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Autore: Pandora86    29/12/2014    6 recensioni
Spoiler quinta stagione.
Artù e Merlino. Il re e il mago. Due facce della stessa medaglia.
Due anime legate da un filo indissolubile che finisce, inevitabilmente, per spezzarsi in ogni tempo e in ogni luogo.
Ma forse, era finalmente giunto il tempo in cui le due facce della medaglia avrebbero potuto riunirsi, portando a termine il proprio destino.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Prima dell'inizio, Nel futuro
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Ecco il nuovo capitolo.
Come sempre, grazie per le bellissime recensioni.
Grazie anche a chi continua a inserire la storia tra le preferite le seguite e le ricordate.
E, ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Per adesso, buona lettura.
 

Capitolo 42. L’altra faccia della Conoscenza
 

“Spiegami perché hai fatto una cosa del genere” ordinò autoritario Gabriel mentre fissava Kyle con occhi indagatori.

“Oh, vedo che il cavaliere non ha perso tempo e ha chiamato i rinforzi” ironizzò Kyle omettendo la domanda.

“Evidentemente, mi teme più di quanto sia disposto ad ammettere” e rise cattivo.

“Il povero cavaliere, senza macchia e senza paura, non vuole rimanere da solo con il cattivo e potente Kyle” continuò il suo monologo.

“Non hai risposto alla domanda” incrociò le braccia Gabriel, non facendosi fuorviare dalle abilità oratorie dell’altro.

“Nessun motivo in particolare” sbuffò Kyle. “Gli esseri umani sembrano essere attratti in maniera morbosa da questo genere di pratiche” concluse con indifferenza guardandosi le unghie del braccio sano.

“Tu piuttosto, perché sei qui?” domandò poi.

Gabriel lo fissò come se si trovasse davanti a un idiota.

“E poi” continuò Kyle squadrandolo attento, “mi sembra che tu ci abbia messo molto poco ad arrivare, considerando che il cavaliere deve averti chiamato non più di cinque minuti fa” e ghignò.

“Se mi arriverà una multa, sarai tu a pagarla” non si scompose Gabriel rimanendo impassibile.

“E da quando, fanno le multe ai pedoni?” domandò Kyle con un sorriso furbo.

“Ah, Gabrielino” cantilenò, “pensi davvero sia possibile nascondermi qualcosa?” domandò cattivo.

“Penso che tu sia un idiota” rispose Gabriel senza mezzi termini capendo perfettamente il gioco dell’altro.

Cambiare argomento per non parlare di sé. Strategia fin troppo scontata ma se Kyle pensava che lui se la sarebbe bevuta così facilmente, allora si sbagliava di grosso.

“E fare insinuazioni su di me” continuò, marcando pericolosamente le parole, “non servirà ad allontanarmi dall’argomento principale” e lo guardò severamente.

“Quale argomento, scusa?” chiese Kyle con il suo migliore tono innocente.

Gabriel guardò gli occhi, fintamente spaesati dell’altro, considerando che non lo batteva nessuno a ipocrisia.

“Sono convalescente” aggiunse Kyle con tono fintamente stanco.

Gabriel ghignò.

“Giusto!” affermò con un sorriso che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque.

“Allora ti lascio alla tua convalescenza” e inarcò un sopracciglio mentre le labbra assumevano una piega sarcastica.

“In fondo” disse ancora Gabriel avvicinandosi alla porta, “sei in buona compagnia!” e uscì.

“Grazie tante” urlò Kyle per risposta, sapendo che l’altro l’avrebbe sentito.

“Questa me la paghi” urlò ancora sentendo la rabbia crescere.

Pessima idea quella di urlare, considerato la fitta che arrivò direttamente dalle costole. Fitta che non fece altro che accrescere la rabbia di Kyle che si sentiva, per la prima volta in tutta la sua lunghissima vita, impotente e in balia degli eventi.

“Gabriel, sei un pezzo di merda!” urlò nuovamente, portandosi il braccio sano alla pancia per il dolore.

“Non credo ti abbia sentito” rispose Gwaine che entrò nella stanza in quel momento. “È già andato via” spiegò, guardando Kyle con occhi attenti.

