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Autore: Damon Salvatore_Cit    16/01/2015    2 recensioni
[Justin Timberlake]
Questa storia tratta di una giovane ragazza che sogna di diventare la ballerina numero uno al mondo, e nel tentativo di esaudire questo suo sogno maturerà e crescerà anche grazie alle avventure e alle dure prove a cui la metterà davanti la vita. Come la perdita di persone care, l'amore vero, l'inganno, il tradimento, le difficoltà familiari e tanto altro.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 50 Cent, Altri, Justin Timberlake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[Continua…]
Dopo aver consumato quelle foto sulla memory card del ragazzo, Fran salvò quelle che le aveva scattato a sua insaputa, copiandole anche sul suo pc, poi spense tutto e crollò in un sonno profondo fino al mattino successivo.
Non aveva dormito la notte precedente, ed era sfinita, nonostante quel materasso e quel letto non fossero affatto comodi, dormì come un ghiro.
Il mattino seguente, fu svegliata all’alba dalla Mitchell in persona che comunicava con le camere tramite megafono collegato con un microfono nel suo studio, e Francis in un primo momento, riaprendo gli occhi, credette di ritrovarsi nel lontano duemila e quattro, quando era ancora rinchiusa in quella caserma, a quando il suo destino lo vedeva legato ad una sua brillante carriera militare.
Fortunatamente o sfortunatamente, però, le bastarono una manciata di secondi per realizzare che si trovasse nel duemila e undici, e che mancavano ancora pochi giorni all’inizio del nuovo anno.
Si strofinò gli occhi, cercando di abituarsi alla luce del sole, poi si alzò da quel letto e guardandosi intorno, notò che le quattro giovani soldato in carica, faticassero ancora ad abbandonare i letti.
Sorrise tra sé e sé, scuotendo il capo, e nello spostare lo sguardo verso il letto della Brown, notò che fosse vuoto.
Per un attimo si domandò dove potesse essere andata, ma poi realizzò che non le importasse veramente, così trascinò il suo trolley via da sotto il proprio letto, ed aprendolo cominciò a sfilar via alcuni prodotti per il bagno e degli indumenti intimi, pronta per cominciare la sua prima giornata di ritorno in caserma, con una bella doccia.
[…]
Alcune ragazze cominciarono a svegliarsi e brontolando si alzarono dai loro letti, sotto lo sguardo divertito di Francis, che riponeva via il suo trolley, finché una di loro disse:
- Oh, cavolo!
- Cosa c’è Sarah?
Domandò Samantha, guardando l’amica che a sua volta fissava Francis, che a sua volta la guardava interrogativamente, finché ella disse:
- Avevo totalmente rimosso di condividere la stanza con Francis EM!!!
Francis sorrise abbassando lo sguardo, cercando di non dar troppo peso al fatto che la sua notorietà pesasse così tanto anche in un luogo simile, poi si diresse verso la porta del bagno, mentre le ragazze continuavano a parlottare tra loro:
- Se lo dimenticherai ogni mattina, finirà col chiedere di cambiare stanza…
- Scusa tanto, eh… non capita tutti i giorni di svegliarsi accanto ad una ballerina e attrice famosa!
- Shhh!!! Non metterla in imbarazzo…
Smantha esortava l’amica ad abbassare la voce, mentre rapidamente lanciava uno sguardo verso Francis.
Sarah abbassò la voce ed aggiunse:
- Imbarazzo lei? Io mi sto cagando in mano!
Francis si voltò a quelle parole e fingendo un’espressione allarmata, le disse:
- Oh… devi usare il bagno? Prego… va pure…
A quel punto Samantha non trattenne una risatina, portandosi una mano davanti la bocca, mentre Sarah moriva dalla vergogna e provava a spiegare quel finto malinteso di Fran, che in realtà cercava solo di metterle più a loro agio in sua presenza:
- Oh no, no, no, no! Scusa, non volevo… in realtà, io volevo solo… insomma non volevo dire che…
Francis si lasciò contagiare dalla risatina di Samantha, mentre divertita osservava la giovane Sarah andare in panico; ma proprio in quel momento la porta del bagno si spalancò inaspettatamente e vi uscì Brown già con la sua tuta da militare indosso.
Francis si voltò di scatto nella sua direzione, e le due si lanciarono una lunga occhiata, ma non si dissero una parola.
Le altre due ragazze smisero all’istante di parlare, provavano un certo stato d’inquietudine in presenza di Brown.
Francis non diede troppa importanza alla ragazza, e andò a prepararsi per cominciare quella sua prima giornata da Generale d’arma a tutti gli effetti.
[…]
Erano le 7:00 in punto e tutto il primo squadrone era riunito nell’immenso cortile pronto a riceverla.
Vi erano trenta soldato semplice Donna disposti in tre file per dieci, con due sottoufficiali donna alla loro sinistra, che attendevano l’arrivo di Francis, che giunse sul posto “scortata” dal Generale Mitchell, la quale si dispose dinnanzi a loro e cominciò a parlare con tono imponente:
- Signore! Quest’oggi comincerete il ciclo d’allenamento col Generale De Laurentiis.
Francis guardava dritto davanti a sé tutte quelle giovani donne, e cercava di non farsi pesare il fatto che continuassero a richiamarla con quel cognome.
Il suo sguardo era serio, come quello di un generale doveva essere, ma quelle giovani donne non sembravano intimorite dalla sua presenza come da quella della Mitchell.
- Vi prego di rivolgerle il massimo rispetto, che le è dovuto non tanto per ciò che i media ci comunicano su di lei giorno per giorno, ma per quelle medaglie di riconoscimento che porta con orgoglio su quel taschino.
Francis trasalì a quell’affermazione: perché stava mischiando la sua notorietà in quel discorso?
Le lanciò una rapida occhiata turbata, ma cercò subito di riassumere la posa concentrata e seria di prima.
Al che la Mitchell allargò un braccio in direzione di Francis, e la invitò a raggiungerla al suo fianco, per prendere il suo posto al comando di quello squadrone.
- Voglia onorarci, Generale?!
Francis con spalle dritte e petto in fuori, si avvicinò a lunghi passi verso il centro di quello schieramento, e guardando le donne difronte a lei era pronta a parlare, quando sentì la Mitchell bisbigliarle qualcosa mentre si allontanava:
- In bocca al lupo soldato!
Francis acconsentì tacitamente con un battito di palpebre, poi ignorò l’uscita di scena della Mitchell, che seguita dai due sotto ufficiali, lasciava da sola Francis con quello squadrone che la fissava impaziente di sentirle dire qualcosa.
Al che la ragazza si schiarì la gola, e con un tono di voce profondo pronunciò:
- Buongiorno Soldati! Lasciatemi dire che per me sarà un onore potervi allenare in questi giorni, e spero di riuscire a trasmettervi tutta la passione, la dedizione e l’impegno che io stessa ho impiegato in questa caserma poco più di cinque anni fa.
Il silenzio regnava in sottofondo. Tutti gli occhi di quelle giovani donne erano puntati su di lei, ma Fran non sembrava esserne turbata.
Negli anni di notorietà aveva cominciato a non farci più caso e a parlare tranquillamente anche davanti alle folle come quelle.
- Avendo detto questo, diamo inizio a questo primo allenamento!!
A quelle parole nessuno mosse un muscolo, e Fran se ne stranì un po’, ma poi ecco che una di loro tra le righe di quello schieramento perfetto, disse con un tono di voce alto abbastanza da lasciarlo sentire a tutti:
- Non ho alcuna intenzione di prendere ordini da una stupida ballerina!
Il gelo calò in quel momento sullo squadrone che non si mosse di un centimetro, ma Francis riuscì perfettamente ad individuare la ragazza che disse quella frase.
Frase che per un attimo fece vergognare Francis di essere una ballerina, di essere ciò che fosse; ma fu proprio in quel momento che un’ondata d’ira e d’orgoglio si fecero spazio dentro di lei e presero il sopravvento su quel timido accenno di vergogna.
Le narici del suo naso si dilatarono in una smorfia di rabbia repressa, che la ragazza riuscì maestosamente a tenere sotto controllo, i suoi occhi verdi quasi diventarono rosso fuoco, e con un tono di voce alto e roco esclamò mettendo a tacere i pensieri di quelle giovani soldatesse:
- Infatti, soldato!
Le ragazze guardarono Francis, stupendosi del radicale cambio di tono di voce, che se precedentemente era più calmo, adesso non dava alcuna speranza di misericordia alcuna.
Francis lasciò intendere di non aver capito da chi fosse provenuta quella frase maligna, e proseguì urlando come un vero uomo d’esercito:
- D’ora in avanti riceverete ordini unicamente dal generale De Laurentiis!!!
Dopodiché mosse qualche passo orizzontalmente, rivolgendo uno sguardo ad ognuna di loro, ed aggiunse:
- Se qualcuna di voi unicamente penserà di non obbedirmi, vi comunico che la pena che vi affliggerò non sarà dolorosa, ma umiliante!! Vi manderò in giro per l’intera caserma con addosso un tutù rosa confetto ad eseguire piroette davanti agli occhi dei più potenti comandanti e generali della USA Army maschile! E la legge mi consente di usufruire del mio titolo di Generale per far di voi ciò che voglio!
Francis si fermò di botto e voltandosi a guardarle, riprese ad urlare:
- Quindi, adesso diamo inizio a questa prima sessione di allenamento!! …Per i tutù, fate tutte un passo alla vostra destra!
Francis non diceva sul serio, ma le importava unicamente lasciarlo credere a loro.
In realtà la pena l’avrebbe fatta scontare a tutte di lì a breve non appena avrebbero commesso l’errore di acconsentire nel cominciare quell’allenamento, che lei stessa si sarebbe impegnata a rendere loro un completo inferno.
Come previsto, nessuna di loro mosse un passo a destra, e tutte cominciarono ad eseguire gli ordini di Francis senza battere ciglio.
La ragazza le illuse di cominciare con solo cinque giri di corsa attorno alla torre di controllo, che non era più grande di un comune palazzo stile italiano.
Ma non appena terminarono quei giri, Franci le fece ritornare in riga e disse loro:
- Ottimo lavoro, soldati! Adesso… disponetevi tutte in fila per due!
Le ragazze incuriosite, si lanciarono uno sguardo tra loro, ma poi eseguirono subito gli ordini ed attesero altre indicazioni.
Francis si mise davanti alla lunga fila e con un braccio destro alzato disse:
- Voi tutte alla mia destra siete la fila A!
Dopodiché alzò il braccio sinistro:
- Voi tutte alla mia sinistra siete la fila B!
Francis abbassò le braccia e con postura impeccabile, esclamò con voce alta.
- Soldati della fila A!! Prendete in groppa i soldati della fila B accanto a voi!!!
Le ragazze sbarrarono gli occhi, ma fecero come ordinato, e Francis provò subito un briciolo di soddisfazione nel vederle obbedire ad ogni suo ordine, al che aggiunse:
- Adesso cominciate a correre attorno alla torre di controllo!! Voglio venti giri!!! Avanti! Muoversi! Scattare!!
Le ragazze stavano cominciando a voler indossare quel tutù piuttosto che continuare quel pazzo allenamento della ragazza, ignare di essere soltanto all’inizio.
Francis le guardò con soddisfazione, mentre cominciavano a correre tenendo sulle spalle le loro compagne, tutte attorno a quella torre, e sorrideva sotto i baffi ripensando alle parole di Chenille: “Tu sei nata per comandare”.
[…]
[Canzone consigliata per la scena – 30 seconds to mars-Night of the hunter]
La corsa fu ripetuta una seconda volta, con i soldati della fila B che prendevano in groppa i soldati della fila A e facevano altrettanti venti giri attorno alla torre di controllo.
Dopodiché, nonostante fossero quasi già sfinite, Francis continuò con quell’allenamento all’ultimo sangue.
- Voglio trenta serie di addominali da cinquanta piegamenti ciascuna!
Le ragazze cominciarono a distendersi a terra per poter trovare anche solo un attimo di tregua, prima di cominciare quel ciclo di addominali, ma Francis le fermò prima che potessero cominciare.
- Un momento! Dovrete prima prendere sui vostri dorsi i soldati della fila B e viceversa!
Le ragazze impallidirono a quelle parole, ma non potevano fare altrimenti, così eseguirono gli ordini e portando su di loro le compagne, come se fossero state degli zaini, cominciarono quella serie infinita di addominali, prima una fila, poi l’altra, fino ad arrivare alla fine, quasi senza più riuscire a respirare.
Qualcuna di loro sarebbe stata ben lieta di uccidere il soldato che aveva screditato Francis all’inizio, ma nessuno osò farlo perché infondo tutte pensavano ciò che soltanto quel soldato aveva avuto il coraggio di dire, così finirono col subire senza fiatare.
[…]
- Come vedete ci siamo spostate nel cortile della mensa, e non perché sia ora di pranzo.
Francis fece una pausa ed alzò un sopracciglio fermando la sua camminata orizzontale.
- Aspettate un attimo… è ora di pranzo!
Le soldato si guardarono tra loro, abbozzando a fatica qualche sorriso che donava loro la speranza di porre fine a quell’allenamento per potersi cibare, ma Francis aggiunse subito dopo.
