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Autore: The son of rage and love    23/12/2014    4 recensioni
Kurt Gallagher è un ragazzo buono, intelligente, suona la chitarra da quando era piccolo e ha una band.
Ma il destino gli ha fornito delle pessime carte, portandolo su cattive strade e rendendo la sua esistenza un totale fallimento. La musica è l'unica a non averlo mai abbandonato, e con lei è riuscito a rialzarsi e a riprendere in mano la sua vita.
I problemi ci sono ancora, sempre, ma tutto sommato la sua vita ha preso una piega positiva, finché un giorno non incontrerà qualcuno: una ragazza, un esempio per molte persone, ma che in quel momento non può essere l'esempio di nessuno. Come lui, avrà perso la sua strada e Kurt cercherà di aiutarla a ritrovarla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Hayley Williams, Jeremy Davis, Nuovo Personaggio, Taylor York
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un familiare giro di batteria mi rimbombava nella testa e subito dopo entrò un riff di chitarra, seguito dal basso e dall'inconfondibile voce di Robert Plant. Dovevo ricordarmi di togliere "Rock And Roll" dei Led Zeppelin come sveglia del cellulare.
Allungai una mano sul comodino e, senza sollevare la testa dal cuscino, afferrai l'apparecchio e schiacciai a casaccio sul touch screen. Sbuffai, e dopo l'ennesimo tentativo fallito di farlo smettere decisi di aprire almeno un occhio, che venne subito picchiato dai raggi di sole che illuminavano tutta la stanza.
Maledetto fuso orario, pensai passandomi una mano sul viso e girandomi a pancia in su, stiracchiandomi.
Sollevai lo sguardo verso il soffitto per alcuni istanti, poi lo abbassai e diedi un'occhiata alla camera, rendendomi conto solo adesso che probabilmente era più grande e meglio arredata di casa mia. Quando eravamo arrivati era notte fonda e non avevo avuto neanche le forze di sistemare i bagagli, ne di spogliarmi, c'era mancato poco che infilassi sotto le coperte con le scarpe ancora ai piedi, figuriamoci se fossi riuscito a guardarmi intorno.
Spostai lo sguardo verso la grande finestra accanto al mio letto: eravamo praticamente nel centro di Londra, sul Tamigi, da lì riuscivo a vedere persino il palazzo di Westminster, il Big Ben e il London Eye... Che per uno squattrinato sofferente di vertigini come me non era proprio il massimo.
Sarei rimasto volentieri in quella camera a poltrire sul letto per tutto il giorno, senza vedere nessuno, e a divorare tutte le schifezze presenti nel mini frigo. Ma dato che il giorno dopo la band sarebbe stata impegnata con il Reading Festival, Kat voleva portarci a fare un giro e aveva ribadito più volte quanto mi sarebbe piaciuta quella città, perciò non potevo proprio dirle di no.
Mi alzai con la stessa leggiadria di un vecchio di ottant'anni e mi buttai sotto la doccia, sperando di svegliarmi e di togliermi quel broncio che mi portavo dietro da giorni... Il che era piuttosto difficile.
 