“E tu non hai perso tempo a chiamarlo” lo provocò Kyle. “Ti faccio così paura?” e sorrise cattivo, mostrando una fila di denti bianchissimi.

“L’ho chiamato perché ti serviva un medico” rispose Gwaine, perdendo leggermente la calma.

“Sai com’è, sarebbe stato difficile spiegare al medico di turno del pronto soccorso perché i tuoi occhi fossero d’oro” gli spiegò, sentendo la rabbia crescere.

“E poi” continuò, guardandolo con occhi carichi d’ira, “non sei così spaventoso come credi, caro il mio guardiano”.

“E adesso dimmi perché hai fatto una cosa del genere” ordinò, sentendo svanire la sua misera pazienza.

Tutta la preoccupazione, tutte le paure accumulate saltarono fuori.

Perché Kyle non aveva la minima idea di quanto si fosse preoccupato Gwaine, quando il guardiano dormiva.

Perché Kyle non aveva la minima idea del terrore che aveva provato Gwaine quando il guardiano aveva aperto gli occhi, domandandosi quali fossero le reali condizioni psicologiche dell’altro.

Lo spettro della sua presunta follia aveva aleggiato tra loro per tutto il tempo, senza lasciare Gwaine in pace un solo istante.

E Kyle, di questo, non aveva la minima idea.

No, Kyle non aveva la minima idea di niente, proprio di niente. E ora, se ne usciva con le sue provocazioni come se nulla fosse.

No! Gwaine sentiva di non poter sopportare oltre. L’altro voleva litigare? Bene! Avrebbe trovato pane per i suoi denti.

“Non mi hai risposto” parlò ancora Gwaine, indurendo il tono e avvicinandosi all’altro.

Era in piedi, di fronte al guardiano, e la sua posizione gli dava un certo vantaggio, considerata l’immobilità a cui Kyle era costretto.

Per la prima volta, era il cavaliere a guardare il guardiano dall’alto in basso. Per la prima volta, era il cavaliere a sentire l’insensata voglia di insultare l’altro per la sua stupidità.

“Mi hai appena dato un ordine?” chiese Kyle perplesso, che aveva seguito quell’improvviso scatto d’ira con occhi attenti e scrutatori.

“Ti ho fatto una domanda” non si arrese Gwaine, portandosi le mani ai fianchi e guardandolo come se fosse un’idiota.

Passò qualche istante, dove il silenzio regnò sovrano. Solo due sguardi attenti che si scrutavano l’un l’altro, cercando di carpire chissà quali segreti.

Solo due paia d’occhi che, mai prima di quel momento, si erano fissati in quel modo.

Perché Gwaine non aveva mai effettivamente notato quanto fossero verdi e brillanti gli occhi del guardiano.

Perché Kyle, allo stesso modo, non aveva mai notato quanto fossero carismatici ed espressivi gli occhi del cavaliere.

No! Quegli occhi non si erano mai veramente incontrati. Quei volti non si erano mai rispettivamente osservati.

“Perché ti sei fatto conciare in quel modo?” chiese Gwaine, dopo qualche minuto, con tono più calmo, andando a sedersi sul letto dove l’altro era steso.

“Come ho detto a Gabriel, gli esseri umani sembrano provare un’attrazione morbosa verso questo genere di abitudini” rispose Kyle con disinvoltura. “Volevo provare, tutto qui!” concluse con una scrollata di spalle.

Nel frattempo, però, non poteva fare a meno di riflettere sul tono che Gwaine aveva usato con lui.

Non poteva fare a meno di pensare a quegli occhi di fuoco che lo avevano fissato severi.

Occhi che gli avevano causato un lungo brivido lungo la schiena. Era durato un solo istante ma
Kyle lo aveva sentito chiaramente, il brivido che era serpeggiato lungo la colonna vertebrale.

Kyle aveva molte cose a cui pensare.

Non poteva fare a meno di riflettere sullo scatto d’ira del cavaliere. Che il cavaliere fosse una testa calda, il guardiano lo aveva appurato già da un po’.

