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Autore: Xandalphon    04/01/2015    7 recensioni
L'inizio di tutto.
Quando Kaguya era ancora una normale ragazza, in un mondo molto lontano e diverso da Konoha; quando ancora non aveva compiuto il viaggio che l'avrebbe portata al potere e, con esso, alla pazzia; quando prese la decisione di intraprendere questo viaggio, per salvare l'umanità. E perdere sé stessa.
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaguya Otsutsuki, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Prima dell'inizio
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A midsummer night's dream

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“Nonno, la cena è pronta!”

 

Nonno Alex non rispondeva. Era ancora nel suo studio a lavorare... Si era perfino dimenticato che ore fossero!

 

A volte Kassie non capiva chi fosse dei due l'adulto e chi il bambino. Insomma, era lei quella che puliva, faceva da mangiare, andava a fare compere...

 

Poi, da un po' di giorni, la sua proverbiale distrazione era giunta a livelli parossistici. Sempre lì a smanettare con pezzi di ferro a caso, tappato nel suo laboratorio! E per cosa poi? Mica aveva voluto spiegarglielo...

 

La ragazzina si sedette sbuffando sulla sedia, facendo dondolare ritmicamente le sue gambette ancora esili, ma sempre più slanciate, da dodicenne. Un'età in cui non si è ancora ragazze, ma non si è già più bambine.

 

“Ahahah! Scusa Kassie, scusa tanto... Tuo nonno è proprio un distratto cronico...” Fece il vecchio, uscendo dalla sua stanza, grattandosi la nuca con un gran sorriso sulle labbra.

 

“Vero! Verissimo, accidenti! La prossima volta te la scaldi e te la mangi da solo, quella dannata zuppa!” Replicò lei, piccata. Ma la sua arrabbiatura stava già svanendo, in realtà. Nonno Alex aveva un magico potere su di lei: quando faceva quella faccia tutta allegra e sorridente, non riusciva a tenere il broncio a lungo. Era sempre stato così, fin da quando era piccola. Uffa, non era valido!

 

Come al solito, mentre sorseggiava rumorosamente il proprio pasto con il cucchiaio (Kassandra ed il galateo non andavano esattamente d'accordo, ma avendo come proprio genitore il solo Alex, non si poteva troppo biasimare...), la ragazzina fissava intensamente il ciondolo appeso al collo del nonno.

 

Una pietruzza insignificante, se non fosse che brillava di un vivace colore azzurro. Era più forte di lei, ne rimaneva sempre ipnotizzata. Soprattutto in virtù del fatto che quando il vecchio si allontanava, il colore sembrava farsi più smorto. A lungo pensò che fosse solo una sua impressione, fino al giorno in cui lo stesso Alex le confermò che era davvero così.

 

Era una pietra magica, gli disse, che brillava perché sentiva di avere un altro membro della famiglia vicino.

 

Lì per lì, Kassandra l'aveva guardato quasi offesa: “Nonno, dài, per chi mi hai preso? Sono grande ormai, non puoi mica pensare di farmi credere a cose come la magia!”

 

L'unica replica che ottenne quel giorno fu una grassa risata e un lieve sospiro.

Lentamente, per quanto nemmeno lei lo ammettesse, si convinse che, in fondo, forse il nonno non gli aveva rifilato una balla, perlomeno in quel caso. Già perché, Alex, di frottole, ne sparava tante, ma sulle cose serie non mentiva mai. Al massimo taceva.

 

Le mura di quell'impenetrabile silenzio condito da un'espressione di bonario divertimento sembravano alte e solide quanto quelle di un castello costruito su una aguzza montagna, per Kassandra: per quanto provasse a scalarle, erano così lisce e perfette che non riusciva ad arrivare alla loro sommità.

 

Ma su una cosa, una soltanto, non avrebbe mai smesso di tentare.

 

Cercare di conoscere i suoi genitori.

 

Qualsiasi tentativo di carpire informazioni su di loro veniva malamente frustrato, sempre. Di fatto, di loro non sapeva praticamente nulla, a parte i nomi: Priamus e Hekabe Yates.

 

Chissà per quale motivo, fissare la pietra azzurra induceva spesso in Kassandra pensieri e fantasie sui di loro. Forse anche pa' e ma' avevano un gingillo simile, che brillava quando l'uno si avvicinava all'altra, evitando loro di perdersi di vista...

 

“Allora nonno, quando mi racconterai un po' di più su pa' e ma'? Non sono più una bambina, quindi non devi aver paura di impressionarmi!” Se ne uscì lei, all'improvviso.

 

Alex rimase per qualche secondo di troppo con il cucchiaio a metà strada tra il piatto e la bocca, assorto. Poi, finalmente, disse, con fare rassegnato: “Non oggi, non ancora... Ma ti prometto che presto ti racconterò tutto, 'kay?”

 

“Non mi fregare... Quanto presto?” Insistette la ragazzina.

