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Autore: mattmary15    14/01/2015    1 recensioni
Il sangue sulle mani colava a sporcare i polsini dell’uniforme. Il battito del suo cuore, accelerato e assordante, lo faceva respirare a fatica. Gli occhi sbarrati e fissati sul corpo esanime della donna. Uno squarcio profondo l’aveva aperta dalla clavicola destra al fianco sinistro.
“Mei”, sussurrò senza avere il coraggio di guardare il cadavere.
Prese un respiro più profondo e abbassò il capo. Mei aveva gli occhi blu ancora aperti. Il viso contratto in una smorfia di paura e dolore. Desiderava con tutto il suo cuore passarle una mano sul viso. Forse per chiuderle gli occhi, forse per darle quella carezza di cui l’aveva sempre privata.
Il contatto fisico tra un celebrante e un alfiere è proibito se non è finalizzato alla battaglia. Strinse in un pugno una ciocca dei suoi capelli ramati e fissò lo sguardo sulla profonda ferita che l’aveva quasi spezzata in due. Voleva imprimersi nella mente quel dolore. Voleva fare in modo di ricordare per sempre cosa significa far parte dell’Elité.
“Siamo solo carne da macello, Mei. Non esistiamo come individui. Siamo armi da combattimento. Possiamo morire o vivere per ricominciare a combattere”.
Genere: Drammatico, Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Tokyo, Marzo 2515

“La detenzione è necessaria?” chiese il ragazzo vestito di blu alla guardia del distaccamento militare dell’Elité a Tokyo.
“Sì, sign.Yoshiki.”
“No, non lo è. Disattivate la griglia elettrica di protezione.”
“Sì, signore.” La guardia sparì in un’altra stanza e immediatamente dopo i laser, che bloccavano la cella, svanirono. Il giovane uomo dai capelli castani e dagli occhi nocciola, si sistemò gli occhiali sul naso e parlò.
“Sato Kei, sono passate due settimane dall’attacco alla Todai. Intende rifiutarsi ancora di tornare a combattere? Tra l’altro abbiamo restituito il corpo di Hinata alla sua famiglia,” fece l’uomo prendendo una sedia e accomodandosi.
“Non sono io a non voler combattere. Pare che nessun celebrante intenda fare coppia col sottoscritto.”
Yoshiki Seijuro era un ragazzo di grande sensibilità ma di altrettanto grande compostezza. Apparteneva alla famiglia reale in quanto Seichi Yoshiki , padre di Seijuro, era il fratello dell’imperatrice. Era entrato nell’Elité a sedici anni anche se si era occupato sempre e solo di mansioni burocratiche.
“Il suo CPF è sceso a 320/350,” disse guardando un file su un ologramma da polso.
“E’ comunque più alto di quello che molti alfieri sognano per una vita intera,” rispose ghignando Kei.
“Il suo CPF 346/350 non è servito a salvare Hinata, comunque.”
Le parole del suo interlocutore si conficcarono nel cuore che Kei credeva di essersi strappato dal petto due settimane  prima.
“E’ inutile parlare dei morti,” fece allungando una mano verso un pacchetto di sigarette che languiva su un tavolinetto di metallo “ha da accendere?”
“Qui non si fuma.”
“Teme che abbatterà ancora di più il mio CPF?”
“Non è stato in grado di stabilire un contatto con nessuno dei celebranti che le hanno assegnato, signor Sato,” fece Yoshiki allungando un accendino con un gesto elegante e misurato.
“Sono loro a non aver voluto stabilire un contatto con me.” Kei diede il primo tiro e la punta della sigaretta s’illuminò.
“Il contatto è una questione di fiducia. Ho parlato con le ragazze. A malapena conosceva il loro nome. Due di loro si sono fatte male nella prima esercitazione.”
“Erano delle incapaci.”
“Davvero?”
“Inutili sotto ogni punto di vista,” rispose Kei chiudendo gli occhi ed espirando il fumo verso il viso dell’altro.
“L’unico ad essere inutile qui è lei, signor Sato. Un alfiere che non ha un celebrante è inutile,” concluse Yoshiki alzandosi e guadagnando l’uscita della cella. La voce di Kei lo bloccò sul posto.
