C’era solo da ringraziare
il cielo che Kevin Mask fosse un
chojin, e non uno di quelli più debolucci, ma di categoria
“ti spacco in due
come niente”. Altrimenti non avrebbe avuto la sicurezza di
sopravvivere,
ustionato gravemente com’era.
In tutto il tempo in cui Kevin Mask
era stato ricoverato
dapprima in ospedale e, dopo una telefonata che era stato obbligato a
fare a
lady Janice, nientemeno che in una clinica Lancaster lì a
Mosca, Warsman non si
era mosso dal capezzale del suo allievo. Anche in quel momento era
lì, quella
sera, come tutte le altre.
Uno dei suoi problemi principali era
che Howard Lancaster ora
sapesse dove si trovava -povero stupido, credeva davvero che ne fosse
venuto a
conoscenza solo adesso!- ma la
salute
di Kevin aveva la priorità, e se in una clinica Lancaster
poteva ricevere le
migliori cure possibili, inclusi trattamenti estetici per far sparire o
comunque ridurre di moltissimo i segni delle ustioni, e gratis, allora
beh…che
fosse!
Erano lì da una settimana.
Dal notiziario Warsman aveva
appreso che, com’era prevedibile, le autorità
locali insieme a dei “corpi
speciali” non meglio definiti avevano temporaneamente
bloccato i voli in
partenza dalla città e sorvegliavano con attenzione
spasmodica ogni suo confine
per la “presenza di un terrorista che fonti certe asserivano
avrebbe tentato di
lasciare Mosca in quei giorni”. Si presumeva che stessero
cercando anche nei
livelli sotterranei, quelli un po’più vicini alla
superficie, dove vivevano
barboni e a dire il vero anche non barboni, e una volta si nascondevano
le
spie.
L’ennesima dimostrazione di
potere di Howard Lancaster -e la
definizione di terrorista riferita a Zachary non era affatto sbagliata-
eppure
Warsman era convinto che sarebbero riusciti a sfuggirgli. Nel
sottosuolo di
Mosca, di livelli sotterranei, non c’erano soltanto quelli
vicini alla
superficie. Se fossero riusciti a procurarsi una mappa sarebbero scesi
ben più
sotto per poi risbucare chissà dove, e tutto quello
spiegamento di forze
sarebbe stato vano.
Dal canto suo il russo non pensava
neppure di avventurarsi così
in profondità, proprio perché sapeva che sarebbe
stato completamente inutile.
Era sceso nei primi livelli una volta, in quegli anni il cui il
carissimo Mr.
Lancaster gli aveva dato la caccia -uno dei tanti posti strani del
mondo in cui
si era imbucato pur di sfuggirgli- ma non si era mai azzardato a
scendere al di
sotto del terzo.
A proposito di caccia
all’uomo, in quella settimana era
stato costantemente ad aspettarsi che sapendolo lì Howard lo
avrebbe
imprigionato di nuovo…eppure nessuno aveva alzato un dito
contro di lui. Che le
signore Lancaster avessero parlato, ed ora i suoi ex carcerieri fossero
a
conoscenza del modo in cui riusciva a rintracciare Emerald? Facile che
fosse
così, non ci sarebbe stato un altro motivo valido per
giustificare il fatto di
essere ancora libero.
“vogliono usarmi come cane
da caccia. Se è come penso,
adesso Janice Lancaster sarà costretta a riferire ogni mia
mossa”.
Povero ingenuo! La signora si erano
sempre limitata a
riferire avvistamenti di Emerald, e così avrebbe continuato
a fare, perché al
resto pensava il chip segnalatore che Michael gli aveva iniettato
nell’addome.
“o forse questi qui della
clinica stanno solo aspettando
ordini. Forse stanno solo aspettando il momento buono per liberarsi di
me, di
incastrarmi in qualche modo, non lo so...!”
Pensieri simili lo avevano assalito
di continuo, ma fino ad
ora aveva cercato di mantenere la calma anche se non era semplice.
Lo faceva per Kevin.
“Kevin ha più
bisogno di me di quanto ne abbia quella
lì” pensò, decidendo di
versarsi
dell’acqua dalla brocca di vetro sul comodino sentendosi la
gola secca,
ennesimo scherzo di una tensione crescente che non gli aveva permesso
nemmeno
di sonnecchiare un attimo per tutto quel tempo “accidenti a
lei!!!”