- Peccato però che oggi salteremo il pranzo!
Francis si voltò a guardarle ed urlò nella loro direzione:
- Voglio che vi disponiate in fila per uno e che saltiate lungo tutti questi tavoli per un totale di 50 volte ciascuno, e alla prima caduta, la conta si azzera e ricomincerete tutto d’accapo! Avanti! Muoversi! Scattare! Scattare!!!
I tavoli della mensa erano dei classici lunghi tavoli come quelli che solitamente si trovano nelle pinete nei boschi: molto alti e poco distanti l’uno dall’altro.
Inoltre erano dotati di altrettanti sedili laterali che rendevano quei salti ancora più difficili da eseguire se non impossibili, ma le ragazze continuarono ad eseguire gli ordini del Generale De Laurentiis.
[…]
Erano quasi tutte morte sfinite, ma Francis riservò le loro ultime energie per un ennesimo esercizio che avrebbe poi chiuso quel loro primo allenamento insieme.
Tornarono nel cortile principale, e le ragazze quasi non sapevano più cosa aspettarsi, molte di loro faticavano a reggersi in piedi, ma la divisa glielo imponeva.
Al che Francis guardandole disse loro:
- Disponetevi in fila per dieci.
Le ragazze eseguirono e tornarono a formare tre file per dieci soldato ciascuna, dopodiché Francis disse loro:
- Distanziatevi l’una dall’altra di almeno due metri sia lateralmente che frontalmente!
Fran camminava a lenti passi orizzontalmente, mentre le osservava con attenzione, poi aggiunse:
- Adesso alzate la gamba destra e restate in equilibrio sulla sinistra per la durata di 120 secondi!
Le ragazze non si aspettavano assolutamente un esercizio simile, credevano in qualcosa di peggio, eppure quell’esercizio sembrava essere il più banale e semplice di tutti.
Trascorsero soltanto trenta secondi, e le ragazze cominciavano già a barcollare, finché una di loro perse l’equilibrio, ed assieme a lei anche tutte le altre che si lasciarono cadere.
Francis sbottò in un risolino sotto i baffi, ma poi con voce imponente disse loro:
- Ricominciate immediatamente d’accapo, o giuro che salterete anche la cena!
Le ragazze immediatamente tornarono a mettersi in equilibrio su una gamba, e mordendosi le labbra, riuscirono a resistere per 120 secondi in equilibrio, finché Francis non disse loro:
- Ripetetelo alzando la gamba sinistra!
Le ragazze riuscirono anche con la gamba sinistra, finché Fran non ordinò di ripeterlo per altri trenta cicli.
A fine allenamento, Francis ci tenne a dir loro qualcosa prima di congedarle ad un meritato riposo.
- Signore! Quest’oggi avremmo potuto condurre un allenamento regolare, ma vedo che c’è molto poco rispetto nei miei confronti da parte vostra, per dei motivi che non rientrano nelle mura di questa caserma; e dunque ho intenzione di guadagnarmelo nel giro di questi venti giorni insieme.
Quella era una velata e pulita minaccia di sofferenza, che la ragazza stava appena facendo a quello squadrone, dopodiché sorridendo loro, disse:
- Vi aspetto con impazienza domani. Buon proseguimento, soldati!
- Sissignor Generale!!!
Risposero le ragazze, rivolgendole un saluto militare, mentre lei dava loro le spalle ed andava via.
[…]
Francis non si sarebbe mai vergognata di essere una ballerina, o un’attrice di successo, perché per avere il successo che oggi riscuoteva nel mondo, aveva fatto innumerevoli sacrifici.
Non si sarebbe vergognata di essere ciò che era, ma sapeva di essere anche un Generale, e quindi non avrebbe permesso che una parte di quello che era, avrebbe intralciato e sminuito l’altra.
[…]
Rientrando in caserma, si ritrovò davanti un soldato ferito ad una gamba da un arma da fuoco, tenuto in piedi da Brown che la reggeva per un braccio, mentre altre ragazze correvano a chiamare dei dottori.
Francis si offrì di aiutarle, ma Brown le urlò contro:
- Stanne fuori!
Francis la ignorò, e andò ad afferrare la giovane ferita dall’altro braccio, ed insieme alla Brown la mise a sedere su un tavolo.
- Tienila ferma!
Brown non aveva alcuna intenzione di starla a sentire, ma Francis le urlò ancora più forte:
- TIENILA FERMA HO DETTO!!
Brown vedendo che le condizioni della ragazza peggiorassero, si precipitò a fare come suggeriva, e tentò di tenerla ferma, mentre Francis osservava attentamente il punto in cui ove vi era riportata la ferita d’arma da fuoco e pressava con due dita.
- Cosa è successo?
Chiedeva Fran alla giovane che era quasi in agonia per il dolore lacerante.
La ballerina provò a calmarla:
- Sta calma! Andrà tutto bene! Calmati adesso!
La giovane urlava e completamente sudata per il lacerante dolore alla gamba, si torceva tra le braccia della Brown che provava a tenerla ferma.
- Cosa è successo Brown?
Brown sembrò non volerne parlare, come se stesse nascondendo un segreto, ma dopo una manciata di secondi con lo sguardo serio di Francis puntato addosso, svuotò il sacco e cominciò a raccontare l’accaduto:
- E’ successo durante la mia lezione di smontaggio e manutenzione delle armi. Stavamo rimontando un fucile quando ad un’idiota di loro che le stava proprio difronte è partito un colpo accidentalmente!
La ragazza cominciò a piangere e Francis la guardò fulminea, per poi spostare lo sguardo verso la Brown, che essendo l’insegnante era responsabile dell’accaduto.
- Sta zitta, non dire altro!
Brown la guardò accigliata, forse si aspettava che Fran si sarebbe precipitata a raccontare tutto ai superiori, ma si limitò frettolosamente a chinarsi sulle proprie scarpe per sfilar via un laccio.
La ballerina avvolse quel laccio appena sopra la ferita della ragazza, a metà coscia e strinse ben stretto un nodo.
- Cosa fai con quel laccio?
- Le bloccherà l’emorragia interna causata dal proiettile. Se la metti a metà percorso tra la ferita e il cuore, l’emorragia non si espanderà!
Le rispose Francis mentre si rialzava e faceva tutto di fretta.
- E tu come lo sai? Non sei un medico!
Le diceva Brown, mentre Francis aiutava la ragazza a tenere la gamba distesa sul tavolo, provando anche lei a tenerla ferma.
- E’ una delle prime cose che impari se finisci in Colombia con la compagnia sbagliata.
Francis aveva arricchito il suo bagaglio di esperienze e di sapere nei suoi viaggi in sud America e nel mondo, ma quello era soltanto uno dei rari insegnamenti positivi che aveva immagazzinato.
[…]
Trascorsero svariati minuti e con un po’ di ritardo, forse eccessivo per i gusti di Francis, arrivarono i medici, che scostarono via le ragazze per soccorrere la giovane.
Francis e Brown fecero dei passi indietro e lasciarono operare i medici, finché uno di loro non disse:
- Chi le ha messo questo laccio sulla gamba?
- Sono stata io, signore!
Esclamò Francis con le braccia congiunte dietro la schiena, guardando in un punto davanti a sé.
Al che il dottore la guardò sorpreso da capo a piede, riconoscendo che fosse proprio la nota ballerina barra attrice, disse:
- I miei complimenti. Ha appena impedito un peggioramento della ferita. La giovane rischiava di rimanerne paralizzata senza il suo intervento.
Quelle parole regalarono una gioia senza eguali nell’animo di Francis, che per la prima volta si sentì quasi un eroina.
Aver salvato la ragazza da quel tragico destino, la inorgoglirono immensamente, e non trattenne un sorriso e uno sguardo rivolto al dottore colmo di gioia.
L’ansiano medico, ricambiò il sorriso accennandone un altrettanto, poi si affrettò a soccorrere la ragazza che venne poi operata per l’estrazione del proiettile dalla gamba.
[…]
In quei giorni tutta la caserma sembrò essere riconoscente a Francis, oltre alla giovane in questione che si chiamava Linda, persino Brown cominciava a guardarla con occhi diversi e Francis se n’era piacevolmente resa conto.
Fortunatamente Linda non subì ulteriori danni dopo l’intervento, ma necessitava di una lunga riabilitazione che l’avrebbe tenuta lontana dai campi d’addestramento.
I giorni in caserma per Francis proseguivano regolarmente, invece.
Ogni mattina eseguiva gli allenamenti agli squadroni del primo turno, ed ogni giorno diventavano sempre più pesanti.
Successivamente si concedeva uno spuntino in mensa, per avere la forza di proseguire in quel suo progetto, dopodiché si impegnava nelle sue lezioni sulle Armi, in cui eccelleva nei suoi metodi di insegnamento e spiegazione.
Si stava pian pianino guadagnando il rispetto e l’ammirazione di tutte quelle persone che all’inizio storcevano il naso nel vederla nei panni del generale, e riusciva ad accorgersene lei stessa.
Di sera amava rilassarsi mentre si concedeva una piacevole lettura a quel libro sula psiche dei sordomuti. Cominciava ad impararne sempre di più, e sentiva di star arricchendo il proprio bagaglio culturale, nonché preparativo in vista del provino per la parte nel prossimo film de I Pirati Dei Caraibi, il prossimo nove di Gennaio.
[…]
Il ventitré Dicembre giunse anche quell’anno, e quell’anno si arrivava a quota nove.
Nove anni erano trascorsi dalla morte di Emma, e ogni anno, Francis in quel giorno, riusciva sempre meno a condurre una giornata normale come le altre.
Seppur avesse smesso di trascorrerla a letto come un vegetale, quel maledetto giorno non riusciva mai a sorridere o ad essere come era ogni altro giorno dell’anno.
Non poteva fingere che tutto fosse passato, non poteva dimenticare, non in quella vita.
L’anniversario di quella tragedia le avrebbe fatto del male ogni anno che passava, anche se fossero trascorsi duecento anni.
Fortunatamente però, quell’anno era in caserma, e non doveva dare spiegazioni alcune sul suo umore, né doveva fingere di tener su un sorriso di plastica per convincere le persone che le stavano accanto e che le volevano bene, che fosse tutto ok.
Il ventitré dicembre, quell’anno passò in sordina, e Francis riuscì a ricucirsi un po’ di spazio per starsene nei suoi pensieri e nei suoi ricordi legati alla sua amica che anche se era ormai morta da anni, riusciva sempre a sentire la sua presenza accanto a sé ogni giorno che proseguiva nella sua vita.
Quell’incidente, quella perdita, l’aveva segnata per tutto il resto della sua vita, e non poteva ignorarlo, non in quel giorno almeno.
[…]
In caserma tutto proseguiva regolarmente ed ordinariamente, eccezion fatta per qualche piccolo evento in cui venivano premiate i soldati “della vecchia guardia” in onore all’ottimo lavoro che stessero svolgendo in quei giorni.
In caserma giunse il capodanno, e la sera del trentuno dicembre del duemila e undici, tutti soldati, gli ufficiali, i sottoufficiali, e i generali, erano riuniti nell’enorme sala della mensa che per l’occasione fu appena appena allestita a festa.
Tutti indossavano abiti eleganti, come tailleur, giacche e jeans.
Francis attendeva lo scocco della mezzanotte (che seguivano davanti alla tv in un noto programma americano, dove si sarebbero esibite alcune celebrity del mondo della musica, tra cui molte conoscenze della ragazza), se ne stava con un calice contenente dello champagne, quando le si avvicinò Cooper:
- Ehi, De Laurentiis…
Francis trasalì e si votò nella sua direzione, accennando un sorriso.
Quella sera indossava il suo bel tailleur firmato Nina Petrova, con sopra unicamente la camicia color tortora, la giacca l’aveva lasciata appesa ad un appendiabiti lì vicino.
I lunghi capelli ricci li aveva lasciati lisci morbidi lungo le spalle, e Cooper sembrò apprezzare quella visione.
- Ehi… Cooper!
La ragazza le sorrise di ricambio e restò ancora qualche attimo ad ammirarla prima di riprendere a parlarle:
- Allora… ti diverti? Straziante il countdown non è vero?
- Già… sembra stia arrivando la fine del mondo…
Disse in una lieve risatina la ballerina, e Cooper si lasciò contagiare timidamente.
- Infatti…
- Beh? Come vanno le tue lezioni? Ho sentito dire che sei un’insegnante brillante!
Le disse con un bel sorriso Francis, cercando di rompere il ghiaccio.
Aveva imparato a conoscere Cooper, e sapeva che le bastava una piccola spinta per sciogliersi e comportarsi naturalmente anche con lei.
La ragazza bionda sorrise timidamente abbassando lo sguardo, mentre anche lei reggeva il suo bicchiere di champagne, poi disse:
- Oh… ti ringrazio… beh sì, procedono molto bene, grazie per avermelo chiesto.
Francis le sorrise dolcemente, e Cooper ebbe quasi l’impulso di darle un bacio, ma rinsanì giusto in tempo per non farlo.
- Le tue lezioni ormai sono diventare argomento quotidiano per chiunque in questa caserma da quando sei arrivata. Dicono che li massacri…
- Che brutta parola…
Disse con un tono contrariato Fran, ma poi storcendo il naso si lasciò scappare una risatina e disse:
- Ma sì, sì è vero, li massacro.
