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Autore: wanderingheath    06/01/2015    4 recensioni
Jennifer, una problematica diciassettenne alternativa ed ermetica con una drammatica e dolorosa storia alle spalle, si è stancata di tutto e di tutti. Non prova più rispetto per alcuna regola, nemmeno se imposta da sua madre, l’unica persona appartenente al proprio passato che le è rimasta accanto.
L’unica fonte di gioia che restituisce un po’ di vitalità alla grigia esistenza di Jennifer è Tiffany Low, la ragazza dai corti capelli violacei e dagli occhi di un azzurro gelido, che allo stesso tempo le regala emozioni indescrivibili ed è capace di farla soffrire in modo atroce, portandola ad un abuso di alcool e droga.
Una sera, a seguito di un’overdose, Jennifer si ritrova morente in un buio vicolo lontano da casa, sola, inerme, indifesa e divorata da mille rimorsi. Vi sono persone che non ha più cercato, domande a cui non ha trovato una risposta, occasioni che ha miseramente sprecato e troppi momenti che ancora non ha vissuto.
Ma cosa accadrebbe se le fosse data una seconda possibilità? Cosa farebbe se si ritrovasse in un universo parallelo in cui nulla è come prima? Riscriverebbe la propria storia daccapo oppure commetterebbe gli stessi identici errori?
Genere: Drammatico, Fantasy, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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~~ Capitolo 4.

La casa del professor Hilde non distava effettivamente molto dal molo.
Era una piccola villetta che sembrava in procinto di cadere a pezzi, con un giardino poco curato ed una recinzione esterna non molto invitante.
Jennifer con una mente ormai quasi del tutto lucida stava riflettendo sulla decisione che aveva preso così avventatamente in un tempo ristretto.
Non riusciva a spiegarsi in alcun modo perché si fosse confidata con un uomo come il professor Jackson, che, pur essendo un adulto responsabile con cui aveva stretto un rapporto decente,  restava comunque uno sconosciuto. Nessuno all’interno della sua stretta cerchia di amici era mai stato scelto come confidente (se non Tony che sapeva del suo interesse per Tiffany, ma quella era un’altra questione) e l’ultima cosa che avrebbe voluto era farsi vedere debole e piangente davanti al professor Jackson, per il quale nutriva una grande stima e di cui aveva in parte un po’ soggezione.
Forse era stato il cedimento di pochi secondi a portarla a confessarsi con quell’uomo.
Era il giorno del suo compleanno e nessuno, nemmeno sua madre, se ne era ricordato; se ne stava sola ad ubriacarsi su quella spiaggia ed era sicura che quella morbosa tristezza, quella deprimente solitudine le piacesse, che avrebbe sempre preferito il silenzio alle parole di conforto di un adulto. Eppure si era sbagliata. Quell’uomo, quell’insegnante con cui ogni tanto, dopo le lezioni, si fermava a chiacchierare degli argomenti più svariati, quell’unica persona che in meno di un mese si era interessata del suo rendimento scolastico ( e aveva speso la sua pausa pranzo a parlare con lei e cercare di capire come poterla aiutare a migliorare i voti nella sua materia), forse contava per lei molto più di quanto avrebbe mai ammesso.
Nonostante Jackson si fosse preoccupato dei voti, mai le aveva chiesto dei suoi rapporti familiari,  dei pensieri che le fluttuavano nella testa, e mai si era dimostrato interessato al suo tremendo passato. Forse nemmeno si immaginava che Jennifer portasse sulle spalle un simile peso.
Ma quel pomeriggio nuvoloso di metà novembre Jennifer era quasi ubriaca e tormentata dal ricordo della sua amica Karen con cui aveva passato così tanti compleanni e che invece adesso non era lì a festeggiare con lei e lui era stato l’unico a trovarla, a sedersi accanto a lei, sulla sabbia, e a farle gli auguri. Forse, se Tony si fosse accorto della sua assenza ,l’avesse cercata e l’avesse poi raggiunta in spiaggia, forse avrebbe deciso di aprirsi con lui e gli avrebbe rivelato tutto, (a partire dalla morte di Karen, fino all’indifferenza di suo padre e alla freddezza di sua madre). O forse no. Non avrebbe saputo dire con certezza se avrebbe preferito parlare con Tony o con Jackson, ma di una cosa era sicura: non rimpiangeva affatto di aver confidato i propri segreti al suo insegnante, ad un adulto responsabile che si era interessato di lei, che l’aveva notata e considerata.