Verso la suddetta Emerald,
perché ovviamente il suo “quella
lì” era riferito sempre e solo a lei, al momento
provava un 35% di
preoccupazione, immaginando che per logica fossero giù nei
sotterranei, ed un
65% di rabbia.
Non contenta di ricordare fingendo
che così non fosse -fingeva, ne
era convinto!- di continuare
a mentire e fuggire, aveva volontariamente deciso di continuare a
viaggiare con
quel demone albino pur sapendo cosa gli aveva fatto -già,
chissà se quel mostro
le aveva detto di come aveva ridotto Kevin!- e perfino di fare la parte
della
sua ragazza!…
Un po’forse giocava anche
una gelosia che non avrebbe mai
ammesso neppure a se stesso, ma contava molto di più il
fatto che pareva
proprio non importarle niente se lui soffriva per qualsiasi motivo, o
gli
veniva fatto del male da chiunque! E lui proprio non riusciva a capire.
Ci era
riuscito nel caso di Howard: era suo padre, erano tanto attaccati che a
momenti
dividevano pure l’anima, lui la voleva proteggere e bla bla
bla. Ci era
riuscito, con molta fatica, nel caso di Connors maggiore: teoricamente
lei era
innamorata persa di lui, tanto da sposarlo. Ma
Zachary?!! Non c’erano giustificazioni.
A volte Emerald aveva più
o meno ammesso di tenere a lui,
Warsman, eppure da come si comportava sembrava essere tutto il
contrario, ed
ogni briciola di logica gli stava urlando che era ora di finirla di
subire di
tutto per una simile stronza per cui, checché ne avesse mai
detto, era solo un
giocattolo. Ma poi…
“forse non voleva credere
che lo avesse fatto davvero” si
diceva “ma adesso non può stare lì
senza fare niente e continuare a fuggire
solo perché non vuole ammettere che sposandosi ha fatto un
errore enorme.
Magari credeva davvero che quella fosse la sua strada, ma invece no!
Potrà
darmi del pazzo e forse anche del presuntuoso,
dell’egocentrico, ma io la conosco.
Ormai so come stanno le
cose. Siamo lei ed io, i due Nemici Numeri Uno. È sempre
stato così. Deve solo
prenderne atto come ho fatto io, per difficile che possa essere,
perché non c’è
altra mossa possibile. Non può continuare
così” guardò Kevin “non a
questo
prezzo. Che io sia dannato…se solo mi fosse riuscito di
dissuaderla dal
fidanzarsi con quell’americano…”
Vide le palpebre del ragazzo
tremolare, e di seguito
dischiudersi leggermente.
«Kevin…?
Compagno?» non poté fare a meno di avvicinarglisi
ancor di più, era la prima volta che si svegliava in un modo
in cui sembrava
essere realmente cosciente «Kev-»
Il suo momentaneo sollievo fu
immediatamente soffocato allo
stesso modo in cui Kevin Mask, con una smorfia di furia animale sul
volto,
stava cercando di soffocare lui con entrambe le mani.
«rrrrr
d…hem…one!!!»
D’accordo, evidentemente
era sveglio ma del tutto fuori di
sé visto che al momento Kevin invece di vedere davanti a
sé il proprio
allenatore vedeva lì Zachary Connors, il che spiegava la sua
reazione.
Inutilmente Warsman tentò
di articolare frasi con la
speranza di calmarlo, ottenne solo di farsi stringere di più
la gola, fino a
quando disperato non riuscì ad afferrare la brocca piena a
metà di acqua sul
comodino e spaccarla in testa al suo povero ex allievo, riuscendo a
distrarlo
abbastanza da liberarsi da quella presa assassina e premere un pulsante
che
richiamasse i medici.
«Kevin qui sei al
sicuro» aveva ancora la voce roca per quel
tentato strangolamento «non intendo farti male,
non-»
Anche stavolta venne interrotto,
lasciandosi scappare un
gemito ed un sibilo di dolore. Kevin aveva afferrato il più
grosso e spesso dei
frammenti di vetro che aveva trovato e con quello lo aveva infilzato
all’addome, squarciandoglielo piuttosto in
profondità creando una ferita che
somigliava ad un sorriso storto.