Scesi nella hall dell'albergo e mi recai nella zona ristorante, che era stata allestita per la colazione.
- 'Giorno. - Mormorai avvicinandomi al tavolo della band e venendo subito rapito da Kat, che mi fece sedere tra lei e Justin.
- Allora Kurt, dormito bene? Come sono i letti britannici? - Ridacchiò l'inglese, mentre la piccola Bliss mi osservava con i suoi occhioni azzurri come quelli del padre.
- Sicuramente migliori di quelli nel tour bus. - Risposi sorridendo e strappando una lieve risata al gruppetto.
- Ma il caffè americano è decisamente migliore. - Intervenne l'uomo del caffè, ovvero Taylor, mentre me ne passava un bicchierone.
Ci fu un istante di silenzio e poi si sentì uno schioppo.
- Ahi!!! -
- È praticamente uguale! - Esclamò Jeremy accanto a lui, dopo aver tirato una pacca dietro la testa dell'amico chitarrista, che lo guardò male.
- Ragazzi smettetela! La giornata è ancora lunga, risparmiate le energie per Camden. - Li riprese Kat.
Entrambi i musicisti si voltarono verso di lei - Andiamo a Camden Town??? - Chiesero con la stessa espressione di due bambini che avevano appena ricevuto il regalo chiesto a Babbo Natale.
Lei annuì con un sorrisino beffardo sulle labbra.
- Aaah! Vedrai Kurt, ti piacerà un sacco! - Esclamò Jeremy, esaltato come sempre.
- Sicuro, è un posto molto... Pittoresco. - Aggiunse Justin alla mia destra.
Sorrisi appena e guardai il chitarrista per un istante, cercando di immaginarmi cosa intendesse dire con "pittoresco". Avevo sentito parlare spesso di Camden Town, molto spesso, ma non avevo mai fatto alcuna ricerca, mi sembrava inutile dato che fino a qualche mese prima ero convinto che non sarei mai uscito dalla California.
- Beh, direi che è meglio sbrigarci, c'è fin troppo da vedere. - Disse Kat ad un certo punto, alzandosi da tavola e mettendo Bliss nel passeggino.
Ci alzammo tutti e un attimo dopo eravamo fuori dall'albergo, sul solito furgone nero che ci avrebbe portato fino a Camden.
Sorseggiai il mio caffè per tutto il tragitto, guardando fuori dal finestrino o osservando Hayley, cercando di non farmi notare. Non aveva ancora detto una parola e quasi non mi ero accorto che ci fosse anche lei... Ma ormai mi ero abituato a quel suo silenzio in mia presenza.
 
L'autista ci lasciò all'inizio della via principale, dove ancora le cose erano piuttosto normali e poco esilaranti. Ma man mano che avanzavamo sembrava di entrare in un altro mondo, ed era così incredibilmente punk e fantastico che, oltre a chiedermi se fosse adatto per una bambina così piccola come Bliss, ero totalmente esaltato.
Una strada lunghissima, piena di gente proveniente da tutto il mondo, contornata da negozi la quale insegna era la loro stessa facciata. E non intendo qualche graffito da quattro soldi, c'erano delle vere e proprie opere d'arte su quelle pareti, su alcune avevano persino costruito delle figure inerenti al tema del negozio... Avevo visto un fottuto drago in cartongesso appiccicato sulla facciata di un palazzo!
E la cosa bella era che ancora non avevo visto niente.
- Allooora? - Disse Kat avvicinandosi a me che ero rimasto in fondo al gruppo, troppo preso a guardarmi intorno.
- È decisamente... Assurdo. - Sorrisi come un bambino, abbassando lo sguardo su di lei.
- Sono felice che già ti piaccia. - Disse ricambiando il sorriso ed io corrugai la fronte.
- Perché? C'è altro? -
A quanto pare dissi qualcosa di divertente perché lei scoppiò a ridere - Altro? Kurt, questo ancora non è niente! -
La guardai, forse anche un po' preoccupato dato che stavo già fantasticando sul trasferirmi lì.
 
