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Autore: afterallthistime    17/01/2015    4 recensioni
Amarsi all'ombra di una guerra, sulle spalle cognomi importanti. Scoprire di amarsi, all'improvviso e contro ogni pronostico, e rendersi conto di non volersi perdere. Di non voler lasciare che una guerra spazzi via tutto il resto.
Lui, che sin da bambino aveva imparato a non chinarsi dinanzi a nessuno, a farsi obbedire e ad ottenere tutto ciò che voleva, subito, era ora costretto ad eseguire gli ordini di un padrone che non gli riconosceva alcun diritto. Piegato, manovrato, costretto a sporcarsi le mani per rispettare le disposizioni di qualcun altro. Ma lei, così dannatamente fiera, aveva esibito un orgoglioso coraggio al cui confronto qualunque altra cosa sfigurava. Quella donna a lui del tutto estranea che aveva portato all’altare senza amore, che aveva sposato perché necessario, perché ancor prima che lui fosse stato in grado d’intendere e volere qualcun altro aveva scelto per lui, e aveva scelto lei.
E lui l’aveva scelta, inconsapevolmente, molte volte.

[ Storia partecipante al contest 'L'amore che non osa pronunciare il suo nome' indetto da Mary Black e Kafkaesque sul forum di Efp ]
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy | Coppie: Lucius/Narcissa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Nickname sul forum: afterallthistime.
Nickname su EFP: afterallthistime.
Titolo della storia: To protect the one you love.
Pacchetto scelto: Pacchetto 3.
Rating: Arancione.
Contesto:  I Guerra Magica.
Genere: Angst; Romantico.
Note/avvertimenti: Nessuno.
Note dell'Autore: Sinceramente, non ho idea di cosa dire.
Premettendo che si tratta della prima volta che partecipo ad un contest, non so cosa aspettarmi — anche perché è la prima volta che scrivo una fan fiction con l’obbligo di seguire alcune disposizioni.
Ad ogni modo, ho amato scrivere di questa coppia, quindi grazie mille per avermene dato la possibilità. Ho inserito la citazione, ma non sono del tutto sicura del finale.. non mi convince, quasi non abbia reso giustizia alla storia.
E nulla, aspetterò i risultati, non ho altro da aggiungere se non buona lettura!




i.

❝I'm glad it's a girl.
And I hope she'll be a fool: that's the best thing a girl can be in this world,
a beautiful little fool.❞
  F. Scott Fitzgerald, The Great Gatsby.

