Fanfic su artisti musicali > Paramore
Segui la storia  |       
Autore: The son of rage and love    11/01/2015    4 recensioni
Kurt Gallagher è un ragazzo buono, intelligente, suona la chitarra da quando era piccolo e ha una band.
Ma il destino gli ha fornito delle pessime carte, portandolo su cattive strade e rendendo la sua esistenza un totale fallimento. La musica è l'unica a non averlo mai abbandonato, e con lei è riuscito a rialzarsi e a riprendere in mano la sua vita.
I problemi ci sono ancora, sempre, ma tutto sommato la sua vita ha preso una piega positiva, finché un giorno non incontrerà qualcuno: una ragazza, un esempio per molte persone, ma che in quel momento non può essere l'esempio di nessuno. Come lui, avrà perso la sua strada e Kurt cercherà di aiutarla a ritrovarla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Hayley Williams, Jeremy Davis, Nuovo Personaggio, Taylor York
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- Ok ricapitoliamo. - Disse Taylor riaprendo il suo zaino, forse per la centesima volta quella mattina - Vestiti, acqua, snack, pass per il festival, altra acqua e... Il cellulare. -
- Taylor, per l'ennesima volta: c'è tutto, sta' tranquillo. - Ridacchiai, premendo il pulsante dell'ascensore dell'albergo.
- Cazzo! Il cellulare! - Esclamò Hayley dietro di noi, mentre rovistava nel proprio zainetto.
- Lo vedi? Come posso stare tranquillo? Hayley siamo in ritardo! - Sbottò il chitarrista, visibilmente agitato per lo show di quella sera.
- Si si, lo so! Faccio in un attimo, voi aspettatemi giù! - Rispose lei, che intanto si era già messa a correre in direzione della propria stanza.
Arrivammo a piano terra, dove Kat, Jeremy e la piccola Bliss ci stavano aspettando.
- Finalmente! Pensavamo che foste... - Cominciò il bassista, ma Taylor lo interruppe.
- Risparmiatelo, lo sappiamo. - Sbuffò - Piuttosto, dove sono Aaron e mio fratello? - Chiese, mentre consegnavamo le nostre chiavi alla reception.
- Sono già partiti, insieme allo staff e al resto dell'attrezzatura. - Rispose Jeremy.
Kat mi guardò - Ma Hayley? -
- Si è dimenticata il cellulare in camera ed è tornata a prenderlo. - Risposi, e quasi non feci in tempo a finire che il bassista prese parola.
- Ragazzi siamo in ritardo! Abbiamo un'intervista tra due ore! -
Guardai sia lui che Taylor.
- Ok, voi andate al furgone, caricate le vostre cose, io resto qui ad aspettarla. - Dissi, porgendogli anche il mio zaino.
Loro annuirono e, dopo aver preso lo zaino, si avviarono verso il parcheggio dell'albergo.
Restai ad aspettarla seduto nella hall.
Da quel giretto a Camden del giorno precedente le cose tra noi due erano migliorate. Non che fossimo di nuovo amici come prima, ma lei non sembrava più così arrabbiata, e perlomeno adesso mi parlava e non mi ignorava più.
Ogni volta che le porte dell'ascensore si aprivano mi alzavo nella speranza di veder spuntare una testolina azzurra, ma niente.
Alla fine la vidi correre giù dalla rampa di scale che portava alle camere.
- Hayley! - Esclamai, scattando in piedi e lei si voltò verso di me, praticamente lanciando le chiavi al tipo della reception.
- Muoviamoci, è tardissimo! - Disse, senza neanche un briciolo di fiatone, avviandosi velocemente verso l'uscita.
La raggiunsi - Ma... Hai fatto le scale? - Chiesi, abbozzando un sorriso.
- L'ascensore era sempre occupato! Almeno ho già fatto il riscaldamento per stasera. - Quella era la prima volta dopo giorni e giorni che mi concedeva un sorriso, e una volta fuori dall'albergo cominciò di nuovo a correre verso il furgone che ci avrebbe portati al festival.
Maledetta nanetta, filava più di un velocista dei cento metri.
Quando raggiungemmo il mezzo ci lanciammo dentro senza perdere altro tempo e partimmo a tutta velocità verso Reading, che avremmo raggiunto in un'oretta abbondante di viaggio.
Ebbi tutto il tempo necessario per osservare Hayley.
Teneva la testa girata verso il finestrino e restò così per quasi tutto il tragitto, guardando chissà dove e chissà cosa, con le cuffiette nelle orecchie. Con un piede batteva un ritmo veloce e irrefrenabile, ma non era certo quello della canzone che stava ascoltando.
Era agitata, nervosa. Lo era forse più di tutti, anche se cercava di non darlo a vedere in alcun modo.
Era adorabile, e quando stava così tendeva a dimenticarsi di qualsiasi cosa... Ma mai l'avevo vista scordarsi del suo amato cellulare.
 
Arrivammo a Reading dopo poco più di un'ora, come previsto, ed imboccammo Richfield Avenue, raggiungendo il luogo del festival in pochi minuti: un enorme campo costeggiato in parte dal Tamigi, pieno di gente urlante che non vedeva l'ora che le band cominciassero a suonare.
Mi meravigliai dell'organizzazione di quel festival, curata nei minimi dettagli: c'era la zona camping, suddivisa in settori, e l'area adibita ai concerti, con i rispettivi stand per il bandmerch, bar, bagni e ovviamente i vari palchi, tutto tenuto in maniera impeccabile... Ai festival ai quali ero stato io c'era al massimo un palco malridotto e la gente dormiva dove pisciava.
Ci scaricarono dietro al palco principale, dove trovammo Justin ed Aaron ad attenderci.