Adesso si trovavano entrambi di fronte alla porta d’ingresso della casa del collega di Jackson: Walter Hilde, questo era il nome scritto su un’etichetta accanto alla cassetta della posta.
Il professor Robert T. Jackson stava come attendendo qualcosa e non si decideva a suonare il campanello.
- Qualcosa non va, professore?- chiese la ragazza con una voce piuttosto sobria.
- E’ solo che…il mio amico, Walter Hilde…ecco è una persona un po’ strana e non so se apprezzerà molto un’intrusa-.
Jennifer fu visibilmente offesa da quel termine:- Come scusi? Un’intrusa?-.
- Sì…insomma, non gli ho detto niente. Non sa chi tu sia, né del tuo interesse per i nostri esperimenti-.
- Innanzitutto è stato lei ad invitarmi qui. In secondo luogo, non può semplicemente presentarmi al suo collega? E poi- aggiunse con un tono quasi stizzito:- Io non sono interessata ai vostri esperimenti. Non me ne importa niente di nulla-.
- Allora perché hai accettato?- le domandò lui, rivolgendole un sorrisetto ambiguo.
- Perché non avevo nulla di meglio da fare. E poi tutte quelle storie su universi paralleli eccetera eccetera sono solo un mucchio di balle. Voglio proprio vedere cosa vi siete inventati-.
Il professor Jackson non sembrò affatto turbato da quell’improvvisa reazione e si limitò a dire con semplicità:- Beh, se pensi che siano un mucchio di balle, puoi anche tornartene a casa oppure in spiaggia. Noi non abbiamo tempo da perdere con una ragazzina scettica-.
Jennifer indietreggiò istintivamente di un passo. L’insegnante non aveva usato un tono severo, né alterato, ma l’aveva ferita quasi come se le avesse assestato un pugno nello stomaco.
- Non mi chiami ragazzina- rispose con i denti serrati:- Non ho più dieci anni-.
- Bene- annuì il professore, compiaciuto:- Allora sarai in grado di decidere se restare oppure andartene. Sei interessata a queste ricerche oppure no?-.
Odiava il modo in cui la metteva di fronte ad una scelta definitiva: era necessariamente bianco o nero; o decideva di restare oppure se ne andava; o ammetteva di provare interesse per qualcosa oppure rimaneva coerente con i propri principi. Jennifer era di natura una pessimista ed una fatalista, ma adesso era più propensa a pensare in positivo e voleva credere a quelle improbabili teorie. Eppure le costava così tanta fatica dare ragione al professore e sbilanciarsi così tanto, umiliarsi, rimangiandosi le precedenti parole.
Jackson lo sapeva e si stava crogiolando nella propria gioia: era sicuro che quella ragazza non si sarebbe tirata indietro; sapeva che avrebbe chiesto scusa e avrebbe ammesso di provare interesse per quella piccola branca della scienza.
Forse Jackson aveva imparato a conoscere solo una parte di Jennifer, ma non avrebbe dovuto dare così per scontato la sua determinazione (e cocciutaggine).
- No- rispose semplicemente la ragazza, sollevando il mento in modo tronfio.
- No cosa?-.
- No- ripeté lei con decisione:- Non rimangerò quello che le ho appena detto. Sono ancora convinta che i vostri esperimenti siano delle stronzate e non ammetterò mai di volere essere messa a parte delle vostre “grandi scoperte”-.
- Quindi preferisci andare via?- domandò lui con voce dura:- Benissimo. Non sei una ragazza coerente, sappilo-.
- Non ho mai detto di esserlo- replicò lei ormai irritata:- Eppure non sono nemmeno incoerente, perché non le ho detto che me ne andrò via. Ho deciso che entrerò e vedrò i vostri esperimenti, benché non me ne freghi nulla-.