“Se sono tanto inutile, perché mandare il numero uno dell’Elité a darmi la scossa?”
“Perché il numero uno dell’Elité voleva vedere con i suoi occhi cosa sei diventato,” disse Seijuro mostrando finalmente di conoscere il suo interlocutore “Sei sempre stato presuntuoso ma non credevo che saresti rimasto indifferente alla morte di Mei.” Kei spense la sigaretta sul pavimento.
“E’ inutile parlare dei morti.”
“Infatti stavo parlando di te, Kei. Non hai neppure tentato di salvarla. Come puoi vivere così? E ti ostini ancora a non fare rapporto! Era nostra amica.”
“Te lo ripeto, Seijuro, è inutile parlare dei morti.”
“Fa come vuoi. Io ci ho provato,” fece Yoshiki.
“Seijuro.”
“Sì?”
“Il tuo accendino. Non dovresti fumare però. A lei non piace. Congratulazioni per il tuo fidanzamento,” fece il ragazzo vestito di rosso.
“Nanase voleva venire con me. Con lei avresti parlato?”
“Perché, con te non ho parlato?”
“Va all’inferno, Kei!” Fece il ragazzo vestito di blu lasciando la stanza. I laser tornarono al loro posto e Kei si lasciò cadere sulla branda.


Osaka, aprile 2512

Nonostante il furto di tutti i teru-teru, il sole splendeva alto sull’Accademia e la corsa ad ostacoli prevista per le tutine, gli studenti che non erano ancora stati assegnati ad una delle squadre dell’Elité, stava per cominciare. Non si trattava, ovviamente, di una tradizionale corsa ad ostacoli. Il percorso, lungo più di otto chilometri, girava intorno al campo di addestramento della torre e prevedeva il superamento da parte degli studenti di una serie di trappole, alcune olografiche altre reali. In realtà la prova consisteva proprio in questo. Dosare le proprie doti fisiche per superare solo le prove reali e usare quelle psichiche per bypassare le altre risparmiando perciò energie. Orario di arrivo massimo per considerare la prova superata: 12.00. Il grande orologio di Torre Accademia segnava le 7.50. Alle 8.00 la partenza.
Nanase si era posizionata, più decisa che mai a passare il test, sui blocchi di partenza insieme a Jin. Vicino a loro, una ragazza bellissima dai capelli lunghi e neri si sistemava le scarpe. Nanase le finì addosso tentando di strappare a Jin il dischetto con la mappa olografica del percorso.
“Scusa!”
“Di nulla. E comunque quello non ti servirà. Il percorso cambia ogni trenta minuti. Le trappole vere si alternano alle olografiche e viceversa,” disse la ragazza “Piacere, comunque, io mi chiamo Dezaki Sakura.”
“Otada Nanase,” fece la ragazza bionda chinando il capo.
“Matsumoto Jin,” la imitò l’amico.
Il segnale di partenza diede il via alla prova. Sakura dimostrò una notevole velocità e diede rapidamente distacco a Nanase e Jin.
“Ricordati Nanase, non è una prova di velocità ma di resistenza!”
“Lo so, Jin,” rispose lei correndo al suo fianco “ma stavolta non voglio fallire. Nonostante il mio CPF, non riesco ad essere assegnata ad una squadra. Ed è già passato un anno.”
“Nanase, lo so che forse questo non è il momento giusto ma posso farti una domanda?”
“Spara.”
“Perché lo fai? Voglio dire, la mia famiglia non ha abbastanza soldi per mantenere me e i miei sei fratelli così, visto che ho un buon CPF, ho deciso di entrare nell’Elité per garantire loro un buon livello di vita. Tu perché lo fai? Sei nobile, ricca, potresti vivere a Sole Rosso, la cittadella imperiale.”
“La mia famiglia è nobile, hai detto bene. Il primogenito della famiglia diventa sempre un generale dell’Impero ma mio fratello è morto per una grave malattia quando aveva dieci anni. Tocca a me sostituirlo.”
“Scusami, non lo sapevo.”