- Oh, ce l'avete fatta finalmente! - Esclamò il batterista appena scendemmo dal furgone.
- Siamo rockstar, dobbiamo farci attendere. - Scherzò Taylor, ma suo fratello lo riprese.
- Ehi Slash, non siamo più negli anni '80! -
Strappò una risata a tutti mentre ci consegnava i nostri pass per il backstage, e poco dopo arrivò un tizio dello staff munito di una cartellina e di un paio di cuffie con microfono incorporato, collegate ad uno walkie talkie. Praticamente il sosia inglese di Mr. Frustrazione.
- Siete i Paramore, giusto? - Chiese, mentre annotava chissà cosa su dei fogli, e prima che potessi uscirmene con un "ma è ovvio che sono loro!" Jeremy prese parola.
- Si, siamo noi. - Solo allora il tizio li guardò.
- Ho bisogno dei membri ufficiali per l'intervista. -
I tre annuirono e dopo che Jeremy ebbe salutato Kat con un bacio, si staccarono dal gruppo per seguire il tipo dello staff.
- Ci vediamo nel backstage quando avete finito, tanto restiamo qui! - Esclamò Justin mentre si allontanavano.
- Bene, direi che vi salutiamo anche io e Bliss. - Disse l'inglese ad un certo punto.
- Già ve ne andate? - Chiesi confuso, guardandola, e lei annuì.
- Ne approfitto per portare la piccola dai nonni, non abitano lontano da qui. - Sorrise ed io ricambiai.
Kat e sua figlia tornarono sul furgone che ci aveva portati fino a lì e poco dopo ripartirono.
Restammo solo io, Justin e Aaron.
- Allora, avete fame? - Chiese il chitarrista, sorridendo.
 
Ci ritrovammo tutti e tre seduti nell'enorme prato a divorare un hamburger e, anche se stavo cercando di smettere, a bere la birra che Aaron ci aveva offerto.
Non ero mai stato più di tanto con loro due, forse perché passavo gran parte del mio tempo a cazzeggiare con Jeremy e Taylor, e a guardare film con Hayley prima che, beh...
- Cavolo, ho bisogno di un bagno... Credo di aver bevuto troppo caffè stamattina. - Si lamentò il batterista, ficcandosi in bocca l'ultimo boccone del suo panino e alzandosi in piedi.
Justin rise - Là ci sono i bagni chimici, divertiti! -
- Ah, ah, ah... Potrei decidere di boicottare l'esibizione di stasera, perciò non provocarmi! - Ribatté ironicamente Aaron mentre si allontanava.
Presi un sorso di birra - Justin... -
- Mh? - Mormorò lui con la bocca piena.
- Posso... Farti una domanda? -
Mi guardò per un istante e poi annuì.
- Tu suoni con i Paramore da quanto? Quattro anni? - Chiesi e lui annuì ancora, senza staccare gli occhi da me.
Abbassai lo sguardo - Ti senti mai messo un po' in disparte? Sai, a parte i live... Le interviste e i photoshoot, li... Li fanno solo i membri ufficiali. -
Sollevai appena lo sguardo verso di lui e lo vidi sorridere.
- So dove vuoi arrivare. - Disse, buttando giù l'ennesimo boccone - Perché loro si ed io no? Eppure suoniamo insieme da anni, perché ancora non sono ufficialmente nella band? - Aggiunse, continuando a sorridere.
Annuii, guardandolo e aspettando che continuasse.
- È una mia scelta, sono consapevole di ciò che sto facendo, e sto aiutando mio fratello e i miei amici con la loro band. - Prese un sorso di birra - Lo faccio perché amo suonare, non perché cerco la fama e non so quanto mi piacerebbe trovare la mia faccia sulla copertina di qualche rivista, forse... Anche solo l'idea mi spaventa. -
Corrugai la fronte, cercando di capire dove volesse arrivare.
- Sai, a volte quando passi la maggior parte della tua vita su un palco, con migliaia di persone che urlano il tuo nome è... È come se tutto diventasse un enorme concerto, e ti distaccassi completamente da quella che è la realtà. - Mi guardò per alcuni istanti e poi mi sorrise - Io non voglio una vita da rockstar, voglio suonare, certo, ma voglio anche una famiglia senza doverla trascurare, e voglio poter uscire di casa con loro senza venire assalito dai fan. -
Potevo capire il suo punto di vista: stare sempre sotto i riflettori, interviste, servizi fotografici e fan che seguivano ogni tuo spostamento. All'inizio poteva anche essere divertente, ma con il tempo rischiavi di venire risucchiato all'interno di un mondo in cui la cosa più importante è apparire.
Forse era successo anche questo ad Hayley. Non poteva mostrarsi debole o triste quando voleva, non poteva chiedere aiuto, lei era Hayley Nichole Williams: la ragazza forte, sicura di se e dalla vita perfetta... Che era stata soffocata dalla sua stessa immagine.
- Di che parlate? - Chiese Aaron dietro di me.
Justin si voltò - Parliamo di chi dovrebbe o non dovrebbe far parte della band... Sai, pensavamo di buttarti fuori, in fondo il mondo è pieno di batteristi più simpatici di te. - Lo stuzzicò il chitarrista, ridacchiando, mentre Aaron gli arrivava accanto senza però mettersi a sedere.
- Oh il signor York ha finalmente capito cos'è il sarcasmo! - Esclamò, strappandoci una risata - Ma non ha ancora imparato a leggere l'ora... - Aggiunse e si guadagnò i nostri sguardi confusi.
Ma poi Justin guardò l'orologio che teneva al polso - Cavolo! Dobbiamo tornare al palco principale! - Esclamò, scattando in piedi.
