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Autore: L_Honey    27/12/2014    1 recensioni
Mi chiamo Elise Lanvier e sono la vera protagonista del romanzo disastroso che è la mia vita. Forse la sto mettendo troppo sul drammatico. Non è che mi piaccia farlo, magari forse solo un po’, ma la maggior parte delle volte penso: “Cavolo! Ma queste cose succedono veramente a me?”.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Lysandro, Nathaniel, Professor Faraize, Rosalya
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Era passata poco più di una settimana da quando mi ero trasferita, e la mia vita si faceva ogni giorno più complicata. Il semplice socializzare con i miei nuovi compagni di classe non era affatto facile ma se non altro avevo Rosa a darmi una mano. Lei mi inserì un po’ nel suo gruppetto di amiche, conobbi così Melody, Iris e Violet. Passavamo insieme la maggior parte del tempo, certo il poco tempo che avevamo tra la fine di una lezione e l’inizio dell’altra e questo non è che favorisse di gran ché la conversazione. Il conoscere meglio i miei compagni passò nettamente in secondo piano dopo che mi resi conto che per stare al passo con il resto della classe avrei dovuto studiare il triplo di quando in realtà fossi abituata e così passavo tutto il mio tempo libero rinchiusa in biblioteca a ripassare. Non che la vita sociale mi mancasse poi così tanto. Dopo il mio incontro ravvicinato con mister simpatia nello spogliatoio maschile avevo gran cura di evitare assolutamente ogni genere di portatore del cromosoma XY. Il solo pensarci mi faceva ribollire di rabbia, quel maledetto, non sapevo ancora bene chi fosse e da dove venisse ma su di sé incombeva una vendetta imminente. Bloccarmi in un angolo e avvicinarsi tanto per poi scoppiarmi a ridere in faccia. “Dovresti guardare la tua espressione adesso…” mi sbottò d’un fiato mentre non riusciva a smettere di ridersela. Oh caro mio, vedremo chi riderà per ultimo. A mia zia Remie di tutti questi problemi non è che parlai, non volevo farla preoccupare inutilmente, potevo cavarmela anche da sola e la situazione sarebbe migliorata con un po’ di tempo. Dovevo solo rimettermi in carreggiata. Quel lunedì mattina finimmo le lezioni con grande anticipo perché Mr Faraize aveva chiesto un permesso per accompagnare il cane a fare la toletta. Giuro che non ci volevo credere quando ce ne parlò in classe. Erano tutti pazzi in quella scuola e il pensiero di impazzire con loro mi faceva gelare il sangue. Ad ogni modo la triste e solitaria vita del mio professore aveva dato a me la possibilità di trascorrere una gioiosa e movimentata giornata nella biblioteca del liceo in cerca di vecchi e polverosi manuali di storia moderna per poter scrivere un saggio di cinque pagine sul tema “La modernità del XVII secolo” roba forte eh.
Presi posto in quello che ormai era diventato il mio angolo sicuro della scuola, la sedia in pelle aveva preso già la forma del mio sedere, riposi ordinatamente tutti i libri che mi sarebbero serviti davanti a me e cominciai a scarabocchiare parole insensate sperando mi venisse qualche idea per il saggio. Dopo quasi mezz’ora passata in compagnia di un frustratissimo blocco dello scrittore alzai il naso dai libri e mi guardai intorno. Notai che al banco di fianco il mio una cascata color miele era impegnata a leggere intentamente chissà che manuale. “Dio, Nathaniel quanto puoi essere carino con quell’espressione seriosa.” fu in assoluto la prima cosa che pensai. Nathaniel era l’unico ragazzo a scuola a cui adoravo dare il buongiorno al mattino, anche perché dal nostro primo incontro non c’era stato modo di dirsi altro. Con lui di fianco concentrarsi sul da farsi divenne sempre più un impresa e con una media di circa un minuto e mezzo alzavo lo sguardo verso di lui e mi fermavo ad osservarlo. La testa china appoggiato ad una mano, i suoi capelli che gli coprivano la fronte, il suo profilo perfetto, sarei rimasta lì per ore solo a contemplarlo. Ad un certo punto la sua mano si spostò e lui girandosi fece si che i nostri sguardi si incrociassero. Io restai attonita mentre vidi sul suo viso aprirsi uno di quei sorrisi a cui tutte le mattine erano rivolte le mie attenzioni e tentai goffamente di ricambiarvi ritornando subito con la testa nei miei scarabocchi. Avrei voluto alzarmi per andargli a parlare ma il mio imbarazzo ebbe il sopravvento. Mi limitai di tanto in tanto ad alzare lo sguardo e sbirciare nella sua direzione sperando dentro di me che lui facesse lo stesso. Lo so che probabilmente dall’esterno dovevo sembrare una stalker impazzita, ma fidatevi neanche voi avreste continuato a pensare a re e corti con uno spettacolo del genere davanti. In preda alla mia serie spietata di sguardi per una frazione di secondo mentre abbassavo gli occhi vidi i suoi cercare i miei. Mi fissai sull’unica frase che ero riuscita a scrivere in un ora o giù di lì “Ma che cos’è il XVII secolo?!” mentre sentivo il suo sguardo su di me. In preda al panico mi alzai dalla sedia e mi voltai per andare alla scaffalatura più vicina a fingere sfacciatamente di cercare un qualche libro pur di liberarmi di quell’imbarazzo e riordinare i pensieri che Nathaniel mi aveva scombussolato. Mi ci volle una buona quindicina di minuti per calmarmi e scacciare ogni genere di fantasia poco innocente di me e Nathaniel che ci baciamo appassionatamente tra libri impolverati che si riproduceva in loop nel mio cervello. Solo che ritornata alla mia postazione notai che quella del mio sogno ad occhi aperti era vuota. Mi sentì davvero un imbranata e mi decisi a raccogliere tutte le mie cose per andarmene a mia volta in piena rassegnazione, restare lì voleva dire la morte del mio compito di storia. Mentre stavo per lasciare la sala consultazione con lo zaino in spalla e la tristezza nel cuore sentì la sua voce da dietro.
“Te ne vai di già?”
E la gioia era ritornata a farmi da padrona.
“La mia forza di volontà e la mia concentrazione oggi fanno davvero schifo. Devo scrivere un saggio di storia per venerdì e non so neanche da dove iniziare.”
“Sembra promettere bene questo capolavoro!”
“Sono in preda allo sconforto!”