Eppure, se si vedeva oltre lo scatto d’ira e i toni scocciati, Kyle riusciva a scorgere la preoccupazione, per nulla nascosta, che traspariva dai suoi occhi.

Il cavaliere non si era approfittato della sua posizione di superiorità, considerando l’immobilità cui Kyle era costretto. No, niente di tutto questo.

Era solo arrabbiato. Molto arrabbiato.

Rabbia! Questo, avevano trasmesso gli occhi del cavaliere. Occhi che, per appena qualche decimo di secondo, gli avevano fatto venire la pelle d’oca.

D’altro canto, Kyle sapeva che l’arrabbiatura dell’altro non era dovuta solo al fastidio di esserselo trovato in casa all’improvviso. O meglio, sotto casa, se si voleva essere precisi!

No! Kyle sapeva che non era questo il motivo. Aveva trascorso troppo tempo tra gli esseri umani, per pensare una cosa del genere.

E, anche prima di divenire parte integrante di un mondo mortale, li aveva studiati troppo bene nel suo mondo d’origine per farsi ingannare.

Il cavaliere era arrabbiato perché spaventato.

Da cosa, questo Kyle non lo aveva ancora capito. Forse, quando Gabriel lo aveva visitato, aveva prospettato una situazione più tragica di quella che in realtà si era presentata.

Eppure, Kyle sapeva anche che Gabriel era un ottimo medico, proprio per il suo sangue freddo e la sua oggettività.

Di certo, conoscendolo, non si era per nulla scomposto di fronte a un braccio rotto e qualche costola incrinata.

No! Gabriel non poteva aver mostrato preoccupazione per una situazione medica così banale, considerando soprattutto come la capacità di ripresa dei loro corpi fosse più veloce rispetto a quella degli esseri umani.

Ma allora, se Gabriel non aveva detto nulla che potesse far preoccupare, perché il cavaliere era così spaventato?

Perché, la sua, era la classica arrabbiatura nata in seguito a uno spavento forte.

Notò, con la coda dell’occhio, una coperta gettata alla rinfusa sulla poltrona accanto al suo letto.

Non ci volle molto per capire che Gwaine doveva aver passato la notte accanto a lui e questo era un altro dato che confermava la sua ipotesi.

Perché Gwaine aveva passato la notte accanto a lui, sapendo che non si sarebbe svegliato?

Perché sicuramente Gabriel aveva anche detto quanto fosse deleterio l’alcol per il loro sistema nervoso.

Era stato quello, in realtà, a farlo dormire tanto. Inoltre, Kyle escludeva che Gabriel avesse predetto un suo risveglio durante la nottata. Era un medico troppo competente, fin troppo se si considerava come avesse applicato i suoi studi alla nuova struttura dei loro corpi, per dire una sciocchezza del genere.

Quindi, rimaneva ancora la domanda principale: perché?

Inoltre, quando le loro dita si erano sfiorate… che cos’era quell’energia che aveva avvertito sui polpastrelli?

Era collegata all’alcol, che ancora serpeggiava nel suo sangue alterandogli leggermente i sensi, oppure era dovuta ad altro?

E se era dovuta ad altro, allora di cosa si trattava?

E Gwaine, invece? Aveva sentito lo stesso?

“Perché?” domandò a quel punto, con tono serio.

Nessuna traccia di scherzo sul suo volto, nessuna espressione di burla che traspariva dai suoi occhi.

Solo interesse… lo stesso interesse che aveva sempre provato per i comportamenti degli esseri umani.

Solo curiosità… la stessa curiosità che nasceva da una cosa che non si riesce a spiegare.

Perché Kyle era una mente oggettiva e pragmatica. E sapeva fin troppo bene che, per rispondere a un quesito, era necessario andare direttamente alla fonte delle informazioni.

Era questo il criterio con cui aveva sempre assolto il suo compito di Guardiano Stratega.

Era questo il criterio su cui aveva basato la sua intera vita.

Conoscere per manipolare.

Manipolare un documento, un essere umano o un mondo. Tutto, per arrivare alla conoscenza.

