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Autore: Rosmary    18/01/2015    10 recensioni
Un cielo ricco d'astri e il bisogno di mettersi a nudo: Irrazionalità e Attrazione sono entità tenaci, e fuggirle non era servito né all'uno, né all'altra.
"Hermione si voltò a quell’affermazione, punta nell’orgoglio e forse anche nella vergogna, intenzionata ad assumere il controllo di quella situazione inverosimile. Ma non l’aveva considerato, il ritrovarsi viso a viso con lui. Fu deglutendo che s’impose di non sfuggire al suo sguardo sicuro e vivace, mostrandosi in possesso di un autocontrollo inesistente."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ernie Macmillan, Fred Weasley, Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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I personaggi presenti in questa storia sono proprietà di J.K. Rowling;
il racconto è scritto senza alcuno scopo di lucro.

 




Due matti che si rincorrono


 
“Cosa siamo io e te?”
 
“Solo due matti che si rincorrono.”
 
*
 
Il timido accenno di luna illuminava il viso rivolto al cielo di Hermione, che sostava trepidante accanto al ragazzo schiavo del fascino esercitato dal telescopio. Quella notte, non diversamente dalle precedenti, la volta celeste sembrava esser viva e vanesia, vogliosa di lasciarsi ammirare dai curiosi occhi umani, cui donava non solo il biancore degli astri, ma anche la gelida brezza del neonato inverno. Il silenzio più taciturno rimbombava tra le pareti in pietra della Torre di Astronomia, e solo il respiro ineducato dei due studenti l’infrangeva.
Strofinando le mani tra loro, un po’ per la noia e un po’ per il fastidio, Hermione tentò di richiamare l’attenzione del compagno d’avventura delle ultime quattro sere, ma lui era chino sul telescopio, cogli occhi arrossati dallo scrutare troppo in alto, e nulla pareva scuoterlo. Allora, la giovane decise di tentare un approccio più diretto, bussando brusca con le nocche alla schiena altrui, che si sollevò di scatto, irata e sorpresa.
 
“Che c’è?”
 
“C’è che è quasi passata un’ora e io non ho visto niente.”
 
“Ah… scusami, Hermione.”
 
Hermione lo osservò grattarsi il capo e capì d’avere dinanzi un ragazzo realmente dispiaciuto; Ernie Macmillan era così, aveva imparato a conoscerlo ormai: appassionato a tutto ciò che riusciva in qualche modo ad esaltarlo o incuriosirlo, saccente quanto e persino più di lei se sicuro d’essere nel giusto e capace di scorticarsi con le unghie il cuoio capelluto quando era in imbarazzo – come in quell’istante. Gli sorrise bonaria e prese il suo posto, calandosi sul grosso telescopio astronomico offerto dalla scuola per abbandonarsi agli astri.
Li poteva ammirare tutti finalmente, tutti, quei puntini luccicanti in grado di illuminare la terra intera. Eppure, non si soffermò sull’evidente bellezza dello spettacolo notturno; diligente come sapeva essere, Hermione cercò ciò che le sarebbe stato utile per tracciare la mappa assegnata dall’insegnante, percependo Ernie trafficare con matita e pergamena per abbozzare uno schizzo.
D’un tratto, però, qualcosa mutò in quell’atmosfera. La mina non graffiava più la carta e delle mani calde, conosciute, le sfioravano l’addome, mentre un naso strofinava tra i suoi capelli. Senza aprir bocca, preda della tensione, si sollevò lentamente dal telescopio, avvertendo il qualcuno che le era alle spalle tornare in postura eretta assieme a lei, senza mai allontanarsi e privarla del calore.
 
“Che ne hai fatto di Ernie?” chiese in un sussurro Hermione.
 
“Niente di irreparabile, l’ho solo pietrificato e messo fuori, sulle scale.”
 
“È terribile.”
 
“Io avrei detto divertente!”
 
Lo sentì ridacchiare e questo acuì la tensione, costringendola a star rigida, con i pugni stretti, le labbra di poco schiuse e gli occhi tremuli. Avrebbe dovuto rimproverarlo a gran voce, ribadire quel è terribile e correre in aiuto di Ernie, vittima di un folle fuggito al dormitorio di Sir Nicholas. Avrebbe dovuto tante cose, ma riuscì soltanto a starsene lì, immobile sotto l’imponente volta celeste che non le interessava più, a contare gli attimi trascorsi nel silenzio, a percepire il profumo di lui penetrarle le ossa, a chiedersi se a mescolarsi al suono dei respiri fosse solo il proprio battito in eccesso o anche quello altrui.
 
“Non mi sgridi?” domandò lui. “Non so se è una cosa buona,” proseguì, condendo ogni sillaba con un pizzico di malizia e tanta impertinenza.
 
“Perché non mi lasci?”
 
“Perché non vuoi.”
 