I medici si degnarono di arrivare
soltanto allora, e
riuscirono a sedare il ragazzo solo perché questi era ancora
troppo impegnato a
cercare di uccidere Warsman, di cui si occuparono subito dopo.
«n-non ne ho
bisogno!»
O almeno ci provarono,
perché il russo cercò perfino di
opporsi, pur rendendosi conto di aver bisogno di diversi punti.
«sa benissimo di averne
bisogno, sia ragionevole e ci lasci
intervenire sulla ferita!» disse il medico, che aveva
già pronta la valigetta
del pronto soccorso «sta perdendo sangue e-»
«non è la ferita
peggiore che ho subìto e sono sopravvissuto
senza fare tanti arzigogoli, lasciatemi in pace!»
«stia buono e tranquillo.
Vogliamo solo aiutarla».
Avevano ragione, gli servivano cure e
se fosse stato in un
ospedale normale sarebbe stato buono come gli stava dicendo il dottore,
ma per
ovvie ragioni non gradiva molto che medici pagati da Howard Lancaster
gli
mettessero le mani addosso. Poco ragionevole magari, ma abbastanza
comprensibile.
E non contava che fino a quel momento
non gli avessero fatto
niente, avrebbero potuto ritenere quella l’occasione buona,
Howard avrebbe
potuto decidere di tentare un’altra pista e di lasciarlo
morire nelle segrete
(?) della clinica dopo aver lasciato che subisse il cielo solo sapeva
cosa!
«vi ho detto…di
lasciarmi in pace!!!»
Strappò la valigetta dalle
mani del dottore e riuscì a
liberarsi con degli spintoni di tutte le persone che in breve tempo lo
avevano
attorniato, e con la forza della disperazione anche a scappare via
sfondando una
finestra che per chiunque altro sarebbe stata infrangibile e che per
fortuna
non era ad un piano molto alto.
Atterrò gemendo di dolore,
portandosi una mano al ventre dal
quale ancora sgorgava sangue, e decidendo di tentare di ignorare quel
che stava
provando complice anche una bella scarica di adrenalina si mise a
correre con
tutto l’intento di lasciare quel posto e ricucirsi.
Non aveva idea del fatto che in un
certo senso l’ex teppista
inglese squarciandolo in quel modo gli aveva fatto un favore
perché ora, come
dire…bye bye, chip segnalatore per cani!
Alla fine, dopo una settimana
costantemente “in guardia” ed
un’aggressione che lo aveva lasciato di sasso -e tra
l’altro visti i precedenti
era arrivato a temere che Kevin ce l’avesse proprio con lui!-
la tensione aveva
avuto la meglio.
In seguito probabilmente si sarebbe
pentito di aver mollato
lì Kevin che a momenti sembrava ridotto come Peeta Mellark
depistato…ma solo in
seguito, appunto.
Così come prima o poi,
forse, una volta riacquistata la
lucidità avrebbe chiamato l’altra signora
Lancaster -quella di cui a quel punto
ritemeva di potersi fidare di più- per scusarsi di quella
sua azione inconsulta
e per pregarla di tenerlo in qualche modo aggiornato sulle condizioni
di Kevin.
Il modo per uscire da Mosca lo avrebbe trovato da solo. Se fosse stato
attento
sarebbe riuscito a passare nei primi livelli sotto la città
senza farsi notare,
come aveva fatto in passato.
Corse come un forsennato. Non sapeva
se ringraziare il cielo
del fatto che non fosse troppo freddo o meno, perché se ci
fosse stata della
neve magari avrebbe potuto metterne sulla ferita così da
contribuire a fermare
l’emorragia…
“priorità:
superare il terreno esterno della clinica. Superare
le mura. Curarsi”.
La ferita
“urlò” a modo suo le proprie proteste.
Warsman
gettò una veloce occhiata dietro di sé, lo
stavano inseguendo, nemmeno a dirlo.
“senza rumore,
vedo”.
Ovviamente il resto dei degenti non
poteva certo essere
turbato dalla fuga di un paziente reticente, non in quella clinica che
al di là
delle attrezzature futuristiche sembrava un hotel a
ventisettemilasettecentonovantasette stelle.
