è che posso sedermi vicino a te?». A quelle parole mi volto ad osservarla, è tesa e nervosa e continua a torturarsi le mani prima di aggiungere «sarò muta come un pesce, lo giuro».
Che ho fatto di male? Cosa? Il mio istinto mi dice di voltarmi di nuovo verso il finestrino e ignorarla completamente, ma non sono un selvaggio e tutto sommato sembra innocua «e chi ti dice che io lo sia? Raccomandabile intendo...» la provoco un po'.
«Non hai la faccia da squilibrato» sentenzia dopo avermi scrutato un momento, «oltretutto sei venuto già in mio aiuto due volte... mi fido» risponde con un sorriso.
«E va bene», dico sbuffando «ma ti avverto che ho intenzione di dormire come un sasso».
«Perfetto!» mi risponde squillante, «non ti accorgerai nemmeno della mia presenza».
«Chissà perchè ne dubito...» bofonchio sconsolato appannando il finestrino su cui sono tornato ad appoggiare il viso.

Brividi, brividi ovunque, dannata pioggia! Butto un'occhiata all'orologio infastidito e con gli occhi che si aprono a fatica, mi accorgo con sorpresa che sono già passate due ore da quando siamo partiti, sono completamente crollato, alla fine ho dormito davvero come un sasso.
Mi guardo intorno accorgendomi che l'Autobus nel frattempo si è riempito e sento un vociare di sottofondo che prima non c'era.
Elsie è riuscita a tenere davvero la bocca chiusa dopotutto, mi sono accorto appena della sua presenza, giro la testa e la vedo intenta a studiare delle foto da una cartellina che tiene poggiata sulle gambe. Incuriosito do un'occhiata anch'io di sottecchi e scorgo volti di persone mai viste prima che parlano con una certa confidenza sulla riva di un lago. Poi ancora un'enorme distesa d'erba con tavolini apparecchiati e gente tutto intorno. Sembra un posto familiare ma non riesco a ricordare esattamente dove... la Clinica dove si trova Rae, si, è il giardino che la circonda. Elsie mi aveva detto che sua sorella lavora lì, probabilmente in qualche occasione deve aver scattato delle foto.
Resto a fissarla ancora un po' mentre la mia mente corre ancora una volta a Rae, chissà se Archie è ancora con lei... cosa si staranno dicendo... chissà se sta bene dopo quello che ci siamo detti. Oh merda!!! Smettila di pensarci! Mi intimo mentre infilo le mani nei capelli esasperato.
«Ehi Finn, tutto bene?» chiede Elsie che adesso mi osserva con apprensione. Devo avere un'aria distrutta.
«Sì, dormire non è stata una grande idea, ho la testa che mi scoppia».
Scruta i miei occhi e sorride «ho avuto paura che fossi entrato direttamente in coma, che razza di giornata hai passato per crollare così?».
Distolgo lo sguardo e lo rivolgo al finestrino «quelle foto le hai fatte tu?» le domando per cambiare discorso.
«Sì. Sai in realtà io studio per diventare un'infermiera come mia sorella, ma vivere di questo sarebbe la cosa più bella del mondo, adoro la fotografia» ammette con aria sognante.
«Sono molto belle... voglio dire... io non me ne intendo per niente però...».
«Ti ringrazio» mi toglie dall'imbarazzo e sorride.
D'un tratto mi sento un po' in colpa per averla trattata con freddezza poco fa, in fin dei conti finora è stata molto carina con me, è una ragazza buffa e un po' distratta, molto distratta, però mette allegria, ha una luce negli occhi che non vedo nei miei da un secolo. Forse posso provare a fare conversazione in fondo «sei diretta a Stamford?» le chiedo cercando di rompere il ghiaccio.
«Sì» risponde con un'aria sorpresa, devo averla proprio traumatizzata col mio caratteraccio, ma l'imbarazzo dura al massimo un paio di secondi, poi ritrova la parlantina dell'inizio. «Sai i miei sono divorziati, mia madre vive qui con me e mia sorella, mio padre invece lavora a Stamford. Purtroppo a causa del college non posso spostarmi spesso e lo vedo pochissimo. Ma adesso ho una pausa di due settimane prima delle prossime lezioni, così ho deciso di passarle con lui... Vivi lì anche tu?».
«Sì» rispondo conciso come sempre.
«Posso farti una domanda?» mi chiede quasi in un sussurro, pensando probabilmente che tentare la fortuna con una nuova conversazione sarebbe troppo.
E invece la sorprendo con un laconico ma divertito «spara».
«Quest'aria così... triste che hai... dipende dalla visita alla Clinica di Oggi?» mi vede perplesso e accigliato, così aggiunge «non voglio farmi gli affari tuoi, è che conosco quell'ambiente, lo conosco molto bene, a volte le persone che trascorrono del tempo lì non capiscono quanto sia difficile per chi li aspetta fuori, possono avere reazioni che normalmente non avrebbero... reazioni che feriscono».
Scruta i miei occhi come se volesse leggervi dentro chissà quale verità, ma parlarle di quello che ho passato oggi è fuori discussione. Non voglio sembrare brusco, non ne ho l'intenzione, ma la mia risposta risulta stizzita, più stizzita di quanto avrei voluto «non sono affari tuoi».
Mi accorgo solo dopo del tono della mia voce, vorrei dirle qualcosa ma mi interrompe prima che possa farlo «hai ragione scusami tanto, credimi non volevo ficcanasare, scusami ancora, maledetta boccaccia», dice mordendosi il labbro inferiore.
Ha un'aria così buffa e contrita che non posso fare a meno di sorriderle «non fa niente».