Cooper abbozzò un sorrisino, e poi disse dopo una manciata di secondi di silenzio imbarazzante:
- E’ un vero peccato che quest’avventura stia per finire…
- Non sei felice di tornartene a casa?
- Sì, beh… trascorrere il natale e il capodanno in caserma non è il massimo…
La ragazza gesticolava goffamente stringendosi nelle spalle, e continuò dicendo:
- Oltretutto la mia ragazza quest’anno ha fatto un po’ di storie quando le ho detto di questo progetto, ma che vuoi farci… i soldi fanno comodo a tutti, no?
Francis si lasciò scappare un accenno di risatina forzata a quelle parole, e le diede ragione acconsentendo col capo amaramente:
- Eh già…
- DIECI… NOVE… OTTO…
- Oddio mancano solo dieci secondi??!
Cooper si lasciò prendere dall’entusiasmo del momento e cominciò a guardarsi intorno, avvicinandosi all’enorme TV assieme agli altri, convinta che Francis la stesse seguendo, ma la ballerina restò qualche secondo ancora in disparte, e mentre tutti erano ancora presi dal countdown, lei prese il suo bicchiere di champagne e bevve prima ancora che potesse scoccare la mezzanotte, lanciandosi una rapida occhiata attorno, mentre mandava giù il sorso con disinteresse.
Allo scoccare dell’anno nuovo, volarono tappi di sughero di bottiglie di spumante e applausi assordanti.
Francis osservava tutti festeggiare, come se fosse stata una spettatrice esterna a quello scenario, ma poi fu trascinata dagli altri a brindare insieme con dell’altro champagne.
[…]
L’ultimo giorno in caserma era arrivato, quei giorni sembrarono essere volati, eppure era quasi trascorso un mese, e il nuovo anno era appena cominciato.
Francis ormai aveva già la testa a provino per la parte, si stava documentando sulla psiche del suo personaggio quasi in modo maniacale.
In caserma non restavano che i saluti finali, che prevedevano una piccola premiazione di riconoscimento, oltre che al compenso monetario promesso.
Sarebbe stata una cifra modesta per alcuni, e ricca per altri, ma per Fran sette mila dollari all’epoca facevano più che comodo.
Gli ufficiali dello squadrone duemiladue, duemilasei, era tutto schierato in file orizzontali, nel cortile d’ingresso della caserma: tutte indossavano abiti eleganti, e se ne stavano lì con le mani congiunte dieto la schiena in una posizione statuaria ad ascoltare le parole di ringraziamento e congedo del Generale Mitchell.
- Siamo stati onorati di riaccogliervi, voi che siete stati uno degli squadroni migliori che questa caserma abbia mai accolto. Personalmente sono molto orgogliosa di avervi allenate personalmente in passato, così come sono stata orgogliosa e lieta di riaccogliervi a braccia aperte venti giorni fa.
Mentre la Mitchell continuava col suo discorso, Francis notava gli occhi puntati addosso della Brown che distanziava qualche metro da lei.
Francis dovette voltarsi leggermente sulla sua destra per poter spostare lo sguardo su di lei, e la ragazza si lasciò beccare mentre la guardava, restando con lo sguardo su di lei.
Le due si guardarono per una manciata di secondi e Fran si chiese cosa mai potesse volere quella ragazzona da lei; ormai erano passati anni dai loro trascorsi, eppure sembrava ancora avercela a morte con Francis, per ragioni poco chiare.
Ad un certo punto, Fran fu distratta da Cooper, che proprio accanto a lei, spostò lo sguardo verso la ballerina, ed accennò ad un sorriso timido.
Fran smise di guardare in direzione di Brown, e ricambiò appena il sorriso della ragazza tornando poi con la sua concentrazione verso la Mitchell che cominciò a dare direttive per l’assegnazione di medaglie d’oro su cui erano marcati i ringraziamenti della USA Army, una onorificenza davvero grande per Francis e tutte le altre.
Una alla volta, le soldatesse si avvicinarono alla Mitchell per lasciare che le onorasse con quella medaglia e si complimentasse personalmente per il loro contributo.
Arrivò anche il momento di Francis, subito dopo Cooper, la ballerina sfoggiò in tutta la sua bellezza in quello splendido tailleur, e i lunghi capelli ricci raccolti in una treccia che le contornava dolcemente il viso con qualche ciocca sciolta.
Aveva un filo di eyeliner nero, e labbra al naturale, in un look serio che la situazione richiedeva.
La Mitchell le sorrise, e Fran poté leggere nei suoi occhi tutto l’orgoglio e l’onore che quella donna avesse nel premiarla con quella medaglia e nello stringerle la mano.
Francis era una celebrità, vero, ma in quei giorni si era dimostrata un vero Generale d’Arma con le palle, capace di farsi rispettare da tutti anche da chi aveva da ridire sulla sua serietà in quanto tale.
La ragazza era riuscita ad avere successo anche quella volta, e ancora una volta si comportò con infinita umiltà e modestia, quando chiunque avrebbe mostrato della legittima fierezza e soddisfazione.
- Le faccio i miei complimenti Generale De Laurentiis! Magari la USA Army potesse averla sempre con sé, lei è un comandante nato!
Francis sorrise a quelle parole, vagando con la mente alle parole di Chenille, e forse cominciò a pensarlo anche lei.
In fin dai conti, se aveva quello spirito governativo di un comandante, di un leader, lo doveva a suo padre Aurelio, che lei sin da piccola aveva sempre e segretamente preso ad esempio.
Era qualcosa che non poteva ereditare da lui, non essendo la sua figlia naturale, ma riuscì chiaramente ad ereditarlo nonostante le leggi della genetica.
Francis strinse la mano al Generale, una stretta forte e decisa, con un sorriso compiaciuto sulle labbra, e disse:
- Sono onorata, Generale Mitchell!
Il Generale non si perse in chiacchiere e dopo averle messo la medaglia al collo, la congedò e proseguì con il resto delle donne.
[…]
A fine premiazione, e dopo la consegna degli assegni, le soldatesse restarono a brindare con dello champagne nel cortile, prima di tornare nelle loro camere, prendere le proprie cose e lasciare per sempre quella caserma.
- Ora che questa cosa è giunta al termine, te lo posso dire…
Francis era stata avvicinata da due ragazze che ricordava essere state due compagne di squadrone anni fa, le quali improvvisamente le sorrisero e munendosi di macchine fotografiche digitali le dissero:
- Possiamo scattare una foto con te?
Le due parlarono all’unisono quasi sembrando sincronizzate.
Francis sorrise loro lieta di sapere che fosse quella la cosa che volessero chiederle, e da lì a pochi secondi anche tutte le altre soldatesse chiesero di fare lo stesso.
Francis finì col scattarsi foto con una quarantina di ragazze più o meno della sua età, e a scrivere loro dediche per familiari o amici.
Finì ufficialmente la sua esperienza in caserma, e anche se ci era ancora dentro, la ragazza tornò alla sua vita di notorietà di tutti i giorni.
Sempre disponibile e gentile con tutti, accresceva ogni volta la sua popolarità soltanto per la sua immensa disponibilità ed umiltà con i suoi affezionati.
[…]
Finita l’ondata di foto ricordo ed autografi, la ragazza salutò tutti e si diresse nella sua camera per prendere le sue cose, e lì ad aspettarla c’erano le quattro giovani soldato in carica: Silvia, Samantha, Sarah e Stefany.
Le quattro non volevano più lasciarla andare, in quei venti giorni avevano imparato a convivere con la giovane celebrità, vedendola come una ragazza qualunque, quasi un’amica.
L’accerchiarono in un abbraccio di gruppo e quasi la imploravano di restare.
Francis sorridendo felice, le abbracciò una ad una, per poi guardarle e dir loro:
- Avete resto la mia permanenza in questa caserma migliore di quella che speravo. Non mi dimenticherò mai di voi… e spero di rivedervi un giorno.
- Magari mi decido a diventare una ballerina e vengo ad iscrivermi in una delle tue EmsAndFran.
Stefany, la ragazza che disse la frase, cominciò a muovere qualche goffo passo di danza, contagiando poi anche le altre tranne Silvia, che continuava ad essere quella più timida.
Francis le guardava divertita e accennò appena a qualche passetto insensato mentre batteva le mani in un motivetto creato dalle ragazze, le quali tentarono inutilmente di trascinare nella mischia anche Silvia.
- No, no, no, vi prego io non sono capace!
- E dai Silvia, se ha osato ballare Sarah, può farlo chiunque…
- Ehi!!!!
Esclamò offesa Sarah, guardando male Samantha, che le sorrise scherzosamente, mentre trascinava Silvia che disperata diceva:
- Vi prego ragazze… è umiliante! Somiglio ad un pezzo di legno… io ed il ballo proprio non ci amiamo…
La ragazza alzò lo sguardo verso Fran, che intanto se la rideva, e le disse:
- Mi dispiace, ma…
Le ragazze accerchiarono Silvia che sempre più impacciata chiedeva pietà.
Francis si concesse quei minuti di divertimento assieme alle ragazze in camera, e poi a malincuore le salutò definitivamente, prendendo le sue cose.
[…]
- So che probabilmente so per fare una gaf, ma…
Cooper e Francis si incamminavano insieme verso l’uscita della caserma, e la timida ragazza rivolgeva parola a Francis che a sua volta la guardava curiosa di sapere cosa le stesse per dire, poi ecco che continuò:
- …Potrei chiederti un autografo di Katy Perry?
Francis si fermò e la guardò come per assicurarsi che stesse dicendo sul serio, e non perché si fosse offesa, ma semplicemente non credeva che fosse una fan di Katy, ma Cooper fraintese e si affrettò a dirle gesticolando vistosamente, dopo essersi fermata anche lei:
- Non fraintendermi, è solo che la mia ragazza ne va matta e quindi… ma se non vorrai farlo, capirò perfettamente! Insomma è già abbastanza fastidioso avere gente che ti ronza intorno continuamente che ti chiede autografi e foto, se poi si aggiungono anche le richieste per altri allora diventa davvero… Infondo le avevo detto che sarebbe stata una pessima idea chiedertelo, ma quando le ho detto che ci sarebbe stato questo raduno, lei insisteva sul fatto che saresti stata presente, ma io le dicevo “No, figurati se una così importante come lei si mette a partecipare a raduni simili.” E lei insisteva col dire “Ma se verrà tu dovrai chiederglielo” e io continuavo a dirle di no, ma lei insisteva, così ho dovuto prometterglielo anche perché ero sicura che non saresti mai venuta.
Cooper parlò a raffica, così veloce da rendere impossibile un eventuale intervento di Francis per fermare quel suo parlottare.
Fortunatamente, la ragazza si stoppò per riprendere fiato, e Fran riuscì a parlare:
- Ehi! Ehi! Ti prego, ti prego sta zitta…
Francis le mise le mani sulle spalle, e la ragazza si fece seria in volto e non disse più una parola, spaventata ed incantata allo stesso tempo.
Francis le sorrideva e Cooper lentamente si scioglieva, poi la ballerina riprese a parlare e le disse:
- Sai che ti dico? Dammi il tuo numero di telefono, tra qualche giorno ci saranno i People’s Choice Awards, e io ci andrò con Katy. Vi procurerò due biglietti. Sarei ben lieta di conoscere la tua ragazza e di presentarvi Katy.
Cooper sembrò essere diventata una statua, non mosse un ciglio per almeno cinque secondi di fila, e mancò davvero poco che svenisse tra le sue braccia.
Francis la guardò strana, scuotendola poi leggermente per le spalle, davvero spaventata del fatto che potesse sentirsi male da un momento all’altro:
- Ehi… Rebecca?
Il sorriso le andò via dal volto, finché la ragazza non tornò in sé e con un filo di voce le disse:
- Dici… dici sul serio?
Francis lieta di vederla rinsavire, tornò a sorriderle lentamente, dopo averle sentito dire quelle parole, e le rispose:
- Sì, dico sul serio… ma non svenirmi adesso…
- Non posso promettertelo, mi sento già male!
- Oh andiamo, se ti senti male adesso, cosa farai quando te la ritroverai davanti?
Francis la scosse per le spalle e assicurandosi del fatto che non fosse davvero sul punto di avere un mancamento, e che stesse bene, si avvicinò al suo trolley e riprese a camminare.
Cooper si affrettò a riprendere il proprio bagaglio e corse dietro alla ballerina, ma furono interrotte dall’apparizione improvvisa di Brown che spuntò dalla loro sinistra.
Cooper guardò con sguardo sinistro quella ragazza, un po’ spaventata dalla tensione che si creava ogni volta tra lei e Francis.
Fece un passo indietro, guardando prima Brown, poi Francis, finché la ragazzona disse guardando unicamente Fran:
- Potrei parlarti un momento?
In quel momento il suo sguardo si spostò su Cooper, per farle intendere di andar via e lasciarle sole, e la ragazza bionda quasi se ne spaventò a tal punto da volersi nascondere dietro Francis.
