Hai salvato dal sonno forzato solo le mie idee scarlatte e lussuriose, la mia insicurezza affinché fossi manovrabile, la mia rabbia solo per tessere una coperta con ogni parola trattenuta dalle mie labbra.
Mi hai avvolta in un telo di bugie dorate, mentre mi sistemavo gli scuri occhiali sul naso tu guardavi già altrove con i tuoi occhi da aspide ed io realizzavo di aver bisogno di amare.
E più ti stringevo è più fingevi, meno luce facevi col tuo sorriso è più nel buio mi coccolavano i miei mostri. Cercavo di levare l'ancora da questo mare di menzogne e tu eri pronto ad affondarmi per l'ennesima volta con qualche parola dolce scritta a caso. Eri giudice silenzioso, mi sentivo colpevole del mio indietreggiare davanti alle tue labbra e tu mi punivi baciandomi ancor più forte, legando la mia anima alla tua come se entrambe avessero il peso di una piuma, quando la mia doveva valer come l'oro e la tua doveva mischiarsi al letame. Ho atteso che dispiegassi le tue ali da angelo caduto e mi lasciassi andare, ma ogni volta come se avessi il filo di Arianna riuscivi a ritrovarmi e tornavi con le ossa rotte e l'anima spezzata. Io ero sempre pronta a lavare le tue ferite e a stringerti al petto come fossi l'unica fonte di calore tra il gelo ed il vento in una terra selvaggia e mortale. In questo viaggio camminavo sulla sabbia del deserto mentre tu riposavi all'ombra in un'oasi. Tanti tuareg si son fermati offrendomi aiuto ed io ho sempre rifiutato aspettando di scorgere la tua figura tra le ombre.
Stanca di perdermi nei miraggi.
Ancora prosa, perché anche la poesia per certi pensieri confusi è troppo ordinata