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Autore: Bijouttina    23/12/2014    11 recensioni
Un biglietto da visita, una scommessa con gli amici e una piscina basterebbero a capire il significato della storia.
La gelosia e la dolcezza in persona, Marco e Serena.
Marco è un rappresentante e affascinante pallanuotista, Serena una dolce e sensuale commessa in un outlet.
Una storia frizzante e divertente, con personaggi molto particolari che vi conquisteranno.
***
« Ora la mia missione è conquistarla e farla innamorare di me.», mi sento bello deciso e carico.
«E se ci riuscissi? Poi che cosa faresti? Tu non resisteresti neanche due minuti in una relazione stabile. Facciamo una nuova scommessa. Tu la porterai in villa dai tuoi, la farai conoscere ai coniugi Rossini, se non scapperà, vorrà dire che è davvero innamorata di te, e se questo succedesse, tu le farai la proposta.».
«Sei per caso impazzito?».
Che cosa ha bevuto?! Che cosa si è fumato?!
«No, affatto. Se tu la porterai da loro, vorrà dire che sarai innamorato di lei, non lo faresti altrimenti. E se sarai innamorato di lei, metterai la testa a posto. Per la gioia della tua mammina. Che ne pensi? Ti va di rischiare?».
Ho voglia di farlo? Non molta, ma non mi tiro mai indietro.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La serie del rischio'
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18. La scelta del vestito
A pancia in giù sul letto, coccoliamo il nostro Diablo. Lo stiamo facendo diventare matto, non sa se seguire il mio dito o quello di Marco. Riesce ad afferrare il mio, si tuffa di schiena, tenendolo in bocca: lo sgranocchia come se fosse un grissino. Reprimo un urlo.
«Cucciolino patatoso, il mio dito non è un pezzo di prosciutto». Gli faccio notare, sfilandolo a fatica.
«Ah no? Sembrava gradire», commenta Marco con il sorriso sulle labbra.
È passata quasi una settimana dal pranzo a casa dei suoi genitori. Mi ha raccontato della discussione e del chiarimento con suo padre già durante il ritorno. Avevo sentito dei discorsi accesi mentre giocavo con i suoi nipoti, ma non distinguevo quello che si stavano dicendo. Sono felice che i rapporti siano meno tesi tra di loro.
«Se vuoi ti mordo qualcos'altro, vediamo se poi gradisci». Lo prendo in giro, premendogli sulla fronte l'indice sbavato da Diablo.
Riduce gli occhi a due fessure e un sorriso malizioso appare sulle sue labbra.
«Credo che gradirei, proviamo?».
Gli lancio un cuscino in faccia.
«Sozzone che non sei altro!».
«Parla quella che venti minuti fa si dimenava sopra di me, chiedendomi di darle di più. E poi lo sozzone sarei io!», borbotta scuotendo la testa.
«Ehi! Non è esattamente la stessa cosa». Lo schiaffeggio amorevolmente sul braccio.
«No, in effetti no. Tu sei molto più sozzona di me!».
Vuole la guerra? Allora l'avrà! Sposto delicatamente Diablo di lato e mi tuffo sopra il mio uomo. Lui non se lo aspetta e grugnisce.
«Sei per caso impazzita, Flounder?».
«Tanto normale non lo sono mai stata», ammetto mordendogli il mento.
«Non era quella la parte anatomica che volevo mi mordessi». Mi fa notare avvolgendomi con le sue braccia.
Gli mordicchio il collo.
«Nemmeno quella», osserva scoppiando a ridere. «Sei per caso un vampiro?».
«Non che io sappia», rispondo prima di lasciargli dei piccoli morsi sulla spalla.
Scendo a mordergli il petto.
«Flounder, se volevi torturarmi, ci stai riuscendo perfettamente», mormora chiudendo gli occhi e godendosi le mie attenzioni. La sua erezione sta premendo contro il mio seno, devo ammettere che è piuttosto piacevole.
Mi sposto lentamente, fino a ritrovarmi a mordere l'elastico dei suoi boxer.
«Sì, lì sotto, Flounder», mugugna soddisfatto.
Sollevo l'elastico con le dita e lo rilascio con uno schiocco. Marco apre un occhio, un angolo della bocca si solleva all'insù.
«Bambina cattiva».
Mi prende il viso tra le mani e mi trascina nuovamente sopra di sé, impossessandosi della mia bocca.
