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Autore: Ormhaxan    14/01/2015    5 recensioni
Inghilterra, 2013. Dexter Freeman è uno scrittore da cinquanta milioni di copie, o almeno lo era prima dell'uscita del suo ultimo romanzo, - quello che è stato definito un "Fiasco" da pubblico e critica - prima del divorzio e prima dell'alcool. Disilluso e oppresso da quella grande metropoli che è Londra, Dexter decide di rimettere insieme i pezzi della sua vita e tornare a Richmond, nello Yorkshire, dove tutto ha avuto inizio. Qui, in una città apparentemente ostile, cerca di liberarsi dai propri demoni, primo tra tutti l'alcool, e ritrova una vecchia amicizia - la sorella di quello che un tempo è stato il suo migliore amico - che gli stravolgerà la vita e, forse, gli farà ritrovare quella passione per la scrittura e la poesia che sembra aver perso.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Dexter Freeman stava percorrendo il vialetto di selciato della villetta di sua sorella Rose quando quest’ultima aprì la porta d’ingresso e, guardandolo con un cipiglio severo, si parò in mezzo al patio anteriore con le mani posate sui fianchi, un atteggiamento che gli ricordò la loro madre, la sua infanzia, le sere trascorse fuori a fare baldoria insieme a Matt e altri loro amici e i rientri all’alba che finivano sempre con i rimproveri di Mrs. Freeman che lo accusava di essere un figlio degenere e la causa della sua pressione alta.
“Si può sapere dove diavolo sei stato, Dex? – lo accolse Rose, mantenendo quel fastidioso cipiglio, senza dargli neanche il tempo di raggiungere il patio – Hai una vaga idea di che ora sono, di quanto tu sia in ritardo? Mi hai fatto preoccupare a morte, quindi spero per te che tu abbia una buona scusa da utilizzare!”
“Ho percorso la via più lunga, mi sono perso un paio di volte e temo di aver lasciato volare fin troppo la mente. – si giustificò lui, omettendo di proposito la visita al cimitero – Tornare a Richmond mi ha fatto capire di aver dimenticato questa città, e l’ultima cosa che volevo era farti preoccupare. Mi dispiace, davvero.”
Rose arricciò le labbra, la sua fronte cessò di essere corrugata e sebbene avrebbe voluto continuare a dirgliene quattro decise di desistere per no rovinare quella giornata ancor prima del suo inizio. Dopo tutto, pensò Rose, quella sarebbe dovuta essere una giornata allegra, dedita ai festeggiamenti, non un’occasione di litigio e di tenersi il muso.
“Capisco. – liquidò dunque, permettendogli di salire i due gradini che collegavano il vialetto e il patio – Mamma è arrivata da quasi un’ora, quindi corri ad abbracciarla e vedi di non farti scappare nulla sulla tua “vacanza” fuori città: questa giornata dovrà essere perfetta, perfetta!”
“Rilassati, Rosie – canzonò lui, baciandole una guancia e sorridendole sghembo – Tutto andrà come stabilito: ci divertiremo, passeremo una bella giornata in famiglia e da domani farò conoscere a tutti voi il nuovo Dexter.”
“Sarai anche il “nuovo” Dexter, ma sei sempre il solito ritardatario!” concluse lei, con tono scherzoso ma severo allo stesso momento, dandogli uno scappellotto leggero dietro la nuca ed entrando in casa insieme al fratello.