Al che Fran si voltò in direzione di Cooper, e con un cenno di testa le disse:
- Aspettami all’uscita che continuiamo con quel discorso…
Cooper abbassò lo sguardo, per poi rialzarlo soltanto una volta verso Brown prima di darsela a gambe levate.
[…]
Le due restarono sole, in quell’enorme cortile, lungo il quale camminavano le altre soldatesse che anche loro andavano via.
Francis guardò Cooper andar via, dopodiché di voltò verso Brown e le disse:
- Cosa vuoi?
Inspiegabilmente, Brown sembrò essere in imbarazzo, ed abbassò per un attimo lo sguardo verso l’asfalto, poi tornò a guardare la ballerina, che accigliata si chiedeva cosa potesse mai volerle dire, finché finalmente non parlò:
- Ascolta…
Fran cominciò a pensare che quello doveva essere uno scherzo… insomma la Brown non aveva mai, mai abbassato lo sguardo neppure con il generale Mitchell.
Era una tosta, una che non conosceva la paura né tanto meno la timidezza, ma Francis avrebbe giurato di averne visto uno spiraglio in quello sguardo insolito.
- Ti sto ascoltando…
Disse Francis impaziente di aspettare che si decidesse a parlare.
- Sì, insomma, io… volevo… volevo scusarmi con te per quello che ho fatto.
Il mondo era appena andato sottosopra: Brown che si scusava con Francis!
La ballerina però, accigliò lo sguardo, e confusa le chiese:
- Scusarti per cosa? Ci siamo a stento rivolte la parola in questi venti giorni…
- Sai bene che mi riferisco alle cose che sono successe anni fa…
Francis ne restò colpita, a tal punto da non riuscire più a dir nulla, e così Brown continuò dicendo:
- Mi sono comportata come una stupida, e non avevo alcun motivo né diritto di fare ciò che ho fatto… Non chiedo il tuo perdono, io stessa non me lo concederei… voglio solo che tu sappia che mi dispiace, e che oggi ti vedo con occhi diversi… ma soprattutto volevo ringraziarti per non avermi messo la caserma contro dopo quell’incidente con quella ragazza…
Francis restò a guardare quell’enorme ragazza, di cinque taglie, forse sei, più grande di lei, mentre le parlava come mai avesse fatto e ne restò incantata.
Non riusciva a credere alle sue orecchie, una delle persone che credeva la detestasse di più al mondo, le stava porgendo le sue scuse per i suoi comportamenti passati.
Restò a fissarla per qualche secondo, senza sapere cosa dire, ma poi deglutì e le disse:
- Beh… scuse accettate, non c’è motivo di portare rancore sul passato a persone che probabilmente non rivedrai più…
Ecco che la tipica freddezza di Francis si fece rivedere proprio in quell’occasione, dopodiché le tese una mano pronta a salutarla:
- Buon proseguimento, soldato!
La ragazza le guardò la mano, poi dopo una manciata di secondi gliela strinse con la sua solita forza che non prese alla sprovvista Fran, che ricambiò di canto suo.
- Buon proseguimento Generale De Laurentiis!
Dal tono con cui la Brown pronunciò quella frase, e dal modo in cui la guardava, Francis si rese conto di essere riuscita a guadagnarsi anche il suo rispetto, e questa era per lei motivo d’orgoglio… una vera soddisfazione.
[…]
Francis finalmente poteva smettere di indossare tute militari, divise o quel tailleur cucitole da Nina, che se inizialmente trovava stupendo, dopo averlo indossato così speso, non lo sopportava più.
Così per tornare a Los Angeles, indossò un Jeans azzurro con scuciture bianche lungo le cosce, una t-shirt bianca di caldo cotone a maniche lunghe sottile, e un maglione fatto a felpa color grigio chiaro, che teneva aperto di cerniera, mentre camminava lungo la navata dell’aeroporto di San Diego, con capelli lasciati al vento e grandi occhiali da sole neri, per non essere accecata dai flash dei paparazzi che le stavano alle calcagna anche in quell’occasione.
Lei e Cooper si erano salutate subito dopo aver lasciato la caserma, e dopo che la giovane avesse dato il proprio numero di telefono alla ballerina che le avrebbe procurato due biglietti per i People’s Choice Awards 2012, come promesso.
Mentre Fran era in fila per fare il biglietto aereo, che l’avrebbe fatta rientrare a LA attorno alle tre due del primo pomeriggio, il cellulare cominciò a squillarle; così mollò la presa del suo trolley mentre era ancora in fila circondata da gente che pazientemente aspettava il proprio turno ed afferrò il cellulare dalle tasche del suo jeans.
Fortunatamente, aveva già concesso il suo tempo ad alcuni fan che avevano avuto il coraggio di avvicinarla per qualche foto, e sembrava finalmente lasciata ad un po’ di meritata privacy quando si affrettò a rispondere al telefono, senza riuscire a leggere il numero della telefonata in entrata.
- Pronto…?
Dall’altra parte del telefono si sentivano dei sussulti, un pianto soffocato da singhiozzi di una voce femminile.
Fran se ne spaventò sbarrando gli occhi, e tolse via dall’orecchio il telefono per poter leggere sullo schermo che fosse sua madre, al che la preoccupazione le balzò alle stelle e cominciò ad urlare senza rendersene conto:
- Mamma!! Mamma che succede??
La donna continuando a piangere con un filo di voce disse:
- Tuo padre… tuo padre ha avuto un infarto!
In quel preciso istante stava per averlo anche Francis, ma fortunatamente il cuore tornò a batterle dopo aver sentito quelle parole, e restò in silenzio con lo sguardo perso nel vuoto, continuando a sentir la madre dirle:
- Siamo alla clinica Mediterranea, lo tengono sotto controllo…
Fran non volle sentire altro, riagganciò il cellulare ed immediatamente afferrò il suo trolley e corse in direzione della biglietteria opposta per i voli internazionali diretta in Italia, diretta a Napoli, da suo padre.
[…]
Non sa neanche lei come riuscirono a trascorrere le ore di volo, fatto sta che arrivò all’aeroporto di Roma dopo sei ore di viaggio, forse sette, neppure se ne rese conto; da lì poi prese un ennesimo volo per Napoli e lì in aeroporto lasciò incustodito il suo bagaglio in una delle casseforti della struttura, portò con sé la chiave e corse a prendere un taxi per arrivare alla clinica.
Si era fatto buio, era sera, forse le otto, o le nove, non lo sapeva e non voleva saperlo perché per lei adesso l’unica cosa che le importava era quella di raggiungere la clinica, raggiungere quell’uomo.
[…]
Finalmente, dopo un infinito viaggio, riuscì ad arrivarci e l’ansia, la preoccupazione e il forte spavento non diminuì neppure di un minimo da quella telefonata agghiacciante della madre.
Entrò nella struttura spalancando di fretta e furia le porte d’ingresso con dietro alcune guardie che la seguivano per fermarla, ma Fran era più veloce.
Arrivò dinnanzi al bancone d’ingresso, quella splendida clinica somigliava ad un Hotel, con tanto di mentre.
- Signorina!
Esclamarono i due grossi uomini della security, mentre riuscirono a bloccarla solo una volta che fosse giunta al bancone al centro della sala d’ingresso, dove una giovane donna sulla quarantina si occupava di accogliere la gente, e nel voltarsi verso Fran si accorse che fosse la nota ballerina e attrice, soltanto dopo alcuni secondi.
Immaginò immediatamente che fosse lì per il signor De Laurentiis, ma fu interrotta dal parlare a raffica della giovane, che smanacciò via le prese dei due uomini:
- Dov’è? Come sta? Devo vederlo!!
- Dove va? Si fermi!!
Urlò la donna, mentre Fran cominciò a correre verso l’ascensore, senza neppure curarsi di informarsi del piano in cui si trovasse il reparto del padre, era in un totale stato confusionale, nonché sotto shock.
Gli uomini della security riuscirono a braccarla, mentre lei cercava di liberarsi con forza dalla loro presa e la donna avvicinandosi spaventata, cercò di calmare quella situazione che aveva destato l’attenzione di tutti i reparti vicini, facendo accorrere dottori ed infermieri vari.
- La prego, signorina De Laurentiis, si calmi!
- Lasciatemi! Lasciatemi passare!!
- Si fermi!!
Quei due grossi uomini, sembravano non essere abbastanza per fermarla, così Francis continuò urlando e cercando con foga di svincolarsi dalla loro presa:
- Lasciatemi vi ho detto!! Devo vederlo!!
- Signorina De Laurentiis, la prego! Non si agiti! Stia ferma!
La donna provò a calmarla prendendola per le mani, e catturandola con lo sguardo, Fran riuscì a calmarsi e restò ad ascoltarla visibilmente sconvolta:
- Suo padre sta bene! Sta bene!!
Fran a quelle parole riuscì per un attimo a calmarsi, e il cuore smise di sfondarle il petto, e cominciava man mano a battere con meno violenza.
Al che la donna proseguì dicendole:
- Ha avuto un infarto, ma fortunatamente non gli ha recato alcun danno. Adesso deve restare a riposo e sotto il controllo dei nostri medici!
In quel momento arrivarono alcuni medici che con prepotenza mandarono via la donna, e presero loro la situazione in mano:
- Si dia una calmata adesso! Dove crede di trovarsi? Siamo in una clinica privata! Ci sono dei malati! Sta disturbando un intero reparto con questa sua sceneggiata!!
Francis lasciò la presa delle due guardie, con la forza e guardò male quel medico che cercò di mortificarla, ma la ragazza in quel momento se ne sbatté altamente di quell’uomo e di chiunque altro.
Era una situazione del cazzo, non poteva controllarsi, non poteva calmarsi.
Suo padre era appena scampato alla morte e cosa le chiedevano? Di non fare sceneggiate?
Non rispose più di sé e si avvicinò a quel dottore tanto prepotente parlandogli con furia, e gesticolando visibilmente, quasi mettendogli le mani addosso:
- Sono perfettamente conscia del fatto di trovarmi in una clinica piena di malati, tra questi c’è anche mio padre e lei non può permettersi di chiedermi di starmene calma! Questa non è una sceneggiata, ma se desidera una sceneggiata l’accontento subito e faccio diventare anche lei uno di questi malati!
A quella minaccia il dottore sbarrò gli occhi indignato e disse:
- Come osa!! Esca immediatamente da questa clinica o chiamo la polizia! L’orario delle visite è finito! Ritorni domani mattina alle nove!!!
Il dottore, che era un uomo non più grande di quarantacinque anni con indosso il classico camice bianco, si allontanò da lei reggendo in mano il suo taccuino su cui aveva segnato tutto sui pazienti, e con tono irritato disse rivolgendosi alle guardie:
- Portatela fuori da qui!!
Il medico andò via spavaldamente, assieme ad altri infermieri e dottori che tornarono al proprio lavoro, mentre la donna all’ingresso lanciò un’occhiata dispiaciuta a Francis che proprio in quel momento si voltò a guardarla e con gli occhi colmi di lacrime le sorrise per ringraziarla tacitamente per averla rassicurata sulle condizioni di suo padre, dopodiché venne scortata fuori dalle guardie.
[…]
Fran fu cacciata fuori da quell’ospedale come se fosse stata un insetto, come l’ultima degli esseri umani, ma non volle abbattersi, non per loro almeno.
Si mise seduta sugli scalini dell’entrata raggomitolata alle proprie ginocchia, decisa ad aspettare lì fuori che giungesse il giorno seguente e quindi l’orario che l’avrebbe permesso di far visita a suo padre.
Ma sembrava che quello fosse un luogo sacro, perché le guardie le dissero che non poteva sostare neppure lì fuori, al che la ragazza non si perse d’animo e limitandosi a lanciar loro un’occhiata mista ad un sorrisetto ironico, si allontanò da li con le mani nelle tasche mettendosi a sedere su un marciapiede proprio di fronte alla struttura, lì per strada.
Era il due di gennaio, e il freddo non mancava, e Fran cominciava a sentirlo, ma il suo orgoglio, la sua testardaggine erano più forti di mille freddi e così non si mosse di lì per tutto il tempo.
[…]
Provò a scaldarsi col calore del proprio corpo, restando abbracciata alle proprie ginocchia che aveva poggiate al petto, e seduta sul quel marciapiede, se ne stava a fissare quella grande clinica provando ad indovinare quale potesse essere la finestra della camera di suo padre.
Chissà se i medici l’avessero avvertito della sua presenza, chissà se sapesse del suo arrivo e se ne fosse sorpreso, ma soprattutto se ne avesse piacere nel saperla lì per lui.
Una valanga di domande le attraversarono la mente, e non poté far a meno di pensare al fatto che ormai erano anni che non si rivedevano… insomma era capitato che lo rivedesse allo stadio, quando giocavano a Napoli e lei era lì per assistere a qualche Match, ma lui se ne stava in tribuna, mentre lei era confinata giù lungo la pista da corsa che contornava il campo di calcio, e non aveva mai avuto l’opportunità di ritrovarselo davanti.
Probabilmente non ne aveva mai neanche avuto voglia, era dal duemila e sette che lei e suo padre non si ritrovavano insieme nella stessa stanza da soli a rivolgersi la parola, ma visto i precedenti tragici, preferì così.