Io lo imitai, confuso - C-cosa... Che succede? -
I due presero a camminare e Justin mi spiegò la situazione - La prima band della giornata sta per salire sul palco e dato che fino alle 20.00 non abbiamo niente da fare... -
- Ci godiamo il festival dal backstage. - Aggiunse il batterista, ridacchiando.
Raggiungemmo l'enorme palco e grazie ai nostri pass potemmo accedere al backstage, trovandoci un posticino dal quale potevamo assistere alle esibizioni dei vari gruppi.
Alle 13.00 in punto, ora locale, il Reading Festival venne aperto dai Crossfaith: una band metalcore di origine giapponese ma dai testi inglesi.
Non avevo mai amato particolarmente il metalcore, ma dovevo ammettere che quei cavolo di giapponesi erano dei folli. Riuscivano ad intrattenere anche chi non conosceva una singola parola delle loro canzoni e il modo in cui si scatenavano mentre suonavano mi portava a pensare ancora una volta che tutti gli orientali fossero dei fottuti ninja.
Dopo di loro fu il turno dei Red Blood Shoes: un duo britannico che faceva una specie di indie rock tendente al punk.
Lui suonava la batteria, lei la chitarra, entrambi cantavano e sembravano un po' la versione inglese degli White Stripes, ma con i ruoli invertiti. Il sound grazie al cielo era diverso, anche se mi ricordava fin troppo quello dei Bloc Party, anche loro una band inglese che faceva indie. Beh... Almeno la chitarrista era un bello spettacolo da vedere e su questo eravamo d'accordo sia io, che Justin, che Aaron.
Subito dopo di loro suonarono i Deaf Havana: anch'essi di origine britannica ma che si dedicavano ad un alternative rock più aggressivo.
Non erano davvero niente male, il sound mi piaceva un sacco e anche le chitarre che usavano. Mi innamorai perdutamente della Fender Jaguar che utilizzò il cantante per alcune canzoni, e della Fender Telecaster custom del '72, completamente nera, di uno degli altri due chitarristi. La riconobbi dai quattro selettori, anziché due, e dai pick-up montati su di essa: l'hambucker Wide Rage al manico e il classico single coil al ponte.
E dopo il mio sbavare per chitarre che non mi sarei mai potuto permettere, fu il turno degli americani Jimmy Eat World a salire sul palco, che con il loro alternative rock, forse un po' emo, ritengo che dovrebbero stare nell'iPod di ogni essere vivente.
Tutte le volte che pensavo alle origini del loro nome mi veniva da ridere: a quanto pare i fratelli minori del chitarrista della band, Ed e Jimmy, quando erano piccoli passavano tutto il tempo a litigare e Jimmy, essendo più robusto, era solito vincere; così un giorno Ed, per vendicarsi, fece un disegno del fratello mentre cercava di divorare l'intero mondo, con accanto la scritta un po' sgrammaticata "Jimmy Eat World", dalla quale la band prese il nome.
Dopo la loro esibizione tornammo in Gran Bretagna con gli Enter Shikari, e se avessi dovuto dire che mi piacevano... Avrei mentito spudoratamente.
Non amavo il metalcore, ormai si era capito, e quando lo dissi ad Aaron che cantava e saltellava accanto a me, prima mi guardò come se avessi appena bestemmiato e poi mi spiegò che il loro genere si chiamava "electronicore": un mix tra metalcore, post-hardcore e musica elettronica; tradotto dalla mia testa come "un gran bel casino".
Eppure piacevano tanto, la folla era impazzita ancor prima che cominciassero a suonare... E io ero lì che rimpiangevo ancora i Jimmy Eat World e le chitarre dei Deaf Havana.
Restavano solo i Vampire Weekend prima dell'esibizione dei Paramore, ma quasi non facemmo in tempo a sentire l'inizio della prima canzone che una vocina piuttosto familiare attirò la nostra attenzione.
- Vi siete per caso dimenticati che tra neanche due ore dobbiamo salire su quel palco? - Chiese Hayley, rimproverando Justin e Aaron.
Due ore? Possibile che avevamo passato l'intero pomeriggio a guardare delle band che si esibivano?
- Ciao anche a te Hayley, suppongo l'intervista sia andata bene. - Rispose il chitarrista, sfoggiando la sua vena sarcastica ancora una volta.
La cantante sbuffò - Dobbiamo riscaldarci, ripassare la scaletta, fare... Cose! - Ribatté, scatenando la risata di Jeremy.
- Oh la nostra piccola Hayls è nervosa per l'esibizione! - La stuzzicò, scompigliandole i capelli e guadagnandosi un'occhiataccia.
- Non sono nervosa! - Esclamò, scostandosi e sistemandosi la chioma azzurra - Sono solo... Professionale! - Aggiunse e a quel punto scoppiammo tutti a ridere.
 
A un'ora dallo show eravamo tutti buttati in un camerino, seduti dove capitava.
I Paramore avevano cenato con quello che gli bastava per non svenire sul palco e indossato i loro "costumi di scena", ed ora si stavano preparando psicologicamente per salire sul ring.
Non ero mai stato così vicino a loro prima di un'esibizione. Aaron, con le sue bacchette, teneva un ritmo improvvisato sul bracciolo del divanetto sul quale era seduto. Justin, accanto a lui, fissava il vuoto mentre giocava con i propri baffetti.
Dall'altra parte c'erano Jeremy e Taylor, che sembravano quelli meno spaventati di tutti dato che parlavano di qualsiasi cosa tranne che dell'imminente show... O forse quella di non pensarci era solo una tattica.
E infine c'era Hayley: seduta su di una poltrona troppo grande per lei, con le ginocchia al petto e con lo stesso sguardo di chi doveva andare al patibolo. Era assurdo da dire, ma era adorabile... Terrorizzata ma adorabile.
