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Autore: Julietds    16/01/2015    0 recensioni
Non so dove mi dirigerò da qui, ma vi prometto che non sarà un posto noioso.

Tante storie, tanti personaggi, soprattutto tante strade da percorrere, mari da solcare, vite da lasciarsi alle spalle. Lionel fugge, non tanto da qualcosa quanto in cerca di qualcosa. Una storia sul rock, sul viaggio, sulla libertà; una storia scritta con il cuore in mano e i piedi nella sabbia perché è così che si dovrebbe vivere.

Non c'è meta se non sai cosa stai cercando,
ma se stai cercando qualcosa che non ha meta, a volte, l'unico percorso da seguire è perdere la rotta.
Genere: Avventura, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Still don't know what I was waiting for
And my time was running wild.
So I turned myself to face me
But I've never caught a glimpse
Of how the others must see the faker
I'm much too fast to take that test.”


― Changes, David Bowie









Sta succedendo.

Qui, in mezzo a un vecchio negozio di dischi, sta succedendo.
Non che avessi mai anche solo immaginato che una cosa del genere sarebbe potuta accadere ma beh, sta accadendo ora. Non è una cosa da tutti i giorni ritrovarsi a sbirciare da dietro un disco degli Stooges un Lionel O'Connel che gironzola spaesato nella sezione punk rock di un negozio di dischi.
Non me lo sarei mai aspettata da lui, comunque. Devo ricordarmi di riprenderlo. Una volta si sarebbe rifiutato anche solo di prendere in mano un trentatré giri degli Armor, figuriamoci se si sarebbe mai immaginato a vagare per un negozio di musica in pantaloni beige di lino, mascara colato e piume tra i capelli.
Il fatto era che Lionel hippie non lo era mai stato. Per niente.
Ebbene se ne stava lì con quell'aria di sufficienza che lo caratterizzava da sempre giù dal palco, scrutando ogni copertina, afferrando un vinile di quando in quando, girandoselo e rigirandoselo tra le mani. Era con un suo amico che non si disturbò neanche troppo a tenere le distanze. Lui arricciava la bocca con disgusto, i capelli stopposi che ondeggiavano in avanti come alghe ogni volta che si piegava.
Poi mosse qualche passo e per poco non tremai.
Volevo parlargli? Che dire? Sei scappato, certo.
Glielo avevano già rinfacciato sette milioni e mezzo di persone sulla faccia della terra. Banale.
Lionel si girò cercando con lo sguardo il suo amico, un tizio più che banale con capelli corti di un castano scuro e una camicia nera a maniche corte, molto più giovane di lui comunque; si schiarì la gola non appena lo vide alzare la testa da un libro aperto che teneva tra le mani.
L'altro chiuse di colpo il libro e si avvicinò tenendo l'oggetto saldamente sotto braccio.
« Non vorrai mica comprarlo? » borbottò con la sua voce roca non appena il ragazzo si avvicinò. Quello fece finta di niente così si avviarono verso la cassa.
Quando mi passarono di fianco mi finsi immersa nella lettura spassionata delle tracce di Raw Power… tragicamente fallita non appena alzai gli occhi e incontrai per un millesimo di secondo lo sguardo del tutto privo di passione e annoiato di Lionel.
Mi fece una tristezza assurda.
Se ne sarebbero andati da lì a poco, dovevo fermarlo. Una scusa qualsiasi, un autografo, una foto, che so io.
Mentre mi avvicinavo – o meglio, mentre le mie gambe si muovevano dotate di vita propria – stringendo tra le dita Raw Power, Lionel si era messo a discutere con cassiere. Non sapevo per cosa che stessero litigando, sentì qualche frase smozzicata ma non connessi lì per lì.
La scena musicale e l'ipertrofia di Lionel.
Stavo lì a fissarli in silenzio con le braccia tremanti quando il commesso, un tizio un sacco spigliato, evidentemente al punto di litigare con Lionel O'Connel, si accorse di me e con lui anche Lionel e il ragazzo.
« Devi pagare qualcosa o te ne stai lì impalata? »