«Non mi lascerai mica insoddisfatto ora, vero?», mormora senza staccare le labbra dalle mie.
È il mio cellulare a rispondere, cominciando a squillare come un ossesso.
«Una suoneria più moderna, come ogni comune mortale, tu non sei in grado di averla?». Mi prende in giro mentre raggiungo la mia borsa abbandonata sopra una sedia accanto alla finestra.
«A me piace», commento con una scrollata di spalle. «Mi ricorda il vecchio telefono fisso di mia nonna».
Lui si copre gli occhi con un braccio e ride. Non riesco a smettere di guardarlo, è semplicemente divino.
Rispondo senza neanche controllare chi fosse a chiamarmi.
«Sorellina, ho urgentemente bisogno del tuo aiuto».
La voce di mio fratello, carica di ansia e nervosismo, mi fa roteare gli occhi. Mi siedo sul letto, dando le spalle a Marco.
«Che cosa succede questa volta, Ale?», domando in un sospiro.
«La mamma».
Avevo forse qualche dubbio? Per una volta pensavo potesse essere qualcosa di diverso, ma non si smentisce mai. Le gambe di Marco mi avvolgono i fianchi, le sue braccia si allacciano sul mio ventre, posa il mento sulla mia spalla e mi bacia una guancia. Metto una mano sopra le sue e chiudo gli occhi, adoro sentirlo così vicino a me.
«Che cosa ha combinato questa volta?», chiedo accarezzando il braccio del mio uomo.
Sento il suo respiro sul viso, mi fa venire brividi lungo la schiena.
«Vuole a tutti i costi scegliere lei il mio vestito per il mio matrimonio», marca rabbiosamente l'aggettivo mio.
«Non le hai detto che sei grande abbastanza per scegliertelo da solo?», domando stringendomi di più a Marco in cerca di conforto e tenerezza.
«Pensi che non ci abbia provato? Sere, non ne posso più. Impazzirò, me lo sento», borbotta.
«Ale, stai tranquillo, vedrai che risolveremo tutto», lo rassicuro.
«E come credi di fare? Abbiamo appuntamento fra un paio di ore in negozio e io non ci vado con lei. Mi rifiuto categoricamente», tuona alterato.
«Ci andiamo noi con lui». Si intromette Marco che stava ascoltando tutta la telefonata.
«Come scusa?», chiede mio fratello perplesso.
«Marco ha detto che veniamo noi con te. Che ne pensi?».
«Marco?», ripete ancora più incerto.
«Cioè vorresti dirmi che c'è un uomo a casa tua?». L'incredulità di mio fratello mi sta irritando.
«No, veramente sono io a casa sua. Scusami eh, che cavolo c'entra tutto questo?», sbotto, infastidita.
«Perché mai un uomo con cui hai passato la notte vorrebbe aiutarmi?».
Possibile che i miei non gli abbiano detto niente?
«Ehm, Ale? Marco ed io stiamo insieme», lo informo. «Pensavo che la mamma te lo avesse detto».
«No, non mi parla mai delle cose importanti! Oh mio Dio, Serena! È fantastico! Non vedo l'ora di conoscerlo. Ci vediamo fra un paio d'ore, passo a prendervi a casa tua. Avvisa tu la mamma!».
Riattacca prima che potessi ribattere, sospiro sconsolata.
«Perché lo stai facendo?».
Ruoto il capo per poterlo guardare negli occhi.
«Domanda semplice a cui risponderò con altrettanta semplicità: perché ti amo».
Posa una mano sul mio viso e mi bacia dolcemente sulle labbra.
«Grazie», sussurro. Sono davvero grata del suo aiuto.
«Mi ringrazierai stasera a letto. Voglio una doppia razione di coccole».
«Tutto quello che vuoi, Shark».
Ora, però, devo avvertire mia madre e non ne ho per niente voglia. Non oso immaginare tutte le scuse che troverà pur di avere l'ultima parola. Sarà una dura lotta, già lo so.
«Non è che chiami tu la mia genitrice?», domando girandomi completamente verso di lui.
«Se vuoi», risponde con una scrollata di spalle.
«Lo faresti davvero?». Inarco un sopracciglio.
«Non avrei alcun problema a farlo». Mi posa una mano sul viso e sorride.
«Farei qualsiasi cosa per te, Serena».
Bene, se continua ad usare questo tono e continua a guardarmi in questo modo, io mi scioglierò qui ai piedi del letto e dovrà raccogliermi con il cucchiaino.
