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Autore: _Cthylla_    23/12/2014    2 recensioni
Dopo un matrimonio tanto voluto da una parte quanto osteggiato dall'altra, e soprattutto dopo l'incidente di Emerald, eccoci di nuovo qui con la nostra neo sposina in coma.
Si risveglierà?
E se si...sarà quella di prima?
Dal Cap.3:
Lionel bevve un abbondante sorso dal bicchiere. «secondo me è sbagliato il principio di fondo, in quello che dici. Chi può dire che, Warsman o non Warsman, mia nipote non sarebbe caduta lo stesso, magari per motivi diversi? O che non le sarebbe successo qualcosa di analogo che avrebbe portato comunque alla situazione attuale?» i due uomini si guardarono nei loro occhi verde smeraldo, nel soppesare quel che il più vecchio stava dicendo «quando succedono cose come questa è normale per un padre cercare dei colpevoli, tanto più per uno “innamorato” di sua figlia come sei tu. Se a Sebastian capitasse qualcosa del genere probabilmente reagirei alla stessa maniera. Ma in realtà non ci sono colpevoli qui, se non la sfortuna o il destino ingrato, se preferisci chiamarlo in questo modo».
Howard guardava l’orizzonte con aria pensierosa. «tu sai che non credo molto nel destino».
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kevin Mask, Nuovo personaggio, Robin Mask, Un po' tutti, Warsman/Lord Flash
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di smeraldo'
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C’era solo da ringraziare il cielo che Kevin Mask fosse un chojin, e non uno di quelli più debolucci, ma di categoria “ti spacco in due come niente”. Altrimenti non avrebbe avuto la sicurezza di sopravvivere, ustionato gravemente com’era.

In tutto il tempo in cui Kevin Mask era stato ricoverato dapprima in ospedale e, dopo una telefonata che era stato obbligato a fare a lady Janice, nientemeno che in una clinica Lancaster lì a Mosca, Warsman non si era mosso dal capezzale del suo allievo. Anche in quel momento era lì, quella sera, come tutte le altre.

Uno dei suoi problemi principali era che Howard Lancaster ora sapesse dove si trovava -povero stupido, credeva davvero che ne fosse venuto a conoscenza solo adesso!- ma la salute di Kevin aveva la priorità, e se in una clinica Lancaster poteva ricevere le migliori cure possibili, inclusi trattamenti estetici per far sparire o comunque ridurre di moltissimo i segni delle ustioni, e gratis, allora beh…che fosse!

Erano lì da una settimana. Dal notiziario Warsman aveva appreso che, com’era prevedibile, le autorità locali insieme a dei “corpi speciali” non meglio definiti avevano temporaneamente bloccato i voli in partenza dalla città e sorvegliavano con attenzione spasmodica ogni suo confine per la “presenza di un terrorista che fonti certe asserivano avrebbe tentato di lasciare Mosca in quei giorni”. Si presumeva che stessero cercando anche nei livelli sotterranei, quelli un po’più vicini alla superficie, dove vivevano barboni e a dire il vero anche non barboni, e una volta si nascondevano le spie.

L’ennesima dimostrazione di potere di Howard Lancaster -e la definizione di terrorista riferita a Zachary non era affatto sbagliata- eppure Warsman era convinto che sarebbero riusciti a sfuggirgli. Nel sottosuolo di Mosca, di livelli sotterranei, non c’erano soltanto quelli vicini alla superficie. Se fossero riusciti a procurarsi una mappa sarebbero scesi ben più sotto per poi risbucare chissà dove, e tutto quello spiegamento di forze sarebbe stato vano.

Dal canto suo il russo non pensava neppure di avventurarsi così in profondità, proprio perché sapeva che sarebbe stato completamente inutile. Era sceso nei primi livelli una volta, in quegli anni il cui il carissimo Mr. Lancaster gli aveva dato la caccia -uno dei tanti posti strani del mondo in cui si era imbucato pur di sfuggirgli- ma non si era mai azzardato a scendere al di sotto del terzo.