Conoscenza che andava a finire nell’immensa biblioteca di palazzo del suo mondo d’origine.

Perché tutti i Guardiani necessitavano di informazioni. E lui, queste informazioni, le serviva su un piatto d’argento, e le otteneva senza sforzi con strategie più che brillanti.

Lui, queste informazioni, le governava e le custodiva come i suoi tesori. Il tesoro della conoscenza.

“Perché cosa?” domandò Gwaine.

Kyle lo fissò per un istante, distogliendosi dalle sue riflessioni. Il cavaliere sembrava non capire.

Eppure, la domanda era stata semplice.

“Perché mi hai aiutato?”riformulò allora la domanda il guardiano.

Nella sua testa, le ipotesi erano poche. In genere, secondo le sue conoscenze, gli esseri umani raramente facevano qualcosa disinteressatamente.

A ogni azione, corrispondeva una reazione, sempre e comunque.

Cosa si aspettava, quindi, il cavaliere?

Le cose che poteva ricevere – o che si aspettava di ricevere, in quel caso – erano molte.

Ma quale sarebbe stata la sua richiesta?

Fu allora che Gwaine lo guardò con una faccia scioccata, mentre sgranava gli occhi.

“Cosa?” domandò allibito.

Kyle lo guardò con aria perplessa.

“Voglio sapere cosa ti aspetti in cambio dell’aiuto datomi” gli chiarì il suo pensiero il guardiano.

Il tono non era sprezzante, né sdegnato. Stava semplicemente ponendo una domanda. Una
domanda normale, per il modo di pensare di Kyle.

Una domanda che ebbe il potere di scatenare nuovamente l’ira di Gwaine, che sentì la rabbia crescere a dismisura.

“Si può sapere che cazzo dici?” imprecò contro l’altro.

“Voglio solo sapere perché mi hai aiutato!” esclamò nuovamente Kyle mentre negli occhi serpeggiava il dubbio.

Perché il cavaliere si comportava in quel modo?

Eppure, mai come questa volta, gli aveva semplicemente fatto una domanda. Perché reagiva così male? Non lo aveva offeso, una volta tanto! Perché, quindi?

Fu questo, quello che domandò.

Gwaine guardò Kyle non sapendo cosa fare. Scosse la testa, considerando quanto fosse inutile innervosirsi. Anche perché, in quel momento, Kyle sembrava veramente in difficoltà nel capire un concetto così semplice.

Fu questo pensiero che, probabilmente, fece sbollire la rabbia di Gwaine.

Sospirò, mentre scuoteva la testa, rassegnato a spiegare una cosa così ovvia.

Non riusciva a capire cosa pensasse Kyle. Non riusciva ad afferrare il bandolo dell’ingarbugliata matassa rappresentata dalla psicologia contorta dell’altro.

A quel punto, visto che avevano seri problemi di comprensione su una cosa così banale, non restava altro da fare che provare a parlare pacificamente.

“Cosa avrei dovuto fare, secondo te?” gli domandò, sinceramente interessato alla risposta.

“Lasciarmi dove mi trovavo” rispose con semplicità il guardiano con una scrollata di spalle, guardando l’altro come se fosse un bambino capriccioso che si ostinava a dire che due più due faceva sette.

“Se non ti interessava ricevere nulla in cambio, perché mai avresti dovuto aiutarmi?” domandò ancora il guardiano, chiarendo i suoi pensieri.

“Inoltre” aggiunse, “non credo di essere in cima alla tua lista di persone simpatiche” concluse, guardando l’altro, attentissimo a non perdersi nessuna sua reazione.

Gwaine scosse nuovamente la testa sconsolato. Come aveva ipotizzato, Kyle non conosceva gli esseri umani. Li aveva studiati, etichettati, catalogati e manipolati. Ma non li aveva mai realmente conosciuti. Fu per questo che, quando rispose, lo fece con tono calmo e paziente.

“Anche se non mi sei simpatico” gli chiarì, “non ti avrei comunque lasciato in balia di quei tre!”.

“Erano in tre, quindi” affermò il guardiano con tono riflessivo.

“Ma perché?” lo incalzò ancora.