“Il mio ragazzo!” esclamò Mrs. Freeman non appena Dexter fece la sua comparsa nel soggiorno, alzandosi con un po’ di fatica dalla comoda poltrona e facendo qualche passo nella sua direzione con le braccia aperte.
“Ciao, mamma. – la saluto Dex, abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia – Perdona il ritardo, il pullman ha fatto ritardo e mi senza accorgermene ho iniziato a divagare con la mente e mi sono attardato.”
“Sempre il solito, non cambierai mai. – disse la madre, dandogli un buffetto sulla guancia – E’ da quando hai cinque anni che ti perdi nei tuoi pensieri, a guardare il cielo e chissà che altro e a trent’anni non sei cambiato affatto.”
“Che ci vuoi fare, mamma, sono un caso perso!” esclamò, scrollando le spalle e grattandosi la nuca con fare imbarazzato, portando lo sguardo prima verso il pavimento e poi verso un angolo della stanza dove, con le mani intrecciate all’altezza del ventre e un lieve sorriso sul volto, si trovava Charlotte Harrison.
“Charlie, che sorpresa! – esclamò il biondo, realmente sorpreso, che proprio non si sarebbe aspettato di vederla a casa di sua sorella. In una situazione normale la sua presenza sarebbe stata per lui fonte di immensa gioia ma quella non era affatto una situazione normale: entrambi erano ex alcolisti, nelle ultime settimane si erano incontrati in luoghi in cui mai nessuno dei due avrebbe pensato di incontrare l’altro, e dopo quello che Dexter aveva visto alla pasticceria, quella scena di cui era stato uno spettatore non previsto, una strana sensazione di disagio si fece strada dentro di lui – Non pensavo di vederti, Rose non mi ha detto nulla.”
“Era una sorpresa! – esclamò piccata la sorella, rispondendo al posto della giovane – Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere avere qualcuno non di famiglia, anche se la nostra Charlotte qui la consideriamo tutti una di famiglia.”
“Hai pensato bene, Rosie. – disse lui, guardando prima la sorella e poi nuovamente Charlotte, alla quale si avvicinò con finta disinvoltura – Mi fa molto piacere vederti, Charlie.”
“Anche a me fa piacere rivederti, Dex. Ti trovo molto, molto bene: l’aria di montagna ti ha senza dubbio giovato. – posò una mano sulla sua spalla e si scambiò un sorriso complice con lui – Ho portato una torta, la tua preferita. La Foresta Nera è ancora la tua preferita, vero?”
“E’ ancora la mia preferita, non temere.” Rispose lui, sorridendo e trattenendo l’impulso di scompigliarle i capelli come un tempo era solito fare, un tempo in cui lui era un ragazzo appena uscito dall’adolescenza e lei una bambina dallo sguardo curioso in procinto di entrarci.
“Avanti, avanti, tutti a tavola! – aveva esclamato Rose, entrando nel salone con l’arrosto, lanciando un’occhiata ai due – Questo arrosto ha aspettato fin troppo, quindi prendete posto e iniziamo. Dexter, tu siederai a capotavola, al posto d’onore, mentre tu Charlotte puoi accomodarti alla sua destra.”
“Alla destra del festeggiato, quale onore!” esclamò Charlotte, sbeffeggiandolo di proposito e ridendo sotto i baffi.
“Taci, smettila di prendermi in giro e siediti. Sai quanto io odio essere al centro dell’attenzione e non è divertente.”
“Oh, posso assicurarti che lo è invece. E’ tutto molto, molto divertente.”


 

**



Fortunatamente per Dexter, la sua persona era stata per poco l’argomento di discussione, e dopo neanche venti minuti dall’inizio del pranzo Charlotte aveva iniziato a parlare di argomenti futili spostando l’attenzione da lui a qualcosa riguardante una sua vicina e dei pettegolezzi riguardante quest’ultima. Mentalmente l’aveva ringraziata per averlo tolto da una posizione scomoda, imbarazzante, per essere stata sua complice senza neanche averlo stabilito e adesso che erano gli altri a parlare e non lui, la sua mente aveva iniziato a divagare nuovamente, mentre la forchetta stretta nella mano destra giocherellava distrattamente con una patata al forno bruciacchiata e i suoi occhi si stavano soffermando più del dovuto sulle labbra carnose di Charlotte, sul suo sorriso.
Pensò alla prima volta che aveva baciato quelle labbra, a dieci anni prima, e si chiese se fossero ancora morbide come le ricordava. Aveva impresso il loro sapore e la loro consistenza nella sua mente, ricordava le sensazioni provate come se quelli avvenimenti fossero accaduti da poche ore e non da dieci anni, e senza accorgersene la sua bocca era diventata secca e il suo cuore aveva iniziato a battere più forte.
Di certo, aveva pensato, quelle labbra erano ancora invitanti e sensuali, ma a differenza di tanti anni prima non erano sue, non più. Adesso erano di un altro, un altro ragazzo che viveva poco lontano da quell casa, e lui non aveva il diritto di ripensare a quei baci, di pensare a lei in quel modo. Lui l’aveva lasciata, aveva rinunciato a lei, a loro e non aveva nessun diritto, alcun diritto, eppure…
 
 