Segretamente in cuor suo moriva dalla voglia di poterlo rivedere e stare con lui nella stessa camera, poter avere l’opportunità di parlargli e magari di abbracciarlo.
Le mancava terribilmente, ma non l’aveva mai ammesso a sé stessa in tutti quegli anni fino a quel momento; neppure se n’era resa conto fino al momento di quella terribile telefonata della madre.
Smise di pensare, e si rese conto solo ad allora di non avere il cellulare con sé perché l’aveva lasciato nel trolley, che a sua volta aveva lasciato in aeroporto.
[…]
Passò qualche ora, se ne poté accorgere per il cambio di guardie giurate della security della clinica, che riuscì a vedere da lontano.
Fran se ne restava lì ancora su quel marciapiede a soffrire il fatto di non poter entrare in quell’edificio e raggiungere suo padre e assicurarsi che stesse davvero bene.
Non aveva avvisato Chenille di quel suo cambio di rotta improvviso, probabilmente l’amica assieme a MamaSu, a Nina e agli altri ragazzi erano in allarme per il suo non arrivo, così come non aveva avvisato sua madre dell’arrivo in Italia.
Insomma nessuno sapeva che lei fosse lì fuori a parte le guardie e i dottori.
[…]
Il freddo cominciava a farsi sentire man mano che la notte si inoltrava, e nonostante Francis fosse stata forte e coraggiosa per tutto quel tempo, senza neppure rendersene conto: cominciò a piangere.
Le lacrime le uscirono da sole dagli occhi, mentre ripensava all’accaduto, mentre realizzava sempre più che suo padre, Aurelio avesse avuto un infarto e che sarebbe potuto morire senza che lui e lei avessero potuto chiarire, senza che avesse mai più avuto l’opportunità di riabbracciarlo e dirgli quanto lo amasse.
In un momento, tutto il rancore, tutto l’orgoglio e la rabbia svanirono dinnanzi a quell’ipotesi di tragedia che fortunatamente aveva scampato.
Richiudendo e riaprendo gli occhi, un ricordo prese forma nella sua testa, quelle lacrime sul volto le fecero ricordare una scena simile di qualche anno prima, in cui era per strada, proprio come lo era in quel momento, con la sola differenza che oltre a delle lacrime, vi era una fitta pioggia a bagnarle il volto…
[Canzone consigliata per la scena Adele – Set Fire To The Rain]
Era l’ultimo giorno del mese di maggio del duemila e otto, Francis e Justin si erano appena lasciati: la sera di quello stesso giorno, Justin aveva scoperto tutto.
Francis lo aveva quasi visto piangere, ma l’orgoglio ferito dl ragazzo prese il sopravvento, la rabbia prese il sopravvento su Justin il quale se ne rientrò a casa senza voler mai più rivederla.
Francis capì immediatamente di averlo perso, di averlo perso per sempre e che nulla avrebbe potuto fare per riparare al suo errore, ma l’amore, l’amore che provava per lui era così forte e puro da farle credere di poterci riuscire.
Così guidata dalla disperazione montò sulla sua moto e di tutta fretta, si precipitò a casa del cantante.
Mentre era in viaggio, la visiera del casco cominciò a bagnarsi a causa di una pioggia che cominciò man mano a diventare sempre più fitta e densa, tanto da cominciare a sentire dei tuoni in lontananza, ma il motore della sua moto era più rumoroso, e il battito del suo cuore più assordante di mille tuoni.
Aveva imparato ogni centimetro d’asfalto che conduceva alla casa del cantante a Los Angeles, conosceva ogni singola buca che vi era lungo il cammino.
Francis accelerava, accelerava sempre più forte come se ad ogni spinta di gas, avesse lanciato un urlo disperato.
Arrivata verso il lungo viale di quella strada che conduceva alla sua villa, decelerò, per poi frenare con violenza giusto quando sulla sua sinistra si ritrovò il cancello di casa sua.
Era così fuori di senno, che lasciò cadere la sua moto sull’asfalto dopo aver tirato via le chiavi e il casco, per precipitarsi a bussare al suo citofono, e ad urlare a grande voce per convincerlo ad aprirle.
Il citofono di Justin era uno di quelli dotati di schermo che permetteva sia a chi era in casa e sia a chi fosse fuori casa, di vedere il proprio interlocutore, con l’unica differenza che però il proprietario di casa, poteva impedire a chi stesse fuori di vedervi all’interno se avesse premuto un apposito tastino.
Francis si inzuppò fradicia sotto quella fitta pioggia, vestiti bagnati, capelli bagnati in testa, ma nemmeno se ne rendeva conto; ciò che realmente contava per lei, era Justin, desiderò con tutte le sue forze che il ragazzo le aprisse quel cancello per lasciarla entrare in casa e darle la possibilità di spiegargli tutto, ma lui glielo impedì.
Era sconvolto, era dentro quell’enorme casa assieme al suo agente, che cercava di tenerlo calmo, mentre lui provava a non sfasciare tutto ciò che avesse intorto, col citofono che in sottofondo andava a vento.
- Falla smettere! Falla smettere! FALLA SMETTEREEE!
Justin disperato indicava con una mano il citofono che Francis stava quasi facendo cadere dal muro, mentre si passava una mano sulla faccia e poi tra i capelli, in preda alla disperazione più totale.
Non si era mai visto il ragazzo ridotto in quello stato, neppure il suo agente che lo conosceva da tutta una vita lo aveva mai visto così, e tutto per causa di Francis che a sua volta fuori la strada urlava il nome del ragazzo fino a perdere la voce.
- JUSTIIIIN!!! JUSTIIIIIIIIIIN! TI PREGO! TI PREEEEEEEEEEGOOO!
Il cantante disperato, si allontanò da quel citofono andando in cucina per cercare di calmare quel suo animo in tormenta con un sorso di vodka, prese un bicchierino e la bottiglia, ma il suono di quel citofono lo mandò su tutte le furie e scaraventò il bicchiere contro una credenza del suo lato opposto, finendo con lo sfondarne la vetrata e così anche alcuni bicchieri di cristallo al suo interno.
Il suo agente corse in cucina, ma Justin era preso da un forte attacco d’ira cieca, e cominciò così a scaraventare contro quella povera credenza una decina di bicchieri, distruggendo man mano tutto attorno a sé.
Il povero Johnny, il suo agente, provò a fermarlo, ma Justin era indomabile, niente e nessuno avrebbero potuto fermarlo in quel momento.
Distrusse piatti, distrusse ancora altri bicchieri, tazze, tutto ciò che si ritrovò davanti in quel momento, finendo poi col restare lì in piedi su dei cocci di porcellana, di vetri vari e con solo una bottiglia di vodka poggiata su di un mobile di quella cucina sventrata.
Il citofono smise di suonare, e lui cominciò a bere lunghi sorsi dal collo della bottiglia, come se stesse bevendo della pura acqua.
Fuori dalla casa, vi era invece Francis che dava dei calci a quel dannatissimo cancello, mentre la pioggia continuava a bagnarla tutta, impedendole di vedere chiaramente davanti a sé, ma non smetteva di urlare il nome del ragazzo.
Justin riusciva a sentirla, riusciva a sentire la voce di Francis graffiarle la gola mentre cercava di catturare la sua attenzione, ma pur di non sentirla, cominciò a prendere a pugni un mobile di quella cucina, finendo col distruggere un ennesima vetrina e col tagliarsi sulle nocche delle mani, ma non se ne curò, continuò finché non perse la sensibilità delle mani.
Johnny disperato lo tirò via da lì, ma il cantante lo spinse in malo modo tanto da farlo cadere su quei cocci di vetri ed oggetti distrutti lungo il pavimento: era davvero accecato dalla rabbia, tanto da non riuscire più a ragionare.
Non si sa quanto tempo trascorsero in quello stato: lui dentro casa a distruggere tutto ciò che trovasse, scolandosi un’intera bottiglia di vodka in due soli sorsi, mentre lei era fuori a prendersela contro quel dannato cancello e a squarciagola urlava invano il suo nome sotto quella fitta pioggia quasi invernale.
Francis tornò a risuonare a quel citofono, Justin tornò a guardare nello schermo, tornò a guardarla dopo aver scaricato la sua ira su quella cucina, ma non osò risponderle.
Poté vederla mentre tentava invano di scavalcare il cancello che la teneva fuori, ma con inutili sforzi, perché la pioggia bagnava quel ferrò che lo rendevano impossibile da scavalcare.
- Si può sapere cosa hai visto?
Johnny si fece avanti, camminando verso la sua direzione, stando attento a non calpestare alcun coccio di vetro, mentre assieme a Justin guardava dallo schermo Francis che disperata si chinava sulle ginocchia mentre si passava le mani nei capelli inzuppati.
John indicò quello schermo e gli disse con un tono di voce timidamente più marcato:
- Perché la odi così tanto?
Il suo agente non riusciva ad immaginare cosa potesse essere successo tra i due, per ridurre Justin a lasciare Francis lì fuori a disperarsi sotto la pioggia pur di dargli una spiegazione.
Al che il cantante con una voce spezzata dalla sofferenza, e staccando gli occhi da quello schermo prima di poterne morire, gli disse:
- Vorrei tanto odiarla… vorrei riuscirci, ma è proprio perché la amo che non riesco più a guardarla! Mandala via!
Il cantante si affrettò a sparire da davanti quel citofono per allontanarsi e lasciarsi andare anche lui alle lacrime.
[…]
Pochi minuti dopo, si vide ritornare Justin davanti quel citofono, dopo aver sentito che Johnny avesse acceso l’audio dell’esterno della casa e che stesse ascoltando la ragazza parlare verso quello schermo che lei vedeva totalmente oscurato.
Justin aveva gli occhi arrossati e gonfi dalle lacrime, ma Johnny cercò di non guardarlo troppo, e vedendolo avvicinarsi interessato alle parole di Francis, decise di concedergli qualche minuto da solo e si recò nell’altra stanza.
Justin lentamente si avvicinò a quel piccolo schermo sulla parete, quasi come se fosse ipnotizzato, e restò ad ascoltare le parole di Francis che si mischiavano al suono della pioggia incessante.
- … ti prego… lascia che ti parli…
La ragazza stava parlando contro quel citofono ormai da qualche minuto, senza curarsi del fatto se lui la stesse o meno ascoltando, anche se in cuor suo sperava che lo stesse facendo.
Lui non disse una parola, ma poteva anche farlo, lei non l'avrebbe sentito, né visto.
Francis piangeva, ma urlava meno, dato che le era quasi andata via la voce a furia di farlo, e continuava a parlare con una voce roca e fioca:
- Ti scongiuro… tu lo sai che ti amo da morire… sai che è vero, lo sai, lo sanno tutti! Se così non fosse ti pare che me ne starei qui sotto questa pioggia ad implorarti di aprirmi questo…
La ragazza diede un violento calcio al cancello, e a denti stretti presa dalla rabbia continuò:
- …cancello!!!?
Al che dopo quel calcio, provò a calmarsi e a tenere sotto controllo la rabbia, e guardando quello schermo, disse:
- Ti prego amore mio, aprimi! Non facciamo finire tutto così, non lo sopporterei!
- Dovevi pensarci prima…
Commentò lui guardandola senza alcuna emozione sul volto, mentre lei continuava ignara di quelle sue parole:
- Non lasciare che rovini anche questo, non lasciarmelo fare… non con te, ti prego! Ti prego Justin…
Francis poggiò una mano sul muretto lì accanto al citofono, cercando di trovare sostegno per reggersi in piedi, e senza rendersene conto si avvicinò a quel citofono tanto da far vedere soltanto i suoi occhi e parte della sua fronte bagnata.
Justin che abbassò lo sguardo per qualche attimo, rialzandolo, fu colpito nel vedere quegli occhi così vicini alla telecamera, e se ne morì.
- Ascolta… io non posso vivere senza di te! Se tu adesso mi lasci, la mia vita finisce. Smetto di vivere senza te al mio fianco… tu sei il mio cuore, e come si può vivere senza il proprio cuore?
Francis provò a trattenere i singhiozzi di un pianto che stava cercando di tenere a freno per poter parlare chiaramente contro quello schermo, ma non resse più e il suono del suo pianto riuscì a sentirlo anche lui, che come un bambino cominciò a piangere disperato mentre si lasciava scivolare a terra lungo la parete di fronte quello schermo di citofono.
Francis aveva il capo chino, e non lasciava vedere altro se non la pioggia alle sue spalle che faceva da sottofondo a quel suo pianto spacca cuore.
- Io ti amo…
Le sussurrò lei mentre piangeva, e lui chiuse gli occhi restando ad ascoltare quelle parole che erano come una pugnalata dritta al cuore.
[Canzone consigliata per la scena Mario Winans – I don’t wanna know]
- Come farò io adesso senza di te? Eh? Me lo dici?
La ragazza si lasciò guardare nello schermo mentre piangeva, e lui alzò lo sguardo, mentre tirava a sé le gambe, poggiandosi alle proprie ginocchia:
- Non sono nessuno, non sono niente senza di te al mio fianco…
Lui cominciò a pensare che lo dicesse riferendosi alla sua fama, al suo successo legato al suo nome, ma lei fu come se gli avesse appena letto nel pensiero, e continuando a parlare disse:
- Fanculo il ballo! Fanculo quel mio stupido e dannato sogno!