- Dovremmo controllare l'accordatura delle chitarre. - Disse Taylor ad un certo punto, riportandoci tutti alla realtà.
- Si, forse hai ragione. - Rispose suo fratello, annuendo e alzandosi dal divano.
Aaron lo imitò - Vengo con voi... Se non mi muovo rischio di impazzire. -
Jeremy rise a quelle parole e quando il batterista gli passò accanto gli diede una pacca sulla spalla, lanciando un'occhiata prima ad Hayley e poi a me. Ormai avevo imparato a decifrare le sue occhiate e come sempre voleva che parlassi con lei, perché noi eravamo amici e a quanto pare mi ascoltava... Ma era difficile capire se mi considerasse un amico come prima.
Restammo soli e il silenzio piombò nella stanza. Lei continuava a fissare il vuoto ed io continuavo a fissare lei, nella speranza di trovare qualcosa di rassicurante da dirle.
- Hayls... - Dissi incerto.
- Mh? - Mormorò lei, senza neanche guardarmi.
Corrugai appena la fronte, non troppo sicuro di ciò che stavo per dirle - Dovresti... Cercare di calmarti. -
Solo allora si voltò verso di me e mi pentii amaramente di averle detto quella frase. Giuro di aver avuto paura difronte a quello sguardo.
- Calmarmi? Calmarmi??? - Chiese furibonda - Kurt come posso calmarmi? Tra neanche mezz'ora dobbiamo salire sul palco e a me tremano le gambe! -
Abbassai appena lo sguardo - T-ti ho vista salire sul palco praticamente ogni giorno per due interi mesi, e-eppure non ti ho mai vista così agitata. -
Lei sbuffò e poi si alzò dalla poltrona - Qua è diverso, questo è un festival non il nostro tour. - Prese a camminare in su e in giù per il camerino - Ci sono un sacco di band e molte più persone del solito... Non tutti sono nostri fan. -
La seguivo con lo sguardo mentre calpestava ogni centimetro della stanza e alla fine decisi di alzarmi.
- E allora? - Chiesi mentre mi avvicinavo - Conosci la scaletta, sai intrattenere il pubblico e poi hai sempre la tua voce... Se avessi la tua voce non mi farei tutti questi problemi. - Ridacchiai, provando a strapparle almeno un sorriso... Fallendo miseramente.
- No, tu non capisci... -
La interruppi - Io capisco eccome, Hayley, per questo ti dico che devi calmarti. -
Mi guardò negli occhi e non so come ma riuscii a ricambiare quello sguardo.
- E se mi dimentico la scaletta? - Chiese con lo stesso tono di una bambina impaurita.
- Hayley è la stessa che suonate da mesi! E poi accanto alla pedaliera di Taylor ce n'è una copia, lo sai! - Risposi, ma a quanto pare non riuscii a convincerla.
- Dopo di noi suoneranno i Queen Of The Stone Age... -
Sbuffai - Ti prometto che se andrà tutto bene resteremo ad ascoltarli. - Dissi, guardandola e abbozzando un sorriso.
Anche lei mi guardò, giusti un istante, e poi abbassò lo sguardo. A quanto pare avevo perso la mia capacità di farla sorridere.
- Ho... Bisogno delle mie pillole. - Mormorò a capo basso.
Io corrugai la fronte. Quasi non feci in tempo a pronunciare il suo nome che lei si era spostata verso il bancone del camerino, dove stava lo zainetto con le sue cose.
Scattai anche io verso di esso e prima che lei potesse fare qualsiasi cosa, afferrai lo zaino e lo sollevai sopra la mia testa.
- Non ne hai bisogno, lo sai questo. -
Lei allungò una mano verso lo zaino, finendo per poggiarmela su una spalla - Kurt, ti prego... -
Non la feci neanche finire - Se non vuoi farlo per te allora fallo per Jeremy, per Taylor, per tutti coloro che ti vogliono bene, per... Me. -
Mi guardò, io la guardai e in quel momento avrei voluto solo baciarla e stringerla a me. Dovevo smetterla con quei pensieri.
Abbassai le braccia e con esse anche lo zaino. Lo osservai per alcuni istanti e poi lo restituii alla proprietaria, che lentamente lo afferrò.
Era calato un'altra volta il silenzio e avrei venduto la mia anima pur di sapere cosa stesse pensando.
- PARAMORE CINQUE MINUTI! - Urlò qualcuno fuori dalla porta del camerino.
Osservai quella nanetta dai capelli azzurri mentre incredibilmente rimetteva lo zaino sul bancone.
- Resterai a guardarci? - Chiese incrociando il mio sguardo.
Sorrisi - E dove altro potrei andare? -
 
I Paramore salirono sul palco in perfetto orario ed attaccarono come sempre con Still Into You. Ogni volta che la sentivo mi chiedevo in quali assurde circostanze Hayley avesse potuto scrivere una canzone del genere per Chad, considerando che lui era uno stronzo patentato e che non meritava neanche di guardare una ragazza come lei.
Ma non potevo farmi rovinare il concerto da Chad Gilbert anche quando non c'era, perciò cercai di concentrarmi su una ragazzina che saltellava da una parte all'altra del palco... Il che non fu poi così difficile.
Proseguirono con That's What You Get e con For A Pessimist, I'm Pretty Optimistic, arrivando ad Ignorance.
Quanto amavo quella canzone. Il sound ti dava una grinta assurda ed era così piena di rabbia, era... Sincera: dedicare quel brano ad una persona significava sbatterle in faccia ciò che pensavi davvero di lei, il che nella mia testa era dannatamente divertente.