Il salone da ballo di Malfoy Manor sfavillava d’incommensurabile lusso e sfrenato sfarzo.
Commenti sommessi rimiravano gli intricati arazzi alle pareti, capolavori d’arte tessile risalenti ad epoche passate e troppo lontane nel tempo, ormai, perché altro che oggetti potessero testimoniarle;
intanto che la musica riscaldava gli animi e le dita di Bellatrix correvano, struggenti, sulle corde del suo violino, elegante vino rosso, versato in calici in cristallo d’incredibile trasparenza,
tingeva labbra sottili di gentiluomini con indosso cerimoniose marsine — e si chiedeva, Narcissa, quante macchie nascoste portassero sui loro completi, quegli uomini di classe dalle bianche labbra e malevole lingue.
Lucius le teneva una mano sul fianco — esprimeva possesso, ma mai, mai le aveva dimostrato affetto — e sorrideva, distaccato. Rivolgeva ringraziamenti asciutti alle congratulazioni per il loro fidanzamento.
E il salone risuonava di perfette note di violino, prive, tuttavia, anche del più mero sentimento — c’era rabbia, a sostituire la passione, e Narcissa non poté fare a meno di pensare che, se Andromeda fosse stata lì,
avrebbe certamente smorzato quelle melodie cupe accarezzando, delicata, tasti bianchissimi d’un pianoforte.
Ma nessuno sembrava farci caso — un evento tanto atteso non avrebbe potuto esser rovinato da una sciocchezza quale l’accompagnamento musicale — e morbida seta fasciava corpi pallidi e perfetti impegnati in complesse danze,
incantevoli nella loro ingannevole monotonia la marcia monocorde di un esercito di ridicoli, obbedienti soldatini.
Di comune accordo, Lucius e Narcissa avevano preferito esentarsi dal ballo e dunque sedevano, composti, ad un tavolo disposto strategicamente in modo da poter osservare le danze e, soprattutto, essere osservati.
Agli occhi di tutti apparivano entrambi complementari, un’armonia di scintillanti sorrisi e sguardi manipolatori, un accostamento esemplare di colori su una tela bianca.
Lei era sottile, capelli chiari e occhi neri, scurissimi — due gocce d’inchiostro sull’ovale pallido e perfetto del suo viso — e lui a lei terribilmente simile, se non fosse stato per gli occhi d’un grigio senza tempo, pietre preziose incastonate in un viso spigoloso e marcato.
Un eccellente partito, i Malfoy, per riportar prestigio al buon nome di Cygnus Black III, orridamente infangato dalla fuga di colei che, per suo padre, ora non era altri che un nome cancellato dal proprio albero genealogico. Per amore di un Babbano.
Ma cos’era, poi, l’amore?
Valeva davvero il prezzo pagato da quella che, fino a poco tempo prima, era stata sua sorella?
Valeva la fuga da ciò che per lei era stata una famiglia?
Andromeda era sempre stata la sua preferita, gentile nei modi, dagli occhi ridenti ed i grandi sorrisi.
Cosa le avrebbe detto, ora, se l’avesse vista promessa in sposa ad un uomo che non amava? Non sapeva neppure cosa fosse, l’amore.
Di certo non quella fastidiosa sensazione, quell’amaro rimpianto sulla punta della lingua per un sentimento infinitamente prezioso che, probabilmente, non avrebbe mai avuto occasione di poter provare.
Sciocchezze, erano state le parole di sua madre. Schiena ritta e portamento fiero, Cissy, non ti curare di null’altro che di questo. E’ ciò che di meglio tu possa sperare di essere, in questo mondo: una bellissima, piccola stupida.
I festeggiamenti terminarono al calar del sole, dopo il taglio di un’imponente torta a tre piani decorata con maestria dai pasticcieri personali della famiglia Malfoy.
Gli invitati si congedarono, uno dopo l’altro, con un ordine ben preciso e studiata lentezza, allo stesso modo in cui erano arrivati.
I promessi sposi accompagnarono il loro commiato distribuendo senza tregua alcuna sorrisi ed educati ringraziamenti, finché il cielo, fuori dalle immense vetrate del salone, non si tinse di scuro.
Si separarono l’uno dall’altro esattamente come avevano salutato i propri ospiti, scambiandosi lo stesso luminoso, menzognero sorriso, quasi congratulandosi l’un l’altro per l’impeccabile messa in scena.
Sarebbero presto convolati a nozze, dopotutto, e in seguito Narcissa si sarebbe trasferita definitivamente al maniero dei Malfoy; instaurare una pacifica convivenza avrebbe reso, per entrambi, tutto molto più semplice.


ii.

❝You get lighter the more it gets dark. ❞
— Coldplay, A Sky Full Of Stars.