Non era affatto vero in quel momento per me era natale, e c’era una bambina dentro di me che saltellava di felicità per il fatto che lui fosse con me.
“So che ce la farai! E porterai un Nobel a casa!”
“Si, magari tra qualche secolo! Non ci capisco più nulla, sto cercando di fare il mio meglio per rimettermi in pari con i programmi ma sembra che il mio genio sia troppo limitato per questa scuola.”
“Ti stai trovando tanto male..?”
“Abbastanza…”

Dovevo avere proprio un aria sconfortata perché le parole che sentì dopo furono come un fulmine a ciel sereno.
“Dai, vieni c’è una sala per i lavori di gruppo di là, ti aiuto io con questo saggio.”
Il mio cuore lì si fermò proprio. Non feci in tempo a metabolizzare il io + Nathaniel + studiare insieme che mi ritrovai accanto a lui, uno o due centimetri a separarci. Riuscivo a sentire il profumo di lavanda dei suoi capelli mentre mi illustrava un piano su come impostare il lavoro. Ero assolutamente inebriata. Cercai di darmi un tono non appena mi resi conto della sconcertante professionalità di Nathaniel che in soli 5 minuti era riuscito in quello per cui io avevo perso ore. Iniziai a prenderci la mano anch’io, d’un tratto avevo la mia ispirazione giusto accanto a me. Mi concedevo di tanto in tanto qualche minuto di pausa mentre lui rivedeva il mio lavoro, e restavo ad osservarlo. Ammetto che il pensiero di saltargli addosso mi aveva sfiorato una o due volte, ma ero davvero felice, da quando c’eravamo incontrati la prima volta non avevo sperato che in un occasione per passare un po’ di tempo insieme, e adesso eravamo lì. Le ore passarono senza che me ne accorgessi e quando finalmente misi un punto alla fine del mio saggio davvero non stentavo a crederci.
“Sembra buono!”
“Tu dici?”
“Elise, smettila di preoccuparti, hai tante possibilità e ti farò vedere che tra qualche mese di tutte le difficoltà che ti sembrano insormontabili adesso non ti ricorderai neppure. Impegnati nello studio e tutto andrà bene.”
“Dio, per qualche secondo mi è sembrato davvero di avere di fronte il professor Faraizer!”