Fu il turno di Pressure e del classico "lancio del bassista". Ogni volta che Jeremy prendeva la rincorsa il mio cuore si fermava e mi passavano tutti i peggiori scenari davanti agli occhi: lui che si rompeva qualcosa, Taylor che rimaneva per sempre bloccato in quella scomoda posizione, oppure il povero Fender Jazz Bass di Jeremy che si fracassava una volta per tutte. Ma alla fine lui saltava e tutto filava liscio come sempre, ed io mi ritrovavo a chiedermi come diavolo riuscisse a farlo ad ogni show, quando io duravo fatica persino ad alzarmi dal letto.
Hayley prese l'asta del microfono e la portò alla sua postazione, il che mi ricordò che era il turno di Decode che, come sempre, eseguirono divinamente.
Taylor si avvicinò al backstage per prendere la sua chitarra acustica: una Taylor... Non c'era da sbagliarsi. Hayley, in teoria, doveva essere impegnata con uno dei suoi soliti discorsi, ma c'era uno strano silenzio.
Dal pubblico cominciò a levarsi un vociare caotico, ma notai che molte persone stavano urlando "mic! Mic! Mic!"  e a quanto pare se ne accorsero anche i Paramore.
- Che sta succedendo? - Chiese Taylor quando la band si avvicinò al backstage.
- Già, che hanno tutti da urlare? - Aggiunse suo fratello.
- Pare che il microfono sia andato... - Quasi non riuscii a terminare la frase che un tecnico staff apparve alle mie spalle.
- Abbiamo un problema! C'è stato un calo di tensione, i-il sistema è in down, E’… E’ tutto spento! - Disse l'uomo, visibilmente agitato.
Guardai i ragazzi. Difficile dire chi fosse il più preoccupato, anzi, questa la sapevo: Hayley.
- Merda! Merda! Merda! Come cazzo facciamo adesso??? - Esclamò la cantante, non l'avevo mai sentita dire tante parolacce insieme.
- N-noi... Stiamo cercando una soluzione, m-ma non sappiamo tra quando... - Il tizio dello staff non riuscì a finire di parlare che Hayley aveva già ricominciato a delirare.
- No seriamente! Con tutte le cazzo di band proprio a noi?? - Continuò, passandosi nervosamente una mano sulla fronte e poi tra i capelli.
Mi sentivo un po’ in colpa. Dopo averle ripetuto un’infinità di volte che sarebbe andato tutto bene, adesso questo. Ma… Forse avevo un'idea.
- Ok, niente panico, tu... - Indicai il tecnico - Trova un altro microfono. -
Lui mi guardò - Si può sapere tu chi cazzo sei? -
A quella domanda mi bloccai per un istante - A-adesso non ha importanza, trova un microfono! -
- Ma è tutto spento! - Ribatté il tipo.
- Non è tutto spento, le luci sono accese, significa che prendono energia da un altro generatore: collegate tutto a quello. - Dissi, serio. Nel frattempo un altro paio di addetti allo staff ci avevano raggiunti.
L'uomo si grattò la nuca - Ok, ma non so quanto ci vorrà per gli altri strumenti. -
Scossi la testa - Per ora trovate un microfono. -
Gli uomini sparirono nel backstage e io mi voltai verso i ragazzi.
- Dobbiamo tornare sul palco. - Disse Jeremy.
Taylor annuì - Si, prima che comincino a fischiarci... -
- Ok, voi andate, io aspetto quel cavolo di microfono. - Dissi, voltandomi verso il bakstage.
Tutta la band tornò sul palco e i tre membri ufficiali si sedettero in un angolo di esso, gli uni accanto agli altri, aspettando qualche notizia.
- Microfono in arrivo! - Esclamò un ragazzo alle mie spalle.
- Nient'altro? - Chiesi, voltandomi verso di lui che scosse la testa.
- Stanno ricollegando tutto al generatore, ci vorrà un po'. - Disse mentre mi passava il microfono e senza pensarci mi avviai verso il palco.
Ma un attimo prima di mettere piede fuori mi bloccai. Vedevo il mare di gente urlante, che ti fissava ed era pronto a schernirti se qualcosa fosse andato storto... Già sentivo il sangue che mi si congelava nelle vene. Come diavolo facevano ad esibirsi davanti a così tante persone?
Ma non potevo perdere altro tempo, loro avevano un concerto da mandare avanti. Abbassai lo sguardo e uscii sul palco, avvicinandomi ai Paramore.
- Ci vorrà un po' per riavere il resto della strumentazione. - Sussurrai all'orecchio di Hayley, mentre le passavo il microfono.
Lei annuì e mi lanciò un'occhiata, un attimo prima di pronunciare uno "ehi!"  al nuovo microfono.
Tornai, o meglio, scappai nel backstage, cercando di capire cosa si sarebbero inventati per prendere tempo e mandare avanti lo show.
Hayley disse qualcosa sul fatto che c'era stato un calo di energia e che per la prossima canzone avrebbero sentito solo la sua voce. Ma dalla mia posizione riuscivo a sentire anche la chitarra di Taylor e capii subito di che pezzo si trattava.
- Questa canzone si chiama The Only Exception. - Disse la nanetta, un attimo prima di cominciare a cantare.
Probabilmente sarebbe stata la mia versione preferita di quella canzone. La folla sollevò gli accendini, i cellulari, tutto quello che potesse far luce, e l’intero festival cantava insieme a lei.
- Avrà freddo? - Chiese un ragazzo alle mie spalle.
- Non lo so. - Mormorai scuotendo appena la testa, senza riuscire a staccare gli occhi da quei tre amici seduti in un angolo dell’immenso palco.
Mi voltai per un istante. Io ed il ragazzo dello staff ci guardammo, poi mi levai il giubbotto che avevo addosso e mi avviai verso il palco. Lo poggiai sulle spalle di Hayley, che appena se ne accorse e mi vide scoppiò a ridere, e lo stesso feci io mentre me ne tornavo nel backstage.