«Salteresti anche in un cerchio infuocato, tipo quello che usano al circo per i leoni?», farfuglio alquanto stordita.
Lui annuisce. «Anche se, in effetti, dipende da quanto è largo il cerchio. Sai, non mi piacerebbe rimanerci incastrato».
«Giusta osservazione». Gli concedo. «Salteresti da un cavalcavia per atterrare su un tir che passa in quel momento?».
Si trattiene per non ridere e annuisce ancora una volta.
«Andresti sui pattini?».
Marco piega la testa di lato e scoppia in una fragorosa risata.
«I pattini sono una cosa terrificante! Non so se lo farei, nemmeno per questo tuo bel visetto».
Mi prende il mento con una mano e preme le guance finché le mie labbra non si arricciano. Le bacia teneramente.
«Okay, mi hai convinto. Chiamo mia madre», borbotto liberandomi dalla sua presa.
Appoggio la testa contro il suo petto dopo aver composto il numero di casa dei miei. Mi avvolge in un abbraccio, accarezzandomi la schiena nuda.
«Mi rendi felice». Soffia al mio orecchio un attimo prima che la signora Boissone rispondesse.
Mi ritrovo a sorridere beatamente.
«Mamma, dobbiamo parlare».
Le mie parole l'hanno messa subito in allerta.
«Ti ha chiamato tuo fratello, non è vero?».
«Già. Vuole sceglierlo da solo il vestito», le dico. Al momento mi sto distraendo non poco, sto facendo fatica a rimanere lucida: Marco mi sta baciando dietro l'orecchio, lentamente, mentre con i polpastrelli sfiora la mia coscia.
«Volevo solo aiutarlo», mugugna risentita.
«Lo so, mamma. Lo aiuteremo Marco ed io. Penso che un parere maschile potrebbe essere utile».
Chiudo gli occhi, quando scende con la lingua lungo il mio collo, la sua mano sfiora la mia intimità e per poco non mi lascio sfuggire un gemito.
Sospira rumorosamente.
«Va bene», acconsente alla fine. «Ti prego soltanto di tenerlo d'occhio. Non farlo vestire come un cameriere, sai, quelli che sembrano dei pinguini».
«Te lo prometto, mamma», la rassicuro.
Ci salutiamo e lancio il telefono sopra il comodino. Cerco le labbra del mio uomo e me ne approprio, mi stava facendo impazzire.
«Non puoi torturarmi così mentre sto parlando con mia madre», brontolo sommessamente con le labbra premute sulle sue.
«Io posso tutto, Flounder».
Oh sì, lui può tutto: su questo ha perfettamente ragione.
«Dobbiamo vestirci e andare a casa mia». Provo a dire tra un bacio e l'altro.
«Sì, dovremmo, ma ora non mi va».
Si sdraia sul materasso, trascinandomi sopra di sé.
«Avevamo un discorso in sospeso noi due».
 
 
Un'ora e mezza dopo siamo sotto casa mia, Alessandro è già lì che ci aspetta.
«Sere, finalmente! Ero quasi sicuro aveste cambiato idea».
Scende dalla macchina e mi avvolge in un abbraccio.
«Non mi avevi dato un orario preciso». Mi giustifico.
«Vero, hai ragione. Sono solo un tantino sotto stress, perdonami». Si scusa lui in un sospiro. «Che cosa ha detto la mamma?».
«Che devo evitare che tu ti vesta come un cameriere», rispondo scoppiando a ridere.
Lui alza gli occhi al cielo e sbuffa.
«È assurdo», commenta.
«Niente è assurdo con la mamma, lo sai».
Alessandro annuisce con convinzione e, poi, concentra la sua attenzione su Marco, come se lo vedesse ora per la prima volta.
«Tu devi essere Marco, giusto?». Gli offre la mano e il mio uomo la stringe energicamente.
«In carne e ossa. È un piacere conoscerti».
«Devi essere un gran santo», dice mio fratello con un sorriso sghembo.
«Per sopportare tua sorella? Sì, lo so. Sono masochista, adoro farmi del male».
«Siete sempre così buoni con me...».
Salgo in macchina, fingendomi offesa.
«Non farci caso, le piace attirare l'attenzione su di sé», afferma Alessandro posando una mano sulla spalla di Marco, con fare cospiratorio.
«Voi due state rischiando grosso, vi avverto». Li minaccio riducendo gli occhi a due fessure.