Mi guardò per un istante interdetto e scoppiò in una grossa risata ed io non potei fare a meno di seguirlo. Era stato un piccolo bonus della giornata avere il piacere di sentirgli pronunciare il mio nome con tanta cura.
“Sono stanchissimo adesso.” Fece per sgranchirsi le spalle mentre io cercavo qualche idea geniale che mi permettesse di guadagnare altro tempo con lui.
“Ti va se ti offro un caffè per sdebitarmi?”
“Uhm, il caffè va bene, mi ci vuole! Ma non esiste che offri tu!”
“Dobbiamo davvero adesso passare tutto il tempo che ci separa tra la noi e la caffetteria a bisticciare su chi offrirà il caffè a chi?”
“Non mi sembra necessario perché abbiamo già bocciato la tua proposta!”

Raccolsi in fretta le mie cose con estrema incuranza e seguì Nathaniel fuori dalla biblioteca. Mi impegnai a fargli il verso per tutto il tragitto prendendolo un po’ in giro per la sua vena da burocrate impegnato. Lui rise insieme a me, raccontandomi un po’ di come aveva iniziato la sua brillante carriera da segretario scolastico. Arrivati alla caffetteria del liceo non vedevo l’ora di affondare il muso in una super cappuccino doppio mentre lui scelse un espresso.
“Professionale anche nella scelta del caffè” esclamai sarcastica e lui mi prese in giro per l’enorme macchia di schiuma che mi ero lasciata sul naso. “Sei proprio una bambina!”. Ci sedemmo ad un tavolino e iniziammo a chiacchierare del più e del meno, la scuola, il trasferimento fino ad arrivare al club di basket.
“Non ne voglio parlare ti prego mi trattano come una schiavetta, solo perché sono l’unica ragazza!”
“Un po’ di pazienza credo che sia normale all’inizio, devi solo integrarti in squadra!”
“Non ci tengo per niente ad integrarmi in squadra. E poi c’è un ragazzo insopportabile, non so neppure come si chiami so solo che lo odio a morte.”
“E chi sarebbe?”
mi chiese divertito
“Non lo so un idiota dai capelli rossi e viene al club solo quando si ricorda!”
Nathaniel scoppiò a ridermi in faccia ed un espressione enigmatica si fece spazio sul mio viso.
“Deve essere Castiel!”
“Non mi interessa qual è il nome di quel cretino so solo che patirà le pene dell’inferno appena me lo ritrovo sottomano!”
“Si è decisamente Castiel! Lui è il capitano della squadra di basket, e crede di essere migliore di tutti ecco perché si permette di venire a scuola quando gli pare!... ma cosa ti ha fatto per meritarsi tanto astio?”

Ripensando all’accaduto mi sentì le guance avvampare, non avrei mai potuto raccontargli una storia del genere, così cercai velocemente di cambiare argomento. Gli chiesi un po’ di lui e di quello che gli piaceva fare quando non era impegnato a scuola. Restammo a chiacchierare un altro po’ e io iniziai a pensare a quanto fosse migliorata la giornata, lo sconforto di stamattina era completamente passato, e questo era l’effetto Nathaniel.
“Accidenti, si è fatto tardi io devo scappare a casa ho un po’ di cose da sistemare!”
“Oh certo figurati, anzi scusami se ti ho trattenuto!”
“Trattenuto!? Elise sei tu ad essere troppo formale adesso! Grazie per la chiacchierata mi sono divertito!”
“Anch’io Nathaniel… davvero!”
“Ci vediamo domani?”
“Certo, a domani signor segretario!”
“Arrivederci signorina Lanvier!”

Abbozzò un inchino e andò via di fretta, lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava e mi sentivo cento metri sopra la terra, leggera e fluttuante. Quando stavo con Nathaniel il mondo sembrava un po’ più facile da sopportare. 
   
 
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