“Perché non era uno scontro leale” gli spiegò Gwaine.

“Anche contro i nemici, bisogna sempre misurarsi alla pari. Quello, invece, era uno scontro da vili” concluse, sperando che Kyle afferrasse il concetto.

E Kyle sembrò capire. D’altro canto, chissà quanto tempo prima, doveva essere stato un bambino. Un bambino a cui era stata data un’istruzione. E Gwaine sospettava che nessun allievo o studente – o come diavolo si chiamasse una persona destinata all’apprendimento nel loro mondo d’origine – fosse stato promettente quanto Kyle.

“Proprio come un cavaliere d’altri tempi” lo sfotté bonario il guardiano con l’ombra di un sorriso sulle labbra.

“Ma io sono un cavaliere” gli appuntò Gwaine, “e sono d’altri tempi” e sorrise.

“Ora riposa” aggiunse alzandosi. “Vado a preparare qualcosa da mangiare” e uscì dalla stanza, lasciando Kyle da solo con i suoi pensieri che, nel frattempo, guardò perplesso il cavaliere uscire mentre rifletteva sulla sua ultima frase.

Sono un cavaliere! E sono d’altri tempi!

Anche Gabriel, una volta, si era espresso in termini simili.

Perché quella similitudine lo aveva colpito tanto? In fondo, era solo un modo di dire, dettato dalla situazione. Eppure, Kyle sapeva che il cavaliere veramente pensava quello che aveva detto.

Si sentiva ancora un cavaliere, nonostante l’era moderna. Il cavaliere.

Avrebbe potuto dire: sono stato un cavaliere. Invece, aveva preferito parlare al presente.

Forse, questo era dovuto al fatto che il ritorno non era avvenuto tramite reincarnazione.

Eppure, gli anni passati nell’era moderna erano molti. Addirittura, più di quelli che erano stati vissuti a Camelot.

Se Kyle non andava errato, infatti, Gwaine aveva un anno in più rispetto a Sir Galvano. Gwaine era vissuto un anno in più rispetto a Sir Galvano.

Kyle rivisse il momento della sua morte.

Mi dispiace.

Queste erano state le ultime, tormentate, parole di Sir Galvano.

Se Kyle non andava errato, il cavaliere aveva cercato di cogliere Morgana alla sprovvista, credendo di poterla battere. Le conseguenze, dovute a quell’errore di valutazione, erano state orripilanti.

Il cavaliere era morto tra indicibili sofferenze, con un senso di colpa pesante come un macigno.

All’epoca, Kyle non aveva badato più di tanto a questi dettagli; per lui, il cavaliere era stato solo uno stupido accessorio, talmente stupido da essersi attirato da solo il dolore che l’aveva portato a morte.

Eppure… Gwaine continuava a comportarsi come lo stesso cavaliere di allora.

La stessa determinazione, la stessa lealtà verso i suoi principi.

La sera precedente, lo aveva aiutato perché la lotta era impari e Sir Galvano non poteva tollerare queste situazioni. Quando aveva scoperto di chi si trattava poi, non aveva infierito. Il perché, era sempre lo stesso: il suo codice morale gli impediva di approfittarsi di qualcuno che non era in grado di difendersi. Nonostante, questo qualcuno, lo avesse insultato. Nonostante, questo qualcuno, non gli avrebbe riservato lo stesso trattamento.

E Sir Galvano, questo, lo sapeva. Sapeva che Kyle non si sarebbe fatto scrupoli a mettere in mostra la sua potenza. Sapeva che, il potente guardiano, non si sarebbe fatto nessuno scrupolo nel caso lui non si fosse rivelato più una pedina utile alla storia.

Eppure, lo aveva aiutato lo stesso.

Kyle si chiese quanto dolore effettivo avesse provato prima della sua morte, paragonandolo al suo attuale dolore.

E capì che Sir Galvano non avrebbe fatto tante storie per qualche costola incrinata.

Probabilmente, a Camelot, con qualche costola incrinata, lui aveva continuato a combattere.

Scosse la testa, scacciando questi pensieri. Tuttavia, il dato ovvio era uno: Gwaine era la forza.