Il resto del viaggio trascorre piacevolmente alternando momenti di silenzio a chiacchiere innocue, Elsie, che ormai ho preso a chiamare Elle, ha un'adorabile parlantina sciolta e un'attitudine alla conversazione che sfiora il patologico.
Dal canto mio sono così taciturno che a tratti sembra quasi un monologo, ma non mi disturba, la sua allegria ha contagiato anche me e mi sento più sollevato ad ogni minuto che passa. Talmente sollevato che sono quasi dispiaciuto quando il bus si ferma a destinazione e lentamente si svuota.
«Finn ti va se ci vediamo qualche volta? Qui non conosco nessuno, mi farebbe piacere fare un giro con te, magari puoi mostrarmi qualcosa che valga la pena fotografare... ti va?» mi chiede un attimo prima che riprenda lo zaino per scendere.
«Perchè no» rispondo di getto, «in questo periodo ci sono tanti scorci che potrei farti vedere, ma ricordati che è pur sempre una piccola città».
«Perfetto! Aspetta che ti scrivo il mio numero» trilla mentre segna il numero di suo padre su un foglio spiegazzato e illegibile a causa dell'acqua. Me lo porge e poi si fa dettare il mio.
Un attimo dopo siamo per strada, la saluto con un cenno ma ricevo in risposta un bacio sulla guancia che mi prende completamente alla sprovvista «è stato interessante fare il viaggio con te, davvero», dice mentre si allontana con le guance leggermente più rosse di prima.
Mi volto colpito da quel gesto spontaneo e comincio a camminare per la mia strada quando sento di nuovo il mio nome, «ehi Finn!» grida Elle dall'altra parte del marciapiede, mi volto di scatto e quello che vedo è un flash accecacante a distanza, «mi piace farle cogliendo i soggetti di sorpresa! Ciao!» si sbraccia cominciando a correre nella direzione opposta alla mia con la macchina fotografica ancora in mano, mentre una scia di fogli copre per l'ennesima volta la strada.
«Non imparerà mai» mormoro senza trattenere un sorriso.

