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Autore: SalvamiDaiMostri    10/01/2015    3 recensioni
“Non disturbarti [Mycroft]. Non sono qui per cercare affetto fraterno. Voglio chiederti un ultimo desiderio: lascia che io torni da Lui.”
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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John non riusciva a credere ai suoi occhi. 
Quante volte? Quante volte aveva desiderato di rivederlo? Di rivedere quei ricci selvaggi, quegli occhi penetranti, quella bocca che sputava sentenze, quel cappotto assurdamente lungo. Quante volte aveva voluto sentire di nuovo la sua voce profonda, anche solo una volta, anche solo per sentirsi criticare o per per correggere la tv. Spesso gli era sembrato di vederlo all’interno di un taxi che passava per strada, o nella confusione in centro o al centro commerciale.. Ma non era mai lui. 
Lui era morto e, dopo il funerale, John si era costretto a crederci. Si era arreso. Certo, non credette mai a quelle bugie che gli aveva detto al telefono, ma, dopo che la sua ultima disperata richiesta non aveva ricevuto risposta, la morte di Sherlock gli era sembrata una realtà innegabile. Erano passati anni da quel terribile giorno in cui saltò giù. Non lo aveva mai dimenticato, ci pensava ogni giorno; pensava a lui e a quante cose avrebbe voluto dirgli, anche solo addio. 
E ora era lì. 
Si strofinò gli occhi più volte, ma avrebbe potuto farlo fino a farli sanguinare: lui era lì. Se ne stava in piedi davanti alla finestra del salone del 221b, con le mani dietro la schiena. I capelli erano più lunghi di quanto ricordasse e portava un po’ di barba incolta. Ma era Lui.
Aveva anche parlato. Ne era certo, era la sua voce! Aveva detto “Ciao, John.” e poi aveva taciuto. 
John era rimasto immobile, con la mano destra ancora aggrappata alla maniglia della porta di ingresso e la borsa della spesa nella mano sinistra. Gli occhi sgranati, la bocca serrata. Non si accorse dello scorrere del tempo: era rimasto come pietrificato. Sherlock, dal canto suo, contava i secondi e, più il tempo passava, più gli sembrava difficile pronunciare alcuna parola. Avrebbe voluto spiegare, ma da dove cominciare?
Improvvisamente John chiuse gli occhi. Prese un bel respiro e entrò, chiudendosi la porta alle spalle. Senza proferire parola, si fece strada verso la cucina (ordinata come non lo era mai stata), appoggiò la borsa sul tavolo, si tolse la giacca e la appoggiò su una sedia, prese la bottiglia del latte e la mise in frigo (niente pezzi di carne umana in quel frigo pulito e ordinato). Da quando era entrato nella cucina, Sherlock non lo vedeva più da dove si trovava ma, di certo, non avrebbe avuto il coraggio di muovere un passo finchè il dottore non glie lo avrebbe richiesto. Dopo un paio di minuti, John tornò nella sala principale della casa e si sedette sulla sua poltrona. Lo sguardo fisso sulla finestra. Sherlock lo guardava, lo osservava.. Quant’era cambiato... Sembrava invecchiato... Di certo era molto dimagrito. Improvvisamente John voltò lo sguardo verso Sherlock e lo fissò sui suoi occhi; Sherlock ne fu terrorizzato, ma non distolse lo sguardo: per troppo tempo si era nascosto, ed era tornato per affrontarlo. E non si sarebbe tirato indietro facilmente. 
“Due anni.” disse secco. “Due anni.” Ripeté, la voce strozzata lo tradì e John si portò il pugno alle labbra per nascondere la rabbia. Sospirò. Si mise la mani sul volto e se lo strofinò più volte. Poi tornò a guardarlo. “Vieni e siediti” gli disse indicandogli con la mano aperta la poltrona nera. Sherlock obbedì. Passarono alcuni secondi. “Allora? Sto aspettando. Comincia pure da dove vuoi e come vuoi.” era furioso, Sherlock non lo aveva mai visto così. Aveva gli occhi iniettati di sangue, il cuore spezzato. 