A proposito di caccia all’uomo, in quella settimana era stato costantemente ad aspettarsi che sapendolo lì Howard lo avrebbe imprigionato di nuovo…eppure nessuno aveva alzato un dito contro di lui. Che le signore Lancaster avessero parlato, ed ora i suoi ex carcerieri fossero a conoscenza del modo in cui riusciva a rintracciare Emerald? Facile che fosse così, non ci sarebbe stato un altro motivo valido per giustificare il fatto di essere ancora libero.

“vogliono usarmi come cane da caccia. Se è come penso, adesso Janice Lancaster sarà costretta a riferire ogni mia mossa”.

Povero ingenuo! La signora si erano sempre limitata a riferire avvistamenti di Emerald, e così avrebbe continuato a fare, perché al resto pensava il chip segnalatore che Michael gli aveva iniettato nell’addome.

“o forse questi qui della clinica stanno solo aspettando ordini. Forse stanno solo aspettando il momento buono per liberarsi di me, di incastrarmi in qualche modo, non lo so...!”

Pensieri simili lo avevano assalito di continuo, ma fino ad ora aveva cercato di mantenere la calma anche se non era semplice.

Lo faceva per Kevin.

“Kevin ha più bisogno di me di quanto ne abbia quella lì” pensò, decidendo di versarsi dell’acqua dalla brocca di vetro sul comodino sentendosi la gola secca, ennesimo scherzo di una tensione crescente che non gli aveva permesso nemmeno di sonnecchiare un attimo per tutto quel tempo “accidenti a lei!!!”

Verso la suddetta Emerald, perché ovviamente il suo “quella lì” era riferito sempre e solo a lei, al momento provava un 35% di preoccupazione, immaginando che per logica fossero giù nei sotterranei, ed un 65% di rabbia.

Non contenta di ricordare fingendo che così non fosse -fingeva, ne era convinto!- di continuare a mentire e fuggire, aveva volontariamente deciso di continuare a viaggiare con quel demone albino pur sapendo cosa gli aveva fatto -già, chissà se quel mostro le aveva detto di come aveva ridotto Kevin!- e perfino di fare la parte della sua ragazza!…

Un po’forse giocava anche una gelosia che non avrebbe mai ammesso neppure a se stesso, ma contava molto di più il fatto che pareva proprio non importarle niente se lui soffriva per qualsiasi motivo, o gli veniva fatto del male da chiunque! E lui proprio non riusciva a capire. Ci era riuscito nel caso di Howard: era suo padre, erano tanto attaccati che a momenti dividevano pure l’anima, lui la voleva proteggere e bla bla bla. Ci era riuscito, con molta fatica, nel caso di Connors maggiore: teoricamente lei era innamorata persa di lui, tanto da sposarlo. Ma Zachary?!! Non c’erano giustificazioni.

A volte Emerald aveva più o meno ammesso di tenere a lui, Warsman, eppure da come si comportava sembrava essere tutto il contrario, ed ogni briciola di logica gli stava urlando che era ora di finirla di subire di tutto per una simile stronza per cui, checché ne avesse mai detto, era solo un giocattolo. Ma poi…

“forse non voleva credere che lo avesse fatto davvero” si diceva “ma adesso non può stare lì senza fare niente e continuare a fuggire solo perché non vuole ammettere che sposandosi ha fatto un errore enorme. Magari credeva davvero che quella fosse la sua strada, ma invece no! Potrà darmi del pazzo e forse anche del presuntuoso, dell’egocentrico, ma io la conosco. Ormai so come stanno le cose. Siamo lei ed io, i due Nemici Numeri Uno. È sempre stato così. Deve solo prenderne atto come ho fatto io, per difficile che possa essere, perché non c’è altra mossa possibile. Non può continuare così” guardò Kevin “non a questo prezzo. Che io sia dannato…se solo mi fosse riuscito di dissuaderla dal fidanzarsi con quell’americano…”

Vide le palpebre del ragazzo tremolare, e di seguito dischiudersi leggermente.

«Kevin…? Compagno?» non poté fare a meno di avvicinarglisi ancor di più, era la prima volta che si svegliava in un modo in cui sembrava essere realmente cosciente «Kev-»

Il suo momentaneo sollievo fu immediatamente soffocato allo stesso modo in cui Kevin Mask, con una smorfia di furia animale sul volto, stava cercando di soffocare lui con entrambe le mani.

«rrrrr d…hem…one!!!»