«E noi dovremmo avere paura di te?». Marco inarca un sopracciglio, un sorriso divertito appare sulle sue labbra.
«Dovreste», confermo senza cambiare espressione.
«E che cosa faresti, sentiamo?», continua lui.
«Tu, signor Rossini dei miei stivali, dormiresti sul divano stanotte e scordati qualsiasi tipo di coccola».
«Avresti il coraggio di farmi questo?», chiede con gli occhi da cucciolo.
«Vuoi tentare la sorte?». Incrocio le braccia al petto e mantengo l'espressione da dura.
«Ne sarebbe capace, fidati», commenta mio fratello salendo in macchina.
«Non lo metto in dubbio», dice il mio uomo in un sospiro.
«Non credere di cavartela così tu!». Schiaffeggio Alessandro sulla nuca.
«Ed è pure manesca! L'avevi già notato?», continua a parlare con Marco come se io non fossi presente.
«Non cambiare discorso, nano! Ti do in pasto alla mamma!». Lo minaccio.
«Ti prego, la mamma no!», piagnucola.
«Allora smettetela di fare i cretini e metti in moto!». Ordino in tono autoritario.
«Come vuole lei, signora!», borbotta mio fratello ingranando la prima e immettendosi finalmente in strada.
Marco mi sorride dallo specchietto retrovisore, e io ricambio soffiandogli un bacio. Entrambi sanno benissimo che stavo scherzando, entrambi sanno quanto li adoro. Chiacchierano tra di loro lungo il breve tragitto, sembrano dei vecchi amici. Marco riesce a farsi amare da tutti, quando vuole. Adoro il suo carattere e per certi versi siamo molto simili.
 
***
 
Alessandro, il fratello di Serena, mi piace davvero molto, forse perché è così simile a lei caratterialmente. Chiacchiero con lui lungo il tragitto: mi racconta delle manie della loro madre, il desiderio della sua fidanzata di avere un matrimonio semplice tra amici.
Serena mi osserva attraverso lo specchietto, le sorrido e lei mi manda un bacio. La amo moltissimo, non posso farci niente.
Arriviamo in centro venti minuti dopo. Ferma la macchina davanti a un negozio di abiti da cerimonia. Una volta scesi, prendo Serena per mano e seguiamo Alessandro all'interno. Mi guardo un po' in giro e mi accorgo della donna che ci sta raggiungendo solo all'ultimo istante.
«Marco, è un piacere vederti», cinguetta lei sbattendo le ciglia in modo seducente.
Serena si irrigidisce al mio fianco.
«Grazia, non sapevo che tu lavorassi qui».
Se lo avessi saputo, non avrei mai messo piede in questo negozio. Sono uscito con lei per un mese, non lo rifarei nemmeno se mi pagassero. Non ho mai conosciuto una donna più appiccicosa di lei, è peggio di una sanguisuga.
«Oh sì, lavoro qui da un paio di anni. Sei impegnato stasera per cena?», chiede dal nulla noncurante del fatto che io non sia solo.
Si è accorta che sto tenendo per mano una donna bellissima, che, oltretutto, sta ringhiando al mio fianco?
«È impegnato stasera, domani sera e tutte le sere a seguire», sibila Serena a denti stretti.
Non ho il coraggio di guardare la sua espressione, ma dallo sguardo terrorizzato di Grazia, scommetto che la mia donna sia piuttosto incazzata.
«Magari un'altra volta», commenta con una scrollata di spalle.
Bene, non è mai stata un genio, ma a questo punto chiunque avrebbe capito che Serena stava marcando il suo territorio.
«Vado a controllare i vestiti da donna, voi arrangiatevi», sputa acida un attimo dopo.
Ci mancava solo che si arrabbiasse! Gira sui tacchi e si dirige a passo svelto nell'altro reparto.
«È la tua ragazza?», domanda passandomi un dito sul naso, un sorriso ebete affiora sulle sue labbra.
Che cazzo sta facendo? Indietreggio con una smorfia.
«Sì, è la mia fidanzata e non credo che sarò libero da qui ai prossimo cent'anni probabilmente», affermo avvicinandomi ad Alessandro.
«Potrei sempre farti cambiare idea». Si morde il labbro e mi squadra dalla testa ai piedi.
Serena sta tornando indietro: non l'ho mai vista così incazzata, fa quasi paura. Si piazza davanti a Grazia e le punta un dito in faccia.