Gwaine lo aveva battuto, almeno a livello fisico. Perché, in qualità di essere umano, aveva una resistenza al dolore che Kyle non possedeva. Perché lui, il potente guardiano, aveva paura del dolore. Aveva paura del dolore fisico, tipico degli esseri soggetti a una determinata forma, unica e indivisibile.

In quel momento, per la prima volta da quando il suo corpo era mutato, sentì la mancanza del suo vecchio corpo.

Sentì qualcosa di bagnato rigargli la guancia. Con il braccio sano, si toccò il volto, guardandosi le dita.

“Lacrime” costatò riflessivo con una certa curiosità.

Sentì un’altra lacrima scendergli lungo la guancia, fino al collo. Poi un’altra e ancora un’altra.

“Sto piangendo!” esclamò allibito, alzandosi e osservando il suo volto nello specchio appeso al muro di fronte.

Il dolore che gli costò questo movimento fu lancinante ma in quel momento non ci badò, troppo preso a osservare il suo volto con una curiosità e un interesse quasi morboso.

“Sto piangendo!” esclamò nuovamente, mentre si toccava il viso, con un’espressione di stupore.

Era suo quel volto? Indubbiamente si!

Un volto rigato di lacrime.

Quante volte aveva osservato quel fenomeno sugli esseri umani?

Inutile rispondere: il numero di volte non poteva essere quantificato, tanto era grande.

Inoltre, anche Merlìha piangeva spesso. La ragazza era sempre stata dalla lacrima facile, sia da Guardiana che da essere umano.

Eppure, lui non lo aveva mai fatto, neanche nel suo mondo d’origine.

Provò ad analizzare le sensazioni che avevano generato il fenomeno, senza però riuscirci.

Si sedette sul letto, chinando il capo e sentendo il vuoto dentro di sé.

Appoggiò la testa sulle ginocchia, incurante delle fitte lancinanti che gli procuravano le costole incrinate.

Perché il dolore fisico era niente, rispetto a quello che sentiva dentro di sé e che, probabilmente, aveva generato le lacrime.

Quella cosa, che Kyle non sapeva cosa fosse, non si fermava ma continuava a serpeggiare lenta, invadendo la sua mente e incupendo il suo animo.

Quella cosa, che forse gli esseri umani chiamavano tristezza. O forse, era commiserazione, Kyle non avrebbe saputo dirlo con certezza.

Sapeva soltanto che era orribile. Continuò a piangere, non riuscendo a fermarsi, non riuscendo ad arginare quel fenomeno così insolito e devastante. Non riuscendo a riprendere il controllo di se stesso.

Piangeva e basta.

Perché lui era Kyle, il grande e potente guardiano manipolatore.

Lui era Kyle… ed era vuoto.
 

Continua…
 

Note:
 

In questo capitolo, c’è solo Kyle.

D’altro canto, la storia è talmente complessa che credo procederò in questo modo per ogni personaggio, in modo da dare un’introspezione esauriente e chiara. Anche perché, da adesso in poi, le cose si complicheranno molto, soprattutto per i guardiani.

Già si comincia a vedere dalla reazione di Kyle che, per la prima volta, analizza a fondo se stesso.

Inoltre, dato che Kyle è quello dalla mente più complessa, la narrazione è stata composta da molte domande e molte risposte. Ho cercato, infatti, di adattarmi alla complessità del guardiano, come cercherò di fare per ogni personaggio.

Inoltre, lo scorrere dei giorni sarà molto lento. Siamo, infatti, ancora a mercoledì. Un mercoledì che durerà ancora per qualche capitolo, dato che succederanno molte cose, e che si concluderà con Merlino e Artù.

Spero di non aver deluso chi si aspettava di vedere nuovamente il re e il mago, ma preferisco procedere per gradi senza tralasciare nessun personaggio e avvenimento.

Come sempre, attendo i vostri pareri! Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate, ci tengo molto!

Nel frattempo, ringrazio chi è giunto fin qui.

Al prossimo aggiornamento e auguri anticipati di Buon Anno Nuovo!

Pandora86
  
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