“Non preoccuparti, è passato molto tempo. Ora concentriamoci sul test.”
I due ragazzi corsero fino ad una radura dove un altro gruppo di studenti stavano fermi sul bordo di un lago che sembrava impossibile da aggirare.
“Attraversarlo a nuoto sarà difficilissimo. Te la senti, Nanase?” chiese Jin.
“Dov’è l’alternativa?” chiese la ragazza.
“Che intendi dire?”
“La prova prevede che dobbiamo scegliere se l’ostacolo è reale o no.”
“Quindi?” chiese Jin che aveva già messo i piedi nell’acqua.
“Se non volessi considerare questa prova reale, come faccio a sapere dov’è l’ologramma?”
“Credimi, l’acqua è fredda. Prima ci tuffiamo meglio è. Sono già passati venti minuti.”
“Rimettiti le scarpe, Jin. Non è reale.”
“Come fai a dirlo?”
“Il lago vicino all’Accademia c’è ma sono le 8.20 del mattino. Il riflesso sul pelo d’acqua è quello che ci sarebbe col sole a mezzogiorno. E’ un ologramma.”
“Hai ragione, Nanase. Cazzo non ci avevo pensato! Andiamo.”
Si bagnarono entrando in acqua fino alle ginocchia ma, dopo un attimo, l’ologramma svanì.
“Grazie per l’aiuto, brocchi!” si sentirono urlare da un ragazzo moro e alto che li superò in velocità.
“Capito Nanase? Se uno degli studenti scopre un olo, tutti ne beneficiano. Che sistema del cazzo!”
“Corri, Jin. Uno è andato!”
I due ragazzi ripresero a correre ma, dopo un altro paio di ostacoli, di cui uno reale che comprendeva la scalata di una parete rocciosa, Nanase cominciò a rimanere indietro rispetto a Jin.
“Avanti, coraggio,” la esortò Jin.
“Jin, tu vai. Io ho il mio ritmo. Non voglio rallentarti.”
“Non dire stronzate. Se non fosse per te starei ancora nuotando in quel lago. Semmai ci fermiamo a riprendere fiato.”
“No, Jin. Non bisogna fermarsi o spezzeremo il fiato. Tu devi tenere il ritmo. Mancano due ore e siamo ancora lontani dal traguardo. Vai.” Il ragazzo la guardò per cercare un’ulteriore rassicurazione nei suoi occhi. Con un sospiro allungò il passo.
Nanase superò altri due ostacoli nell’ora successiva che, sfortunatamente per lei, si rivelarono tutti e due reali.  Ormai mancavano solo cinquanta minuti alle 12,00 quando si ritrovò in una radura che dava su due grotte. Chiaramente una era una trappola mentre l’altra conduceva dall’altro lato. Di fronte ad uno dei due ingressi se ne stava piantata con le mani sui fianchi Sakura Dezaki, la ragazza che aveva conosciuto qualche ora prima.
“Pensavi di andare a destra?” chiese Nanase avvicinandosi.
“E tu che cavolo vuoi?”
“Ehi, non c’è bisogno di essere maleducati.”
“Mi stai distraendo, pulce!” fece lei di rimando.
“Lasciala perdere, quando è nervosa è meglio starle alla larga.” La voce era del ragazzo bruno che l’aveva chiamata ‘brocco’ al lago “Se non la conosci bene, non ti consiglio di starle intorno. Sakura è affetta da DPM*. Sotto stress cambia personalità. In genere è una coniglietta adorabile.”
“Ti ammazzo, stronzo!” esclamò Sakura.
“Sì, sì, ok. Perché non tiri fuori dal cilindro la cervellona e ci dici qual è la strada giusta?” chiese il ragazzo che sembrava conoscere bene Dezaki.
“E tu chi saresti?” intervenne Nanase.
“Konai Akito. Uno stronzo!” rispose Sakura.
“Visto che voi due signorine avete l’aria di volervi perdere in chiacchiere, io vado a sinistra.”
“Aspetta!” urlò Nanase.
“Che c’è? Fece il ragazzo fermandosi.
“Da quella grotta non arriva un filo di vento. E’ chiusa.” Akito diede un calcio all’ingresso e l’ologramma sparì.”