**



“Guarda, una stella cadente!” aveva esclamato lei, portandosi a sedere con uno scatto e indicando il cielo estivo privo di nubi con un dito, verso il punto in cui aveva visto per un breve istante la stella.
“L’hai vista, Dex?” aveva chiesto successivamente, spostando lo sguardo dal cielo al ragazzo, continuando a mantenere il sorriso spensierato sulle labbra.
Era estate, Dexter era tornato dal college e nel giro di un mese o poco più si sarebbe trasferito a Londra per inseguire il suo sogno di scrittore, mentre lei avrebbe iniziato il suo ultimo anno di scuola prima di partire a sua volta per il college e fare ciò che sempre aveva sognato, imparare quelle lingue latine che sempre l’avevano affascinata e che non aveva mai avuto l’occasione di studiare in modo approfondito.
“No, l’ho mancata per un soffio! - aveva risposto lui, sbuffando e maledicendo mentalmente la sua sfortuna che ancora non gli aveva fatto ammirare una stella cadente – Hai espresso un desiderio?”
“Certo che sì, ma non te lo dirò mai altrimenti non si avvera.” Gli aveva spiegato lei, anticipando la sua domanda e tornando a stendersi sulla coperta che avevano steso sul prato.
“Avanti, Charlie, a me puoi dirlo. – aveva ribattuto lui, ancora seduto a gambe incrociate – Non lo dirò a nessuno, neanche a Matt, lo giuro.”
“No, no e poi no! Porta sfortuna e tu lo sai!”
“Ma io sono tuo amico, come mai potrei portarti sfortuna? Dai, almeno lasciami indovinare! – esclamò, ma ancora una volta lei scosse con forza la testa – Okay, allora vediamo…”
“Dexter, no!” protestò invano, iniziando ad odiare quella sua testardaggine, quella sua curiosità malsana e il suo voler ficcare il naso.
“Ci sono! – Dexter smise di picchiettarsi il mento con un dito ed esclamò quella frase schioccando le dita – Hai desiderato Parigi, camminare per le Champs-Elysee sotto braccio di uno di quei francesi mangia lumache che tanto ti affascina, non è così?”
“Non sono affaracci tuoi, Freeman! Pensa alla tua stupida Londra e lascia stare la mia Parigi. – Charlotte incrociò le braccia al petto e girò la testa dall’altra parte nella speranza che smettesse – E comunque no, Dex, no!”
“Io invece dico di sì, dico che ci ho preso ma non lo vuoi ammettere.”
“Ed io, invece, ti dico di no quindi piantala di fare il cretino e di tormentarmi: mi stai dando sui nervi.”
“Vedi, ho ragione io! – continuò imperterrito lui, alzandosi poi dalla coperta e sedendosi sulle ginocchia davanti a lei nella speranza di incrociare il suo sguardo sfuggente – Allora se non ho ragione dimmi cosa!”
“No, e piantala! – Charlotte si alzò di scatto dalla coperta, rischiando di far perdere il precario equilibrio a Dexter, ma non fece neanche cinque passi prima di essere afferrata per un polso da quest’ultimo – Dex, dannazione!”
“Scusami, mi dispiace, io… - le parole gli morirono in gola quando si accorse che lei stava piangendo, che le sue guance erano rigate da lacrime silenziose – Charlie, perdonami, sono un completo idiota. Non volevo farti piangere, non… perdonami te ne prego.”
“Sì, sei un completo idiota Dexter, sei così idiota che non capisci mai niente, niente! Sei, sei…” Charlotte si morse un labbro e represse malamente un singhiozzo con la manica della sua felpa.
Dexter le asciugò premurosamente le guance con i polpastrelli dei pollici, avvicinò il suo viso a quello di lei fino a far scontrare le loro fronti e cinse la sua vinta con le braccia.
“Mi dispiace, rimangio tutto quello che ho detto: Parigi è una città meravigliosa, e sono sicuro che anche i francesi, nel profondo, sono persone carine, sopportabili e gentili.”
“Scemo! – l’apostrofò lei, ridendo – Non me ne frega niente di Parigi e dei dannati damerini francesi, non potrebbe importarmene di meno in questo momento.”
Alzò lo sguardo verso l’alto, cercando la forza di sostenere quello di lui e fare ciò che stava per fare, e con voce incerta e tremante chiese: “Vuoi ancora saperlo il desiderio?”
“Solo se tu vuoi dirmelo. Non voglio che tu faccia nulla se non vuoi.” Rispose, utilizzando quell’ultima frase che, nel mese successivo, le avrebbe ripetuto molte volte ancora durante i loro momenti di intimità.
“Lo voglio, lo voglio, io…” ancora una volta tornò a mordersi il labbro inferiore e, preso un respiro profondo, si alzò in punta di piedi fino a toccare, sfiorare, le labbra di Dexter con le sue. Il contatto fu veloce, durò un istante, e come scottata si ritrasse con la stessa velocità con cui si era avvicinata.
“Ecco, ora lo sai. Era il solo modo per dirtelo e farlo accadere, così… - fece un passo indietro, poi un altro, scrollò le spalle – Meglio che vada, adesso. B-buona notte!”
“Ehi, aspetta! – per la seconda volta si ritrovò ad afferrarla per un braccio, a farla voltare – Non vai da nessuna parte da sola, e poi cosa diavolo era quello? Non un bacio, voglio ben sperare.”
“I-io… ecco…” si sentì terribilmente in imbarazzo, l’idea di dirgli che quello era il suo primo bacio fece diventare le sue gote ancor più rosse.
“Quello non era un bacio, bimba, quindi temo che il tuo desiderio non si sia avverato. – la guardò sottecchi, rise sghembo – Ma possiamo sempre rimediare, non credi?”
“C-Cosa?”

