IN THE MIDDLE OF
THE NIGHT
“I know I’m searching for something
Something so undefined
That it can only be seen
By the eyes of the blind
In the middle of the night”
Billy Joel, ‘In the Midlle of the night”
Galway,
Marzo 1997
Respirò
profondamente un paio di volte, quindi lentamente riaprì gli occhi.
La costa si
stagliava meravigliosa di fronte a lei che, improvvisamente, si sentì piccola e
sperduta.
Era questo
l’effetto che la sua terra le faceva da sempre. La riempiva di energia e, nello
stesso tempo, le faceva capire di essere un piccolo granello in mezzo ad
un’immensa spiaggia. Poco male…anche se piccola, aveva l’audacia di un leone.
Ridacchiò.
Orlando,
poco prima che partisse per tornare a casa dai suoi, le aveva detto che in una
vita passata doveva essere stata una pantera o qualcosa del genere.
“Sul serio Bee”, aveva detto, “Fatti crescere le unghie di un paio di
centimetri e potresti tranquillamente passare per un animale della foresta!”.
A quella
battuta, lo aveva sbattuto con poca gentilezza sul divano, gli era saltata
sopra e lo aveva preso a cuscinate per almeno dieci minuti.
Lui si
muoveva, si girava, rideva e tentava di ripararsi con le mani.
Avevano
riso come pazzi, quel giorno.
O meglio,
loro due ridevano quasi sempre come pazzi. Ogni scusa era buona per pungolarsi,
sfottersi e finire inevitabilmente a battibeccare per ore ed ore.
Com’era
cresciuto quel rapporto…
Si erano
incontrati a sedici anni, poco più che bambini. Avevano attraversato insieme
l’adolescenza, passando oltre ad amori difficili, storie impossibili e sogni
ambiziosi.
Avevano
lottato per arrivare dov’erano e avrebbero continuato a lottare per arrivare
ancora più in alto, imparando giorno dopo giorno a volare senza aver paura di
cadere a terra.
E dire che
di ferite ne avevano collezionate a sufficienza, ma in ogni caso, erano
entrambi consci di doverne collezionare ancora altre.
E in quegli
anni, passo dopo passo, giorno dopo giorno, Abaigeal aveva imparato ad amare
quel buffo ragazzo con tutta l’anima.
Era come il
punto fermo che fissi quando cominci a ruotare vorticosamente su se stessa. Una
certezza.
Una
costante.
Era sicura
al cento per cento che non avrebbe mai amato nessuno come amava lui.
Semplicemente perché quello non era un amore convenzionale. Non era l’amore
normale di cui tutti, in giro, si riempivano la bocca. Il loro era l’amore
affettuoso di un fratello e una sorella, l’amore divertente di due amici che
crescono insieme, l’amore solido di due persone che con il tempo avevano
imparato a conoscersi profondamente. L’amore consapevole di due ragazzi che
litigavano di continuo, che avevano ricorrenti divergenze ma che, nella loro
infantilità, riuscivano anche ad appianarle parlando e parlando e parlando
ancora.
Abaigeal
considerò che non aveva mai parlato con nessuno come parlava con Orlando. Fin
dall’inizio della loro amicizia, era stato naturale intavolare conversazioni
sugli argomenti più astrusi. Già da quella mattina al bar.
La mattina
in cui Orlando aveva letto un pezzo di se stessa senza essere autorizzato. In
seguito non era mai più accaduto. Ogni volta che lui trovava in giro qualche
foglio scritto, le chiedeva sempre il permesso di leggerlo. Bee trovava tenero
quel pudore. In ogni caso, Orlando conosceva a memoria i suoi pensieri, perciò
non ci vedeva nulla di strano se a leggere le sue parole era lui. Era un po’
come se a leggere fosse un’altra parte di se stessa.
Con una
punta d’ansia si chiese se, con il tempo, quell’amicizia così fraterna potesse
essere incrinata dalla classica elettricità che si scatena tra uomo e donna.
