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Autore: RoranForteMartello    04/01/2015    4 recensioni
A 19 anni dalla morte di Voldemort, Draco reincontra Harry sui binari del treno che condurranno i loro figli ad Hogwarts. L'incontro scatena incubi all'ex rampollo di casa Malfoy, che si ritrova ora sul lettino di un Guaritore suo amico nella speranza di risolvere qualsiasi problema abbia scatenato queste crisi. Qui si scopriranno torbidi misteri e verità ambigue, che guideranno Draco a scoprire delle verità su di se che non avrebbe mai immaginato.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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One Shot

Il lettino rialzato lo ospitava, avvolgeva, rilassava. Gli incantesimi rallegranti gli infondevano sicurezza, mettevano a tacere le sue remore, facevano spazio alla verità. La volontà di guarire, andare avanti, mettendosi finalmente il passato alle spalle colmava il resto.

Era stanco di sognare la guerra, la guerra che l’ha visto affrontare Voldemort, prima di lui Silente ed in principio Harry. Tutto era iniziato lì, quel primo giorno di scuola, su un treno luccicante e pieno di promesse che lo avrebbe condotto ad un futuro di paura ed incertezze.

I pensieri funesti tornarono ad assalirlo, ancora una volta lo avvinghiarono come viticci provenienti dal tranello del diavolo, ma una voce che andava oltre le sue paure lo mantenne ancorato alla realtà.

“Continua Draco, mi raccontavi del tuo primo viaggio sul treno per Hogwarts. Sono passati quasi vent’anni da allora, eppure tu lo ricordi così bene da poterlo quasi rivivere. Sai perché lo ricordi così? Qual è la prima cosa che ti viene in mente se ti chiedo di raccontarmi quel giorno?”

Draco si fece cullare da quelle parole, rilassò le spalle irrigiditesi per un momento, tornando con la memoria a ciò che era stato da bambino. La sicurezza, l’arroganza, la certezza di essere il migliore. Sorrise un po’ come se il vecchio Draco indossasse ancora le stesse maschere che il se bambino usava portare, iniziando poi a parlare.

“Faceva freddo. Era freddo quel giorno, come ogni giorno prima di quello ed ogni giorno successivo. Ed io ero solo. Tiger e Goyle mi accompagnavano, io ero felice, ma io ero solo. Il viaggio in treno è stato diverso perché mio padre mi aveva guidato fino a quel momento. Io sapevo di doverlo fare, di dover far diventare Harry mio amico per offrirlo al Signore Oscuro, ma lo odiavo… lo odiavo fin da quando l’ho visto da Madam McLean, lo odiavo da quando mio padre ha iniziato a parlarmi di lui al punto da non pensare a me. Quel giorno io dovevo stringere amicizia, ma lo allontanai odiandolo…”

La sua voce era lenta, rilassata, le palpebre pesanti e socchiuse. Uno strano odore gli inebriava la mente, un mix di erbe per pozioni e qualcosa che era appena oltre la foschia dei suoi ricordi. Inalò quell’aroma, lo agognò, lo fece suo e poi sorrise.

“E poi, cos’è successo? Raccontami della scuola, cosa ricordi della scuola?”

Il volto di Draco si contrasse appena.

“Lui era sempre davanti a me. Uno scalino più in alto, un poco più veloce, leggermente più famoso. Ero solo un’ombra, un’ombra paragonato al sole che ardeva ogni volta che lo vedevo. Io lo odiavo così tanto, avrei voluto fargli del male ed essere lui. Avrei voluto che le attenzioni che riceveva dagli altri fossero le mie, che dovesse sopportare lui il peso del mio cognome mentre io sfoggiavo il suo. Io lo odiavo…”

Il suono di una piuma che prendeva qualche appunto, di nuovo quell’odore così intenso, inebriante, che ora finalmente riuscivi ad associare all’agrifoglio. Da che parte della sua coscienza venisse questa sensazione così intensa non lo sapeva, ma sapeva di non averne mai abbastanza.

“Continua. Parlami dei tuoi amici.”

Le parole lo colsero di sorpresa, forse il sonno lo stava avvincendo, guidandolo nel tiepido abbraccio di Morfeo. Ma anche così non poté evitare di rispondere, nella sua mente nacquero spontanee delle immagini di Weasley e della Granger, Dio quanto odiava anche loro, forse più di Potter stesso perché loro potevano vivere della sua luce riflessa.