«Ascoltami bene, perché non lo ripeterò una seconda volta: Marco è il mio uomo, stai lontana da lui, o ti faccio fare una brutta fine. Ora aiuterai il mio fratellino a scegliere un vestito per il suo matrimonio, dopo di che ce ne andremo e tu non romperai più le palle a Marco».
La donna la guarda come se fosse impazzita.
«Tu sei malata», farfuglia con aria schifata.
«Un motivo in più per non contraddirmi», aggiunge Serena prima di andarsene nuovamente.
Vorrei tanto correre da lei, ma ho l'impressione che voglia rimanere sola e, sinceramente, ho il terrore di essere sbranato.
«Bene, che vestito mi consigli?».
È Alessandro a toglierci da quel silenzio imbarazzante, e lo ringrazio con un cenno del capo. Lui mi mette una mano sulla spalla e la stringe appena.
«Vai a vedere come sta mia sorella. Credo di riuscire a cavarmela anche da solo qui». Mi strizza l'occhio e trascina Grazia lontano da me; lei non sembra molto felice e, a dirla tutta, non m'importa.
Raggiungo Serena a passo spedito, mi blocco a pochi metri da lei: indossa un vestito turchese, che le arriva poco sopra al ginocchio. Guardo il suo riflesso allo specchio ed è imbronciata. Si sistema le spalline e la stoffa all'altezza del seno; non si è accorta della mia presenza nella stanza. È un vestito semplice, elegante e fascia le sue curve, rendendola favolosa. Non ha alcuna scollatura volgare, ma allo stesso tempo rende giustizia al suo seno abbondante. È semplicemente divina.
I nostri sguardi finalmente si incontrano, le sorrido. Serena, dopo un momento di esitazione, sospira e ricambia. Mi avvicino e le bacio la nuca, le avvolgo la vita con le braccia, appoggiando il mento sulla sua spalla. Osservo il nostro riflesso allo specchio e amo quello che vedo: i suoi occhi verdi brillano di luce propria in questo preciso istante.
«Sei bellissima», mormoro stringendola di più a me.
«Pensi che possa andare bene per il matrimonio di Ale?», chiede accigliandosi.
«Secondo me è perfetto, ti sta d'incanto». La rassicuro.
Sembra credermi e prende tra le mani il cartellino del prezzo. Per poco non si mette ad urlare, si porta una mano alla bocca e si divincola dalla mia presa, chiudendosi nel camerino.
Rimango con le braccia allargate e l'espressione da pesce lesso. Che diavolo le è successo? Il suo comportamento non ha alcun senso, almeno non per me.
Busso alla porta del piccolo stanzino e sento un borbottio provenire dall'interno.
«Flounder, che succede?», domando appoggiando la fronte sull'avambraccio, la mano ancora sul legno.
Mi passa il vestito attraverso una piccola apertura superiore, lo afferro titubante. Che cosa ha questo vestito che non va?
«Flounder?», chiamo in un filo di voce.
Sento un sospiro attraverso la porta chiusa.
«Non posso indossare quel vestito», borbotta dopo un po'.
«Perché non dovresti? Ti sta divinamente.», le dico sinceramente. «Aprimi, ti prego».
Si sente armeggiare sulla serratura e apre di un spiraglio: è seduta su un piccolo sgabello, con la testa poggiata contro la parete.
«Mi sembrava di aver capito che ti piacesse molto». Le prendo una mano e la tengo stretta nella mia.
«Infatti», mugugna.
«Qual è il problema allora?».
Serena chiude gli occhi e sbuffa.
«Non posso permettermi quel dannato vestito! Non guadagno nemmeno in un mese tutti quei soldi! Cercherò qualcosa più alla mia portata, magari al mercato, sulla bancarella dei cinesi».
«Stai scherzando spero».
Cerco il cartellino con il prezzo e ho un sussulto: mille euro per questo pezzetto di stoffa? Si sono bevuti il cervello? Osservo lo sguardo sconsolato della mia donna e mi si spezza il cuore. Lei adora questo abito e lei lo avrà.
«Vieni, esci da questo buco».
La faccio alzare, tirandola per un braccio e lei si avvinghia a me, appoggia il viso sul mio petto.
«Sono una povera squattrinata e farò la figura della pezzente al matrimonio di mio fratello», piagnucola.
Faccio un cenno a una commessa bionda che si trova poco lontano da noi. Serena continua a borbottare frasi sconnesse contro il mio petto, tenendosi stretta a me.