La paura serpeggiava infida, silenziosa, insinuandosi, gelida come la morte, nei cuori di tutti i presenti.
Si poteva quasi sentirne il fiato pesante, insopportabilmente caldo, sul collo, sulle guance, sul petto — erano stati riuniti attorno a quel tavolo per un motivo ben preciso, un’idea estremista che, nel bene e nel male, li accomunava tutti.
Narcissa sapeva ormai da tempo che prima o poi sarebbe accaduto.
Tutti i Purosangue erano stati cresciuti ponendo, al di sopra di ogni legge o etichetta, l’assoluta superiorità del proprio sangue rispetto ai Maghi di sangue misto. O, ancor peggio, di sangue sporco. Nati Babbani.
Tuttavia, non tutti condividevano tale principio tanto radicalmente; nel suo caso, seppur fermamente convinta del credo tramandatole dai propri genitori, la donna non aveva mai prestato particolare attenzione a ciò che si trovasse al di fuori del proprio, piccolo universo: fintanto che i Babbani e le loro discendenze non interferivano con la sua vita, avrebbe tranquillamente ignorato la loro esistenza, in quanto non era mai stata naturalmente predisposta alla violenza.
Al contrario di sua sorella Bellatrix, succube delle proprie emozioni, e di Andromeda, così estroversa e indipendente, lei aveva sempre preferito la pacatezza.
Proprio come il fiore di cui portava il nome, Narcissa amava stordire con le proprie parole, inebriare, manipolare le persone con quell’incommensurabile e sottovalutata forza.
Ma si era ritrovata all’improvviso, e senza alcuna via di scampo, a dover sostenere l’ascesa di un Male che tutti sapevano di non poter combattere — aveva osservato impotente, e con sommo orrore,
colui che uomo non poteva esser definito
conquistare il potere spazzando via giovani vite come fossero state foglie in balia del vento, aveva visto il Mondo Magico esser sconvolto e scoprirsi impreparato a contrastare un tale potere.
Lucius aveva atteso la sua venuta impaziente, inconsapevole, forse, del sacrificio al quale si stava volontariamente immolando, e a nulla erano valsi i suoi tentativi di farlo rinsavire.
Del tutto vani sarebbero stati in ogni caso, in quanto solo in quel momento prendeva coscienza del fatto che non sarebbero mai stati in grado di fuggire abbastanza lontano da lui.
Era troppo tardi, ormai, per poter tornare indietro. Troppo tardi per poter cancellare quel Marchio tatuato indelebilmente sull’avambraccio sinistro di suo marito, per cancellare il sangue di cui le sue dita affusolate si erano macchiate.
Lei si era rifiutata. Aveva schermato i suoi pensieri dietro una potente barriera, sfruttando al massimo le proprie capacità di Occlumante, e aveva pregato che lui non la infrangesse.
Non aveva voluto quel Marchio, aveva giurato dinanzi a Dio che avrebbe seguito suo marito ovunque, nella buona e nella cattiva sorte, ne avrebbe condiviso il destino e supportato gli ideali.
Sarebbe stata fedele al Signore Oscuro, ma rifiutando il Marchio Nero sentiva la possibilità, un giorno, di poter fuggire da quella realtà. Un modo per lasciarsi tutto alle spalle, se mai tutto fosse finito.
Forse fu per quello che, lentamente, Lucius s’innamorò di lei.
Nel buio che l’ascesa al potere di Lord Voldemort aveva portato, Narcissa Black in Malfoy era un faro di luce: l’unica in grado di splendere di luce propria, seguendo le idee della massa senza mai omologarsi del tutto ad essa.
Aveva compiuto una scelta autonoma — quella di non portare il marchio — con il coraggio di fronteggiare colui che persino la morte non sembrava in grado di poter sopraffare.
Aveva avuto quel coraggio che a lui era mancato e a lungo, per questo, l’aveva odiata.
Lui, che sin da bambino aveva imparato a non chinarsi dinanzi a nessuno, a farsi obbedire e ad ottenere tutto ciò che voleva, subito, era ora costretto ad eseguire gli ordini di un padrone che non gli riconosceva alcun diritto.
Piegato, manovrato, costretto a sporcarsi le mani per rispettare le disposizioni di qualcun altro.
Eppure s’era cullato dietro la certezza d’aver fatto la scelta giusta, denominando quella che altro non poteva essere chiamata, se non sottomissione, come istinto di sopravvivenza.
Vigeva la legge del più forte, e lui ad essa s’era adattato.. avrebbe reclamato la sua fetta di potere poi, quando il Signore Oscuro fosse giunto al potere.
Ma lei, così dannatamente fiera, aveva esibito un orgoglioso coraggio al cui confronto qualunque altra cosa sfigurava.
Quella donna a lui del tutto estranea che aveva portato all’altare senza amore, che aveva sposato perché necessario, perché ancor prima che lui fosse stato in grado d’intendere e volere qualcun altro aveva scelto per lui, e aveva scelto lei.
E lui l’aveva scelta, inconsapevolmente, molte volte.
L’aveva scelta in silenzio, osservandone la figura algida e fiera passeggiare fra i corridoi di Hogwarts, il mento alto e la schiena ritta.
L’aveva scelta per i suoi occhi scuri, che tanto di contrasto erano sul suo viso — pozze scure che celavano lacrime inaccettabili.
La sceglieva, ora, per la salda roccia ch’era la sua fierezza.