- Adesso non ha più freddo. - Ridacchiai, insieme al ragazzo che lavorava lì.
- Oh mio Dio, questo non lo dimenticherò mai! - Esclamò la cantante dai capelli azzurri, appena trovò uno spazio nel testo.
La canzone proseguiva, quando sentii alcune voci alle mie spalle - Ok, abbiamo di nuovo energia, riaccendete tutto! - Disse qualcuno e solo allora mi voltai.
- No! Aspettate! - Esclamai, avvicinandomi al tecnico già posizionato davanti al mixer - Non potete attaccare tutto adesso, rovinerete la canzone! -
L’uomo mi guardò - Ma tu chi cazzo sei? -
Il prossimo che me lo avrebbe chiesto in quel modo l’avrei sicuramente picchiato.
Stavo per rispondere, ma il ragazzo accanto a me mi precedette - Non lo so, ma ha avuto lui l’idea del generatore. -
A quelle parole il tecnico mi guardò, senza dire una parola. Dopo istanti di silenzio alla fine sbuffò - E va bene, dicci tu quando. -
Sorrisi - Ok, lasciate fare a me! - Esclamai, un attimo prima di tornare verso il palco e affacciarmi dalla parte di Justin.
- JUSTIN! JUSTIN! - Dovetti chiamarlo diverse volte prima che mi sentisse - Attaccate dal bridge! -
- COSA??? - Urlò lui.
Sospirai - ATTACCATE DAL BRIDGE!! - A quel punto lo vidi annuire e sollevare un pollice verso di me, per poi voltarsi verso Aaron e riferirgli il cambio di programma.
Tornai nel backstage - Ok, al bridge riaccendete tutto. -
Il tecnico e gli altri membri dello staff si guardarono - Quando cazzo c’è il bridge? -
Stavo per rispondergli seriamente, ma alla fine mi limitai a sospirare - Faccio io… -
L’uomo mi guardò di nuovo, stavolta ricambiai lo sguardo e con esso allungai una mano per farmi dare le cuffie.
Dovevo ringraziare Jeremy e Taylor per avermi insegnato ad usare il mixer, altrimenti adesso mi sarei ritrovato a premere tastini e levette totalmente a caso.
Sentivo la voce perfetta di Hayley nelle cuffie, e con essa anche la chitarra di Taylor e il basso di Jeremy: adesso dovevo solo passarli nell’impianto audio senza combinare casini.
Fortunatamente filò tutto liscio e al bridge tutti gli strumenti entrarono perfettamente.
Quando la canzone terminò, Hayley si precipitò da me per restituirmi il giubbotto. Mimò un "grazie" con le labbra ma non disse altro, anche se dal suo sorrisone capii perfettamente che tutto il terrore di poco prima se n'era andato.
L'esibizione poté continuare senza problemi.
Come sempre, per Misery Business, fecero salire un fan sul palco e stavolta toccò ad una ragazza con un costume da dinosauro... Altra cosa che avrei dovuto acquistare prima di morire. Poi fu il turno di Let The Flames Begin e Part II, canzoni alle quali dovevo ancora trovare un aggettivo per descriverle e che gli rendesse giustizia. E come sempre chiusero con Ain't It Fun e gli acuti di Hayley, sotto una pioggia di coriandoli.
Malgrado tutti gli intoppi e il freddo polare: non sarebbe potuta andare meglio.
 
POV Hayley
 
Tornammo nel backstage completamente sudati e a pezzi, ma comunque felici.
Due ragazzi dello staff ci passarono acqua e asciugamani e fu un po' strano non trovare Kurt al loro posto, che invece ci sorrideva restando un po' più indietro.
- Allora? Com'è andata? - Chiesi avvicinandomi, ancora presa dall'euforia del concerto.
- Alla grande! È stato perfetto! Dovreste suonarla sempre così The Only Exception! - Ridacchiò lui, forse ancora più entusiasta di me.
- E l'hai visto il mio flip? Spero di si, perché quando ti ricapita di vedermelo fare un'altra volta in Inghilterra? - Disse Jeremy, anche lui fin troppo esaltato.
- Domani al Leeds! Idiota! - Esclamò Taylor, dandogli una pacca dietro la testa e scatenando una risata collettiva.
Poi Justin ci riportò tutti con i piedi per terra - Ragazzi dobbiamo asciugarci prima di prendere un malanno. -
- Già, è meglio se andiamo a cambiarci. - Aggiunse Aaron e un attimo prima di voltarmi e seguire i ragazzi, Kurt mi chiamò.
- Hayls! -
- Si? - Chiesi, guardandolo.
- Ti va ancora di vedere i Queen Of The Stone Age? -
Sorrisi come una bambina a quella richiesta e annuii - Dammi solo il tempo di cambiarmi. -
 
Una volta nel camerino mi diedi una ripulita e indossai un paio di jeans e la mia vecchia maglietta dei Ramones, coperta da una felpa.
Dissi ai ragazzi che sarei rimasta ad ascoltare i QOTSA e, dopo avermi ricordato fino alla nausea che il mattino dopo ci saremo dovuti alzare presto, alla fine mi diedero la loro benedizione e mi lasciarono andare.
Tornai da Kurt, che con i suoi riccioli mi aspettava nel solito angolino del backstage. Chissà perché, ma man mano che mi avvicinavo sentivo le farfalle nello stomaco crescere sempre di più.
- Ehi. - Mormorai.
- Ehi. - Rispose lui.
Ci guardammo e ci sorridemmo a vicenda, aspettando che il concerto cominciasse.
Non ci dicemmo molto, solo qualche commento sulla band tra una canzone e l'altra, per il resto cantavamo a squarcia gola come se non ci fosse un domani.