Fece una piccola pausa, e dopo essersi morsa un labbro, piangendo disse verso quella telecamera:
- Io non sogno altro che passare il resto della mia vita con te!
La ragazza si disperava e dava pugni contro il muro, schiaffi, quasi vi si buttò contro con la testa per la rabbia, ma non lo fece.
Si allontanò da quello schermo e congiunse le mani in una preghiera rivolta a qualcuno nel cielo.
Alzò la testa verso quella pioggia che cadeva e disse:
- Ti prego… Ti prego… per una volta… aiutami!
Francis non l’aveva mai fatto, eppure in quel momento era così estremamente disperata, da voler chiedere aiuto a Dio… se mai ce ne fosse stato uno che la stesse ascoltando.
- Dio fa che mi perdoni! Fa che mi ascolti!
La ragazza si piegò sulle proprie gambe, convinta ormai che nessuno la stesse guardando in quello schermo, e con le mani congiunte pregò col cuore verso qualcuno di divino che potesse aiutarla a non perdere il ragazzo che amava.
- Ti prego, Dio, io non vivo senza di lui, non so come si fa…
Justin fissava quello schermo e restava ad ascoltare quella sua preghiera, mentre lui stesso tacitamente, pregava che se ne andasse da lì, ma intanto lei parlava ininterrottamente verso un Dio che sembrava essere sordo alle sue preghiere.
- Non so come si viva una vita se non c’è lui a mostrarmelo… Mi hai già portato via Emma… per favore, ti prego, ti scongiuro, non portarmi via anche lui! Non riuscirei a superarlo!
[…]
Justin finì col perdere le forze dopo tutta quella sofferenza, dopo tutte quelle lacrime, e crollò in un sonno straziato da quel brutto momento, ancora disteso contro quella parete, avente le mani viola ricoperte da grumoli di sangue secco e lividi, dopo che aveva distrutto mezza casa.
Johnny, mentre lui dormiva, afferrò quel citofono, e vide che Francis, senza perdere le speranze, era rimasta lì fuori accasciata difronte lo schermo.
La ballerina non appena vide quello schermo illuminarsi, ebbe un tonfo al cuore e credette di essere riuscita a convincerlo, così sorridendo emozionata, si alzò d terra e si precipitò verso quello schermo che lei stessa ripulì dalle gocce di pioggia, per poter veder meglio, ma la sua maglia era inzuppata, e non migliorò la situazione.
Nel vedere la faccia di Johnny spense quasi tutto il suo entusiasmo e il suo sorriso.
L’uomo avvicinò di molto la sua faccia a quello schermo e cominciò a parlarle a voce bassa:
- Lascio l’audio e il video accesi a sua insaputa. Meriti di vederlo…
L’uomo lanciò uno sguardo amareggiato nella telecamera, poi fece un passo a destra e sparì dalla schermata, lasciando davanti agli occhi di Fran una scena agghiacciante che le distrusse anche l’ultimo briciolo di cuore che le era rimasto.
Justin era accasciato a terra, tra i cocci di oggetti distrutti da lui stesso in precedenza, con le mani distese lungo il pavimento (che gli faceva da letto) le nocche delle dita le aveva ricoperte di sangue ed erano di un viola tipico dei lividi.
I suoi occhi anche se erano chiusi, riusciva a vedere che fossero gonfi ed arrossati sulle palpebre, proprio a causa dei lunghi pianti.
Fran perse il respiro dai polmoni per interminabili secondi, e la gola le si seccò in un attimo impedendole di deglutire a quel terribile scenario.
Aveva ridotto la persona che più amava al mondo in quello stato, lo aveva distrutto e non aveva alcun diritto né valido motivo per farlo.
Provò un senso di odio, di disprezzo e disgusto nei suoi confronti, che mai prima di allora aveva provato.
Non riuscì a dir nulla, così andò a sedersi a pochi passi da lì, poggiandosi a quel muro di pietra di spalle, restando a fissare l’amore della sua vita ridotto a pezzi, attraverso quello schermo, sotto una pioggia che continuava a peggiorare come il malessere dentro di lei.
Una voragine le si aprì nel petto, voragine che restò aperta e che probabilmente ancora oggi era aperta di qualche spiraglio nel suo cuore.
[…]
Un battito di ciglia la fece tornare al presente, come se avesse ricordato tutto quello in un nano secondo.
Asciugò via le lacrime, ed alzò lo sguardo ancora una volta verso quella struttura, costringendosi a pensare unicamente a suo padre e smetterla di pensare al passato.
Trascorse la notte lì fuori, ma non fu sola, delle persone la riconobbero mentre transitavano con l’auto lungo lo stradone fuori la struttura, e stentarono a credere che fosse proprio lei, che fosse la famosa Francis.
Era risaputo nel mondo che i Napoletani fossero noti in quanto ad altruismo e a calorosità che sapevano mostrare a chi di bisogno, e Francis quella notte ne aveva un disperato bisogno.
Si videro giovani ragazzi che rientravano a casa a bordo delle loro auto, tornare sul posto assieme alle loro mamme, alle sorelle, ai fratelli, per procurarle del cibo, per darle qualcosa di caldo da indossare.
La ragazza commossa, ringraziò quelle meravigliose persone (saranno state una decina) , nonostante alcuni l’avessero invitata nelle proprie case per passare la notte, la ragazza si impuntò nel trascorrerla lì fuori, ma si assicurò che tutti andassero via, dopo averli ringraziati fino allo sfinimento.
La gente l’amava, ma in particolar modo Francis era amata dai Napoletani di tutto il mondo e dagli Argentini, gente e popoli che avevano molto in comune, e che quella ragazza riusciva ad unirli ancor più di quanto non lo fossero già, inorgogliendoli con quello che faceva per queste terre con associazioni di beneficenza, e tutte le sue buone azioni in special modo rivolte ai bambini bisognosi soprattutto delle sue terre.
Si creò una folla fuori quella clinica che destò l’attenzione di tutti i medici e i pazienti (a parte quelli gravi, come sembrava essere suo padre Aurelio).
Molte persone scattavano foto con la ragazza, ci parlavano, molti le confidarono di essere iscritti alla sua scuola di danza, molti le confidavano di essere innamorati di lei, riuscirono a strapparle un sorriso anche in un momento brutto come quello, riuscirono a farle mangiare della pasta che delle signore gentilmente le avevano portato da casa appositamente per lei.
Fu un qualcosa di unico ed irripetibile in qualsiasi altro posto nel mondo.
Francis ringraziò tutti fino a quasi perdere le forze, finché non li convinse ad andar via, arrivati ad un certo orario della notte, per non recare disturbi agli ammalati della clinica, e attorno alle quattro, la ragazza restò di nuovo sola su quel marciapiede ad aspettare che passassero quelle ore, con addosso qualche coperta e qualche pezzo di cioccolata che le avevano lasciato dei ragazzi.
Era sveglia da quasi 24 ore, e del caffè offertole da quelle brave persone, l’aiutarono a restare sveglia.
[…]
In mattinata, attorno alle otto, si cominciavano a veder passare lungo quella strada che costeggiava la clinica, molte persone che andavano forse a lavorare.
Di lì a breve, Fran vide avvicinarsi a lei la giovane donna che la sera prima, nella clinica, la rassicurò sulle condizioni di suo padre.
Francis si alzò immediatamente da quel marciapiede, tirando via una coperta (anch’essa datale da quelle brave persone nella scorsa notte) e con un espressione confusa e sconvolta, le andò incontro:
- E’ successo qualcosa a mio padre?
La donna le prese le mani, e cercò di riscaldarla, cominciando a parlarle con un tono di voce rassicurante e calmo:
- No, stia tranquilla signorina. Suo padre sta bene.
Francis allora si stranì della sua presenza lì e la guardò accigliata, così la donna capendo il suo stato confusionale, si lanciò prima una rapida occhiata intorno frettolosamente, poi le disse:
- Rischio di giocarmi il posto di lavoro per quello che sto per fare, ma…
La donna la prese per una mano e cominciò a tirarla via con sé:
- Venga con me!
Fran non oppose resistenza e la seguì a passo svelto dentro quella clinica, dove subito la donna si imbatté nelle guardie giurate, che stranamente non abbraccarono la ballerina per farla uscire.
- Antonio, mi raccomando, appena vedi arrivare il Dottor De Luca sai già cosa fare!
I due si parlarono con una certa complicità che lasciò perplessa Fran, poi la donna si voltò verso di lei e la tirò via verso gli ascensori.
- Mi segua!
[…]
Non l’avrebbe mai detto, eppure quella brava donna le concesse di vedere suo padre due ore prima dell’orario di visita, grazie anche all’intervento delle guardie giurate della clinica, che avrebbero subito lanciato l’allarme alla donna semmai i medici fossero arrivati.
Francis era in uno stato pietoso: il jeans era intatto, ma la maglia e la felpa grigia erano uno straccio; provò così a rimediare e chiuse la felpa, nascondendo almeno quella malridotta maglietta bianca, e tirò su i capelli in uno chignon ordinato; portò dietro l’orecchio qualche ciuffo selvaggio di capelli, e tentò come meglio poté di rendersi presentabile.
L’idea di rivedere suo padre la mise una certa agitazione addosso, nonché preoccupazione ed angoscia, perché l’avrebbe rivisto disteso in un letto d’ospedale.
[…]
Entrarono in una camera in cui vi era unicamente suo padre, e non anche altri pazienti, la stanza era di un colore caldo ed accogliente color blu soltanto nella parte bassa della parete.
Due grosse finestre poste sulla parete opposta all’entrata, donavano una splendida luce alla camera, rendendola molto calorosa grazie alla luce del sole che vi si infiltrava.
Il letto era posto esattamente al centro, lungo la parete di sinistra, e Francis ebbe quasi paura nel guardare nella sua direzione, non riusciva a reggere l’idea di dover rivedere suo padre proprio lì e in quella brutta occasione.
Poi però, una volta entrata, non riuscì a trattenersi e cercò immediatamente suo padre, che era disteso su quel letto, sotto delle coperte, col capo chino da un lato mentre riposava.
Francis allarmata guardò per un attimo la donna, che le disse subito dopo:
- Adesso sta riposando, ma lo teniamo sotto controllo… i valori sono tutti regolari, e questa notte l’ha trascorsa bene.
Francis si avvicinò al letto a passo lento, mentre ascoltava le parole rassicuranti della donna, che guardava il modo in cui Fran cercasse di guardare suo padre, senza che le si spezzasse il cuore.
- Allora sta davvero bene?
Sussurrò lei, constatando che l’uomo respirasse regolarmente e che fosse lì disteso a riposare senza alcuna complicazione.
Un sorriso spezzato dall’emozione le marcò il volto, cominciando a pensare quanto bello fosse anche mentre dormiva, era follemente innamorata di suo padre da sempre, e adesso ne aveva ancora di più la conferma.
Con timidezza allungo la mano verso la sua, e gliela sfiorò, fino a stringergliela delicatamente.
La donna notando quel gesto, se ne compiacque e sorrise in direzione della ballerina dolcemente, dopodiché mosse qualche passo indietro e disse:
- Vi lascio soli… per qualsiasi cosa sono qui fuori…
Francis fu destata dalle parole della donna, e voltandosi nella sua direzione, la guardò negli occhi, e sinceramente le disse:
- Grazie…di tutto!
La donna le sorrise dolcemente, poi andò via lasciando padre e figlia da soli in quella camera.
Fran si mise a sedere su di una sedia proprio accanto al letto, e mai lasciò la mano del padre, al che cominciò a dire parole che avrebbe dovuto dirgli una volta destato da quel sonno sereno, ma era troppo spaventata per poterlo fare a quattr’occhi, così cominciò a parlargli senza badarci:
- Rischiavamo di far finire tutto nel peggiore dei modi, senza avere l’opportunità di chiarirci, di parlarci… Avrei così tante cose da dirti che mi sembra quasi ipocrita farlo soltanto adesso, farlo mentre sei qui che dormi disteso in un letto d’ospedale, ancora debole per l’accaduto. Debole… è un aggettivo che proprio non ti si addice eppure adesso sei così ai miei occhi, e l’unica cosa che vorrei fare adesso è abbracciarti e restare tra le tue braccia finché avrei la forza di stringerti a me.
Fran gli prese la mano delicatamente e cominciò a baciargli il dorso con leggeri tocchi di labbra, mentre alcune deboli lacrime le marcavano il volto per la commozione.
- Oh papà, ti prego perdonami se ti ho recato qualche sofferenza… ma sappi che in tutti questi anni, nonostante il nostro orgoglio, nonostante la nostra testardaggine, io non ho mai smesso nemmeno un po’ di volerti bene.
La giovane gli accarezzò la mano mentre continuava a dargli dei leggeri baci, e riprese a parlare facendo sparire via le lacrime dai suoi occhi:
- Non conosco chi sia mio padre, ma che m’importa?! Tu per me sei il mio vero padre! Sei tu l’uomo che mi ha cresciuta e questo non lo dimenticherò mai, e non smetterò mai di amarti per questo. Mi hai strappato via da un misero e solitario destino, regalandomi la gioia di una famiglia, quando non ti era dovuto. Hai fatto per me ciò che avrebbe dovuto fare qualcun altro… sei stato per me quello che qualcuno non ha voluto essere per me… ti voglio bene!