- Se devi farlo per fare un piacere a me, puoi anche tornare a sbronzarti in spiaggia. Pensavo di farti un bel regalo di compleanno, ma a quanto pare per te è solo un’inutile perdita di tempo-.
Fu in quel momento che la porta si aprì e ne uscì fuori un uomo sulla quarantina con una barba ispida e lievemente brizzolata, una massa di ricci neri in testa e un paio di occhietti vispi ed arrossati.
Sobbalzò nel trovarsi davanti le due figure che inizialmente non riuscì a mettere bene a fuoco, stordito dalla luce del giorno: non metteva piede fuori di casa da più di quarantotto ore.
- Ma che diamine…- borbottò, parandosi la vista con una mano.
- Walter!- esclamò il suo collega, sorridendogli:- Sei vivo, vecchio mio-.
- Robert!- rispose l’altro, riconoscendolo:- Sono quasi morto, a dire la verità. Sono due giorni che non lascio quel cazzo di laboratorio, ma ce l’ho fatta! Ho trovato la…ehm…chi è questa ragazza?-.
Jennifer si presentò in modo cordiale, stringendo la mano dell’ospite e sorridendogli gentilmente.
Sapeva che avrebbe dovuto fare i conti dopo con il suo insegnante, ma adesso non le importava nulla: non doveva pretendere troppo da lei; dopotutto lui era solo uno conoscente e lei era libera di fare quello che le pareva, senza l’obbligo di renderne conto a lui. Ammettendo pure il suo interesse per le scoperte dei due colleghi, cosa avrebbe ottenuto il professor Jackson? La soddisfazione di trovare delle contraddizioni in lei?
Non gli bastava come prova del suo coinvolgimento il fatto che lei avesse immediatamente accettato di seguirlo in un posto sconosciuto con la sola promessa di essere messa  a parte di alcuni loro segreti?
- Lei è una mia studentessa- aggiunse Jackson, tentando di posarle una mano su una spalla.
Jennifer intuì subito il movimento fin troppo confidenziale e si scostò appena, per fargli capire che non accettava alcuna riconciliazione con lui.
- Vorrebbe vedere alcuni nostri risultati- terminò il professore, lasciando cadere con nonchalance il braccio lungo il proprio fianco:- So che potrà sembrarti strano, ma Jennifer è un’ appassionata di quella che al giorno d’oggi viene miseramente chiamata “fantascienza” e le ho promesso di svelarle i nostri esperimenti. Stai tranquillo, non ne farà parola con nessuno…è troppo timida e poi nessuno le crederebbe. Non è vero Jennifer?-.
La ragazza gli lanciò uno sguardo furente: lei timida?
- Non ho alcun motivo per parlare di certe scoperte in giro. Chiunque mi prendere per una pazza-.
Il professor Hilde non sembrò particolarmente convinto:- Non lo so…non che tu mi dia l’idea di una ciarlona, ma questi sono progetti segreti. Sono degli esperimenti che io e Robert stiamo portando avanti in estrema segretezza, nessuno ne è mai stato messo a parte-.
 - In realtà una volta è successo- precisò Jackson:- Quando abbiamo provato a far pubblicare le nostre teorie su una rivista scientifica-.
Seguì un lungo silenzio in cui entrambi i colleghi tennero gli occhi fissati al suolo.
Jennifer fremeva dalla curiosità:- E come è andata a finire?-.
- Ovviamente non ci hanno preso sul serio. Ma un giorno me la pagheranno, quei balordi- terminò il professor Hilde, rivolgendo lo sguardo sull’orizzonte con aria carica d’odio.
- Possiamo entrare, dunque, Walter?- chiese Jackson con cautela.
- Sì. Ma la ragazza non deve toccare nulla. Facciamo un patto di sangue? Così di sicuro non ne parlerai con nessuno-.
Jennifer lo guardò disgustata ed ammirata allo stesso tempo: un patto di sangue? Quell’uomo era completamente folle.
- No. Niente roba strana- borbottò Jackson, scortando la sua studentessa all’interno della casa.

   
 
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