Ogni tanto lo osservavo, mi sembrava... Felice. Non lo avevo mai visto così esaltato: di solito era un tipo molto silenzioso, calmo e soprattutto timido.
- Che c'è? - Mi chiese ad un certo punto, sorridendo.
Beccata... Cazzo, pensai, voltandomi di scatto verso il palco - Niente. -
Sentivo ancora il suo sguardo puntato su di me ed era maledettamente frustrante.
Sbuffai - Ma quando suonano No One Knows? -
Lui non rispose, il discorso cadde come avevo sperato e noi tornammo di nuovo a cantare come due idioti.
 
- Ti dico che Dave Grohl è il miglior batterista che abbiano mai avuto! - Ripetei, forse per la centesima volta, mentre premevo il tasto del piano che dovevamo raggiungere con l'ascensore.
- Ma cosa stai dicendo? Grohl non c'è mai entrato un accidente con i QOTSA! - Ribatté Kurt, che da quando avevamo lasciato Reading non si era ancora arreso.
Sbuffai - E allora chi sarebbe stato il migliore? -
- Chiunque degli altri batteristi era migliore di Dave Grohl! - Esclamò, con un'espressione che diceva "ma è ovvio!". Mi faceva imbestialire quando mi contraddiva in quel modo.
Le porte dell'ascensore si aprirono e noi uscimmo nel corridoio.
- Questa è la cosa più ridicola che io abbia mai sentito. - Dissi con un certo tono di superiorità, superandolo.
- Oh, andiamo. Mica te la sarai presa? - Chiese, fermandosi per alcuni istanti.
- Mh! Certo che no! - Ribattei sbuffando, senza neanche voltarmi.
Lo sentii riprendere a camminare e un attimo dopo me lo ritrovai accanto che mi sorrideva - Te la sei presa. -
Non gli risposi, ma non ce l'avevo davvero con lui... Solo che quel gioco era fin troppo divertente.
- Hayley... Andiamo! - Niente, non dissi una parola - Domani ti compro il gelato! - Esclamò, sicuro che così sarebbe riuscito ad attirare la mia attenzione... Ormai mi conosceva fin troppo bene.
- Ti compro tutto il gelato che vuoi! - Disse ancora e stavolta mi fermai, ma solo perché ero arrivata alla mia stanza.
Lo guardai - Tutto? -
- Tutto. - Sorrise, fermandosi davanti a me - Anche se fuori fa un freddo cane. - Aggiunse e non riuscii a trattenermi.
- Sei un idiota. - Ridacchiai - Come prima... Con quel giubbotto durante The Only Exception. -
- È che... Sembravi così infreddolita! -
Ridemmo entrambi e alla fine ci ritrovammo a fissarci le punte dei piedi con un piccolo sorriso stampato sulle labbra, pensando a chissà cosa.
- Grazie Kurt... - Mormorai, non troppo sicura - Per tutto. -
Lo vidi sollevare lo sguardo verso di me e concedermi un piccolo sorriso, uno di quelli timidi e sinceri che solo lui sapeva fare.
- E di che? - Disse, guardandomi con quei suoi occhi scuri, nei quali riuscivo a vederci il mare.
Riabbassai lo sguardo - Lo sai... Tu mi sei sempre stato accanto ed io... Io ho dubitato di te. - Quasi non riuscii a terminare quella frase che sentii due braccia stringersi attorno a me.
Lo abbracciai a mia volta, portando le mani dietro la sua schiena e stringendo la presa sulla maglia.
Affondai la testa sul suo petto. Quel calore e il suo profumo mi rilassavano, mi facevano sentire al sicuro ed erano mesi e mesi che non stavo così bene.
- Hayley... - Mormorò ad un certo punto, senza sciogliere l'abbraccio.
- Mh? -
- Tu... Io... - Lo sentii sospirare - Devi… D-devi sapere la verità, devi sapere perché ho fatto ciò che ho fatto, d-devi... Sapere ciò che provo. -
Si bloccò, sembrava terrorizzato. Sapevo di cosa parlava, ricordavo perfettamente ogni parola che mi aveva detto in aereo e non avevo bisogno di ascoltarlo di nuovo.
Lo sentii allentare la presa, così ne approfittai. Nello stesso istante in cui fece per allontanarsi gli presi il viso tra le mani e lo avvicinai a me.
Lo baciai e la sua più che evidente sorpresa mi fece sorridere. Le ricordavo bene le sue labbra e ricordavo bene il suo sapore, e adesso era tutto per me. Non sarei mai riuscita a descrivere ciò che provavo in quel momento, neanche sapevo se lo volevo davvero, poi... Percepii il battito accelerato del suo cuore ed era il ritmo più bello che avessi mai sentito.
- Pensavo che tu... -
- Non pensare. - Lo interruppi, ansimando sulle sue labbra.
Mi attirò a se, costringendomi in punta di piedi e ricambiando finalmente quel bacio. Lo volevo da quella sera in quel parcheggio, adesso lo sapevo, e anche lui lo voleva; lo capivo da come ci cercavamo, ci stringevamo, e come le nostre lingue danzavano.
 
POV Kurt
 
Se quello era un sogno, avrei ucciso chiunque mi avrebbe svegliato.
Ci ritrovammo a baciarci nella sua stanza con la sola luce dei lampioni che illuminavano Londra. Trovai la zip della sua felpa solo quando riuscii a staccarmi un minimo da lei, così la aprii e gliela sfilai, mentre lei mi tolse la maglia.
Finimmo sul letto senza smettere di baciarci o di toccarci, io sopra a lei, cingendole i fianchi e cercando di infilarmi sotto la sua maglietta.