Non erano più bambini, adesso. Erano adulti.
Avevano
ventuno e venti anni e, si sa, a quest’età certi malintesi possono crearsi.
Corrugò la
fronte, cercando di scacciare quel pensiero così scomodo.
Balle!
Aveva
sempre detto che lei ed Orlando erano fuori dal mondo, che non potevano essere
classificati in nessuna delle etichette che la società moderna aveva inventato
perciò non c’era da preoccuparsi. No davvero!
“Aingeal!” , la chiamò suo padre,
facendosi strada per raggiungerla.
“Athair!”, rispose lei sorridendo.
Kevin si
guardò intorno, quindi scelse una parte dello scoglio più levigata delle altre
per sedersi.
“Cosa fai,
bambina?”, le domandò.
Bee si
strinse nelle spalle, “Guardavo il panorama e riflettevo un po’ sulla mia
vita”.
Kevin annuì
con un sorriso, “E’ stato sempre il tuo posto preferito questo”, osservò in
basso, “C’è ancora la tua barchetta rossa attaccata agli scogli laggiù. Il
nonno la controlla quasi tutti i giorni quando porta le pecore al pascolo!”
Abaigeal
sorrise teneramente. Aveva viaggiato in lungo e largo per le coste della baia
con quella piccola barca. Le ricordava la sua infanzia. Fugacemente, pensò che
una volta avrebbe dovuto portarci anche Orlando, la sopra.
“E’ proprio
un peccato che Blàt non sia potuto
venire per il compleanno della mamma”, disse Kevin, facendo eco ai suoi
pensieri.
Abaigeal
ridacchiò. Suo padre e il vizio di tradurre in gaelico qualsiasi cosa. Blàt,
altro non era che la traduzione di Flow. Orlando, la prima volta che suo padre
lo aveva chiamato così, era impazzito dall’entusiasmo.
“Già è un
peccato”, assentì lei, “Ma lo sai come funziona. Alla BADA non può permettersi
cazzate!”
“Ha un
talento innato nell’esprimere le emozioni di un personaggio”, disse Kevin,
“Potrebbe commettere cazzate a più non posso e nessuno gli toglierebbe mai
quello che ha”.
Abaigeal
alzò un sopracciglio, “Non gli toglieranno il talento ma gli toglierebbero la
carriera!”
Kevin
sorrise. Conosceva la sua piccola meglio di qualunque altra persona.
“E’ questa
la cosa più importante? La carriera?”, le domandò.
“No…non la
più importante”, Bee sorrise, “Ma è tra le cose importanti”.
“Così
giovani e già così decisi!”
“Reputati
fortunato!”, lo canzonò Bee, “Preferiresti una figlia che se la spassa tutte le
notti nei pub di Temple Bar?”
Kevin fece
spallucce, “Almeno saresti conforme alla tradizione alcolica irlandese”,
osservò.
Lei scosse
la testa divertita, “My whiskey is the Devil!”
“Oh, puoi
giurarci!”, commentò l’uomo ridendo.
“Athair, ti
ricordi qual’era la canzone che hai cantato ad Orlando la prima volta che siamo
venuti?”
“Tu non la
ricordi?”, domandò lui sorpreso.
Lei si
strinse nelle spalle, “Ricordo la melodia, ma non ricordo le parole esatte”,
spiegò.
Kevin la
trasse a se abbracciandola, quindi con lo sguardo perso verso il mare, cominciò
a cantare per quella giovane figlia che aveva spiccato il volo.
Londra,
Marzo 1997
Orlando si
verso una tazza di caffè quindi ciondolò verso il salotto e si lasciò cadere
sul divano blu. Gli faceva strano starsene tutto solo in casa. Di solito, a
quest’ora, era già con Bee in giro per la città o magari a casa di lei a
guadarsi un film.