“John io... E’ opportuno che cominci dicendoti che quel giorno non ho avuto altra scelta. Moriarty voleva che mi uccidessi dopo avermi umiliato, il prezzo del mio rifiuto sarebbe stata la tua morte e quella di coloro che amo. Non potevo permetterlo.” John non mosse un muscolo: evidentemente aveva già valutato quest'ipotesi “Fortunatamente Mycroft stava tenendo sotto osservazione Moriarty più di quanto credessi e aveva escogitato un piano elaborato per fingere la mia morte. Non è opportuno spiegarti ora come sia stato possibile, ma, concorderai con me, è sufficiente sapere che ha avuto successo.” John fece una smorfia sarcastica, sembrava essere ancora più arrabbiato di prima “Ad ogni modo, fui costretto a sparire. Per proteggere la città, per proteggere te: la rete di Moriarty era molto estesa e doveva essere smantellata subito, allora che ne avevamo l’occasione. E, perciò, ho viaggiato in incognito in questi anni... Nei servizi segreti. Sono stato torturato, malmenato, fatto prigioniero per mesi. Ho patito la fame, il freddo, la malattia. E’ stato un vero inferno. E l’ho fatto solo per te, per proteggerti-”
“Smettila di parlare come se potesse essere una giustifica.” Sherlock tacque, gli occhi sgranati “Non mi importa ciò che dici: qualsiasi minaccia sarebbe stata meglio di perderti. Di perderti così, quantomeno.” 
“L’ho fatto per salvare la tua vita!” 
“Non mi interessa. Questa non è vita. Forse avrei preferito morire.” Sherlock saltò in piedi
“COME PUOI DIRE COSI’??”
“OH POSSO ECCOME, SHERLOCK!” si alzò a sua volta “HO VISTO IL TUO CORPO” gli afferrò il colletto della giacca con entrambe le mani e prese a strattonarlo “PRECIPITARE DA QUELL’OSPEDALE! HO VISTO LA TUA TESTA FRACASSATA! IL TUO VOLTO RICOPERTO DI SANGUE! I TUOI OCCHI VUOTI!” gli occhi di John si riempirono di lacrime e, poco alla volta, smise di strattonarlo e si lasciò cadere sulle ginocchia, senza mollare il cappotto. “Tu eri morto, ERI MORTO! E io sono rimasto solo, di nuovo.. Oh Sherlock...” Sherlock si inginocchiò davanti a lui e gli mise una mano su una spalla. 
“Oh John... Ora sono qui.” John lo guardò con gli occhi carichi di lacrime e gli sorrise
“Sì... Sì, sei qui...” si asciugò le lacrime “E’ finita.. Sei tornato.” Sherlock abbassò lo sguardo e sospirò. “Che c’è?”
“Siediti John. Non ho finito la mia storia.” John si sedette, confuso. Sherlock a sua volta sedette sulla sua poltrona. “Ebbene... Come ti ho detto, fino ad ora non ero tornato perchè dovevo proteggerti e perchè stavo distruggendo la rete di Moriarty”
“E ora avete finito, no?”
“No, John. Non è per questo che sono tornato. Secondo Mycroft ci vorrà ancora una decina d’anni a smantellare l’impero che Moriarty aveva costruito.” si fermò e prese fiato “Sono tornato perchè Mycroft me l’ha concesso.” abbassò lo sguardo “Non sai quante volte avrei voluto venire a cercarti, anche solo per un paio di giorni, ma i miei superiori erano del tutto intransigenti: allontanarmi dal campo di battaglia avrebbe compromesso la missione..”
“E questa volta ti è stato concesso?”
“Esattamente. Perchè vedi...” alzò lo sguardo “Io sto morendo John.” attese qualche istante “Sono malato. Cancro. Le metastasi sono estese alla maggiorparte dei miei organi vitali e radicate in profondità, è impossibile curarmi. Sono tornato perchè, comunque, di qui a poco, non sarei più stato utile alla missione. E, se anche scoprissero che sono qui e che sono vivo, non avrebbero il tempo di prendere provvedimenti in quanto morirò comunque prima. John io...” gli occhi presero a lacrimargli, John non lo aveva mai visto piangere “Io sono tornato per passare il poco tempo che mi resta insieme a te. Certo, se tu vorrai.”