“priorità:
defilarmi. Curarmi. Nascondermi…fuggire”
modificò
“io posso farcela. Sono
entrato nella
villa dei Lancaster di nascosto, ferito in modo peggiore, e
più volte. Questo a
confronto è uno scherzetto” si disse.
:: Mosca,
sotterranei
::
Erano arrivati al tunnel che avevano
stabilito di percorrere
solo un paio di ore prima, dopo una lunghissima, tesa ed estenuante
settimana
passata a districarsi tra i vari passaggi, evitare gentaglia, rubare
quante più
provviste possibili, delle biciclette -“e se il tunnel per
cui dobbiamo passare
fosse troppo stretto e malmesso?!”, “in quel caso
le abbandoneremo, ma se
invece ci passassero almeno faremmo prima.”,
“…che codesti luoghi siano
infestati da spettri molesti è veritiero? Lo spettro di Ivan
il Terribile?!”,
“di Ivan il Terribile quaggiù
c’è solo il tesoro, cugino, e se lo troviamo
è
cosa buona.”- ed un piccolo generatore di calore a batterie.
Quell’ultima era stata una
tra le migliori idee che avessero
avuto. Prima di trovarsi nella cattedrale si erano procurati dei
vestiti fatti
apposta per trattenere quanto più calore possibile, eppure
in quel tunnel ad
undici livelli di profondità -che per fortuna non era troppo
stretto e nemmeno
malmesso ed anzi, era puntellato meglio di qualcuno del quinto- non era affatto caldo. Infatti durante
quelle
otto ore previste per essere destinate al sonno, i quattro ragazzi
avevano
impostato il generatore così che restasse acceso per un
po’.
Sebastian era stato il primo a
crollare giù. Zachary lo
aveva fatto dopo essere sicuro che Emerald e Kirika si fossero
addormentate,
cadendo in un sonno profondissimo conciliato da tutto quel buio e
silenzio.
«allora…lui ha
ragione o no?»
Mh. Forse Zachary avrebbe fatto
meglio ad effettuare
controlli più accurati, perché le ragazze
bisbiglianti sembravano essere
tutt’altro che addormentate. Prova del fatto che nemmeno lui
era infallibile.
«sì. No. Non lo
so».
Durante la settimana passata Emerald
aveva sfruttato ogni
momento come quello per parlare a Kirika di quel che le aveva detto
Warsman
l’ultima volta. La demonessa aveva parlato bene nella
cattedrale, con quel
“credevo avessimo superato la fase del non detto”;
in effetti era così, e per
Emerald avere qualcuno di cui parlarne era solo una cosa positiva.
«te lo dico sinceramente, a
volte sei una grandissima sega».
«e tu gentile quanto un
cane idrofobo».
Kirika alzò gli occhi al
soffitto. «tu come la penso lo sai
benissimo. Torna a casa, e con il russo falla finita. È
meglio per tutti».
«possibile che nessuno mi
dica mai qualcosa di diverso?»
«una persona con un minimo
di logica non ti dirà mai
qualcosa di diverso. Ma d’altra parte dicono tutti che
l’amore non ha granché
logica, per cui…»
«non
sono innamorata
di lui. Ok?»
«e allora che problemi ti
fai?!» Kirika si passò le mani sul
volto in un gesto esasperato «se il punto è che
vuoi scopartelo prenditelo come
amante segreto! Anche se col marito che hai, non so cosa ci trovi nel
russo
per-»
«non voglio un amante
segreto! Non sono il tipo, non è
dignitoso e lui non ci starebbe in ogni caso».
«e allora mandalo al
diavolo no? è tanto semplice».
«non lo è,
e…che fai?»
Kirika aveva tirato fuori un
foglietto e due penne di
diversi colori. «mettiamo giù i pro e i contro il
soggetto, a questo punto».
«ah, ma dai».
«aiuta, da’retta.
Io l’ho fatto quando ho mandato
definitivamente a fanculo mio padre. Non che ne avessi bisogno, ma
vedere
scritta tutta quella roba in “pro abbandono” e
nulla in “contro”, sai…»
gettò
un’occhiata a Zachary. Non si era minimamente mosso
«muoviti».