Ci fermammo in alcuni negozi... Diciamo in gran parte dei negozi, dove dovetti combattere contro la voglia di acquistare qualcosa o di farmi un piercing o un tatuaggio. Ma alla fine riuscimmo a proseguire lungo la via, arrivando al Regent's Canal: un fiumiciattolo che divideva la strada principale da quello che Kat chiamava "il cuore di Camden". Ancora non avevo ben capito di cosa si trattasse, lì c'erano solo delle bancarelle che vendevano un sacco di cibo, e a quanto pare il resto del gruppetto si divertiva ad alimentare la mia curiosità, dato che mi costrinsero a restare lì per il pranzo.
La maggior parte di noi scelse un chioschetto giapponese, mentre Aaron e Justin optarono per una bel trancio di pizza all'italiana, facendomi rimpiangere alla grande di aver preso il sushi.
Incredibilmente trovammo una panchina libera, ma dato che tutti non c'entravamo feci il gentiluomo e lasciai il mio posto ad Hayley, che era rimasta silenziosamente in fondo al gruppo. La osservai mentre prendevo il mio primo boccone di sushi e poggiavo il fondoschiena contro la ringhiera del canale, a qualche metro da loro: era così silenziosa, sembrava triste e non era difficile immaginare che la mia presenza lì la infastidisse; non sapevo più cosa fare, ogni volta che provavo a parlarle lei non perdeva tempo a zittirmi con qualche occhiataccia o frecciatina. Se solo fossi riuscito a ripeterle ciò che avevo detto in aereo... Forse le cose sarebbero cambiate.
Mentre Jeremy dava una di quelle pappine da neonati alla piccola Bliss, Kat si alzò e si avvicinò a me, poggiandosi con i gomiti alla ringhiera e sporgendosi un po' verso il canale. Inizialmente non mi disse niente ed io ogni tanto la guardavo con la coda dell'occhio, continuando a buttare giù riso e pesce crudo.
- Jer mi ha raccontato di te ed Hayley. - Mormorò ad un certo punto, facendomi andare di traverso un pezzo di sushi.
Diedi diversi colpi di tosse e dopo aver lanciato un'occhiata all'intera band seduta sulla panchina e ignara di tutto, tornai a guardare l'inglese.
- Cosa... Che ti ha detto? - Chiesi, preoccupato.
Lei sorrise appena e mi guardò - Tutto. -
Fantastico e io che speravo che almeno lei non sapesse del casino che avevo combinato.
- Non ce l'ha davvero con te. - Aggiunse, tornando ad osservare l'acqua del canale.
Sbuffai - Certo, come no... Non mi rivolge neanche la parola. -
- Ci vuole tempo. - Disse con una leggerezza disarmante - Sai, quando qualcuno ti ferisce di solito ci sono due modi di reagire: o fingi di dimenticare tutto ciò che ti ha fatto, o lo allontani... - Aggiunse, guardandomi con la coda dell'occhio.
Ricambiai quello sguardo, cercando di capire dove volesse arrivare - Nel primo caso si ha paura di perdere quel qualcuno se solo lo si mette alla prova, ma nel secondo caso... Abbiamo la certezza che quel qualcuno non se ne andrà mai: lo si può allontanare, maltrattare, ma sarà sempre lì per te. -
Mi scoprii a fissarmi i piedi mentre masticavo il solito pezzo di sushi. Che Hayley volesse mettermi alla prova? No, era una teoria fin troppo assurda, non potevano esserci solo "due modi di reagire". La vita non era così semplice, non era un test a scelta multipla.
Ma per un attimo pensai a me e a Chad, a quanto fossimo diversi e a quanto Hayley ci trattasse diversamente... A come perdonava sempre lui, e a come stava allontanando me.
- Allora che dite, proseguiamo? - Chiese Jeremy euforico, alzandosi dalla panchina con Bliss in braccio.
- Dove credi di andare tu? - Lo riprese Kat, voltandosi verso il marito e guardandolo male.
Quest'ultimo la guardò confuso e con una mano indicò timidamente una stradina dall'altra parte della via.
- Scordatelo! - Esclamò lei.
- Ma Kaaat! -
- Niente Kat, Bliss ha già visto fin troppi punk e tipi poco raccomandabili per oggi! - Aggiunse l'inglese, mentre Taylor stava già prendendo in giro il bassista che era in procinto di scoppiare a piangere.
- Tornate in albergo? - Le chiesi, ma lei scosse la testa.
- Qua dietro c'è Regent's Park, passeremo il pomeriggio lì... A Bliss farà bene respirare un po' d'aria pulita. - Mi sorrise ed io ricambiai.
- Tu pensa a quello che ti ho detto. - Aggiunse in un sussurro, staccandosi dalla ringhiera e tornando da suo marito e sua figlia.
 