John si precipitò su Sherlock e lo abbracciò. Shelrock lo abbracciò a sua volta e lo strinse forte a sè e pianse tutte le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento tra le braccia dell’uomo che amava.

(Backstage) 
“Entra pure, fratellino.” Sherlock avanzò nell’ufficio di Mycroft con decisione; teneva una cartella in mano. Mycroft era seduto alla sua scrivania, intento a compilare diversi documenti; non alzò nemmeno lo sguardo per salutare suo fratello. Sherlock gettò sull’ordinatissima scrivania la cartella che portava e, solo allora, Mycroft interruppe il suo lavoro: “E questa? Cosa sarebbe?”
“E’ ciò per cui sono tornato. Sono i risultati delle analisi di cui ti avevo parlato.” Mycroft lo guardò negli occhi e Sherlock potette leggere il terrore nei suoi occhi, nonostante l’uomo di Ghiaccio fosse sorprendentemente bravo a nasconderlo.
“Ebbene?”
“Sai che, se sono qui, è perchè sono risultate positive. Sto morendo Mycroft, e questa volta per davvero.” Mycroft chiuse gli occhi per un istante e respirò profondamente nel tentativo di mantenere di mantenere la sua compostezza “Non disturbarti. Non sono qui per cercare affetto fraterno. Voglio chiederti un ultimo desiderio: lascia che io torni da Lui.”
“Impossibile. Ne abbiamo già parlato, Sherlock. Anche se non sei più utile alla missione, se gli uomini di Moriarty scoprissero che sei vivo Dio solo sa che cosa accadrebbe... Inoltre, la prima cosa che farebbero sarebbe mantenere la promessa del loro capo: andranno dritti dai tuoi amici e li uccideranno uno alla volta. E’ questo che desideri come tua ultima volontà? Vederli morire a causa tua?”
“Non avrebbero il tempo di organizzarsi.” strinse i pugni “Non mi resta COSI’ tanto tempo.” Mycroft si portò la mano sugli occhi e se la passò sul volto: così poco dunque? Cosa direbbe la mamma? Ancora una volta si ritrovava a vedere uno dei suoi fratelli che affrontava la morte e lui non poteva fare nulla al riguardo. “Mycroft, ti sto supplicando” Sherlock appoggiò entrambe la mani sulla scrivania e avvicinò il viso a quello di suo fratello, così che lui potesse cogliere la disperazione nei suoi occhi gonfi di pianto e rimorsi “Lascia che io trascorra il tempo che mi resta insieme a Lui!” passarono alcuni istanti durante i quali Mycroft fu costretto a ricordare quel suo imbranato fratello minore che aveva promesso di proteggere dalle avversità di un mondo che era da sempre stato troppo crudele con gli Holmes. 
“Essia.” Shelrock sorrise e chinò il capo, per celare al fratello maggiore una lacrima di gioia che si era lasciato fuggire “Ma sappi che non sarà facile non essere notati. Sarebbe meglio che vi allontanaste da Londra. Potreste stare nella casa al mare della zia Jodi se lo voleste.. Ricordo che ti piaceva tanto andare a Barafundle bay quando eri piccolo.” Sherlock si alzò cercando di asciugarsi gli occhi che non volevano saperne di cessare di piangere e sorrise
“Sì sì, è vero.. Non ci avevo pensato.. Già.. Sarebbe un bel posto dove finire.”
“Immagino che comunque vorrai recarti al 221b per incontrarlo. Mi assicurerò che tu riesca ad arrivarci al riparo da occhi indiscreti: assolderò uomini fidati, dovrai limitarti a dare ascolto ai loro ordini.”
“Lo farò.”