“Li odiavo, li volevo morti, sbranati dai cani, marchiati, uccisi. Non meritavano la loro gloria, la loro luce, il loro amore. Io li volevo, ma non mi erano concessi. Nessuno doveva vedere me, nessuno doveva conoscere me, io ero il figlio di mio padre, mentre lui era sempre stato lui. Io lo odiavo, lo odiavo così tanto…”

Ci fu un attimo di silenzio, perfino quell’aroma di erbe per pozioni e agrifoglio si era fermato, ma fu solo un istante prima che tornasse ad investirlo con più forza di prima.

“Draco… parlami di Harry.”

Umido. Il suo viso era umido, sentiva distintamente il sapore del sale sulle labbra mentre ancora si affannava, lottando, diviso e spaccato come sempre era stata la sua vita. Da una parte il Purosangue, degno figlio di suo padre, che non poteva far altro che seguire la strada che per lui era stata segnata, dall’altra la rabbia, il dolore, il peccato, che erano cresciute e soffocate più volte di quante osasse ricordare. Sul suo volto una maschera, nella sua mente una rigida imposizione. Anche volendo non avrebbe potuto essere nient’altro, eppure nonostante tutto lui era li. Il vero lui, cresciuto nel buio, come se la sua stessa mente fosse uno sgabuzzino, costretto a vivere dei resti dei suoi ricordi, arraffando quanto poteva da quelle immagini che si imponeva di odiare.

E la lotta fu dura, le labbra si schiusero più volte, i denti si contrassero in un’espressione dolorosa. Lui era lì, ma non c’era, lui era così, ma non lo era mai stato. Rischiò quasi di impazzire mentre le mani si aggrapparono alle tempie, conficcando le unghie nelle carni del viso.

“Io… odiavo… Harry Potter… lo odiavo… lo odiavo…  io Odiavo Harry Potter… io Odiavo Harry Potter! IO ODIAVO…”

La voce si ridusse ad un sussurro, gli occhi nascosti dietro le palpebre socchiuse si rivoltarono all’interno del cranio, mentre uno spasmo gli percorreva la schiena ora rigida come uno stoccafisso.

“Odiavo… amare… Harry Potter…”

Quelle poche parole sfuggirono al suo controllo insieme alle lacrime di sangue che gli insozzarono il viso. E poi tutto finì. L’odore, il rancore, la violenza, la sofferenza. Tornò alla realtà aprendo gli occhi di scatto. Il capo che ruotava fissando il guaritore di fianco a lui, con una mano sul suo petto per trattenerlo.

“Per oggi abbiamo finito Signor Malfoy. Continueremo settimana prossima alla stessa ora.”

Il guaritore sorrise, si alzò e prese un ultimo appunto sul suo taccuino conciato in morbida pelle nera, mentre Draco faceva i conti con la realtà. Avvertiva il sangue e le lacrime, arrossì addirittura per quella debolezza, ma oltre a questo non si scompose. Con un gesto regale della bacchetta sistemò il suo viso, alzandosi in piedi.

“Lei… mi dirà mai cosa le racconto durante le sedute?”

Il bastone con la testa di serpente era stretto nella sua presa, così forte da far sbiancare le nocche.

“Signor Malfoy, mio compito è tenerla in piedi in modo che possa sopportare le mondanità, non c’è motivo che lei sappia cosa la turba al punto da non farla dormire, sappia solo che da oggi in poi andrà meglio. Penso che dopo un anno di terapia, finalmente abbiamo centrato il nocciolo del suo problema.”

Draco spalancò gli occhi, ma ancora sul suo viso non c’erano altre avvisaglie di sorpresa.

“Lei… ha capito?”

Il guaritore sorrise, concluse di scrivere il suo resoconto, sorridendo cordiale al suo paziente.

“Si fidi di me signor Malfoy, organizzerò tutto io in modo che lei abbia la miglior terapia possibile, in fondo mi paga per questo no?”

Draco annui, fece per andarsene, ma si fermò poco prima di arrivare alla porta.

“Un’ultima cosa… non essere così formale con me, anche se sono stato io a trovarti questo lavoro, offrendoti una possibilità dove altri non l’avrebbero fatto, non devi mostrarti così deferente. Siamo stati compagni di scuola ed amici Blaise Zabini, e lo saremo sempre.”

Blaise sorrise con i suoi denti bianchissimi, chinando leggermente il capo. Draco ricambiò, lasciando lo studio poco dopo.

Appena la porta si chiuse alle sue spalle, il sorriso sul volto del Serpeverde si spense.

“Forse siamo stati compagni, ma a quanto pare… non siamo mai stati amici…”

Riordinando le sue carte l’uomo si preparò per il paziente successivo.

Una nota di irritazione a turbare il viso generalmente deferente.

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Note. One shot senza pretese, chiunque voglia può abusare di lui per buttare giu una long.
  
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