Narcissa s’innamorò di lui in silenzio.
Si svegliò un mattino, la luce fioca dell’alba ad accarezzarle la pelle nuda, e s’accorse d’amare il profilo delle sue spalle bianchissime.
Si scoprì impregnata del suo profumo, lavata dai suoi casti baci, e si rese conto d’aver riscritto, inconsapevolmente, la propria realtà.
Conosceva di lui il tono strascicato, l’immancabile tè del mattino, l’ordine maniacale in cui aveva fatto predisporre i propri libri e le sue fisse abitudini.
Si rese conto d’amarlo, e di non volerlo ammettere. D’amare di lui ogni cosa, le imperfezioni che lo rendevano ciò ch’era.
Accolse questa consapevolezza, Narcissa, e la nascose a lungo.


iii.

❝« Think how you love me, » she whispered. « I don't ask you to love me always like this, but I ask you to remember. »  
« You'll always be like this to me. »
« Oh no; but promise me you'll remember. » Her tears were falling. « I'll be different, but somewhere lost inside me there'll always be the person I am tonight. » ❞
  F. Scott Fitzgerald, Magnetism.

Sangue vivido e viscoso insozzava la candida trapunta del letto su cui Narcissa l’aveva fatto stendere.
Sangue sulle sue mani, sulla sua camicia stracciata, e quando Lucius tese una mano per accarezzarle i capelli fini, gli occhi grigi persi dietro una nebbia di dolore, il sangue sporcò anche lei.
Lei, che pareva così limpida e pura, la fronte corrugata dall’impegno — era da un’ora, ormai, ch’era impegnata a medicare i numerosi tagli che solcavano la pelle pallida di suo marito — fu sporca del sangue di lui, delle sue azioni brutali,
macchiata da colpe che non aveva commesso. Non in prima persona.
Avrebbe potuto fuggire, Lucius; una volta appurata la propria inferiorità numerica, loro avrebbero potuto ripiegare, Smaterializzandosi.
L’Ordine era diventato, giorno dopo giorno, anno dopo anno, sempre più forte, sempre più meticoloso negli attacchi — tuttavia, il Signore Oscuro aveva dato ordine d’uccidere.
Eliminare il problema estirpandolo alla radice: quale miglior modo di sopprimere un ideale, se non estinguendone i seguaci? Come piegare un popolo, se non togliendogli la speranza?
Da ambo le parti, Auror e Mangiamorte altri non erano che burattini, pedine sacrificabili per uno scopo più alto — e cos’importava, allora, del bilancio dei caduti?
Quanto era misera, una vita umana, insignificante, in confronto al fine ultimo per cui ognuno lottava.
Per quanto ciecamente Lucius Malfoy credesse negli ideali promossi da Lord Voldemort, una prorompente voglia di vivere lottava allo stremo contro le azioni che egli stesso stava compiendo.
La morte l’aveva sfiorato talmente da vicino, quella notte, tanto vivide erano state le sue gelide dita desiderose di fermargli il cuore, che ora quest’ultimo ancora batteva all’impazzata, desideroso, forse, di riprendersi ogni battito che quell’esperienza gli aveva rubato.
E lui non vedeva più nulla, non pensava più a nulla, se non a quanto avesse da perdere.
Avvicinò il viso a quello di lei e furono labbra su labbra, un bacio rovente dal sapore amaro del sangue e dell’unica, solitaria lacrima che aveva rigato il viso di Narcissa Malfoy — quanto, quanto era stata vicina a perderlo, quella notte,
a vedere la luce spazzata via dai suoi occhi.
Le mani di Lucius erano ovunque, sul suo collo, sul suo viso, sui suoi fianchi, quasi ad accertarsi che lei fosse davvero lì, incantevolmente viva.  
E così vera era la sensazione della sua pelle accaldata sotto le dita frementi di lui, dei suoi capelli fini, sciolti, che le accarezzavano il volto e ne addolcivano gli zigomi marcati — lasciò scivolare fuori dall’asola il primo bottone della sua camicia, lentamente, quasi fosse un gesto d’estrema importanza. Fu allora che si scostarono, il tempo necessario per riprender fiato.
Il tempo necessario perché lui cogliesse negli occhi di lei un assenso e, insieme, un desiderio nascosto e mai del tutto assopito.
Furono di nuovo due corpi senz’altro punto di contatto che un bacio, che quelle labbra.
Lei, che mai s’era lasciata guidare soltanto da sentimenti irrazionali e ragionamenti illogici, si scoprì invasa da una forza tanto ardente, da una tale brama di amare ed essere amata, da non potervisi sottrarre.
Si rese conto d’amare quelle mani carezzevoli, possessive ma mai violente, e di agognare il loro tocco.
Distesi su un letto ormai non più sporco di sangue — labbra a baciare altre labbra, pelle a sfregare altra pelle, occhi che si cercavano, corpi che cozzavano in un’esplosione di carezze, paura e cocci infranti  — s’accorsero d’amarsi in modo completo e totalizzante. Strati di vestiti che scivolavano via insieme alla lucidità di entrambi, lampi di piacere ad offuscare i loro sguardi.
E quando la forza ch’era tra loro, dentro di loro, a bruciare i cuori ed infiammare le terminazioni nervose, raggiunse l’apice — e lo sentirono entrambi, fu come colmarsi fino all’orlo ed essere prossimi a traboccare, ad esplodere, con la potenza sconvolgente d’un uragano che non avrebbe lasciato sopravvissuti — fu allora che si persero. Arrivarono a perdersi, a perdere tutto: ogni cognizione del tempo e della realtà.
Furono due corpi uniti a tal punto da non riconoscersi, l’uno abbandonato nell’altro, l’uno la speranza dell’altro; fu come morire.
Nell’attimo eterno in cui tutto parve fermarsi, ci fu nient’altro che il battere all’unisono di due cuori, e ne riemersero come rinati. Lucius la vide, la speranza.
Si lasciò cadere al fianco di Narcissa, il respiro irregolare e prossimo a spezzarsi nuovamente, e solo allora la notò. S’accese timorosa, come la fiammella d’una candela in balia del vento, e altrettanto rapidamente si spense.