 

“Quando sarai maggiorenne.”

 

“E sarebbe presto? Ma è un casino di tempo! Sei anni... No, dico... sei anni!

 

“Niente sconti carina, prendere o lasciare...” Replicò soddisfatto l'uomo, posando il cucchiaio e incrociando le braccia con aria di sfida.

 

Kassandra sbuffò, ma alla fine rispose: “Andata. Dato che anche a cercare per conto mio per casa non trovo né foto, ne lettere né niente di niente... Ma sappi che dovrà essere un racconto moooolto lungo e dettagliato, per ripagarmi di questa attesa, chiaro?”

 

“Contaci Kassie!” ribatté lui, con un cenno d'assenso.

 

Quella sera, mentre lei sciacquava i piatti, le parve di udire suo nonno, mentre si avviava nuovamente nel suo laboratorio, borbottare: e adesso che m'invento?

Nah, probabilmente era stata solo una sua impressione.

*** 

Kassandra si svegliò di soprassalto nel cuore della notte. Aveva un gran mal di testa e corse in cucina a prendere un bicchiere d'acqua, brontolando per la sua insonnia cronica.

 

Non era la prima volta che, in sogno, le tornavano alla memoria momenti di vita con il nonno, ma questa volta era stato tutto più vivido del solito. Si sorprese a riflettere, mentre un amaro sorriso inarcava le sue labbra, sul fatto che, alla fine, quel furbacchione se n'era andato prima di mantenere la sua promessa. Ancora adesso non sapeva nulla dei suoi genitori.

 

Ma, in fondo, era davvero importante? Certo, una parte della sua mente le diceva che sì, lo era. Insomma, chi non vuole conoscere le proprie origini?

 

Ma un'altra parte di lei, le ricordava che chi l'aveva cresciuta, allevata, fatto compagnia e sostenuta attraverso fatiche e difficoltà era qualcun altro. Non Priamus e Hekabe, o come cavolo si chiamavano, ma Alex Yates. Era lui il suo unico e vero genitore. Tutto il resto, contava poco, se non per uno sfizio di mera curiosità.

 

Mentre si accingeva a tornare nel proprio letto, strascicando i propri passi, le tornò in mente anche quella strana pietruzza brillante. Sarebbe stato bello trovarne una simile, se non altro da portare come ricordo di suo nonno. Come per una strana associazione di pensieri (di quelle che avvengono solo in quei magici momenti della notte in cui il cervello, nonostante sia sveglio, non è ancora uscito completamente dal mondo dei sogni e pare lavorare ad un regime doppio, elaborando un flusso continuo di immagini e riflessioni senza alcun ordine logico apparente), le venne da paragonare quel luccichio azzurrognolo con i disegni scintillanti comparsi sul guanto metallico di quel tipo del primo giorno, Hendrick Joyce, se non si ricordava male. Chissà, magari erano fatti del medesimo materiale. In quel caso, quello avrebbe potuto sapere dove procurarsi quelle strane pietre azzurre. Ammesso e non concesso che non costassero uno sproposito...

 

***

 

“Usagin, perché mi hai chiesto udienza?”

 

Un enorme, vecchio coniglio, con due occhi rossi che parevano, a prima vista, quasi crudeli, fissava intensamente l'amico di Kassandra.

 

“Mio signore Sofutsuki-sama... Ho trovato un'umana che sa parlare con me.”

 

“Bada alle tue parole Usagin. Se si tratta di menzogne per canzonare un povero vecchio, sappi che ti manderò come ambasciatore da Koike Baba!”

 

All'udire il nome della vecchia matriarca dei gatti, Usagin rabbrividì. No, non aveva granché voglia di fare da spuntino fuori programma andando a farle visita.

 

“No, mio signore, quel che sto dicendo è la pura verità. Sento il chakra fluire in quella ragazza, per quanto impossibile possa sembrare ed essere... E l'ambra... L'ambra dell'albero... Beh, reagisce alla sua presenza.”

 

“L'ambra? Che sia... Ah, il tempo si approssima per il compimento di antiche e dimenticate profezie, dunque...”

 

“Cosa dovremmo fare, secondo voi, mio signore?”

 

“Usagin, non ti crucciare... Le profezie ed i vaticini non sono che disegni tracciati nell'acqua. Basta che un fanciullo impudente getti un sasso nello stagno, e le sue geometrie svaniscono nel nulla. Niente è scritto finché non è compiuto. Ma se gli dei hanno deciso di donare agli umani una seconda possibilità, sia come deve essere... Intanto, stai con lei, per guidarla e consigliarla. Non nutro affetto particolare per gli umani, ma nemmeno voglio la loro prematura fine. Fanno parte di questo mondo quanto noi, sebbene, sin dai primordi della loro storia, non hanno combinato altro che guai...”

 

“Sia come tu desideri.”

  
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