D’accordo, evidentemente era sveglio ma del tutto fuori di sé visto che al momento Kevin invece di vedere davanti a sé il proprio allenatore vedeva lì Zachary Connors, il che spiegava la sua reazione.

Inutilmente Warsman tentò di articolare frasi con la speranza di calmarlo, ottenne solo di farsi stringere di più la gola, fino a quando disperato non riuscì ad afferrare la brocca piena a metà di acqua sul comodino e spaccarla in testa al suo povero ex allievo, riuscendo a distrarlo abbastanza da liberarsi da quella presa assassina e premere un pulsante che richiamasse i medici.

«Kevin qui sei al sicuro» aveva ancora la voce roca per quel tentato strangolamento «non intendo farti male, non-»

Anche stavolta venne interrotto, lasciandosi scappare un gemito ed un sibilo di dolore. Kevin aveva afferrato il più grosso e spesso dei frammenti di vetro che aveva trovato e con quello lo aveva infilzato all’addome, squarciandoglielo piuttosto in profondità creando una ferita che somigliava ad un sorriso storto.

I medici si degnarono di arrivare soltanto allora, e riuscirono a sedare il ragazzo solo perché questi era ancora troppo impegnato a cercare di uccidere Warsman, di cui si occuparono subito dopo.

«n-non ne ho bisogno!»

O almeno ci provarono, perché il russo cercò perfino di opporsi, pur rendendosi conto di aver bisogno di diversi punti.

«sa benissimo di averne bisogno, sia ragionevole e ci lasci intervenire sulla ferita!» disse il medico, che aveva già pronta la valigetta del pronto soccorso «sta perdendo sangue e-»

«non è la ferita peggiore che ho subìto e sono sopravvissuto senza fare tanti arzigogoli, lasciatemi in pace!»

«stia buono e tranquillo. Vogliamo solo aiutarla».

Avevano ragione, gli servivano cure e se fosse stato in un ospedale normale sarebbe stato buono come gli stava dicendo il dottore, ma per ovvie ragioni non gradiva molto che medici pagati da Howard Lancaster gli mettessero le mani addosso. Poco ragionevole magari, ma abbastanza comprensibile.

 

E non contava che fino a quel momento non gli avessero fatto niente, avrebbero potuto ritenere quella l’occasione buona, Howard avrebbe potuto decidere di tentare un’altra pista e di lasciarlo morire nelle segrete (?) della clinica dopo aver lasciato che subisse il cielo solo sapeva cosa!

«vi ho detto…di lasciarmi in pace!!!»

Strappò la valigetta dalle mani del dottore e riuscì a liberarsi con degli spintoni di tutte le persone che in breve tempo lo avevano attorniato, e con la forza della disperazione anche a scappare via sfondando una finestra che per chiunque altro sarebbe stata infrangibile e che per fortuna non era ad un piano molto alto.

Atterrò gemendo di dolore, portandosi una mano al ventre dal quale ancora sgorgava sangue, e decidendo di tentare di ignorare quel che stava provando complice anche una bella scarica di adrenalina si mise a correre con tutto l’intento di lasciare quel posto e ricucirsi.

Non aveva idea del fatto che in un certo senso l’ex teppista inglese squarciandolo in quel modo gli aveva fatto un favore perché ora, come dire…bye bye, chip segnalatore per cani!

Alla fine, dopo una settimana costantemente “in guardia” ed un’aggressione che lo aveva lasciato di sasso -e tra l’altro visti i precedenti era arrivato a temere che Kevin ce l’avesse proprio con lui!- la tensione aveva avuto la meglio.

In seguito probabilmente si sarebbe pentito di aver mollato lì Kevin che a momenti sembrava ridotto come Peeta Mellark depistato…ma solo in seguito, appunto.

Così come prima o poi, forse, una volta riacquistata la lucidità avrebbe chiamato l’altra signora Lancaster -quella di cui a quel punto ritemeva di potersi fidare di più- per scusarsi di quella sua azione inconsulta e per pregarla di tenerlo in qualche modo aggiornato sulle condizioni di Kevin. Il modo per uscire da Mosca lo avrebbe trovato da solo. Se fosse stato attento sarebbe riuscito a passare nei primi livelli sotto la città senza farsi notare, come aveva fatto in passato.

