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Autore: The son of rage and love    18/01/2015    4 recensioni
Kurt Gallagher è un ragazzo buono, intelligente, suona la chitarra da quando era piccolo e ha una band.
Ma il destino gli ha fornito delle pessime carte, portandolo su cattive strade e rendendo la sua esistenza un totale fallimento. La musica è l'unica a non averlo mai abbandonato, e con lei è riuscito a rialzarsi e a riprendere in mano la sua vita.
I problemi ci sono ancora, sempre, ma tutto sommato la sua vita ha preso una piega positiva, finché un giorno non incontrerà qualcuno: una ragazza, un esempio per molte persone, ma che in quel momento non può essere l'esempio di nessuno. Come lui, avrà perso la sua strada e Kurt cercherà di aiutarla a ritrovarla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Hayley Williams, Jeremy Davis, Nuovo Personaggio, Taylor York
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Dove sono le chiavi dell'auto? - Urlai, mentre le cercavo su un mobiletto all'ingresso di casa.
- Dove hai intenzione di andare tu!? - Esclamò mia madre appena mi sentì.
Sospirai, mimando un "che palle" con le labbra, e un attimo dopo lei spuntò dalla cucina e me la ritrovai davanti con ancora i guanti e il detersivo per piatti in mano.
- Devo uscire... - Sbuffai, mettendomi le mani in tasca e guardandola con sufficienza.
- Porterai tuo fratello alla partita di stasera? - Chiese con quel suo tono fastidioso, anche se conosceva già la risposta.
- No. - Dissi secco e lei mi schernì con una risatina ancora più fastidiosa.
- E allora niente auto. - Concluse, voltandosi e avviandosi di nuovo verso la cucina, quando sentì la voce di mio padre in cima alle scale che portavano alle camere.
- Judy... -
- Cosa c'è David? - Chiese lei, fermandosi.
Papà scese le scale - Lasciagli l'auto. Solo per il pomeriggio. -
Mi stupii, allora mio padre non era solo un gran rompipalle... Ma a quelle parole mia madre si voltò verso di lui - Gli vuoi lasciare la macchina? David non imparerà mai un accidente così! - Esclamò, furibonda.
Mio padre non aggiunse altro, gli lanciò solo un'occhiata e purtroppo conoscevo bene quello sguardo: aveva in mente qualcosa.
Mia madre sbuffò - Aah fa come vuoi! Le chiavi sono nella mia borsa! - Disse prima di tornarsene in cucina.
Osservai mio padre in silenzio, mentre prendeva le chiavi e tornava di fronte a me. Mi guardò, io lo guardai e lui mi porse le chiavi, ma un attimo prima di afferrarle lui le tirò via.
Sbuffai, guardandolo con un'espressione che diceva "non ho tutto il giorno".
- Io ti do le chiavi.... - Disse ad un certo punto - Ma tu devi fare una cosa per me. -
Mi sorrise, ma io di certo non ricambiai. Sapevo che c'era la fregatura...
- Di che si tratta? - Chiesi con sufficienza e allora lo vidi tirar fuori qualcosa dalla tasca.
Cinquanta dollari!? Ma stava scherzando???
- Devi portare l'auto dal meccanico. - Rispose, sventolandomi chiavi e banconota davanti al viso.
Non ci pensai due volte.
- Ok, d'accordo! - Esclamai, afferrando entrambe e voltandomi per uscire di casa.
- Per le 19.00 voglio l'auto nel vialetto. Io e Michael dobbiamo andare a vedere una partita. - Aggiunse poco prima che uscissi.
Mi fermai per un istante a quelle parole, come se sentissi qualcosa, qualcosa che non andava. E con quella stessa sensazione mi voltai di nuovo verso mio padre.
Lo guardai per un istante e poi sollevai lo sguardo verso le scale, dove Michael era seduto e mi osservava. Un bambino di nove anni: occhi azzurri, capelli chiari e lisci, sorridente e fin troppo buono... L'esatto opposto di me.
Appena lo vidi salutarmi con un lieve cenno della mano mi voltai e scossi appena la testa, uscendo di casa.
Ancor prima di entrar in auto tirai fuori il cellulare e composi un numero. Squillava.
- Ehi ho la macchina e non ci crederai mai... Cinquanta cazzo di dollari! - Esclamai, ascoltando il tizio dall'altra parte - Ma che ne so, me li ha dati mio padre... Vuole che vada dal meccanico. - Scoppiai a ridere e con me anche il ragazzo dall'altra parte del telefono - Si... Si... Dammi qualche minuto e arrivo. -
Chiusi la chiamata e salii in macchina, uscendo dal vialetto come un matto e dirigendomi verso il parco.

 
Spalancai gli occhi e sobbalzai, svegliandomi di colpo.
