Era una calda (afosa) sera d’estate. Stavo cenando, ed ero seduta con la mia famiglia attorno al grande tavolo. Avevo molta fame, ma, per l’emozione di quella sera, mi tremavano le mani, così avevo deciso di posare le posate d’argento e aspettare… Saranno state all’incirca le dieci e mezzo quando finalmente quel dannato campanello suonò.
DRIIIIIIIN
Mi drizzai in piedi come caricata a molla e mi lasciai sfuggire un gridolino di gioia: era arrivata! Cominciai a saltellare impaziente e corsi alla porta. Istintivamente chiusi un occhio e cercai di osservare fuori dallo spioncino, ma un pollice lo otturava dall’esterno. Scossi la testa maledicendo la stupida abitudine di Safira e, per pura formalità chiesi:
-Chi è?- per tutta risposta sentii sul tek della porta due battiti, poi altri tre, infine un fischio. Era il segnale. Posai la mano sul freddo titanio della maniglia e rabbrividii, cercando di trattenere la trepidazione aprii lentamente la porta, e una furia mi travolse. Ci fu un attimo in cui persi in un groviglio di capelli neri, ma appena uscii dalla confusione ebbi modo di ricambiare l’abbraccio della mia migliore amica.
-Didì! Che bello vederti! Sono pronta per il campeggio di stasera… ho portato il necessario.- esclamò lei.
-Sasy! Finalmente sei arrivata! Cominciavo a temere che non saresti più venuta!- scherzai.
Quella sera, io e la mia amica Safira, avremmo fatto un campeggio. O meglio, avremmo dormito in tenda nel giardino di casa mia.
Sasy entrò,  raggiunse l’immenso salone e salutò la mia famiglia, ancora a tavola. Poi, insieme, ci incamminammo verso il piano di sopra. Una volta nella mia stanza, lei decise finalmente di soddisfare la mia curiosità e aprire il grosso sacco rosso di tela che portava con sé. Mentre le sue dita affusolate scioglievano delicatamente il grosso nodo, io sentivo accrescere dentro di me la curiosità. Appena finì, Safira, prima di spalancare definitivamente la borsa, mi guardò con fare misterioso e mormorò:
-Didì… qui ci sono le provviste per il campeggio!- io, non potei trattenere una nota di delusione: tutto qui? Lei evidentemente se ne accorse perché mi rassicurò:
-Non ti preoccupare, ti stupirà ciò che c’è dentro. È epico!- fece un saltellino a gambe unite sul posto e afferrò con i pugni i lembi del sacco, li spalancò. Probabilmente ci mise troppa forza, perché il vecchio cotone si lacerò, facendo esplodere in aria tutto il contenuto.
Io mi chinai fino a toccar terra con la mano per evitare quella pioggia di meteoriti. Mi sentii colpire la testa una decina di volte, ma gli oggetti, per fortuna, erano leggeri e non mi feci male. Appena fui certa che tutto fosse cessato, e che l’ultimo oggetto contenuto in quella logora sacca avesse toccato terra, mi alzai. Appena vidi ciò di cui era tappezzata la mia stanza sgranai gli occhi.