* * * * * * *



7 giorni dopo mi ritrovo come immerso in una specie di universo parallelo.
Ho deciso di prendermi qualche giorno di pausa dalle lezioni per dedicarmi a girovagare con Elle alla ricerca di luoghi interessanti da fotografare, cartoline del futuro, come continua a definirle lei.
Da quando siamo tornati a Stamford ci siamo visti praticamente ogni giorno, è diventata la mia fonte quotidiana di buonumore, e io la sua guida all'occorrenza.
Passiamo giornate intere a passeggiare, chiacchierare di tutto e niente, o semplicemente ad ammirare panorami, credo abbia fatto tante di quelle foto da bastarle per un paio di vite ma sembra instancabile, continuerebbe all'infinito se le dessi spago. Mi piace guardarla mentre fotografa, ha un viso così sereno e trasognato che mi riporta indietro nel tempo, perché in passato ho avuto anch'io quell'esatta espressione, ma sembrano ricordi di un'altra vita, o di un'altra persona.
Non abbiamo più parlato della mia visita alla Clinica, non ne ha più fatto menzione e di questa delicatezza le sono grato perché tuttora è qualcosa di cui non ho nessuna voglia di parlare, tantomeno pensare. La sua compagnia mi distrae da tutto il resto e al momento mi va bene così.
Per lo stesso motivo da una settimana mi rifiuto di uscire con gli altri, o di parlare con Archie, che purtroppo non demorde e continua a chiamarmi quasi quotidianamente. Adesso ho bisogno di prendermi una boccata d'aria, respirare a pieni polmoni qualcosa di diverso e la serenità di Elle è quanto di meglio potessi desiderare.
«Senti non dico che non sia vero, ma sono un po' stufa della natura, ho voglia di catturare espressioni, sorrisi... le persone Finn, ho voglia di fermarmi ai lati di una strada e fotografare la vita della gente» sentenzia Elle scendendo dalla mia macchina.
Siamo appena stati poco fuori città passando il pomeriggio tra alberi spogli e foglie gialle. Io sostengo siano i soggetti migliori da fotografare ma lei non la pensa così.
Persone, espressioni, ora come ora la gente non mi attira affatto, tantomeno trascorrerci una giornata «va bene ma allora vai da sola» le dico tenendo il punto.
«Sei noioso Finn, e sei pure musone» sospira accigliata mentre mi guarda di sottecchi e poi scoppia a ridere contagiando anche me.
«Interrompo qualcosa?».
La voce di Archie mi arriva alle spalle facendomi sussultare. Realizzo la scena che sta osservando e mi sento a disagio. Non sto facendo niente di male ma dopo essermi negato anche al telefono per tutti questi giorni potrebbe farsi un'idea sbagliata «ciao Arch», lo saluto nella maniera più spontanea possibile.
«Non ci presenti?» irrompe Elle che ha notato il mio improvviso cambio d'umore e la mia espressione.
«Certo, Elle, lui è Archie un mio caro amico. Archie, lei è Elle» mi sta tenendo a galla in questi giorni... ma questo evito accuratamente di dirlo.
Si stringono la mano e poi lui torna a guardare me «che state facendo?».
Sto per parlare, ma Elle si accorge della mia titubanza e mi anticipa «Finn mi sta facendo da guida nella vostra adorabile cittadina. Sai mi piace fotografare e allora mi sta portando un po' in giro», dice tutto d'un fiato. Poi come se all'improvviso realizzasse la situazione si affretta ad aggiungere «ma che sciocca! Ti starai chiedendo da dove sbuco! Ci siamo conosciuti sul bus da Sleaford. Finn mi ha aiutata in due momenti imbarazzantissimi a causa della mia sbadataggine, e una chiacchiera tira l'altra... beh in realtà le chiacchiere sono quasi tutte mie... comunque eccoci qua».
Archie la osserva divertito, poi si gira a guardare me «appurato che hai avuto da fare, avresti anche potuto alzare la cornetta no?» dice senza tanti giri di parole.
«Già» ammetto distogliendo lo sguardo.
«OKKK, Finn io adesso devo proprio andare, ci sentiamo stasera così ci organizziamo per domani va bene?» mi chiede Elle palesemente imbarazzata da quella nuova situazione a tre.
So benissimo che sta semplicemente cercando di lasciarci soli, quindi mi limito a sorriderle e salutarla con un cenno «certo».
«È stato un piacere conoscerti Archie!» dice congedandosi da noi.
«Anche per me» gli fa eco lui con un sorriso.
Seguo la sua uscita di scena finchè non scompare dalla visuale, non voglio voltarmi, so bene cosa mi aspetta e non ho nessuna fretta. Uscire da questa specie di universo parallelo per tuffarmi nella realtà non mi invoglia neanche un po', ma guardo l'espressione seria di Archie che non ammette repliche, e alla fine cedo invitandolo a casa mia «Vieni ti offro una birra, ci facciamo due chiacchiere».