“Ora rimane solo una via d’uscita,” constatò il ragazzo avviandosi verso la grotta di destra.
“Perché l’hai aiutato?” chiese con gentilezza Sakura che sembrava tornata quella del loro primo incontro.
“Perché noi siamo compagni. I nemici sono fuori dall’Accademia,” rispose candidamente Nanase.
“Lui non l’avrebbe fatto per te e forse neanche io.”
“Io sono fatta così.”
Nanase si mise a correre e, insieme a Sakura, raggiunse l’uscita dall’altra parte della grotta. Ormai mancavano venti minuti e davanti alle due si parò innanzi una parete di ghiaccio che Akito aveva quasi interamente scalato. Era reale.
Sakura si diede subito da fare e Nanase le andò dietro. Mano a mano che l’altezza aumentava, Nanase sentiva le mani bruciare sempre di più. Era al suo limite. Arrampicarsi non era mai stato il suo forte e le dita sul ghiaccio diventavano sempre più rigide e meno salde.
Sakura sparì oltre il bordo del crinale. Si scoraggiò. Era di nuovo sola. Si disse che non doveva mollare. Che c’era quasi. Nel tentativo di raggiungere l’ennesimo appiglio per una delle mani, perse quello del piede destro. Non ci volle molto per capire che era finita. Non solo avrebbe fallito il test ma, probabilmente, si sarebbe fatta anche molto male.
Una mano afferrò il suo polso destro. Lei sollevò il capo e vide il viso abbronzato di Akito che le sorrideva malignamente.
“Sei proprio brocca!” disse tirandola su oltre il crinale.
“Perché mi hai aiutata?”
“Perché quelli come te mi fanno compassione. E con questo ho saldato il mio debito con te. Ora muovi il culo perché manca un quarto d’ora,” fece allontanandosi e cercando di raggiungere Sakura per superarla e poi tirarle uno scappellotto.
Nanase sorrise toccandosi il polso e si rimise a correre. Ormai mancavano pochi metri. Poteva vedere sulla linea del traguardo Jin che agitava le braccia per esortarla. I minuti scorrevano a ritroso sul timer del traguardo. Per controllare l’ora, inciampò e cadde. Il ginocchio faceva un male cane.
“Alzati.” La voce alle sue spalle era di Kei.
“Non ce la faccio più.”
“Alzati.”
“Kei, per te è facile. Io non ce la faccio.”
“Alzati. Forse avrei dovuto tirare fuori Kazuki da quell’inferno e non una mocciosa come te.” Nanase sgranò gli occhi. Per un istante risentì l’esplosione, rivide il fumo e percepì la terra tremare. Il rumore delle lamiere che si contorcevano e delle pareti che crollavano. E la mano di Kei che si allungava verso Kazuki per poi afferrare lei e trascinarla in salvo. Si mise in ginocchio e poi in piedi. Riprese a correre e riuscì a tagliare il traguardo un minuto prima che il tempo scadesse. Svenne tra le braccia di Jin e fu portata in infermeria.
Quando Nanase si svegliò, una donna era al suo fianco. Le stava infilando un ago nel braccio.
“Cosa, cosa è successo?”
“Stia calma, signorina Otada. Il suo CPF è schizzato a 345/350 per cui ha avuto un mancamento. Le sto somministrando un calmante.”
“Che ne è stato dell’esame?”
“L’ha superato.”
“Davvero? E a che squadra sono stata assegnata?” la donna l’attaccò ad una flebo e le sorrise. Aveva splendidi capelli ramati e un paio di occhiali a farfalla che le rimpicciolivano due occhi verdi come topazi.
“Mi chiamo Ise Izumi. Signorina Otada, riposi. Il suo test è stato illuminante per l’Accademia. Domattina verrà ricevuta in direzione.”
“Che, che significa?” chiese confusa Nanase. La donna le carezzò la fronte.
“Domani, signorina Otada. Domani.”
Nanase sentì gli occhi farsi pesanti e cadde in un sonno profondo.

Note: La DPM è la sindrome da personalità multipla.
 

  
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