iv.

You do what it takes to protect the ones you love, whatever the cost.
— Anonymous.

Malfoy Manor s’ergeva s’una collina solitaria, lontano dalla confusione delle grandi città e dalla rozza ordinarietà dell’aperta campagna, dominando sul paesaggio circostante.
Imponenti mura scure, recintate d’alte siepi ben curate, poggiavano su solide e antiche fondamenta; antiche quanto il silenzio opprimente che pareva albergarvi sin dalla sua costruzione, riempiendo le innumerevoli stanze vuote e i silenti corridoi.
Lucius ne conosceva ogni sfumatura, aveva imparato ad apprezzarne i segreti e ne apprezzava la compagnia.
Tuttavia, nelle ultime settimane quel vecchio compagno di giochi aveva assunto le fattezze d’una tortura insopportabile, una violenza psicologica che lo asfissiava e gli impediva di respirare.
Non un rumore spezzava l’imperturbabile quiete, nessun volto sembrava deciso ad aprire la porta dietro la quale s’era ostinatamente barricato. Chiusa nella sua stanza, Narcissa non usciva, ormai, da giorni.
Dobby, l’Elfo incaricato di portarle il cibo all’orario dei pasti, compiva il suo dovere e non poteva in seguito aprir bocca, perché forzato al silenzio da lei stessa.
Inizialmente, Lucius aveva attribuito la causa della sua assenza ad un malessere, ma era stato ben presto rassicurato su quel fronte: la signora era in perfetta salute, ma preferiva non lasciare la sua stanza e godere di un po’ di riposo.
Lui, trovandosi d’accordo, non aveva indagato oltre; eppure i giorni erano passati, lasciando la situazione del tutto immutata.
Non riusciva a capire, non riusciva davvero a comprendere perché mai sua moglie avesse dovuto assumere un comportamento simile, e aveva tentato di giustificarla in mille modi.
Se da un lato avrebbe voluto rispettare la sua riservatezza, dall’altro gli era ormai impossibile ignorare la faccenda. Dunque aveva bussato due volte, per cortesia, ed era entrato in silenzio, richiudendosi la porta alle spalle.
L’aveva trovata così, con indosso gli stessi abiti che portava nel giorno in cui l’aveva vista l’ultima volta: seduta dinanzi alla finestra, lo sguardo perso dietro qualcosa, in quel cielo d’un azzurro terso, che Lucius non riusciva a vedere.
La sua bellezza lo colpì, incredibilmente, ancora una volta.
Nonostante i capelli che le cadevano scomposti attorno al viso, la pettinatura che portava di solito completamente sfatta, nonostante il viso pallido e le occhiaie profonde e violacee a circondarle gli occhi, lui la trovava comunque bellissima.
Una bellezza spenta, pensò. Quella d’un fiore appassito.
Furono gli occhi a spaventarlo — non erano soltanto spenti, erano persi, disperati, congelati in un attimo di estremo dolore. Solo allora notò il tremito convulso che interessava le sue dita, strette sul ventre, e impallidì.
« Narcissa »
La sua voce fu un soffio tremulo.
« Narcissa »
Lei non accennò a muoversi, persa dietro una sofferenza che lui non sembrava in grado di poter comprendere. La sua voce non pareva raggiungerla, le sue parole non erano in grado di far breccia in quelle mura che, inconsapevolmente, lei s’era costruita attorno.
Si dondolava, chiusa, come una conchiglia. Lui dovette chiamare, e
chiamare, e staccarle via i vermi che la soffocavano come appiccicose perle.
Solo allora — dopo ch’ebbe pronunciato il suo nome innumerevoli volte, vide il collo di lei muoversi e il  viso ruotare, lentamente, come gli attimi che precedono una caduta: inesorabili.
I suoi occhi scuri, fino a pochi istanti prima annebbiati, persi, sembrarono indurirsi all’improvviso, sostenendo lo sguardo di lui con rabbiosa determinazione. E Lucius sembrò spezzarsi dentro.