Mi sento uno stronzo mentre siedo al tavolo di casa mia con una birra in mano in compagnia del mio migliore amico e realizzo che vorrei essere altrove.
Ci osserviamo in silenzio e mi domando quali pensieri stiano attraversando la sua mente in quel momento, ma non faccio in tempo a fare ipotesi perchè Archie posa la bottiglia sul tavolo e interrompe il silenzio.
«Simpatica la tua amica, Elle giusto?» prima stoccata?
«Sì... beh in realtà si chiama Elsie, ma ormai sono abituato a chiamarla Elle» preciso.
«Ormai sei abituato... Finn ma che cazzo stai facendo?» domanda a bruciapelo, «sparisci per giorni, non ti fai vedere da nessuno, esci con una nuova... con Elle, che ti succede?».
Non sono pronto al terzo grado, stringo la bottiglia di birra fino quasi a farmi male, non riesco a guardare Archie in faccia semplicemente perchè non so cosa dirgli. Non so cosa sto facendo e non so cosa farò, vivo alla giornata sperando di arrivare sano di mente a fine serata «sto bene Arch, sto cercando di andare avanti con la mia vita» dico, e mi blocco all'improvviso realizzando di aver appena pronunciato le stesse parole di Rae...
Rae. Non mi sono dimenticato di lei, come potrei, ma a un certo punto ho capito che se non fossi uscito fuori dai soliti schemi sarei veramente impazzito. Quello che è successo alla Clinica stride ancora troppo con quelle che erano le mie intenzioni quando sono andato da lei, e rivangare tutto mi uccide.
Abbandono la bottiglia di birra e serro i pugni sotto il tavolo «senti non fraintendermi, mi fa piacere vederti e mi fa piacere fare due chiacchiere, ma non voglio tornare sui soliti discorsi... te lo chiedo per favore Arch» imploro quasi con gli occhi fissi sul pavimento.
Nessuno dei due dice più una parola, questo tipo di silenzio e di distanza tra noi è una novità, siamo cresciuti insieme e gli voglio bene come a un fratello, ed è per questo che dopo qualche istante mi convinco a guardarlo in faccia, mi accorgo che mi fissa come a cercare le parole giuste da dire... Inutilmente a quanto pare... almeno per un po'.
«Va bene» si decide a dire, «senti è inutile girarci tanto intorno, ero venuto qui per parlarti della nostra visita a Rae ma ho capito che...».
«Ci hai parlato alla fine?» lo interrompo ponendogli l'unica domanda di cui ancora mi interessa la risposta.
«Sì, ci ho parlato e mi ha raccontato quello che vi siete detti. Da quel giorni ci siamo sentiti parecchie volte per telefono in realtà, non so ancora bene quando ma... tornerà a casa tra qualche giorno... probabilmente una settimana».
Me lo dice con prudenza, quasi sussurrando, come se abbassando la voce quella notizia potesse avere un impatto più delicato su di me. Ma non è così che funziona, e la sensazione di stordimento è tale che rimango interdetto senza proferire parola.
Lui si alza dalla sedia e si avvicina alla porta, io faccio altrettanto e ci ritroviamo sulla soglia, in difficoltà come mai prima d'ora.
«Senti non voglio farti la morale o altro, volevo dirti altre cose ma mi rendo conto che non è proprio il momento. Fai quello che ti sembra più giusto, con Rae, con... Elle e con tutto il resto, però fammi un favore, non sparire. So che è difficile ma Rae adesso ha bisogno di tutti noi, che stiate insieme oppure no tu sei una persona estremamente importante per lei».
Importante per lei, così importante da essere il primo di cui può fare a meno in caso si presenti l'occasione «sei sicuro che sia così?» domando sarcastico.
«Ne sono certo» risponde atono, «cerca di trovare un momento, ok?».
Evito di rispondere limitandomi ad un cenno di assenso con il capo, anche se sono ben consapevole di non essere in grado di promettere nulla ora come ora.
«Perchè non chiedi a Elle di venire con te al Pub una di queste sere? Mi sembra una ragazza simpatica... oltretutto manchi a tutti» ammette con un mezzo sorriso.
«Glielo chiederò» rispondo un attimo prima di vedere Archie allontanarsi da casa mia.

Quando mi richiudo la porta alle spalle mi sento così spossato che mi butto a peso morto sul letto, mi guardo intorno e quando inquadro la porta della mia stanza mi sembra ancora di sentire le parole di mio padre quando sono uscito con Elle la prima volta, sei sicuro di quello che stai facendo? Da certe cose poi non si torna indietro nemmeno volendo...
«Non sono sicuro più di niente papà» rispondo al vuoto davanti a me un attimo prima di afferrare il telefono... «Pronto Elle?»...

Mi cospargo il capo di cenere per il ritardo prolungato, ma salto le scuse a piè pari e arrivo subito al dunque: Elle è il nuovo personaggio della storia.
Ho cercato di renderla il meno fastidiosa possibile, per quanto sia fattibile non considerare fastidiosa un'altra ragazza che minaccia di attirare l'interesse di Finn a discapito di Rae. Anche se alla fine la vera nemica di Rae non sarà assolutamente lei, ma se stessa.
Elle è una ragazza carina e solare, è una chiacchierona e non è assolutamente cattiva, presuntuosa e via dicendo, non è un personaggio negativo insomma.
Avevo bisogno di affiancare a Finn una persona che non fosse percepita subito come l'uomo nero della situazione, ma come un'alternativa, una valida alternativa.
Nel prossimo capitolo Rae tornerà a casa, di POV di Finn ce ne sarà ancora qualcuno, ma almeno per un po' la storia tornerà ad essere raccontata seguendo il punto di vista di Rae.
Che altro dire... ah sì, in questi giorni ho già scritto anche i capitoli 6 e 7, che arriveranno a distanza di una settimana l'uno dall'altro, non so ancora esattamente di quanti capitoli si comporrà questa storia, ma credo di non andare troppo lontana dalla realtà se parlo di 12/14 capitoli al massimo.
Ciao ciao :)
   
 
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