Hermione si voltò a quell’affermazione, punta nell’orgoglio e forse anche nella vergogna, intenzionata ad assumere il controllo della situazione inverosimile. Ma non l’aveva considerato, il ritrovarsi viso a viso con lui. Fu deglutendo che s’impose di non sfuggire al suo sguardo sicuro e vivace, mostrandosi in possesso di un autocontrollo inesistente.
Vide le labbra sottili del ragazzo sollevarsi verso l’angolo destro, disegnando un perfetto sorrisetto tentato e tentatore, e sentì le impudenti dita stringersi alla propria vita, affondando i polpastrelli nelle vesti della divisa, come a volerle bucare, oltrepassare, distruggere, tutto per lasciare marchi riconoscibili sulla pelle fredda.
Non si sorprese quando la speranza che il tempo s’arrestasse s’impossessò di lei. Lei che ricordava ogni momento condiviso con lui, ogni attimo rubato alla routine quotidiana, ogni sguardo cercato con apparente indifferenza, ogni timido e sfrontato contatto… Tutto, di quei lunghi mesi Hermione ricordava ogni cosa. E anche lui.
 
“Ti ricordi cosa ti ho detto qualche mese fa?”
 
“Quando ti ho chiesto cosa siamo?”
 
Annuì lui, nascondendo la bocca sottile tra i capelli crespi della strega, lasciandola poi scorrere lungo la fronte, il naso, sino alle labbra sfiorate con delicatezza, mentre gli occhi cercavano le iridi altrui, intenzionati più che mai a scovarvi timori, certezze, attrazione.
 
“Ricordi? Ricordi cosa ti ho detto?”
 
“Che siamo solo due matti che si rincorrono,” riuscì a scandire Hermione.
 
Aveva calato le palpebre al peso di quelle parole; nonostante fosse forte, indipendente e coraggiosa, non era stata in grado di sopportare la verità di cui erano impregnate quelle lettere.
Come non ricordarle?
Era iniziato tutto sul finire dell’estate, quando ancora abitavano la dimora che era appartenuta alla nobile famiglia Black – discussioni, scherzi subiti, giochi condivisi, sguardi, litigi, un abbraccio sbadato – ed era continuata tra i corridoi affollati e indaffarati di Hogwarts tra una lezione e l’altra, un allenamento e una ronda, un incontro clandestino dell’ES e un’uscita a Hogsmeade – battute, provocazioni, una frase ambigua, gelosie, fortuna, un bacio rubato. S’erano ritrovati attratti l’uno dall’altra sprovvisti di perché e carichi di timori – meglio ignorare tutto, continuare ognuno sulla propria strada.
 
“Ti ho detto una mezza verità,” esordì, distraendola dai ricordi. “In effetti, siamo due matti, perché uno come me, se è sano di mente, non si prende una sbandata per una come te, e neanche una come te se la prende per uno come me, se è sana di mente. Prendi George, ad esempio, lui è il me sano di mente e tu non potresti mai interessargli! Prendi… ah, non lo so, non mi viene in mente nessuna rompi-bolidi e fissata come te! Zitta, aspetta! Non ho finito!” aggiunse celere, sfiorandole ancora una volta le labbra. “Noi siamo due matti che si ricorrono, ma non siamo solo questo.”
 
“Dove vuoi arrivare, Fred?” chiese Hermione, le cui gote non erano più arrossate: l’imbarazzo era svanito, lasciando in eredità una sensazione forte, adrenalinica, che s’intensificava ad ogni secondo.
 
“A questo.”
 
Fred non le diede tempo di chiedere cosa fosse questo, né di fargli notare che questo non era una risposta, perché smise di tentennare, parlare, spiegare, e consumò qualsiasi granello d’aria li separava, mostrandole tutto ciò che erano e che sarebbero stati nel bacio cercato che era in smodata attesa dal bacio rubato di un paio di settimane prima. Fu sufficiente lo scorrere di irrisori istanti perché Hermione si stringesse a lui, sfiorandogli le mani, le braccia, guidata dal bisogno di sentirlo vicino.
 
“Quale disgustosa e patetica scenetta. Il danno arrecato alla mia digestione è già motivo sufficiente per detrarre punti, ma sarebbe oltraggioso omettere la violazione del coprifuoco, degli atteggiamenti chiaramente equivoci e l’aggressione a Macmillan. Cento punti a testa, punizione per un mese e, immagino, i ringraziamenti di Serpeverde per la Coppa delle Case.”
 
Nel momento in cui Severus Piton tacque, Hermione e Fred lo fissarono allucinati, consapevoli d’aver appena perso duecento punti. Quando l’insegnante voltò loro le spalle in un chiaro invito a seguirlo, Fred, anziché impallidire e programmare la propria fustigazione – come invece stava facendo la ragazza –, ghignò divertito, stringendo incoraggiante la mano di Hermione.
 
“Guarda il lato positivo: da domani, tutta Hogwarts saprà che siamo due matti che si rincorrono, che fanno perdere punti e che stanno insieme!” sussurrò allegro. Forse, era l’ottimismo della disperazione, ma quell’affermazione completamente folle riuscì persino a farla sorridere.

   
 
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