«ma
via…mpf…ma fai sul serio?» a quanto
pareva sì, se aveva
scritto “pro W” e “contro W”!
«e va bene…dai qua. Incominciamo con i
pro».
«…se ne
trovi…»
«mmmh…allora…eeeeh…condividiamo
parecchi interessi» scrisse.
«inclusi balletti, tentare
di uccidervi a vicenda e pratiche
porche di vario genere?»
«avevo incluso solo la
prima ma a questo punto ok. Tu tieni
d’occhio loro due eh».
«dormono come sassi.
Altro?»
«è un
porcello».
«non barare, si
è detto che è incluso. Idem musica, cibi,
alcol, libri ed hobby vari» aggiunse Kirika sempre in un
minuscolo bisbiglio.
«e ti pare un punto da
poco?»
«no, ma è un
punto».
«
mh…è intelligente?»
«e lo chiedi a me? Per quel
che mi riguarda no!»
Emerald lo scrisse lo stesso.
«ha un cervello computer, è
intelligente per forza no? Poi, è coraggioso. E di solito
è onorevole, anche se
quando ci siamo conosciuti i primi tempi mi ricattava, ma
l’ho fatto anche io».
«ti ha salvata da uno
stupro».
«bene. Coraggioso ed
onorevole».
Dopo quello, per diverso tempo
Emerald non scrisse niente.
«fine?»
«tiene a me» si
decise ad aggiungere la londinese «e
parecchio, mi sa, lui…più ci penso più
mi rendo conto che…insomma, pensando a
tutto quello che ha fatto -e che fa ancora visto che ce lo siamo
ritrovato
davanti da poco- per me perché non voleva che ci lasciassimo
perdere, a tutto
quello che gli è capitato per colpa mia
e al fatto che tanto non si
arrende…»
“pensando a tutto questo mi
viene da dire che non è la
cosiddetta ‘bestia inferiore’ a non meritarmi, ma
che forse…considerando che io
per lui non ho mai fatto niente se non dire a mio
padre di non
ucciderlo, né ho mai fatto molto perché non ci
perdessimo…”
«ok» Kirika prese
il foglietto «contro: “è completamente
matto”» scrisse, riportando Emerald alla
realtà.
«no!... cioè.
Solo un po’».
“io però a
mettersi nei casini così non ce l’ho mai
costretto, eh!!!” pensò infatti
quest’ultima “anzi, se mai il contrario”.
«un po’molto
direi!...bene. Dormono ancora».
«mh. Sbrighiamoci
però, perché in effetti di dormire ne
abbiamo bisogno».
«hai altri pro o posso
iniziare a scrivere i contro?»
«altri pro…beh,
se ha capito che fingo e pure perché, vuol
dire che mi conosce molto bene e mi capisce. Perché non
scrivi?»
Kirika emise uno sbuffo.
«di solito non chiedo il permesso
di essere schietta, ma…posso?»
E già da quello Emerald
intuì dove voleva andare a parare,
perché di argomenti così delicati ce
n’era solo uno. «sì».
Gettarono l’ennesima
occhiata ai loro compagni di viaggio.
Non si erano minimamente mossi.
«tre settimane dopo la fine
della vostra vacanza hai
scoperto di essere incinta di poco meno di un mese e mezzo»
disse Kirika in un
sussurro «ovviamente eri intenzionata ad abortire, ma pensavi
anche alla fatica
che ha fatto tua madre per averti. E qualche giorno dopo hai scoperto
che,
beh…hai proprio preso da tua
madre».
Emerald non replicò.
«nonostante il tempo che
è passato, a Roma mi hai chiesto se
ti ritenevo stupida perché ti è dispiaciuto di
aver perso un feto che in ogni
caso avevi deciso di abortire. E se secondo me, al contempo, era
normale
sentirsi colpevole di aver provato il sollievo di non aver dovuto
decidere. Di’:
non si è accorto di tutto questo e mi vieni a dire che ti
conosce e capisce
bene?»