Salutammo l'allegra famigliola e non potei non notare l'occhiolino che mi fece Kat. Cominciavo a pensare che tutta quella gita fosse stata organizzata per permettere a me e ad Hayley di parlare... Dovevo smetterla con tutte quelle manie di complottismo.
- Forza, abbiamo ancora un sacco da vedere e un sacco da comprare. - Disse Taylor, che non avevo mai visto così sorridente, caricandosi il suo zaino in spalla e facendoci strada verso quello che era il vero mercato di Camden: una ramificazione infinita di stradine più o meno strette e anguste, piene di bancarelle che vendevano davvero di tutto. Dai vestiti, ai cd e ai dischi in vinile, ai souvenir e al cibo proveniente da tutto il mondo.
C'era un'aria surreale ed era praticamente inevitabile finire per lasciarsi trasportare dal flusso infinito di gente che andava e veniva da quelle vie. Era incredibile come un mercato potesse essere così vivo: aveva le sue mille facce, i suoi mille odori, la sua musica, e ancora una volta era come entrare in un mondo a parte, dove la curiosità ti spingeva sempre più avanti e un'irrefrenabile voglia di comprare qualsiasi cosa che ti capitava sott'occhio si impossessava di te.
L'unico problema? Era davvero troppo facile perdersi.
Giravamo da ore per le vie del mercato, quando notai una bancarella che aveva vinili di ogni genere musicale e un attimo dopo, come attratto da una forza mistica, stavo già scorrendo i vari dischi. Anche gli altri si unirono a me, almeno fin quando Taylor non esclamò qualcosa riguardo un altro venditore poco più avanti. Ma poco mi importava, avevo appena trovato il mio santo Graal.
Mi ero soffermato ad osservare la copertina di un disco quando un paio di manine si infilarono nella pila che stavo scorrendo.
- Scusa. - Mormorò Hayley, tenendo lo sguardo sui vinili.
- N-no, tranquilla. - Risposi scuotendo la testa e sfilando il disco. La osservai e fu come se percepisse il mio sguardo perché mi lanciò un'occhiataccia, inducendomi a concentrarmi sul vinile che avevo tra le mani.
- Hai trovato niente di Johnny Cash? - Chiese, ancora senza guardarmi. Io allora sollevai lo sguardo e le allungai il disco che avevo trovato: era "Johnny Cash with His Hot and Blue Guitar", e non la ripubblicazione del 2003, ma il primissimo album registrato in studio dall'artista country.
Lei guardò il vinile e poi guardò me. Mi aveva raccontato più volte di averlo ascoltato così tanto da consumare la superficie del disco, e che non era ancora riuscita a trovare la versione non rimasterizzata.
Le porsi il disco, senza staccare gli occhi dai suoi, anche se non sapevo quanto ancora avrei retto.
- No, lo hai visto prima tu. - Disse, tornando a scorrere la pila di vinili.
Corrugai la fronte - Prendilo... Non ho neanche un giradischi per ascoltarlo. - Ribattei forzando un sorriso.
Lei sbuffò, e senza dire una parola si voltò e se ne tornò sulla via del mercato. La guardai con un'espressione confusa, e allo stesso tempo preoccupata, stampata sul volto.
Acquistai quel vinile in un nano secondo e finii per correrle dietro.
- Hayley aspetta! - Esclamai, riuscendo a non perderla di vista solo grazie alla chioma azzurra.
La raggiunsi, e prima di dover correre ancora una volta dietro a quella nanetta maratoneta, la afferrai per un braccio.
- Hayley... Rallenta. - Le dissi con il respiro un po' affannoso - Ti stavi dimenticando il disco. -
Accennai un sorriso e lei mi guardò, seria, e dopo essersi scrollata la mia mano dal suo braccio mi disse - Non ne ho bisogno. -
La guardai, mentre un' altra parte del mio cuore si frantumava in mille pezzi. Si voltò di nuovo.
- Lo so, ok? - Mormorai, abbassando lo sguardo - So che non ne hai bisogno, so che non hai bisogno... Di me. -
Provai a guardarla e la vidi voltarsi e guardarmi. I nostri sguardi si incrociarono e per la prima volta non riuscii a decifrare il suo.
- Tu... Non sai niente. - Rispose e stavolta sembrava meno seria, meno arrabbiata.
Ma non ebbi il tempo di constatarlo che il suo telefono prese a squillare.
- Pronto... Taylor!? - Esclamò quando rispose - Si può sapere dove siete? -
Già, Taylor e gli altri! Tra i dischi e quella cantante dai capelli azzurri mi ero completamente dimenticato che fossero con noi... E che adesso fossero chissà dove in quell'immenso mercato.
Mi guardai intorno, mentre riponevo il vinile nello zaino, nella speranza di avvistarli in quel mare di folla.
- Si... No, Kurt è con me. - Disse la cantante, lanciandomi un'occhiata che non potei ignorare.
- Taylor, ehi... Pronto... - Scostò il telefono dall'orecchio e guardò il display - È caduta la linea. -
Allora tirai fuori il mio cellulare - Qua non c'è campo. - Constatai, riponendolo nella tasca dei jeans - Ti ha detto dove sono? -
- Nel mercato. - Rispose sbuffando, con un tono che diceva "grazie al cazzo". Si guardò intorno, rimettendosi il telefono in tasca - Dobbiamo spostarci. -
Mi guardò ed io annuii, cominciando a seguirla tra i banchi del mercato.
Avevamo lasciato cadere il discorso, non me ne meravigliavo, ma il fatto che mi avesse parlato era un passo avanti... O almeno sembrava esserlo.
 