« E’ colpa tua, » sussurrò Narcissa, nella voce il tono insindacabile d’una condanna. « E’ tutta colpa tua.. »
Ne fu talmente sconvolto da non avere il coraggio di proferir parola, certo che lei avrebbe proseguito, che avrebbe spiegato —  impietrito, rimase quasi in attesa del momento in cui l’incantesimo si sarebbe infranto,
rivelando l’ordinaria, meravigliosa realtà nascosta dietro quell’inspiegabile follia.
Allungò una mano nella sua direzione, tremante, scostandole una ciocca di capelli dalla fronte, e fu come aver volontariamente lasciato che, da una singola scintilla, divampasse un incontrollabile incendio.
« Non toccarmi! » sibilò lei, gli occhi bellissimi gonfi di rabbia e di lacrime, saltando in piedi come morsa da un serpente velenoso. « Non ti permetterò di toccarmi di nuovo, di farmi del male — non un’altra volta! »
Lucius dovette appoggiarsi fermamente alla sedia dove, sino a pochi istanti prima, lei era seduta. Altrimenti sarebbe caduto, rovinando a terra insieme a ciò che restava del suo razionale autocontrollo.
« Narcissa, ti prego, io non capisco.. »
« Sono incinta, Lucius. Incinta! »
Lui impiegò alcuni secondi ad elaborare la notizia, le labbra socchiuse ed immobili alla ricerca d’aria.
Una gioia sconfinata gli strinse il cuore, bruciandogli nelle vene e raggiungendo, poi, il cervello — e fu allora che un gemito sommesso spezzò il silenzio, riportandolo bruscamente alla realtà.
 « Tu non capisci, non è vero? Non ti rendi conto di ciò che hai fatto, di ciò che abbiamo fatto?  Un bambino necessita di amore, di sicurezza — quali speranze avrà, in un mondo come questo?
Siamo divorati dal male, fatti a pezzi, burattini portatori di morte e tu, proprio tu dovresti saperlo! Non voglio che nostro figlio cresca in questo modo, non lascerò che viva tutto ciò che noi stiamo affrontando, lui non se lo merita.. »
Si interruppe, le guance rigate di lacrime, mentre tremiti convulsi le scuotevano le spalle.
« Noi saremo lì a proteggerlo. Non lasceremo che soffra, lo renderemo felice, ed io — »
« Tu cosa, Lucius? Cosa potresti fare tu, con quel Marchio a segnarti la pelle, quasi fosse una firma sotto la tua condanna a morte?
E cosa potrei fare io, barricata dietro le mura di questo silenzio, nascosta come un topo in trappola, ingannata da un’illusoria convinzione di essere al sicuro.. nessuno è al sicuro, nessuno lo sarà mai.
Lo abbiamo ferito ancor prima che potesse nascere, lasciando a gravare sulle sue fragili spalle una simile condanna, lasciandolo a combattere una guerra in cui non ha scelto di partecipare.. »
Avrebbe voluto risponderle, Lucius. Avrebbe voluto gridarle contro parole piene di rabbia, urlando che ciò che aveva fatto l’aveva fatto per lei, che aveva scelto ciò che era meglio per tutti loro,
che lei era l’unico motivo per cui lui era ancora lì, vivo, perché quando delle notti la paura lo divorava apriva gli occhi nel buio e lei era lì, e la sua vista bastava a non farlo impazzire — e intanto lei scivolava via.
Lentamente, raggiunse la porta, abbassandone la maniglia con esasperante lentezza.
Non andar via, avrebbe voluto dirle.
« Cosa hai intenzione di fare, ora? » sussurrò, invece, preda di un’infinita stanchezza.
« Proteggerò chi amo, a qualsiasi costo. »
Con un gemito strozzato, Lucius si rese conto che Narcissa non parlava di lui. Che avrebbe protetto il bambino.
Dal canto suo, lei uscì in corridoio, lasciando che la porta le si chiudesse alle spalle, e di nuovo scoppiò in lacrime.