Mi guardai intorno come spaesato e mi servirono alcuni istanti per capire dove fossi: la luce del debole sole mattutino veniva filtrata dalle tende chiare della camera; percepivo un piacevole tepore, che insieme ad un profumo fin troppo buono e familiare mi impediva in ogni modo possibile di alzarmi da quel letto.
Sollevai appena la testa, riconoscendo subito quella testolina azzurra che riposava sul mio stesso cuscino. Teneva le mani al petto, mi dava le spalle e io la tenevo stretta a me, con una mano poggiata sulle sue.
Le accarezzai appena il dorso di una mano e la osservai per alcuni istanti, forse per esser sicuro che fosse davvero lei, che fosse vera. E quando me ne convinsi, presi un gran respiro e poggiai di nuovo la testa sul cuscino.
Cercai di calmarmi, di non pensare più a quel sogno ma, come se lei percepisse la mia agitazione... Si svegliò.
La sentii muoversi accanto a me e contro di me. Mi strinse la mano che tenevo sulle sue e lentamente si girò.
Mi guardò per un tempo infinito con quei suoi occhi che ti trafiggevano il cuore, e alla fine distese il viso in un piccolo sorriso, pronunciando un "Ciao".
- Ciao. - Mormorai, ma i ricordi e i pensieri mi costrinsero ad abbassare lo sguardo.
Sentii una delle sue manine accarezzarmi il viso - Sembri spaventato. - Sussurrò con una dolcezza disarmante ed io scossi appena la testa - Cosa c'è? - Chiese stringendomi appena il viso.
Deglutii - Solo... Un brutto sogno. -
Ci guardammo, forse aveva capito, e senza chiedermi altro mi baciò.
Oh, quello era un buon modo per smettere di pensare, era un buon modo per dimenticare tutto e tutti, era un buon modo per smetterla di scappare.
Socchiusi gli occhi appena le sue labbra lasciarono le mie, e la vidi sorridere; era uno di quei suoi sorrisi felici e sinceri che a pochi dedicava.
Poggiai delicatamente una mano sul suo viso, accarezzandole una guancia e sfiorando quelle adorabili fossette che si formavano ogni volta che sorrideva.
Stavolta fui io a baciarla, e avrei potuto continuare a farlo per tutta la mattina se qualcuno non avesse bussato alla porta della camera.
- Hayley... Sei pronta? - Chiese una voce piuttosto familiare al di là della porta.
- Oh cazzo! Taylor! - Sussurrò la cantante, staccandosi dalle mie labbra e saltando in piedi in un lampo.
- Si! Si, ho quasi fatto! - Esclamò con un tono decisamente più alto e agitato del solito.
- Hai quasi fatto o ti sei appena alzata? - Chiese ancora il chitarrista, mentre Hayley correva da una parte all'altra della camera in cerca di chissà cosa.
- Te l'ho detto, ho quasi fa--- AHI!! - Esclamò la nanetta quando sbatté il mignolo del piede ad una gamba del letto.
- Hayley! È tutto ok? - Si allarmò Taylor, mentre io cercavo di trattenere le risate.
- Si! Tutto ok... - Rispose lei, afferrandosi il piede e mordendosi le labbra per il dolore - Ho solo sbattuto un piede... - Aggiunse mentre si sedeva sul letto, accanto a me, che mi coprivo la bocca con una mano per cercare di non farmi sentire.
Mi lanciò un'occhiata, più divertita che minacciosa, e con la mano libera mi diede un colpo sul petto come per dirmi di smetterla.
- Hayley tra mezz'ora dobbiamo partire per Leeds. - Disse Taylor, riportandoci alla realtà.
- Lo so! Tra mezz'ora sarò nella hall, voi aspettatemi lì. - Rispose la nanetta, tenendo lo sguardo sulla porta.
- Cerca di non fare tardi. - Concluse il chitarrista e pensavamo che se ne fosse andato, invece... - Ah, prima di scendere prova a chiamare Kurt, ho bussato alla sua camera ma non risponde nessuno. -
A quella frase ci guardammo, ed entrambe rischiammo di scoppiare a ridere.
- Tranquillo! Ci penso io! - Esclamò Hayley, un attimo prima di coprirsi la bocca con una mano e affondare la testa nel cuscino, per soffocare le risate. E lo stesso feci io, ma ben presto ci ritrovammo entrambi girati a pancia in su a ridere come due bambini.
- Chissà dove si sarà cacciato Kurt! - Esclamò Hayley ad un certo punto.
- Magari sta ancora dormendo, sai ha il sonno pesante. - Aggiunsi io tra una risata e l'altra.
- Già, stanotte credo di avergli tirato un paio di calci, ma lui... Niente. -
A quelle parole mi voltai verso di lei e la scoprii a guardarmi con quella sua espressione da ragazzina in vena di scherzi.