Sentii le sue mani stringere le mie - Kurt... - Sospirò, mentre io scendevo a baciarle il collo.
Ma poi le sue mani si spostarono e un attimo dopo mi prese la testa tra di esse, inducendomi a guardarla.
- Kurt, non adesso... Ti prego. - Mormorò accarezzandomi il viso.
Mi guardò, io la guardai e dopo averle poggiato un bacio sulle labbra mi spostai accanto a lei.
- Scusa. - Sussurrò appena.
Girai la testa verso di lei - Non devi... Non per questo. - Risposi, abbozzando un sorriso e facendole cenno di avvicinarsi.
Le feci poggiare la testa sulla mia spalla, lei mi strinse con un braccio ed io feci lo stesso.
Come avrei potuto arrabbiarmi per una cosa del genere? Come avrei potuto arrabbiarmi con lei? Era tutto così felicemente irreale che c'eravamo solo io e quella ragazzina dai capelli azzurri: niente Paramore, nessun concerto, niente Chad Gilbert... Solo io e lei.
- Sono... Tuo padre e tuo fratello? - Chiese in un sussurro, riportandomi alla realtà.
Abbassai lo sguardo su di lei mentre con una delle sue manine sfiorava i due nomi tatuati sul mio petto, all'altezza del cuore: David e Michael.
- Si. - Mormorai, risollevando lo sguardo.
Silenzio. Era inevitabile, quell'argomento rovinava qualsiasi momento con qualsiasi persona.
- Come se ne sono andati? - Chiese ancora e stavolta la sentii sollevare la testa verso di me.
Presi un gran respiro - In... In un incidente d'auto. -
Ancora silenzio. I nostri sguardi si incrociarono per un istante ma poi dovetti abbassare il mio.
Restammo abbracciati per ore.
Credevo che lei si fosse addormentata ma poi la sentii mormorare il mio nome.
- Kurt... -
- Mh? - Mormorai, accarezzandole un fianco.
- Ti mancano? -
Chiusi gli occhi a quella domanda - Sempre. -
 




 
ANGOLO DELL’AUTORE

Beeen ritrovati miei cari lettori! Spero abbiate passato delle buone vacanze eee… Ok, questo capitolo è fin troppo lungo e non so davvero da dove cominciare D:
Primo: se siete arrivati fino a qui significa che siete riusciti a leggerlo tutto, perciò grazie!
Secondo: come avrete notato, nel testo c’è davvero un po’ di tutto. Ho cercato di dare un po’ di spazio a Justin ed Aaron (che poverini non se li fila mai nessuno), ho provato a parlare un po’ del Reading Festival (esibizioni delle varie band comprese), ho “umilmente” risolto i problemi tecnici di un festival di fama mondiale (voglio una medaglia per questo!) e ho cercato di descrivere una scena pseudo romantica… In queste cose sono davvero un cane, perciò vi chiedo infinitamente scusa :’)
Terzo: spero che l’eccessiva lunghezza del capitolo non vi abbia annoiato, (capitemi, l’assenza è stata lunga, il capitolo doveva essere proporzionato :’) ) in caso contrario vi chiedo scusa anche per questo.
E adesso passiamo alle cose tecniche.
Le band citate nel testo sono quelle che hanno partecipato alla prima giornata sia del Reading che del Leeds Festival, in ordine di esibizione: Crossfaith, Blood Red Shoes, Deaf Havana, Jimmy Eat World, Enter Shikari, Vampire Weekend, Paramore (ovviamente) e Queen Of The Stone Age. Perciò, se ne avete voglia, andate ad ascoltare qualcosa di questi gruppi (:
E adesso è il momento di: lezioni di chitarra su EFP!
Anche in questa puntata parleremo di chitarre Fender: la Jaguar e la Telecaster.
In breve: la Jaguar è una sorta di evoluzione della Fender Jazzmaster, ha una maggiore schermatura alle interferenze e vanta una maggiore quantità di controlli per il suono (anche se, parliamoci chiaro, avere questa chitarra fa di te un figo… Ma non un buon chitarrista); mentre la Telecaster  (inizialmente chiamata Broadcaster) è la primissima chitarra elettrica ideata dalla Fender e prodotta in serie. Per avere un idea del modello: vi ricordate un certo Josh Farro? Ecco, lui usava praticamente tutte Telecaster (compresa una deluxe del ’72 che usava nel video di That's What You Get e Decode).
Nel testo parlo di una Telecaster custom del ’72 e poi viene una parolina magica: pick-up.
Per capirsi: sono quei placche che si vedono sul corpo di una chitarra elettrica, esattamente sotto le corde; ma i pick-up (in ambito musicale) sono dispositivi elettrici che hanno la capacità di trasformare il suono prodotto da una corda della chitarra, o basso che sia, in un impulso elettrico. I due tipi principali sono il single coil (che ha una sola bobina di schermatura dalle interferenze) e l’hambucker (che ha una doppia schermatura). L’Hambucker Wide Rage di cui ho parlato è semplicemente un altro pick-up ideato da un certo Seth Lover per la Fender nei primi anni ’70 (per avere un idea: potete trovarne due montati sulle Fender Starcaster).

Bene, credo di avervi dato tutte le inutili informazioni sul capitolo, peeerciò passerei ai ringraziamenti!
Ringrazio Lonni, francyfrapotter25, Camilla00 e mizu_chan_foREVer per le recensioni, e anche Rhoda per il commento nel prologo. Ah, e ancora Rhoda per aver inserito la storia tra le seguite (:
Che dire… Spero che il capitolo vi piaccia e che mi lascerete un commentino con le vostre opinioni, pensieri ecc.
Ci becchiamo il prossimo weekend! :D

Peace.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Paramore / Vai alla pagina dell'autore: The son of rage and love