Guardarsi negli occhi ma mai nel cuore. Era questa la strategia che entrambi avevano scelto di adottare.
Lucius prendeva parte a missioni sempre più pericolose, la vita appesa ad un filo — Narcissa respirava profondamente per combattere le continue nausee.
Sorridere insieme agli eventi di alta società, annunciare con gioia la buona notizia.
Si amavano in silenzio, i cuori distrutti da divergenze irreparabili.
Lucius lasciò che lei scegliesse Hogwarts, piuttosto che Durmstrang — Narcissa scelse Lucius come secondo nome.
Sperò che suo figlio ereditasse gli occhi di lui, e che la guardasse pieno d’amore come suo marito non sembrava più in grado di fare.
Si amavano in silenzio. Si cercavano, senza però volerlo ammettere.
Quanto può esser grande la paura di distruggere ciò che più si ama al mondo?
Le persone possono essere amate, ma questo non basterà a salvarle. Era questo che si ripetevano. Meglio star lontani che ferirsi irreparabilmente.
Non erano riusciti a salvarsi, loro, a mettersi al riparo da quella guerra. E se avessero fatto lo stesso con Draco? Se non fossero stati in grado di proteggerlo?
Guardarsi negli occhi ma mai nel cuore.
Forse avevano paura, entrambi, di trovare l’uno nell’altro un aspro rimprovero alla loro vigliaccheria.





A
ngolo Autrice.
Meritereste un premio solo per essere arrivati fin qui, giuro! Mio Dio, non riesco a credere di essere finalmente riuscita a terminare questa OS.
L’ho iniziata durante le vacanze di Natale, senza la minima ispirazione, poi l’ispirazione mi ha preso e ho cominciato a scrivere come se non ci fosse stato un domani —  arrivata alla fine, però, non avevo la più pallida idea di come finire.
Non ce l’ho tuttora, né il risultato mi convince. Mi sembra di non aver reso giustizia alla storia.. premettendo che avrei preferito un lieto fine,
perché questa ship — che prima di scoprire questo contest non avevo mai preso in considerazione quanto merita — è una di quelle che un lieto fine se lo guadagna pagina dopo pagina; tuttavia un amore disfunzionale,
distrutto dagli stessi protagonisti, era il tema principale del contest. Ho amato scrivere di questi due personaggi. Spero di aver reso loro giustizia, e di aver fatto altrettanto con il contest.
Spero vi sia piaciuto!

Love you always,
— afterallthistime.

 

  
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