- Ah si, eh? - Dissi sorridendo e afferrandole i fianchi, portandomi sopra di lei.
Cominciai a farle il solletico e lei iniziò ad implorarmi di smetterla.
- Ti prego Kurt! - Esclamò, ridendo e cercando di bloccarmi le mani - Siamo in ritardo! - Aggiunse, ormai con le lacrime agli occhi.
- È la giusta punizione per avermi preso a calci! - Ribattei io, non potendo evitare di ridere di fronte a quella ragazzina piacevolmente in difficoltà.
- Nooo! Ti pregooo! - Continuò, afferrando e bloccandomi una mano - Kurt! - Esclamò e non so come ma riuscì a capovolgere la situazione, mettendosi a cavalcioni sopra di me... Ok, lo ammetto, forse glielo avevo lasciato fare.
- D'accordo mi arrendo... Hai vinto tu. - Sorrisi, guardandola e socchiudendo appena gli occhi.
Sarei rimasto volentieri lì per l'intera giornata.
Si abbassò su di me e poi mi baciò. Piano, delicatamente, come se davvero avessimo tutto il giorno per noi.
Mi tirai su a sedere, portando entrambe le mani sui suoi fianchi e intensificando quel bacio.
- Kurt... - Ansimò sulle mie labbra, rimpiazzando poi le sue con una di quelle manine sempre congelate - Siamo in ritardo... E ho bisogno di una doccia. -
Lentamente aprii gli occhi e così anche lei, facendo scivolare la mano sul mio petto.
La lasciai andare, lei prese alcuni indumenti e l'occorrente per la doccia e si lanciò nel bagno. Nel frattempo io recuperai i vestiti e mi recai nella mia camera, prendendo la valigia e tutto quello che avevo seminato in quella stanza, dato che una volta arrivati a Leeds non saremmo più tornati lì.
Quando ritornai da Hayley la trovai incredibilmente pronta e alle prese con la chiusura della valigia.
- Ma... Sicura di averla fatta la doccia? - Chiesi ironico, conoscendo le sue tempistiche.
- Se vuoi puoi annusarmi. - Rispose lei, sarcastica e non potei fare altro che scoppiare a ridere.
- Aspetta, ti do una mano. - Dissi, avvicinandomi per aiutarla con la valigia, che riuscimmo a chiudere solo quando lei si sedette su di essa.
Uscimmo insieme dalla sua camera, ma non prima di esserci assicurati che il corridoio fosse vuoto e che nessuno potesse vederci.
Non appena entrammo nell'ascensore e le porte si chiusero lei mi prese per mano. Mi stupii di quel gesto, così mi voltai verso di lei.
- Cosa c'è? -
Indugiò un po' prima di parlare - Non devi dire a nessuno di... Di noi due. - Mormorò a testa bassa.
Corrugai appena la fronte, e non sentendomi rispondere sollevò la testa verso di me - Kurt... -
- Si. Hayley lo so... Ho capito. - Mormorai, incrociando il suo guardo. La capivo e, malgrado cercassi di non pensarci, conoscevo i rischi della faccenda in cui ci eravamo cacciati.
- Soprattutto a Taylor e a Jeremy. - Aggiunse lasciandomi la mano, un attimo prima che le porte dell'ascensore si riaprissero.
La guardai per un istante e poi la seguii nella hall dell'albergo, dove ci aspettavano tutti gli altri.
- Incredibile Hayley, sei in orario! - Esclamò Jeremy, ridacchiando e guadagnandosi una boccaccia da parte della cantante.
- Ehi Kurt! Che fine avevi fatto? Sono stato ore a bussare alla tua porta! - Disse Taylor, dandomi una pacca sulla spalla appena lo raggiunsi.
- Davvero? - Chiesi, fingendomi sorpreso - Scusa, è che ho il sonno pesante... -
- Oh, tranquillo, l'importante è che tu sia qui. - Ridacchiò il chitarrista, segno che se l'era bevuta.
Consegnammo le chiavi delle nostre camere alla reception e poi ci avviammo verso il parcheggio dell'albergo.
 
Il viaggio verso Leeds fu il più lungo e frustrante di sempre.
Quasi quattro ore rinchiusi in un furgone ad ascoltare musica e a giocare a carte, senza mai fare una sosta perché "dovevamo rispettare la tabella di marcia". E il fatto che anche solo guardando Hayley avevo il terrore che qualcuno potesse sospettare qualcosa non migliorava di certo la situazione.
Quando arrivammo il festival era già cominciato da un pezzo e il palco era occupato dai Jimmy Eat World. Così approfittai del breve linecheck dei Paramore per godermi qualche pezzo del gruppo originario dell'Arizona.
Appena assegnarono un camerino alla band, ci buttammo tutti là dentro in attesa dell'esibizione che non tardò ad arrivare.