“Ovviamente il mio permesso non ti garantisce che John accetti le tue scuse, ma immagino che tu abbia già calcolato questa ipotesi. Ti prego Shelrock, se dovesse andare in questo modo, contattami. Per lo meno-”
“Per lo meno ci saresti tu? Andiamo fratello, non saresti di compagnia!” scherzò Sherlock, Mycroft sorrise
“Fallo comunque. E ora va: sono impegnato.” Sherlock si voltò e fece qualche passo verso la porta, poi si voltò un’ultima volta verso Mycroft che era tornato a compilare documenti
“Grazie. Addio, Mycroft.” non attese risposta e uscì dall’ufficio, chiudendo la porta dietro di sè. Nessuno vide che, dopo, Mycroft si lasciò cadere sulla scrivania e diede sfogo a tutta la sua rabbia, alla paura e alla tristezza con tutte le lacrime e i singhiozzi che aveva in corpo, bagnando tutte quelle carte che si era dedicato a compilare e a ordinare da giorni; le strappò, le gettò in aria e a terra, così come fece con la lampada, quell’orribile soprammobile di porcellana, il tagliacarte, la sedia, il telefono e tutto ciò che gli capitò tra le mani: il suo fratellino se ne andava, quel bambino che aveva visto nascere si stava preparando a morire. E lui non poteva fare nulla. Nonostante il suo lavoro, nonostante i suoi soldi, le sue lauree, la sua esperienza, la sua intelligenza, nonostante tutto non poteva fare nulla per farlo sopravvivere, così come aveva fatto due anni prima al St Barth. Niente. Non si era mai sentito così impotente in tutta la sua vita. 

-

John sedeva sul divano accarezzava i ricci di Sherlock con dolcezza, il quale si era steso sul divano appoggiando la testa sulle ginocchia di lui. Guardavano il camino acceso e stavano in silenzio. Gli occhi di entrami erano segnati dalle lacrime e le guance di Sherlock erano ancora umide. Non riuscivano a pensare nulla, nessuno dei due riusciva ad organizzare un pensiero logico.
Dopo diverso tempo, Sherlock interruppe il silenzio.
“Non posso restare qui.”
“Capisco.”
“Io e Mycroft possediamo una casa a Barafundle bay. E’ davvero un bel luogo, e desidererei andare là. Vorresti venirci con me?”
“Certo.” Sherlock sorrise e si portò la mano al petto 
“Grazie. Grazie davvero.”
John continuò ad accarezzare i capelli di Sherlock, ad occhi chiusi. Desiderava dargli pace, conforto: l’ultima volta lo aveva lasciato morire da solo e impaurito. Non questa volta. Non questa volta. Il silenzio della loro casa buia li coccolò in quel dolce momento che Sherlock e John si ritagliarono nelle loro vite per stare insieme: finalmente si erano riuniti e così sarebbero rimasti fino alla fine.
Quando Sherlock si svegliò si trovò solo e, per un istante, pensò che il giorno prima fosse solo frutto di un suo dolce sogno e che lui fosse ancora solo, con il suo cancro, ad attendere la fine. Ma poi John comparve dalla cucina con uno zaino salutandolo e dicendogli che aveva preso qualche provvista per il viaggio.
“Gli uomini di Mycroft sono pronti in ogni momento. Quando vuoi, possiamo andare.”
“Io sono pronto. Tu piuttosto, non vuoi salutare la signora Hudtson o Greg...? Molly?”
“Loro mi hanno già detto addio una volta: non voglio addossare loro la mia resurrezione e imminente morte solo per un terribilmente egoistico addio. Anzi... Desidererei che tu non parlassi proprio ad alcuno di loro di me e di ciò che accadrà.”
“Capisco. Quindi andiamo?”
“Precedimi. Coloro che ci accompagneranno sono appostati in un furgoncino di un fruttivendolo parcheggiato giù in strada. Dì loro chi sei e sali. Io ti seguo, dammi solo un minuto.” John gli sorrise e obbedì.