Il danno era successo in Brasile. Da
quando era stata
degente in America non aveva preso anticoncezionali di sorta, e quando
era
partita col porcello tenendo conto che c’era in ballo il
ritornare con Kevin
non aveva minimamente previsto di andare a letto con nessuno. Era stata
stupida, ma aveva veramente creduto che senza l’ausilio di
alcol ed erba lei
non sarebbe mai andata a letto col russo, e invece…!
E non c’è
bisogno di spiegare il motivo per cui aveva
evitato di dare a Warsman anche quella mazzata.
«non è colpa
sua» replicò prontamente Emerald «non se
n’è
accorto Kevin, con cui allora stavo insieme, e nemmeno mio padre al
telefono mi
ha mai trovata strana. Di solito lui peraltro ci riesce bene. Ma io se
voglio
le cose so nasconderle molto bene…come lui mi ha nascosto
per anni di quella
faccenda del patto. Idem mia madre, che teoricamente è la
pettegola per
antonomasia» aggiunse, pensando che anche Kid l'aveva quasi
beccata: lo aveva incontrato fuori dall'ospedale dopo un controllo che
aveva fatto, e lei gli aveva detto che era stata lì per
delle analisi «a quanto pare la bravura a
nascondere le cose è di
famiglia. Ora però basta parlarne. Io te l’ho
detto, pe-»
«“però
non è mai successo”. Sì. Lo so.
Però un consiglio su
come avresti potuto usare questa storia te l’ho
dato».
“se volevi che
smettesse di starti intorno
avresti potuto dirgli che hai abortito perché non volevi un
mini mostro uguale
al padre”.
“NO, Kirika! Cazzo…no. Non una
cosa del genere”
“scusa”.
«e io ti ho
risposto».
La demonessa non ribatté.
Si limitò a prendere il foglietto
e mettersi a scrivere i contro.
- Non piace a
nessuno della tua famiglia
- Potrebbe essere
tuo nonno
- Non ha uno
straccio di dote
«…ma cosa frega
a me della dote?»
«tuo marito guadagna vari
milioncini. È per fare il
confronto».
- Hai un marito
molto figo
«aspetta. Questo va
aggiunto» mormorò Emerald, scrivendo un
appunto con un sorrisetto.
- Si veste malissimo
Il sorrisetto però
morì quando cancellò furiosamente una
cosa che Kirika scrisse di seguito.
La sua faccia è un brutto accrocco di roba senza senso
«basta».
«e dai-»
«basta. È una
cosa stupida. Una lista stupida. Voglio
dormire» sibilò seccata, prendendo il foglietto e
voltandosi dall’altra parte
«non dovevo darti retta Kirika. Buonanotte».
Per qualche minuto calò il
silenzio.
«è la
verità, anche se non ti piace».
Emerald non si curò di
rispondere.
Poco dopo il respiro della sua amica
divenne profondo e regolare,
segno che si era addormentata. Anche lei stava per cedere, eppure
guardò per
l’ultima volta quella lista di cose, con la mente che
annebbiata dal sonno
lasciava venire a galla i pensieri più intimi.
“tiene
a me”.
Quante volte l’aveva
cercata? Troppe.
Ricordò quando a Tokyo
l’aveva stretta al proprio petto,
dopo averla smascherata, le proprie lacrime nel constatare che non se
n’era
andato. Aveva pianto per la troppa tensione, ma forse un
po’anche per la gioia
e la commozione dovuta al fatto che lui ci fosse
ancora…nonostante tutto.
“è
matto come un
cavallo”, aveva scritto Kirika.
Emerald si lasciò scappare
un sospiro, e prima di far
sparire il foglietto in tasca e che il sonno la vincesse scrisse un
ultimo
appunto vicino a quello.
“ma
anche vivendo
cento vite, non arriverei a meritarlo”.
Ammetto che questo capitolo non mi soddisfa troppo, anche perché è venuto molto corto rispetto agli altri, forse troppo fluff, un po'palloso e con poco senso.
Quindi mi chiederte: "perché accidenti l'hai pubblicato?"
Beh...perché sì. Mi è venuto così.
E per farvi vedere che anche Emerald inizia già ora a rendersi conto di qualcosina.
Nel prossimo capitolo la gente a Londra comparirà per forza, ma vi giuro che nonostante questo mi impegnerò per tirare fuori qualcosa di meglio rispetto a qui.
Saluti.