POV Hayley
 
Ogni volta che lo trattavo in quel modo vedevo qualcosa morire dentro di lui, e sapevo perfettamente di cosa si trattava. Eppure non si arrabbiava, non se ne andava, era sempre lì per me e questa cosa mi faceva imbestialire.
Perché doveva essere così? Perché non poteva mandarmi a quel paese e andarsene? Perché non poteva essere un po' più simile a Chad? Almeno avrei già saputo come comportarmi...
Raggiungemmo una specie di piazzetta che si affacciava su un'altra parte del mercato e al centro di essa c'era una statua. Sapevo bene a chi apparteneva, l'avevano inaugurata qualche giorno prima e tutta Camden si era fermata ad ascoltare le parole della famiglia, e soprattutto del padre, di Amy Winehouse.
Mi avvicinai. C'era uno strano silenzio in quell'ala del mercato, come se chi passasse di lì si fermasse a pensare cos'era stata quella donna per il mondo della musica soul e jazz contemporanea.
- È Amy Winehouse? - Chiese Kurt in un sussurro, raggiungendomi.
Annuii, nessuno dei due staccò gli occhi dalla statua.
- Aveva una famiglia che le voleva bene, aveva la sua musica, aveva fan in tutto il mondo che l'amavano, eppure... - Non riuscii a finire la frase.
- Forse non le bastava, forse aveva bisogno di altro. - Mormorò Kurt e non potei non guardarlo a quelle parole. Il suo sguardo e la sua espressione era fin troppo concentrata su quella statua, chissà a cosa stava pensando davvero.
Il suono di una chitarra acustica ci riportò alla realtà: dei ragazzi, seduti in un angolo della piazzetta, avevano cominciato a cantare e a suonare un pezzo che non conoscevo.
- Ti va di mangiare qualcosa? - Chiese Kurt e stavolta non riuscii a rifiutare.
Come molti altri ci ritrovammo a mangiare fish and chips su un muretto, mentre quei ragazzi continuavano ad esibirsi per puro divertimento.
Lo facevamo anche noi tanti anni fa: ci ritrovavamo in qualche parco, o alle fermate degli autobus e suonavamo, e non ci importava se alla gente potessimo non piacere, perché eravamo insieme, avevamo la nostra musica e ci divertivamo.
Non pensavamo più a richiamare Taylor, neanche ci eravamo accorti che il sole stava già calando, e che i primi lampioni cominciavano a illuminare il mercato. Senza neanche pensarci poggiai la testa sulla spalla di Kurt. Sentivo che mi guardava, percepivo la sua esitazione, ma alla fine mi strinse a se e Dio solo sa quanto mi era mancato quel contatto.
Nessuno dei due diceva niente, entrambi temevamo di rovinare ciò che io avevo tentato di distruggere, e che lui si era preoccupato di raccoglierne i pezzi e tenerli con se.
 