Charlotte non capì mai come aveva fatto a ritrovarsi così velocemente tra le braccia di Dexter, con la sue labbra sulle sue, ma quello che lei – come lui – non dimenticò mai fu quel bacio, il sapore delle labbra dell’altro, le loro bocche che si scoprivano per la prima volta e la sensazione della barba di qualche giorno di lui che solleticava piacevolmente la guancia di lei.
Fu magico, senza dubbio unico, uno di quei baci da romanzo – quei romanzi che lei leggeva da sempre, che lui sognava di scrivere un giorno – che non si dimenticano mai e poi mai; fu il primo bacio di Charlotte, il loro primo bacio e nei mesi seguenti, negli anni seguenti, avrebbero sempre custodito gelosamente il suo ricordo.

 
 
**



“Dexter? Dexter, vuoi altro arrosto? - gli aveva chiesto per l’ennesima volta Rose, destandolo dai suoi ricordi – Dex, tutto bene?”
“Cosa? Ah, sì, grazie… cioè no, grazie, niente arrosto ancora. Sono pieno. – abbozzò un sorriso imbarazzato e si diede del completo imbecille per aver permesso alla sua mente di divagare in libertà durante quel pranzo – Scusatemi, vado fuori a fumare una sigaretta.”
“Da quando fumi?” chiese sua madre, stupita.
“Fumo solo ogni tanto; sai, il fascino dello scrittore.” Rispose lui, alzandosi dalla sedia, incamminandosi subito dopo verso l’ingresso della villetta.


“Va tutto bene, Dex? Ti vedo assorto, silenzioso, e se vuoi parlarne…”
Charlotte l’aveva raggiunto fuori, sotto il patio anteriore, e senza chiedere il permesso si accostò a lui e posò le sue braccia sul davanzale ligneo, imitandolo.
“So come ti senti, ci sono passata anche io: inizialmente ti senti alienato, tutto è paradossale, ma vedrai che tempo una settimana tutto tornerà nella norma. – sorrise, poi si corresse – Beh, quasi tutto! L’alcool si spera non torni.”
“E’ un sollievo poter contare su di te, anche se non me lo merito: sono stato pessimo, con tutti voi, ma con te ancora di più. Sarei dovuto tornare, avrei dovuto scriverti, chiamarti, avrei…”
“Non importa, è il passato: come ti ho già detto ho perdonato, la disintossicazione e le sedute dalla psicologa mi hanno aiutato a superare ogni cosa, e perdonare e dare seconde possibilità e sono andata avanti con la mia vita, me ne sto costruendo una di cui essere fiera.”
“Immagino: un lavoro proficuo, una casa tutta tua, un fidanzato magari…”
“Ecco, l’ultimo punto è complicato: ho avuto più delusioni di quanto tu immagini, per molto tempo ho perso la fiducia sugli uomini, ma ora sto cercando di abbattere il muro e lasciare entrare qualche spiraglio di luce nella speranza di incontrare finalmente quello giusto.”
“E pensi di averlo trovato? Quello giusto, intendo…”
Charlotte alzò gli occhi, sostenne il suo sguardo, increspò le labbra in un ghigno e disse: “Forse, chissà. Staremo a vedere.”
“Lo sai che ti auguro solo il meglio, vero? Ti ho sempre augurato il meglio.”
“Sì, certo. – posò una mano su quella di Dexter, la strinse – Ed io auguro lo stesso a te, te lo auguro con tutto il cuore.”
“Grazie, dolce Charlie, le tue parole significano molto.”
“Non c’è di che, Freeman. E ora torniamo dentro: è l’ora del gran finale, del dolce, e aspetto con impazienza un tuo giudizio.”
“Ed io non vedo l’ora di assaggiarlo: sono certo che sarà delizioso.”


 
*



NDA: Salve, gente! Non ho molto da dire su questo capitolo, se non che spero che vi sia piaciuto. So che ci sono ancora molti punti di domanda, specialmente quando si parla di Charlotte, ma tempo qualche capitolo credo che verranno fuori.
Avviso anche che, causa esami universitari, non so con quanta frequenza potrò aggiornare fino alla fine di Febbraio, quindi vi prego di portare pazienza.
Grazie, come sempre, a tutti voi che seguite la storia e alle persone che recensiscono. I vostri pareri e consigli sono sempre preziosi e invito chi vuole a fare altrettanto e lasciarmi due righe.
Alla prossima,
V.
  
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