Ridacchiò
al pensiero dell’ultima sera che erano stati insieme prima che lei partisse per
Galway. Lui avrebbe voluto vedere per l’ennesima volta Stand By Me, lei si era
intestardita e gli aveva comunicato che se avesse visto quel film un’altra
volta, sarebbe stata costretta ad ignorarlo per almeno quindici anni.
“Potrei avere un colpo da rigetto!”, gli
aveva spiegato.
Tuttavia,
dopo un’estenuante lotta che aveva previsto anche una mezza fuga da parte di
lei con i cavi del videoregistratore era riuscito a calmarla e a fargli vedere
il film. Ma Abaigeal Gallagher era tutt’altro che una ragazza che cedeva.
Anzi.
Per tutta
la durata del film aveva anticipato ogni battuta ed ogni sospiro,
costringendolo ad una visione piuttosto movimentata.
Cocciuta
donna!
Eppure,
adesso che era partita, le mancava.
Ok, sarebbe
stata via solo una settimana ma comunque per lui era un tempo infinito. Alle
volte gli sembrava di non riuscire a prendere una decisione senza aver
consultato anche lei. Da non credere….
Ma sapeva
che il bello del loro rapporto era proprio questo. L’esserci senza aver bisogno
di cercarsi, l’esserci senza per questo invadere gli spazi dell’altro.
Riuscivano
tranquillamente a coniugare tutti i tasselli delle loro vite senza interferire
minimamente. Si davano consigli, avvertimenti, litigavano come una coppia
sposata da vent’anni ma non per questo si sentivano in diritto di mettersi i
bastoni tra le ruote.
Spesso,
molto spesso, Orlando pensava a come sarebbe stato meraviglioso se il loro
rapporto fosse evoluto in qualcosa di più esclusivo, salvo poi ricordare a se
stesso che loro due di esclusività ne erano ben sazi.
A quanto ne
sapeva lui, non esistevano nel mondo ragazzi di vent’anni in grado di mantenere
quel rapporto senza commettere cazzate fisiche.
Non che ci
fosse stato niente di male, beninteso.
Probabilmente
andare a letto con Abaigeal sarebbe stata la cosa più naturale del mondo ma,
stranamente, non ne sentiva il bisogno. Quello che avevano costruito in quei
quattro anni di amicizia vera, era sufficiente a sopperire quei pensieri così
inadeguati.
Bee era
come una sorella per lui. Un’amica fidata e sempre presente. Un amore
inspiegabile che andava protetto e cullato.
Era Bee,
punto e basta.
Non aveva
certo bisogno di spiegazioni per capire il loro rapporto.
Senza
badarci troppo spinse play dal telecomando del videoregistratore.
Stand By Me
era quasi alla fine. Ridacchiò al pensiero di Bee che, come minimo, avrebbe
lanciato un bicchiere contro la televisione accesa.
Si accomodò
sul divano e guardò la scena. Una delle scene più belle che avesse mai visto in
un film. River Phoenix era spettacolare in quel ruolo. Gli sarebbe piaciuto
avere anche solo un quarto del suo talento.
E quella
scena….
“Ti rivedrò
ancora?”, domanda Gordie.
E
Chris/River risponde, “Basta volerlo…”
Orlando
sospirò.
Basta volerlo….
Il telefono
prese a squillare facendolo quasi sobbalzare tant’era assorto nei suoi
pensieri. Acciuffò il cordless dal pavimento, quindi rispose. Magari era Bee…
“Si?”
Qualcuno
dall’altro lato disse qualcosa concitatamente. Orlando spalancò gli occhi,
ridacchiò, rise ed infine esclamò un, “Porca puttana non ci posso credere!”,
che sintetizzava perfettamente lo stato d’animo del momento.
“Quando
devo venire?”
Annuì un
paio di volte, ascoltò attentamente quindi salutò e chiuse la conversazione.