Sherlock si alzò da quel divano e si prese un momento per passeggiare per l’appartamento: quella casa aveva visto così tante cose... Il loro incontro, le loro prime imbarazzanti conversazioni, i pasti insieme, il blog di John, le liti, le risate. I suoi esperimenti, le fidanzate di John, Moriarty, la Donna, i clienti, i casi. Una vita intera. Sherlock, John e il 221b a Baker st ne avevano passate tante insieme, e quelle mura ne erano state testimoni. I fori di proiettile nel muro non erano ancora stati riparati, così come non era stato cancellato il grande smile giallo su quell’incoerentemente elegante carta da parati bianca e nera. Sherlock camminava per le stanze accarezzando gli spigoli, gli stipiti delle porte, i mobili: con quel gesto voleva dire “Addio, grazie di tutto. Mi mancherete.” e poco a poco si avviò verso la porta di ingresso. Prese il suo cappotto dalla poltrona e lo indossò. Camminò verso la porta e uscì per l’ultima volta da quell’appartamento. Un ultimo sguardo a quel teatro di follie e poi chiuse la porta. Tirò un sospiro e scese le scale.

-

John sedeva su una vecchia sedia a dondolo di vimini nella veranda che si affacciava alla bellissima baia; sorseggiava una tazza di té a occhi chiusi, ascoltando il suono delle onde che si infrangevano sugli scogli misto alla melodia che Sherlock stava eseguendo al violino accanto a lui. Sherlock concluse.
“Meravigliosa, come sempre. Non immagini quanto mi mancasse sentirti suonare. Casa nostra era così silenziosa senza di te.” Sherlock camminò verso di lui e si sedette sulla sedia accanto
“Anche a me è mancato immensamente. Lì dov’ero, non c’era spazio per la musica. Così come non c’era per riflettere in pace. Il violino era una delle cose che mi mancava di più... E ora desidero dedicarci quanto più tempo possibile.” John abbassò lo sguardo, intristito
“Certo, capisco. Credo che sia quanto di meglio tu possa fare.” Sherlock sorrise
“Mi dispiace di averti coinvolto. Io capisco, davvero, quanto possa essere difficile per te accompagnarmi in.. tutto questo. Dati i precedenti, non ti biasimerei se volessi rinunciare. Ma vorrei tanto non essere solo quando...” John gli afferrò la mano e lo guardò fisso negli occhi, con determinazione e affetto, ma anche tanta tanta paura
“No. Non dirlo più. Sono qui per starti accanto, e non me ne andrò per nessuna ragione. Con te, fino alla fine.” Shelrock strinse quella mano a sua volta e ricambiò quelle dolci parole con un sorriso. Con l’altra mano afferrò la sua tazza di té dal tavolino, e allora John glie la lasciò.
“Allora, continua a raccontarmi... Mi stavi parlando di questa Mary poco fa...”
“Beh.. Ci frequentiamo da diverso tempo e.. Beh, è perfetta. E’ un’infermiera, lavoriamo insieme da diversi mesi. E’ bellissima, divertente, intelligente, molto forte... La amo davvero.”
“Sì, si vede dal modo in cui ne parli. Hai una luce nuova negli occhi. Intendi sposarla?” John sembrò sorpreso alla domanda. Riflettè un momento
“Sì.. Insomma, lo vorrei davvero... Vorrei che avessimo una famiglia...”
“Bene.” Sorrise Sherlock “E’ un sollievo sapere che non sarai solo. Devi sapere che.. dapprima, ciò che mi terrorizzava di più all’idea di morire era il fatto che il mondo sarebbe andato avanti senza di me.. Eppure.. Adesso.. E’ un sollievo... Davvero.” Rimasero in silenzio ad ascoltare il suono dell’oceano per diversi minuti. Il tramonto tingeva il cielo di rosa, arancione e verde.
“Sherlock, devo chiedertelo. A parte la morfina, non ti sei fatto portare alcun tipo di medicinale. Dimmi, quanto tempo ti resta?” Sherlock si alzò e camminò fino alla finestra della veranda e vi si appoggiò
“Domani vorrei scendere alla spiaggia. Ti mostrerò una caverna nella scogliera dove io e i miei fratelli giocavamo a fare i pirati... E’ davvero bello... Si trova più o meno laggiù.” disse indicando un punto all’estremità destra della baia. John lo guardò con disperazione, trattenendo a stento le lacrime. Non fece ulteriori domande.
   
 
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