Corse come un forsennato. Non sapeva se ringraziare il cielo del fatto che non fosse troppo freddo o meno, perché se ci fosse stata della neve magari avrebbe potuto metterne sulla ferita così da contribuire a fermare l’emorragia…

“priorità: superare il terreno esterno della clinica. Superare le mura. Curarsi”.

La ferita “urlò” a modo suo le proprie proteste. Warsman gettò una veloce occhiata dietro di sé, lo stavano inseguendo, nemmeno a dirlo.

“senza rumore, vedo”.

Ovviamente il resto dei degenti non poteva certo essere turbato dalla fuga di un paziente reticente, non in quella clinica che al di là delle attrezzature futuristiche sembrava un hotel a ventisettemilasettecentonovantasette stelle.

“priorità: defilarmi. Curarmi. Nascondermi…fuggire” modificò “io posso farcela. Sono entrato nella villa dei Lancaster di nascosto, ferito in modo peggiore, e più volte. Questo a confronto è uno scherzetto” si disse.

 

 

:: Mosca, sotterranei ::

 

 

Erano arrivati al tunnel che avevano stabilito di percorrere solo un paio di ore prima, dopo una lunghissima, tesa ed estenuante settimana passata a districarsi tra i vari passaggi, evitare gentaglia, rubare quante più provviste possibili, delle biciclette -“e se il tunnel per cui dobbiamo passare fosse troppo stretto e malmesso?!”, “in quel caso le abbandoneremo, ma se invece ci passassero almeno faremmo prima.”, “…che codesti luoghi siano infestati da spettri molesti è veritiero? Lo spettro di Ivan il Terribile?!”, “di Ivan il Terribile quaggiù c’è solo il tesoro, cugino, e se lo troviamo è cosa buona.”- ed un piccolo generatore di calore a batterie.

Quell’ultima era stata una tra le migliori idee che avessero avuto. Prima di trovarsi nella cattedrale si erano procurati dei vestiti fatti apposta per trattenere quanto più calore possibile, eppure in quel tunnel ad undici livelli di profondità -che per fortuna non era troppo stretto e nemmeno malmesso ed anzi, era puntellato meglio di qualcuno del quinto- non era affatto caldo. Infatti durante quelle otto ore previste per essere destinate al sonno, i quattro ragazzi avevano impostato il generatore così che restasse acceso per un po’.

Sebastian era stato il primo a crollare giù. Zachary lo aveva fatto dopo essere sicuro che Emerald e Kirika si fossero addormentate, cadendo in un sonno profondissimo conciliato da tutto quel buio e silenzio.

«allora…lui ha ragione o no?»

Mh. Forse Zachary avrebbe fatto meglio ad effettuare controlli più accurati, perché le ragazze bisbiglianti sembravano essere tutt’altro che addormentate. Prova del fatto che nemmeno lui era infallibile.

«sì. No. Non lo so».

Durante la settimana passata Emerald aveva sfruttato ogni momento come quello per parlare a Kirika di quel che le aveva detto Warsman l’ultima volta. La demonessa aveva parlato bene nella cattedrale, con quel “credevo avessimo superato la fase del non detto”; in effetti era così, e per Emerald avere qualcuno di cui parlarne era solo una cosa positiva.

«te lo dico sinceramente, a volte sei una grandissima sega».

«e tu gentile quanto un cane idrofobo».

Kirika alzò gli occhi al soffitto. «tu come la penso lo sai benissimo. Torna a casa, e con il russo falla finita. È meglio per tutti».

«possibile che nessuno mi dica mai qualcosa di diverso?»

«una persona con un minimo di logica non ti dirà mai qualcosa di diverso. Ma d’altra parte dicono tutti che l’amore non ha granché logica, per cui…»

«non sono innamorata di lui. Ok?»

«e allora che problemi ti fai?!» Kirika si passò le mani sul volto in un gesto esasperato «se il punto è che vuoi scopartelo prenditelo come amante segreto! Anche se col marito che hai, non so cosa ci trovi nel russo per-»

«non voglio un amante segreto! Non sono il tipo, non è dignitoso e lui non ci starebbe in ogni caso».

«e allora mandalo al diavolo no? è tanto semplice».

«non lo è, e…che fai?»