Rimase un
secondo immobile, quindi schizzò in piedi e prese a saltellare per la stanza
come un pazzo in preda ad una crisi a livello cinque.
Con le mani
tremanti compose il numero di casa di Bee e aspettò che qualcuno rispondesse.
“Dia
daoibh”, rispose Leah Gallagher.
“Hòigh
Signora Gallagher, sono Orlando. Come sta?”
“Blàt!”,
esclamò la donna felice, “Caro ragazzo! Taim go mhaith! E tu? Conas a ta tù?”
Orlando
rise. Adorava sentire parlare il gaelico da quella signora. Sembrava cantasse!
“Sto
benissimo la ringrazio. Mi dispiace di non essere potuto venire con Abaigeal
per festeggiare il suo compleanno!”
“Non
preoccuparti, caro, avremo occasione per stare insieme! Presto verremo a Londra
con Kevin”, confessò.
Orlando
esultò, “Iontach!”, ridacchiò, “Questa si che è una notizia!”
Leah rise,
“Vuoi parlare con Abe?”
“Si, per
piacere. E’ in casa?”
“Te la
chiamo subito, caro. Bheith faichilleacht tù!”, si raccomandò la donna.
“Si, non si
preoccupi! Saluti Kevin da parte mia! Arrivederci!”
“Ciao
caro!”
La sentì
chiamare Bee, e poco dopo la voce dell’amica gli riempì le orecchie.
“Flow! Que
pasa?”
“Non
dovresti essere in Irlanda?”
“Si,
quindi?”
“Quindi
perché parli spagnolo?”
Bee
ridacchiò, “Per dare un tocco di originalità alla mia persona. Non suonava
bene?”
“Suonava
bene, si!”, rise Orlando.
“Allora
Flow, cosa c’è? So riconoscere il tono di voce che hai…”
“Che tono
di voce avrei?”, indagò lui, suo malgrado affascinato dall’idea di tenerla
sulle spine.
“Quello che
usi ogni volta che stai per dirmi qualcosa di incredibilmente meraviglioso o di
incredibilmente disastroso. Sono svantaggiata, non posso vedere i tuoi occhi da
qui, altrimenti sarei già più tranquilla”.
“Ok…mi hai
beccato. Devo dirti una cosa importante”.
“Sputa il
rospo Flow!”, lo incitò lei.
“Sei
seduta?”
“Sputa!”,
gli ordinò.
“Domani
mattina ho il provino definitivo per Wilde!”, prese fiato, “Mi hanno preso!!”
L’urlo di
Abaigeal lo convinse in un secondo che sarebbe stato il primo caso umano di
attore sordo.
Altro che
Beethowen!
NDA
Eccoci qua
con un nuovo aggiornamento! Continuiamo sulla strada dei ricordi, che è sempre
quella più dolorosa ma è anche l’unica che ci permette di capirci qualcosa di
più.
Vi
ringrazio donne…vi ringrazio con le mani giunte e con una vaga sensazione di
commozione. Almeno voi, in questo periodo del cavolo, mi strappate sempre un
sorriso! Grazie!
A chi lo
chiedeva… bhè, il gaelico è un po’ la lingua dei miei sogni. L’ho imparata anni
fa in maniera sommaria e tutt’oggi ogni tanto la tiro fuori. Prendetela com’è…di
sicuro c’è qualche errore in mezzo, ma dovevo necessariamente infilarcela. L’Irlanda,
Bee, Flow…sono un sogno e meritavano di avere la lingua dei sogni per parlare!
Ecco le
traduzioni delle frasi in gaelico:
Aingeal: angelo
Athair: papà
Dia daoibh: pronto? (in realtà è il gaelico
per ‘hello’, che in inglese si usa anche per rispondere al telefono)
Hòigh: salve!
Taim go mhaith: io sto bene.
Conas a ta tù: tu come stai?
Iontach: fantastico!
Bheith faichilleacht tù: prenditi cura di te!
I