Sbattei le palpebre e mi affrettai a sistemare il disco sul bancone. Per poco non lo lanciai. Il commesso mi guardò storto senza dire una parola e riprese a parlare con Lionel, che nel frattempo si era fissato a guardarmi ed era rimasto a bocca semi-spalancata. Lì per lì mi sembrò disgusto. Sembrava uno di quei vecchi a cui stata rubata la dentiera.
« Non ti dico i Doors ma perlomeno i Whiskey… »
Lionel agitò la mano in aria. « Oh, fanculo. Cosa ne vuol sapere un comunista di musica, mi chiedo ancora… »
L'uomo rise in un tono carico di sarcasmo. « Andiamo Jer, non siamo più negli anni Settanta. Non è che vivere in quel furgoncino ammaccato e tirare avanti con i bei vecchi tempi stia iniziando a fartici crepare, nei vecchi tempi? »
« Ancora con questa storia! Vecchio stronzo, quello non è un pulmino ammaccato qualsiasi. Ma che ne vuoi capire tu di motori! È un Bay Window T2 della Volkswagen del '69 e si dà il caso che- »
« "…Che io ci abbia fatto il giro dell'America con i Rolling Stones, trent'anni fa, Al!" »
« Oh, crepa Al. Quand'è che si decideranno a licenziarti? »
Poi finalmente chiuse la bocca mentre Al metteva lo scontrino nel mio sacchetto, soltanto che a quel punto si girò verso di me.
Feci di tutto pur di trattenermi dal guardarlo ma non mi riuscì granché bene.
« Che hai da guardare, ragazzina? »
Mi strinsi facendomi più piccola che potessi, avrei voluto scomparire. Credo lo notò perché mi sorrise ma gli mancava il dente e la cosa, a parte farmi un sacco di tristezza, mi fece riflettere. Io quando sono nel panico rifletto sempre un sacco, ma non per agire. Per fuggire. Nemmeno per fuggire fisicamente, sapete. È solo un fare finta di non esistere e pretendere che prima o poi gli altri si stanchino di aspettare una risposta da me.
Lionel afferrò il sacchetto con dentro Raw Power e gentilmente me lo porse.
« Ci vediamo tra trent'anni, lurido sovietico. Spero che ti abbiano licenziato per quando torno! » poi aggiunse sommessamente, quasi come se stesse parlando a sé più che all'altro: « Mh, si… »
Al rise. « Come ti pare, io non mi schiodo di qui. Mica partirai, figlio di puttana! »
Lionel non rispose e si avviò verso la porta dando le spalle al commesso. I capelli ondeggiavano appena sulla schiena mentre camminava a gambe larghe e di scorcio avrei potuto giurare di aver visto un sorriso sornione affiorargli sulle labbra appena dopo essersi infilato gli spessi occhiali scuri.
« Hey, dico a te, sudicio repubblicano che non sei altro! Guardami quando ti parlo! Stai partendo?! »
Lionel lo ignorò e girò la maniglia, il sorriso ormai sicuro mostrava alla luce del sole i denti appena gialli mentre il suo viso si alzava rivolto alla palla di fuoco, l'unico amico con cui avrebbe condiviso i prossimi trent'anni.
Capelli stopposi, zampe di gallina agli angoli degli occhi, pelle abbronzata e rovinata dal fumo, vestiti di lino, rughe, denti mancanti e alcuni d'oro, quel sorriso. Tutto potevo non afferrare di Lionel, la sua condizione di vita attuale, il suo passato, i suoi pensieri, i suoi progetti; potevo non conoscere il suo amico, le sue idee in ambito musicale, tutto quello che gli frullava in testa in una gara di velocità per i recettori del suo cervello ma… quel sorriso.

Sì, Lionel stava decisamente partendo.
Stava partendo per un posto lontano per mai più fare ritorno.

Stava partendo nel sole.












No okay, lo so, fa schifo. Dovevo pur iniziare in qualche modo e gli inizi non sono proprio il mio forte. Volevo presentare Lionel visto da terzi e da chi se non una fan della sua vecchia e breve carriera musicale? Non so, forse dovrei lasciare tutto all'immaginazione per una volta ma... ecco, Lionel io me lo sono immaginato così Stevenoso. E giuro che appena avrò del tempo per continuare scriverò qualcosa che sia valsa la pena la lettura di questo banalissimo primo capitolo!
Juliet

 
   
 
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