Francis si stupì nel veder cadere una lacrima dagli occhi ancora chiusi del padre, così indietreggiò indebolendo la presa dalla sua mano, ma ecco che l’uomo gliela strinse, e riaprì gli occhi lentamente.
Francis se ne stupì a tal punto da non riuscir più a parlare, fu come se si fosse congelata e non riusciva a smettere di guardarlo.
Aurelio si posizionò in modo da poterla guardar meglio al che sfilò via la mano dalla sua presa e le accarezzò una guancia, accennando ad un sorriso.
Francis socchiuse gli occhi a quella carezza, appagando a tutte quelle volte che avrebbe voluto ricevere una sua carezza in tutti quegli anni.
I due non si dissero una sola parola, lasciarono parlare i loro occhi, che dicevano più di quanto loro stessi sarebbero stati capaci di dirsi con le parole.
L’azzurro cielo degli occhi del padre le era mancato, e adesso che ci rifletteva, tutte e due gli uomini che aveva avuto nella sua vita, avevano avuto gli occhi azzurri: Fabio e Justin.
Era come se Francis ricercasse gli occhi del padre negli altri uomini, come se avesse avuto un debole per gli occhi azzurri da tutta una vita.
L’uomo le strinse la mano, e lei trattenne le lacrime finché poté, ma poi non resistendo più, lasciò che le rigassero il volto, sotto lo sguardo commosso del padre, che pur di farla smettere, spezzò l’atmosfera ed esclamò con un leggero sorrisino sulle labbra:
- Hai un pessimo aspetto…
Francis sbottò in una risatina, mentre si passava una mano sul volto per spazzar via quelle grosse lacrime, poi gli disse:
- Beh… sì, è stato un viaggio turbolento…
[…]
Trascorsero lunghi minuti a parlare, di cose forse non molto importanti, ma l’unica cosa che contava era il fatto che finalmente, dopo tutti quegli anni Aurelio e Francis fossero finalmente tornati a parlarsi; e la ragazza fu quasi grata a quell’infarto perché gliel’aveva permesso.
[…]
Francis fu costretta a lasciare la camera prima dell’arrivo dei medici, spiegando così al padre, che le avevano segretamente concesso di vederlo prima dell’orario delle visite.
Così, poi, la ragazza fu condotta di nuovo fuori dalla struttura, in attesa dell’orario consentito.
Al che attorno alle nove vide arrivare la sua famiglia, a bordo di un fuoristrada nero metallizzato, con i vetri fumé; dall’auto vi vide uscire Mamma Jaqueline, suo fratello Edoardo, Valentina e suo marito John, che teneva in braccio il loro piccolo bambino, Brooke la fidanzata di Luigi, e in fine proprio suo fratello Luigi che era alla guida dell’autovettura.
Francis sembrò aver visto qualcosa di divino, qualcosa molto lontana dalla sua realtà: la sua famiglia al completo.
Non aveva mai visto quel bambino prima d’ora, era la prima volta che ne conosceva il faccino, eppure già da lontano sembrava essere un meraviglioso maschietto di quasi quattro anni che era mano nella mano con la madre, mentre si avvicinava all’entrata della clinica sotto il braccio di suo marito John, il quale non era cambiato molto dall’ultima volta che l’aveva visto quattro anni prima.
Sua madre Jaqueline era in ottima forma, come al solito, e vestita con un tailleur con pantalone nero, si avvicinava anch’ella all’entrata della struttura seguita da suo fratello Edoardo, che adesso portava una lunga barba folta.
Erano trascorsi mesi dall’ultima volta che aveva rivisto sua madre ed Edo in occasione di una partita di calcio, mentre invece era dall’età di 17 anni che non rivedeva Brooke, l’allora fidanzatina di suo fratello maggiore, con cui era ritornato assieme dopo aver rotto la sua relazione con Michelle Hunziker.
Brooke era una giovane donna, ex modella, alta almeno quanto suo fratello, fisico invidiabile e lunghi capelli biondi che portava raccolti in una morbida treccia.
Francis nel vederli così meravigliosamente uniti, proprio come una famiglia perfetta che faceva visita ad un loro caro in clinica, ebbe l’impulso di nascondersi dietro un grosso albero poco vicino all’entrata, mentre guardava in fine suo fratello Luigi che agilmente salì quei pochi scalini dell’ingresso, e richiudeva l’auto da lontano.
Francis si nascose per bene, ma non riuscì a smettere di guardarlo, quasi come se ne fosse rimasta incantata; erano quasi due anni che non lo vedeva, ed era cambiato moltissimo dall’ultima volta: più sciupato, ma anche più muscoloso, i soliti capelli corti castani riportati all’indietro con del buon gel, un filo di barba e volto marcato da qualche ruga in più, ma soprattutto: con una bionda diversa al suo fianco.
Vestiva con un elegante completo giacca e pantalone nero, con una camicia bianca, il tutto coperto da un cappotto lungo nero portato sbottonato addosso.
Francis notò che si stesse guardando intorno, come se stesse cercando qualcosa o qualcuno, così andò a nascondersi ancor di più dietro quell’albero e ve ne usci fuori soltanto una volta che lo vide entrare nella struttura.
Non sapeva spiegarsi perché si fosse nascosta, fu una cosa istintiva, come se parte di lei la facesse sentire ancora non appartenente a quella famiglia.
[…]
Trascorse un’ora nell’androne della clinica, e si concesse una cioccolata calda alle macchinette, ma proprio mentre beveva l’ultimo sorso, il caos si creò attorno a lei: sempre più persone, parenti dei pazienti ricoverati lì, si avvicinavano a lei per chiederle foto ed autografi, contenti ed esaltati nel vederla di ritorno a Napoli, senza essere a conoscenza del fatto che fosse ritornata già dalla sera precedente.
Il forte caos che creò la sua notorietà, costrinse l’intervento delle forze dell’ordine che riuscirono a portarla via dalla ormai numerosa folla di affezionati che si era creata attorno a lei.
Nell’allontanarsi nell’androne opposto, scortata da certe guardie, vide in lontananza suo Fratello Luigi che quasi correva verso la sua direzione.
Francis avrebbe voluto sparire di lì, non se ne spiegava il motivo, ma non voleva vederlo.
Suo fratello guardò le guardie per un attimo fugace, poi si avvicinò alla sorella afferrandole il volto tra le mani; Francis stupita lo guardò con occhi sbarrati mentre indietreggiava automaticamente per allontanarsi da lui e da quella presa.
- Luigi?!
- Si può sapere che fine hai fatto? Io, mamma ed Edo ieri abbiamo scaricato i telefoni a furia di telefonarti!
Francis non reggeva quella loro vicinanza, così gli staccò le mani via dal volto, e lui automaticamente le strinse nelle sue con un fortissimo desiderio di riabbracciarla, ma lei sembrava opporsi.
- Lo… lo so scusatemi ma… ho… ho…
La ragazza era in un evidente stato confusionale, scuotendo il capo, e tirando via le mani dalle sue, gli disse facendo qualche passo indietro:
- …ho lasciato il cellulare nella borsa all’aeroporto…
Luigi aveva uno sguardo confuso su di lei, ma riusciva a capire ogni suo gesto, ogni suo movimento del corpo, come se fosse stata un libro aperto per lui e notando quel distacco e quella freddezza, improvvisamente si freddò anche lui.
Restò in silenzio per qualche secondo, un po’ impacciato e dispiaciuto da quella situazione, poi disse:
- Papà ci ha detto che eri qui… noi siamo appena arrivati ma non ti ho vista…
Francis ripensò al modo in cui lui si fosse guardato intorno appena giunto in clinica, e l’ombra di un sorriso le marcò il volto, poi però tornò inespressiva e gli disse:
- Ero a prendere un caffè…
Mentì, poi aggiunse.
- Adesso vorrei andare a darmi una ripulita…
- Dove vai? Ci sono tutti e tutti vogliono vederti!
- Sono molto stanca per il viaggio…
- Ma mamma…
- Magari la chiamo dopo e ci organizziamo per vederci più tardi per un saluto…
- E papà?
- Resterò finché non sarà dimesso dalla clinica, tranquillo.
Luigi provò ad avvicinarsi di nuovo a lei, ma ancora una volta la ragazza sembrò non volergli star vicino.
- Dove andrai?
- Non preoccuparti per me, Luigi.
Gli disse senza neppure riuscire a guardarlo negli occhi, e il fratello soffrì molto quel suo atteggiamento, soprattutto perché moriva dalla voglia di abbracciarla dopo aver trascorso tutto quel tempo lontano da lei, ma non sembrava essere reciproca la cosa.
- Adesso è meglio che vada…
La ragazza approfittò di quello stato confusionale del fratello, che ancora era lì a domandarsi perché mai la sorella le avesse riservato un saluto così gelido, ed andò via raggiungendo l’uscita in una corsetta appena accennata.
Luigi non volle accettarlo, così le corse dietro riuscendo a raggiungerla giusto nel grosso spiazzale del parcheggio della clinica, e la tirò a sé afferrandola per un braccio.
- Francis!!!
La ragazza si vide costretta a fermarsi e voltarsi in sua direzione:
- Luigi? Cosa vuoi?
Finse di non saperlo, e distanziandosi da lui assunse un’aria tranquilla:
- Parlarti.
Gli disse, mentre cercava di riportarla vicino all’entrata della struttura, lontana da occhi indiscreti, lei lo seguì obbligatoriamente e disse:
- Parlarmi? Adesso?
- Sono quasi due anni che non ti vedo… posso avere questo desiderio?
Lei non gli rispose e distolse lo sguardo in un punto vacuo alla sua sinistra, mentre lui la fissava:
- Non è né il momento, né il luogo adatto.
- Da quando t’importano i luoghi e i momenti adatti quando bisogna parlare?
- Bisogna parlare? Non credo sia così urgente che recuperiamo tutto questo tempo proprio adesso, Luigi.
- Francis!!
In lontananza si sentì la voce del fratello Edoardo, che corse verso la sua direzione e la travolse in un caloroso abbraccio, che la sollevò da terra, mentre lei si stringeva a lui per non cadere, sotto lo sguardo sconcertato di Luigi, che fino a pochi minuti fa avrebbe pagato per un abbraccio simile con la sorella e che Edo invece aveva ottenuto con così facilità.
- Ehi…
Gli sorrise Fran, felice di rivederlo, mentre si scambiavano due affettuosi baci.
- Ti trovo davvero bene, sorellina.
- Anche io. Hai davvero una bella barba.
Il ragazzo ridacchiò a quella sua buffa affermazione, mentre Luigi moriva d’invidia.
- Mamma!
- Amore!
L’intera famiglia De Laurentiis stava tornando da quella visita al padre, che durò poco più di un’ora.
Madre e figlia si salutarono con un tenero abbraccio, e la donna si affrettò ad accarezzarle una guancia:
- Oh, piccola, sei così sciupata… vieni con me che torniamo a casa e ti preparo qualcosa mentre fai una doccia calda.
Francis le sorrise
- Grazie, mamma, ma non vorrei…
- Sciocchezze. Andiamo via in taxi, tuo fratello Luigi darà un passaggio in aeroporto a tua sorella e suo marito.
Valentina partiva? Dove andava? Non voleva privare sua madre nell’accompagnare sua figlia all’aeroporto, così disse:
- No, mamma, va con loro, io andrò in albergo e ci rivedremo più tardi…
- Non se ne parla, tu ed io adesso ce ne andiamo a casa, e poi tuo padre si è raccomandato nel farti tornare a casa, nelle condizioni in cui sta è meglio non contraddire anche lui, perciò…
La donna le sorrise e le accarezzò una guancia, mentre Francis confusa ripensava a quelle parole: suo padre voleva questo?
Non ebbe neppure il tempo di finire quel pensiero che la vocina di un bambino destò la sua attenzione:
- Mamma, ma lei è Francis… la ballerina!
Quella vocina era così tenera e dolce, che Francis si voltò in sua direzione e sorrise senza curarsi di vedere chi fosse, e una volta fatto se ne stupì a tal punto da non riuscire a credere ai suoi occhi: era il figlio di Valentina, che mollò la presa della mano della madre per avvicinarsi a Francis, poi però preso dalla classica timidezza dei bambini, di bloccò a qualche passo di distanza da lei, guardandola con sguardo furbetto e pieno di timidezza, mentre sorrideva, portandosi una mano in bocca voltandosi a guardare la nonna, che dolcemente gli sorrise, e piegandosi nelle gambe per arrivare alla sua altezza, gli disse:
- Ehi, John, amore della nonna vieni qui, avvicinati che ti presento una persona molto speciale…
Il bambino con ancora un dito in bocca, si voltò verso la madre che nel frattempo era arrivata, e lo prese per mano:
- Non correre più così, capito? Non si fa è pericoloso!
La giovane mamma lo rimproverava, ma manteneva un tenero sorriso sul volto, e il piccolo abbassò il capo dopo quella ramanzina, ma non disse nulla.