POV Kurt
 
Forse stavo sognando, forse avevano messo qualche allucinogeno nel mio fish and chips, perché ormai non credevo davvero più che sarei riuscito ad abbracciare di nuovo Hayley. La mia nanetta dai capelli azzurri.
Per ora mi bastava pensare che avesse cominciato a perdonarmi, e forse sarei anche riuscito a spiegarmi e a scusarmi come si deve, stavolta... Se solo Taylor non scegliesse i momenti peggiori per telefonare.
- Taylor! - Esclamò lei, scostandosi da me e portandosi il telefono all'orecchio.
La vidi sollevare lo sguardo verso i banchi del mercato e poi verso il cielo, ed ebbi l'impressione che si fosse accorta solo adesso che era calata la sera.
- Cavolo ma è tardissimo! Si... Certo... Ok, ci vediamo fuori. - Esclamò prima di riagganciare.
- Dobbiamo tornare all'albergo, Taylor e gli altri ci aspettano sulla via principale. - Disse, mentre saltava giù dal muretto e mi afferrava una mano.
Buttai giù le ultime patatine e poi la seguii lungo le stradine del mercato, stringendo quella sua manina sempre congelata anche d'estate.
 
- Ragazzi ma si può sapere dove vi eravate cacciati? - Chiese Taylor, quando finalmente ci vide spuntare sulla strada principale.
- Il telefono non prendeva, e poi hai idea di quanto sia difficile orientarsi là dentro? - Si lamentò Hayley, salendo sul solito furgone che ci avrebbe riportati all'hotel.
- Considerando che hai il senso dell'orientamento di un comodino... - La stuzzicò il chitarrista, ridacchiando.
Salii subito dopo la cantante, sedendomi accanto a lei.
- Allora, ti è piaciuta Camden? - Chiese qualcuno con un forte accento inglese e mi ci vollero alcuni istanti per capire che si trattava di Kat.
La vidi spuntare dal sedile davanti al mio ed io le sorrisi - È stato... Piacevole. -
Lo era stato davvero, quel posto era incredibile, quella gente era incredibile e adesso che Hayley aveva ricominciato quantomeno a parlarmi nessuno sarebbe riuscito a togliermi il sorriso.
 




ANGOLO DELL’AUTORE

Saaalve miei cari lettori! Devo scusarmi ancora una volta con voi per l’infinito ritardo di pubblicazione, ma spero di riuscire a farmi perdonare con questo capitolo! :D
Che dire? Benvenuti a Camden Town! Ho voluto dare un po’ di spazio anche a Kat in questo capitolo, me la sono sempre immaginata come una saggia ragazza dall’accento inglese, e dopo alcuni consigli ed esitazioni sembra che le cose tra Kurt ed Hayley stiano prendendo una piega positiva.
Ho cercato di raccogliere la mia esperienza a Camden in questa parte della storia, il che è stato molto difficile e sicuramente non ho reso giustizia a quel posto incredibile. E ammetto di aver mentito su un paio di cose: la storia si svolge prima dell'esibizione dei Paramore al reading Festival, tenutasi il 23 agosto, ma la statua di Amy Winehouse è stata inaugurata solo il 14 settembre di quest'anno (ed io, involontariamente, ho avuto la fortuna di assistere alla cerimonia), perciò ad agosto la statua non era lì; ma volevo rendere omaggio alla grande artista che è stata la Winehouse, perciò non facciamo troppo i pignoli :'). E poi: il mercato di Camden chiude alle sei del pomeriggio, quindi è un po' improbabile che Kurt ed Hayley siano rimasti lì fino al tramondo, ma come ho già detto, non facciamo troppo i pignoli e pensiamo all'atmosfera del momento :') Comunque, l’unica cosa sicura che posso dirvi su Camden Town è: se passate da Londra, dovete assolutamente andarci! (:
Ringrazio Lonni e francyfrapotter25 per le recensioni, come sempre esorto tutti gli altri a lasciarmi un commentino eee adesso devo darvi una brutta notizia. Parto per una settimana bianca, che in fondo è un po’ più di una settimana dato che starò sopra ad una montagna fino al 6 gennaio, perciò non potrò pubblicare fino a dopo la befana. Quindi, per darvi una data, pubblicherò sicuramente o sabato 10 o domenica 11 gennaio. Non odiatemi :’)
Bene, visto che a Natale siamo tutti più buoni: grazie mille a tutti quelli che leggono, che recensiscono e che mi sostengono, e via auguro buon Natale, buon anno nuovo e mi raccomando sfondatevi di cibo com’è giusto che sia! :D

Peace.
  
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