Kirika aveva tirato fuori un foglietto e due penne di diversi colori. «mettiamo giù i pro e i contro il soggetto, a questo punto».

«ah, ma dai».

«aiuta, da’retta. Io l’ho fatto quando ho mandato definitivamente a fanculo mio padre. Non che ne avessi bisogno, ma vedere scritta tutta quella roba in “pro abbandono” e nulla in “contro”, sai…» gettò un’occhiata a Zachary. Non si era minimamente mosso «muoviti».

«ma via…mpf…ma fai sul serio?» a quanto pareva sì, se aveva scritto “pro W” e “contro W”! «e va bene…dai qua. Incominciamo con i pro».

«…se ne trovi…»

«mmmh…allora…eeeeh…condividiamo parecchi interessi» scrisse.

«inclusi balletti, tentare di uccidervi a vicenda e pratiche porche di vario genere?»

«avevo incluso solo la prima ma a questo punto ok. Tu tieni d’occhio loro due eh».

«dormono come sassi. Altro?»

«è un porcello».

«non barare, si è detto che è incluso. Idem musica, cibi, alcol, libri ed hobby vari» aggiunse Kirika sempre in un minuscolo bisbiglio.

«e ti pare un punto da poco?»

«no, ma è un punto».

« mh…è intelligente?»

«e lo chiedi a me? Per quel che mi riguarda no!»

Emerald lo scrisse lo stesso. «ha un cervello computer, è intelligente per forza no? Poi, è coraggioso. E di solito è onorevole, anche se quando ci siamo conosciuti i primi tempi mi ricattava, ma l’ho fatto anche io».

«ti ha salvata da uno stupro».

«bene. Coraggioso ed onorevole».

Dopo quello, per diverso tempo Emerald non scrisse niente.

«fine?»

«tiene a me» si decise ad aggiungere la londinese «e parecchio, mi sa, lui…più ci penso più mi rendo conto che…insomma, pensando a tutto quello che ha fatto -e che fa ancora visto che ce lo siamo ritrovato davanti da poco- per me perché non voleva che ci lasciassimo perdere, a tutto quello che gli è capitato per colpa mia e al fatto che tanto non si arrende…»

“pensando a tutto questo mi viene da dire che non è la cosiddetta ‘bestia inferiore’ a non meritarmi, ma che forse…considerando che io per lui non ho mai fatto niente se non dire a mio padre di non ucciderlo, né ho mai fatto molto perché non ci perdessimo…”

«ok» Kirika prese il foglietto «contro: “è completamente matto”» scrisse, riportando Emerald alla realtà.

«no!... cioè. Solo un po’».

“io però a mettersi nei casini così non ce l’ho mai costretto, eh!!!” pensò infatti quest’ultima “anzi, se mai il contrario”.

«un po’molto direi!...bene. Dormono ancora».

«mh. Sbrighiamoci però, perché in effetti di dormire ne abbiamo bisogno».

«hai altri pro o posso iniziare a scrivere i contro?»

«altri pro…beh, se ha capito che fingo e pure perché, vuol dire che mi conosce molto bene e mi capisce. Perché non scrivi?»

Kirika emise uno sbuffo. «di solito non chiedo il permesso di essere schietta, ma…posso?»

E già da quello Emerald intuì dove voleva andare a parare, perché di argomenti così delicati ce n’era solo uno. «sì».

Gettarono l’ennesima occhiata ai loro compagni di viaggio. Non si erano minimamente mossi.

«tre settimane dopo la fine della vostra vacanza hai scoperto di essere incinta di poco meno di un mese e mezzo» disse Kirika in un sussurro «ovviamente eri intenzionata ad abortire, ma pensavi anche alla fatica che ha fatto tua madre per averti. E qualche giorno dopo hai scoperto che, beh…hai proprio preso da tua madre».

Emerald non replicò.

«nonostante il tempo che è passato, a Roma mi hai chiesto se ti ritenevo stupida perché ti è dispiaciuto di aver perso un feto che in ogni caso avevi deciso di abortire. E se secondo me, al contempo, era normale sentirsi colpevole di aver provato il sollievo di non aver dovuto decidere. Di’: non si è accorto di tutto questo e mi vieni a dire che ti conosce e capisce bene?»