La donna ci raggiunge e le porgo il vestito turchese. Estraggo il portafoglio dalla tasca posteriore dei miei pantaloni e le passo la carta di credito.
«Faccia una bella confezione regalo», le dico a bassa voce per non farmi sentire da Serena.
La commessa annuisce e sparisce verso la cassa. Serena non mi avrebbe mai permesso di regalarle questo abito, comprarlo di nascosto è l'unica soluzione. Desidero che lei sia felice, niente di più. Non voglio che si senta fuori luogo al matrimonio del suo unico fratello, cui vuole un bene dell'anima. Lei quel giorno sarà perfetta - non che ora non lo sia - e indosserà l'abito dei suoi sogni.
«Andiamo a vedere come se la sta cavando Alessandro?», chiedo sollevandole il viso con entrambe le mani.
La sua espressione muta all'improvviso, sembra arrabbiata, mi colpisce un braccio con un pugno.
«Ahi! Perché l'hai fatto?». Mi massaggio il punto colpito.
«Chi sarebbe quella là? Una tua spasimante?». Si allontana di qualche passo e mi fissa con sguardo truce.
«Ci sono uscito un mese soltanto, qualche anno fa, era insopportabile», rispondo con decisione. Al solo ricordo, mi torna un senso di nausea.
«Mi assillava con milioni di telefonate al giorno, se non rispondevo, mi arrivava immediatamente un messaggio, chiedendo il motivo del mio silenzio. Me la ritrovavo sotto casa ad orari improbabili, in lacrime perché non la degnavo delle attenzioni cui aveva bisogno. Un giorno sono esploso e l'ho lasciata, cercando di non sembrare scortese, dicendole che non ero pronto per una relazione seria, che la colpa non era sua, soltanto mia. Insomma, cazzate del genere».
Riprendo fiato, le ho raccontato tutto, non ho segreti per Serena e mai li avrò. Il nostro rapporto si basa su fiducia reciproca, o almeno spero lo sia.
Un angolo della sua bocca si solleva all'insù e, un attimo dopo, prorompe in una fragorosa risata. Che cos'ha adesso da ridere? Certo, però, che è bellissima quando lo fa: quelle fossette che si formano sul suo viso sono adorabili.
Si asciuga gli occhi con le mani e mi butta le braccia al collo.
«Come hai fatto a resistere un mese?». La sua domanda mi stupisce e sospiro.
«Non lo so, probabilmente ero in un momento particolare della mia vita. Avevo voglia di farmi del male e quello era un modo come un altro», affermo stringendomi nelle spalle, fingendomi serio.
«Ora ti stai facendo del male con me?». Posa le labbra sulle mie e mi regala un bacio leggero. «Stai attento a come rispondi».
«Mi sto facendo malissimo con te e mi piace molto», commento approfondendo quel bacio.
«Ti perdono solo perché baci da Dio», mormora rilassata tra le mie braccia.
«Non perché sono uno stallone a letto?». La prendo in giro.
«Adesso non montarti troppo la testa, stallone». Strofina il naso contro il mio e mi bacia nuovamente, togliendomi il respiro.
Afferra la mia mano e raggiungiamo suo fratello nell'altro reparto. Grazia gli sta mostrando diversi tipi di cravatta. Alessandro ci osserva ansioso.
«Per fortuna siete tornati! Sto impazzendo!», sbotta gesticolando nervosamente. «Quale scelgo?».
Indica tre diverse cravatte, Serena ed io le guardiamo attentamente e poi rispondiamo all'unisono: «Questa».
Scegliamo lo stesso modello nero con le cuciture bianche, si intona perfettamente con il vestito che indossa. Serena mi sorride e ancora una volta mi dico che è lei la donna giusta per me, è semplicemente lei.
«Grazie ragazzi! Mi avete salvato la vita!».
Alessandro mi dà una pacca sulla spalla e abbraccia la sorella con trasporto. Lei gli prende le mani e si allontana quel tanto che basta per osservarlo.
«Sei meraviglioso, Ale. Vera è una donna fortunata. Sono così orgogliosa di te». Si stringe a lui e chiude gli occhi, una lacrima scende a rigarle il viso.
«Oh Sere, non credo di averti mai detto quanto ti voglio bene», confessa lui baciandole la fronte e, poi, rivolto a me aggiunge: «Marco, rendila felice, o dovrai vedertela con me».