Solo in quel momento Valentina e Francis si guardarono per la prima volta, e a Francis faceva davvero molto strano vederla vestire i panni della madre, eppure eccola lì, con un tenero bambino da rincorrere ed educare, che era terribilmente somigliante a lei: con occhi azzurri e capelli biondi, quasi un piccolo angelo.
Francis non riusciva mai a resistere ai bambini, e quel piccolo cucciolo di uomo, non era un bambino qualunque, era suo nipote, e lei lo vedeva per la prima volta soltanto adesso e lui la conosceva come “Francis la ballerina” e non come “la zia”.
Quante brutte cose erano successe in quegli anni che avevano peggiorato il suo rapporto con quella sua famiglia, chissà cosa avrebbe detto Emma se l’avrebbe vista finire così con i De Laurentiis… poteva già sentirsi il suono della sua voce che impostava ogni volta che le faceva una ramanzina.
[…]
- Ti trovo bene…
Queste furono le parole che Valentina riuscì a dire in direzione di quella sua sorellastra, che era famosa in tutto il mondo, anche nel mondo del suo piccolo bambino.
Intanto giunsero anche John e Brooke che subito si affrettarono a salutare la ballerina affettuosamente.
- Ehi Gurl! Che beeelo rivedertti!
Esclamò con uno spiccato accento inglese John mentre l’abbracciava e le dava due baci sulla guancia, che lei ricambiò con gentilezza.
- Ciao John, è bello rivederti.
- Francis, quanto tempo!
Intanto anche Brooke si affrettò a salutarla in un saluto un po’ meno caloroso di John, e Fran riusciva a sentire lo sguardo addosso di suo fratello Luigi, che se ne stava confinato a poca distanza da lei, come l’unico (dopo Valentina) ad essere stato salutato freddamente dalla ragazza.
- Ciao Brooke, ne è passato di tempo, ma ti trovo sempre bellissima! Sono felice di rivederti.
Le due si sorrisero sinceramente contente di rivedersi dopo quasi dieci anni, poi mamma Jaqueline disse loro:
- Allora, John? Vieni a salutare la zia!
A quelle parole, Francis si sentì morire. ZIA? Ma allora la consideravano ancora parte di quella famiglia?
Beh su sua madre non aveva dubbi… lei nonostante tutto non le aveva mai privato il suo amore e il suo affetto.
Francis però, proprio non riusciva a sentirsi la zia di quel bambino, anche se avrebbe tanto voluto abbracciarlo e riempire di baci quel suo splendido nasino all’insù che si ritrovava su quel tenero faccino tondo.
A quelle parole, il bambino guardò ancora una volta con una tenera timidezza la ballerina, ma poi si convinse, anche grazie all’aiuto della nonna, e del padre, che gli disse con il suo solito accento inglese:
- Coragio piccolo birbantelo, vai a salutare zia Fran
Poi l’uomo alzò lo sguardo verso Brooke e le disse:
- Non fa altro che parlarci di lei, ogni volta che guarda la tv, e adesso che ce l’ha davanti, fa il timido.
La fidanzata del fratello si intenerì e lo guardò sorridente, così come fece anche Valentina guardando in direzione della sorella.
Francis lo notò ma non riuscì a dire una parola, era troppo strane per sembrare vero, tutto ciò che era accaduto in quelle ultime ore era difficile da credere per lei.
Il bambino si avvicinò a Francis, e togliendo la manina dalla bocca, espresse la volontà di darle un bacio e fu esattamente in quel momento che Francis si sciolse completamente.
Oh mio Dio, pensò, come ho fatto a star senza questo piccolo bambino per quattro anni?
In un solo secondo si pentì di non essere stata presente alla sua nascita, al suo battesimo, a quando aveva camminato la prima volta e a quando aveva imparato a parlare. Si pentì di non essere stata una vera zia, ma ormai era inutile piangere sul latte versato, c’era un bambino che aspettava di essere mangiato di baci; così la ballerina si piegò con grazia nelle proprie gambe e prese in braccio quel batuffolo concedendogli quel bacetto sulla guancia, poi subito lo travolse in un bacio su quelle guanciotte carnose, stringendolo a sé in un dolce abbraccio.
- Braaavo!!
Esclamarono John e mamma Jaqueline, gioiosi di vedere quella scena, assieme anche a Valentina, a Brooke e a Luigi che stringeva a sé la propria ragazza per un fianco mentre sorrideva appena anche lui nell’assistere a quella bella scenetta.
Anche Edoardo ne fu rapito, e si avvicinò ai due per fingere di rubare il nasino al nipote per complimentarsi con lui per aver avuto il coraggio di avvicinarsi alla zia.
- Ma guarda che bravo giovanotto! Hai detto ciao alla zia?
Il bambino acconsentì con la testolina e poi guardando ancora una volta Francis con timidezza le disse con un filo di vocina roca:
- Ciiiao…
Francis gli sfoggiò il suo miglior sorriso, poi gli disse:
- Ciao John… è davvero bello conoscerti.
Sorrise un po’ dettata dall’emozione, poi lo mise a terra prima che potesse scoppiare a piangere, e guardando gli altri disse:
- Sono davvero contenta di rivedervi tutti.
Sorrise in direzione di ognuno di loro, poi la madre le disse:
- Adesso possiamo andare!
[…]
Fran tornò a casa sua dopo circa quattro anni, mangiò abbondantemente grazie alle cure della propria cara madre, fece un bel bagno caldo e tornò come nuova.
Con loro vi erano anche Edoardo, e soltanto dopo qualche ora rientrarono Luigi e Brooke.
Suo fratello sembrava essersi freddato con lei dopo quel suo comportamento nei suoi confronti, e fingeva che tutto fosse a posto e normale, mentre mangiava un boccone in compagnia della sua ragazza e della madre, di Edo e della stessa Francis, che anche se avessero già mangiato, fecero loro compagnia a tavola, per poi mangiare un dolce in compagnia.
[…]
- Io devo andare alla sede di Castelvolturno per assistere al primo allenamento dell’anno della squadra… ci rivediamo stasera, vero?
Domandò Edo alla sorella, dopo averla salutata con un bacio sulla guancia prima di uscire.
- Certo… poi verrò anche io, ho degli amici da salutare.
- Sì lo so, Paolo e il pocho Lavezzi non fanno altro che chiedermi di te.
Fran se ne compiacque e sorrise appena a quella frase.
[…]
- Devo parlarti.
Le disse Luigi, mentre lei si faceva una cioccolata calda ed era sul punto di telefonare a Chenille.
La ballerina si voltò a guardarlo e vide che le veniva incontro e fissava il telefono tra le sue mani, ma non si tirò indietro, sembrava avere molta urgenza di parlarle.
Era tarda notte, quasi l’una, e sia sua madre, che suo fratello, che Brooke erano a dormire, ma a quanto pare anche Luigi non riusciva a dormire.
- Devo fare una telefonata, non possiamo parlarne un’altra volta?
- No.
Le rispose secco il fratello, e lei non sapendo che fare, se ne stupì e lo guardò incredula.
- No?
- No.
- Cos’hai di così urgente da dirmi che non può essere rimandato a domani?
- Per favore smettila di trattarmi così…
- Trattarti… sul serio?
Domandò irritata la ragazza mentre lo fissava con sguardo accigliato, poi lui si affrettò ad aggiungere:
- Sei fredda, anzi congelata nei miei riguardi. Perfino con Valentina hai avuto un rincontro più affettuoso.
Francis si lasciò scappare un sorrisino, che mandò in confusione Luigi il quale la guardò accigliato, mente lei abbassò lo sguardo per trattenersi dal fare una scenata.
- Non posso credere che tu sia serio…
- E’ vero, ti ho vista.
- Beh e se anche fosse, te ne stupisci?
- Mi prendi in giro?
Francis a quel punto, smise di girare la cioccolata calda sul fuoco, e spense il gas, poi con sguardo incazzato mosse qualche passo in direzione del fratello e disse:
- Come puoi pretendere un’accoglienza calorosa da parte mia, dopo che sei sparito per ben quasi due anni? Eh? …E non osare scaricare su di me tutte le colpe, perché anche se avrò tentato in ogni modo di evitarti in tutto questo tempo, tu avresti potuto insistere almeno un pochino e invece? Invece eccoti rispuntare dopo due anni!
- Ehi, frena, frena!
- NO! Sta un po’ zitto adesso! Volevi parlare, no? Beh parliamo!
Gli diceva allargando le braccia, visibilmente esaltata, poi continuò di suo canto:
- E dimmi, Luigi, se papà non avesse avuto un infarto, esattamente quand’è che ti saresti fatto vivo?
- Francis, io…!
- Non voglio sentirti! Sta zitto!
Luigi le andò incontro per tentarle tutte pur di farsi ascoltare da lei, ma la sorella proprio non voleva più sentir parlare di lui.
- Ascoltami…
- Non ho intenzione di perdere il mio tempo.
Quelle parole ferirono molto il fratello, eppure Luigi era una persona così pacata e tranquilla, da non essere molto bravo in quei momenti di litigi o semplicemente non riusciva mai ad arrabbiarsi con Francis, soprattutto se riusciva a guardarla negli occhi come stava facendo in quel momento.
- Non sopporterei di perderti, ti prego.
- Mi hai già persa.
Gli disse con sguardo duro, mentre lo fissava con rabbia, probabilmente dicendo qualcosa che non pensava veramente.
A quel punto Francis riuscì quasi a cogliere il momento esatto in cui spezzò il cuore del fratello, il quale dopo alcuni attimi trascorsi a guardarla senza riuscire a dir niente, abbassò il capo e non disse più una parola, si fece da parte e le lasciò via libera per andarsene.
Ma fu in quel momento che Francis giurò di aver visto una lacrima scappargli giù dagli occhi, e subito un nodo le si formò in gola cominciando ad aver difficoltà nel respirare.
Gli corse contro e lo costrinse ad alzare lo sguardo.
- Luigi?!?
Se lo ritrovò ad un palmo di distanza, e il ragazzo non nascose più quella tristezza, e chiuse gli occhi lasciando cadere qualche lacrima, al che Francis lo travolse in un abbraccio che gli tolse il respiro.
Il cuore le batteva come un tamburo, veder Luigi piangere era una delle cose che più le faceva male al mondo, e non poteva sopportare il fatto che fosse lei la causa di quel pianto.
- Smettila immediatamente!
La ragazza mentre abbracciava il fratello, tentò di guardarlo, e intanto gli diceva:
- Mi hai capito? Smettila!
Luigi si poggiò alla sua spalla abbracciandola forte:
- Non ho scuse per questi due anni… né voglio incolparti, ma… non posso vivere senza di te… non posso, Francis…
Il cuore di Fran cominciò a batterle forte, le andò quasi al vento a quelle parole, e ebbe il desiderio di baciarlo, ma si limitò a stringerlo a sé senza più volerlo lasciare andar via, ma poi si distanziò da lui per guardarlo negli occhi, cingendogli il volto tra le mani come aveva fatto lui quella mattina in clinica, smise di piangere gli sorrise e si perse nei suoi occhi che le comunicavano tutto l’amore che aveva per lei.
Fran chinò il capo da un lato e andò a baciarlo sulla guancia, per poi continuare a riempirlo di baci, come se fosse stato un bambino.
Non gli disse una parola, ma quei baci valevano più di ogni altra cosa, così lui la strinse sul suo petto e accarezzandole i capelli le disse:
- Sei tra le due persone al mondo che amo più di ogni altra cosa.
Francis si lasciò sfuggire un sorriso e disse:
- Sono felice che tu sia tornato con Brooke, sai? Siete sempre stati bene insieme…
- Non mi riferivo a Brooke…
Francis a quella frase accigliò lo sguardo e curiosa prese le distanze da lui e disse:
- Papà?
- Neppure…
- Mamma?
Il ragazzo sorrise dolcemente e scosse il capo, al che Francis cominciò a non capire chi fosse questa seconda persona, ma lui le prese una mano e guardandola negli occhi le disse:
- Quella cosa che volevo dirti prima…
La curiosità di Francis salì alle stelle, e moriva nell’attendere che il fratello le svelasse la verità, e così lui dopo alcuni secondi disse:
- Brooke aspetta un bambino.
Il volto di Luigi era sereno, calmo, tranquillo e felice e Francis lo fissò con occhi fuori dalle orbite mentre le veniva un mancamento.
- Che cosa???
Il fratello sembrò essere imbarazzato, e timido abbassò lo sguardo.
- Non lo sa ancora nessuno… sei la prima persona a cui lo diciamo…
- Oh mio dio…
Francis realizzò sul serio il fatto che suo fratello di lì a breve sarebbe diventato padre, e la gioia di essere stata la prima a saperlo la commosse.
Si portò lentamente le mani davanti alla bocca e cominciò a piangere dalla gioia, mentre lui la stinse a sé ancora una volta, concedendosi un altro momento di commozione, ma poi non riuscì più ad aspettare e le disse:
- Francis…
- Sì?
Domandò lei ancora presa dalla risata gioiosa mentre si lasciava abbracciare, poi lui con il suo tono di voce roco e caldo le sussurrò:
- Vuoi essere la madrina di mio figlio?

[Continua…]


 
   
 
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