Il danno era successo in Brasile. Da quando era stata degente in America non aveva preso anticoncezionali di sorta, e quando era partita col porcello tenendo conto che c’era in ballo il ritornare con Kevin non aveva minimamente previsto di andare a letto con nessuno. Era stata stupida, ma aveva veramente creduto che senza l’ausilio di alcol ed erba lei non sarebbe mai andata a letto col russo, e invece…!

E non c’è bisogno di spiegare il motivo per cui aveva evitato di dare a Warsman anche quella mazzata.

«non è colpa sua» replicò prontamente Emerald «non se n’è accorto Kevin, con cui allora stavo insieme, e nemmeno mio padre al telefono mi ha mai trovata strana. Di solito lui peraltro ci riesce bene. Ma io se voglio le cose so nasconderle molto bene…come lui mi ha nascosto per anni di quella faccenda del patto. Idem mia madre, che teoricamente è la pettegola per antonomasia» aggiunse, pensando che anche Kid l'aveva quasi beccata: lo aveva incontrato fuori dall'ospedale dopo un controllo che aveva fatto, e lei gli aveva detto che era stata lì per delle analisi «a quanto pare la bravura a nascondere le cose è di famiglia. Ora però basta parlarne. Io te l’ho detto, pe-»

«“però non è mai successo”. Sì. Lo so. Però un consiglio su come avresti potuto usare questa storia te l’ho dato».

 

 “se volevi che smettesse di starti intorno avresti potuto dirgli che hai abortito perché non volevi un mini mostro uguale al padre”.

NO, Kirika! Cazzo…no. Non una cosa del genere”

“scusa”.

 

«e io ti ho risposto».

La demonessa non ribatté. Si limitò a prendere il foglietto e mettersi a scrivere i contro.

 

  • Non piace a nessuno della tua famiglia
  • Potrebbe essere tuo nonno
  • Non ha uno straccio di dote

 

«…ma cosa frega a me della dote?»

«tuo marito guadagna vari milioncini. È per fare il confronto».

 

  • Hai un marito molto figo

 

«aspetta. Questo va aggiunto» mormorò Emerald, scrivendo un appunto con un sorrisetto.

 

  • Si veste malissimo

 

Il sorrisetto però morì quando cancellò furiosamente una cosa che Kirika scrisse di seguito.

 

  • La sua faccia è un brutto accrocco di roba senza senso

 

«basta».

«e dai-»

«basta. È una cosa stupida. Una lista stupida. Voglio dormire» sibilò seccata, prendendo il foglietto e voltandosi dall’altra parte «non dovevo darti retta Kirika. Buonanotte».

Per qualche minuto calò il silenzio.

«è la verità, anche se non ti piace».

Emerald non si curò di rispondere.

Poco dopo il respiro della sua amica divenne profondo e regolare, segno che si era addormentata. Anche lei stava per cedere, eppure guardò per l’ultima volta quella lista di cose, con la mente che annebbiata dal sonno lasciava venire a galla i pensieri più intimi.

tiene a me”.

Quante volte l’aveva cercata? Troppe.

Ricordò quando a Tokyo l’aveva stretta al proprio petto, dopo averla smascherata, le proprie lacrime nel constatare che non se n’era andato. Aveva pianto per la troppa tensione, ma forse un po’anche per la gioia e la commozione dovuta al fatto che lui ci fosse ancora…nonostante tutto.

è matto come un cavallo”, aveva scritto Kirika.

Emerald si lasciò scappare un sospiro, e prima di far sparire il foglietto in tasca e che il sonno la vincesse scrisse un ultimo appunto vicino a quello.

“ma anche vivendo cento vite, non arriverei a meritarlo”.




Ammetto che questo capitolo non mi soddisfa troppo, anche perché è venuto molto corto rispetto agli altri, forse troppo fluff, un po'palloso e con poco senso.
Quindi mi chiederte: "perché accidenti l'hai pubblicato?"
Beh...perché sì. Mi è venuto così.
E per farvi vedere che anche Emerald inizia già ora a rendersi conto di qualcosina.
Nel prossimo capitolo la gente a Londra comparirà per forza, ma vi giuro che nonostante questo mi impegnerò per tirare fuori qualcosa di meglio rispetto a qui.
Saluti.
   
 
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