Renderla felice è l'unica cosa che ha importanza per me, non ho alcuna intenzione di ferirla, se mai dovesse succedere, sarò io stesso a menarmi. Serena merita solo il meglio, perché lei è il meglio che un uomo possa mai desiderare. Mi ritengo molto fortunato ad averla incontrata e ancora di più a essere amato da lei: il suo amore mi ha reso migliore.
«Non ho alcuna intenzione di prenderle da te». Lo rassicuro.
«Così mi piaci».
Grazia continua a lanciarmi delle occhiate languide, faccio finta di non notarle e concentro la mia attenzione su Serena. Mi ritrovo a sorridere, mi riprendo la mia donna e la stringo fra le mie braccia. Noto odio negli occhi di Grazia e non m'importa, può pensare quello che vuole, tanto non potrà mai avermi.
Il vestito che Alessandro ha scelto gli calza a pennello e, non avendo bisogno di modifiche, può portarlo già a casa. La commessa alla cassa gli consegna il suo acquisto e restituisce a me la carta di credito. Con un cenno le indico di dare la confezione regalo a Serena, recepisce immediatamente il messaggio. Le mette tra le mani una scatola, sapientemente incartata e con dei nastri turchesi che scendono soffici ai lati.
Serena spalanca la bocca e la richiude senza emettere alcun suono.
«Solo il meglio per te, amore», sussurro al suo orecchio.
Si volta a guardarmi, ha gli occhi lucidi.
«È quello che penso io?», chiede in un filo di voce.
Annuisco.
«Oh Marco!». Mi regala un bacio dolcissimo che mi lascia stordito.
Dopo questo momento di dolcezza, mi colpisce il petto con un pugno.
«Non dovevi! Sei un folle!», brontola.
Sì, la amo, decisamente.

 
***Note dell'autrice***
Serena gelosa è davvero pericolosa (mi è venuta pure la rima lol)... io se fossi Grazia emigrerei su un altro pianeta, magari assieme a Massimo. Non è stato un amore Marco a regalarle il vestito che tanto le piaceva? Beato lui che ha un conto in banca consistente lol. La settimana prossima ci sarà un evento non molto piacevole per la nostra Flounder... non aggiungo altro :)

Volevo inoltre rendervi partecipi del fatto che il prossimo 31 dicembre pubblicherò uno spin off di questa storia con protagonista *rullo di tamburi* ♥ Lorenzo ♥ LOL
Saranno solo 10 capitoli e andranno di pari passo con i prossimi capitoli di Marco & Serena, per questo motivo sto aspettando a pubblicare questa nuova storia. Non vorrei si creassero inutili spoiler o incomprensioni, visto che le trame si intrecceranno dal capitolo 19 (che pubblicherò il 30 dicembre) in poi. Diciamo che scopriremo un Lorenzo mai visto prima e spero possiate essere interessati a leggere anche questa storia che è comunque collegata alla principale. Ho pensato di pubblicarla il mercoledì, per non riempirvi di aggiornamenti lo stesso giorno e lasciarvi il tempo di metabolizzare il tutto.
Vi lascio con un piccolo pezzo del primo capitolo, così, per incuriosirvi un po' ;)

Vi abbraccio tutti uno a uno e vi auguro un bellissimo Natale! Un bacione Ire ♥

 

«Sicuro che verrà con qualcuno?», domando in ansia a Marco, per assicurarmi che lei mantenga la parola.
«Certo, non ti fidi?». Lui mi guarda con un sopracciglio inarcato.
«Ho paura che possa portare solo quel Luca», ammetto con una smorfia.
Non ho niente contro di lui, per carità, solo non deve mai stare dietro di me. Non si sa mai.
«Non lo farà, ne sono certo». Mi rassicura con un sorrisetto sulle labbra.
A volte vorrei prenderlo a calci nel culo: si diverte a prendermi per i fondelli, e io, permaloso come sono, spesso me la prendo. So di esserlo, l'ho sempre saputo. Non riesco a rimanere arrabbiato a lungo. In fin dei conti è il mio migliore amico, in qualche modo ho bisogno di lui, anche se non lo ammetterò mai, nemmeno sotto tortura.
Raggiungiamo la piscina, e Marco si incanta a guardare la sua Serena. È diventato così smielato da quando ha preso una sbandata colossale per quella commessa. Ammetto che ha scelto bene, sono un po' invidioso. 



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