Era da un pezzo che non vedevo degli skinny jeans neri addosso ad Hayley... Mi chiedevo come mai dato che le stavano stramaledettamente bene. Ma malgrado la mia difficoltà nello staccarle gli occhi di dosso, potei dire che l'esibizione fu a dir poco perfetta.
Quella sera eravamo tutti molto stanchi, anche io che in fondo non avevo fatto un accidente, e dopo lo show ci recammo subito all'albergo prenotato lì a Leeds.
Quando fui abbastanza sicuro che tutti dormissero e che non ci fosse più nessuno in giro, uscii dalla mia camera e sgattaiolai in quella di Hayley.
- Stasera sembravi più calma. - Mormorai stringendola a me, quando finalmente potemmo distenderci nel letto.
- Lo ero... - Rispose e sollevò la testa verso di me - Sapevo che la mia pillolina riccioluta mi guardava dal backstage. - Ridacchiò, accarezzandomi una guancia.
Sorrisi appena. Se ci scherzava su era un segno buono, no? E se al posto dello Xanax le bastava la mia presenza, avrei fatto i salti mortali pur di essere presente ad ogni show.
- È stata dura per questa pillolina starti lontano tutto il giorno. - Ammisi, guardandola e dopo avermi sorriso si sporse verso di me e mi baciò.
Non potevo sperare in un "buonanotte" migliore, che incredibilmente mi conciliò il sonno... Anche se ero più che consapevole delle dieci ore di aereo che ci aspettavano l'indomani mattina.
 
- Possibile che ancora non abbiano inventato un mezzo di trasporto alternativo? - Chiesi ad occhi chiusi e con un tono decisamente sofferente, mentre stringevo i braccioli del seggiolino ed incollavo la schiena ad esso.
Hayley rise - Hai qualche proposta? -
Aprii un occhio e la guardai - Non so, qualcosa come il teletrasporto per esempio! -
Lei rise ancora, divertita dalla mia paura dell'aereo che ad ogni vuoto d'aria aumentava sempre di più.
- Ehi... - Mormorò ad un certo punto - Calmati, non ci pensare. -
- Come faccio a non pensarci? È come stare sulle montagne russe! - Esclamai e la sentii poggiare una delle sue manine sulla mia stretta al bracciolo. Quasi mi stupii di quel gesto.
- Pensa che tra poco saremo di nuovo in America... Niente più accenti strani, niente più tè a tutte le ore... -
- Niente più indie rock! - La interruppi, ridacchiando, ma lei mi guardò quasi stranita.
- Quello ce l'abbiamo anche in America... -
- Intendevo l'indie rock buono. - Puntualizzai, guardandola.
- Secondo te non abbiamo del buon indie rock in America? - Chiese lei, con un'espressione che diceva "ma sei serio?"
- Secondo me l'indie rock dovremmo lasciarlo agli inglesi. - Ribattei con un sorrisino divertito stampato sul volto.
- Oh andiamo Kurt! - Esclamò lei - I Black Keys, gli Strokes... I Vampire Weekend! -
- No! Tutto ma i Vampire Weekend no! - Esclamai, guardandola come si guarda un pazzo, e incredibilmente mi ero dimenticato di trovarmi su un pericoloso apparecchio volante.
Adoravo quando si arrabbiava perché la contraddicevo su qualcosa. Cominciava ad elencare tutti i motivi per i quali lei aveva ragione ed io torto, ed era incredibile come avesse sempre e costantemente qualcosa da ridire.
Quello di stuzzicarci a vicenda era un gioco fin troppo divertente da chiudere solo per mancanza di argomenti, così discutemmo di musica praticamente per tutto il resto del volo, e malgrado non potessi neanche avvicinarmi a lei senza destare qualche sospetto... Probabilmente fu il viaggio più bello della mia vita.




 
ANGOLO DELL’AUTORE

Hi guys, eccoci qua con il nuovo capitolo… Che ho praticamente e interamente dedicato al Kurtley :’)
Non ho molto da dire, se non che ho appena finito di scriverlo, quindi in questo momento ho un po’ il cervello tra le chiappe, giusto per essere fini...
Nel capitolo non ho parlato di chitarre o altri argomenti non noti a tutti, quindi non credo di avere altro da aggiungere… Ah, forse in pochi conoscono la differenza tra soundcheck e linecheck: il primo è il classico “controllo del suono” sparato a tutto volume senza preoccuparsi delle povere anime che si ritroveranno i timpani sfondati, e che di solito si fa diverse ore prima dall’esibizione; mentre il linecheck è il piano B che si attua quando non si ha la possibilità di fare un soundcheck: in caso di un festival già iniziato e quindi di un’esibizione in corso, ci si attacca ai mixer e si regolano velocemente i suoni nel backstage, senza collegarsi direttamente all’impianto audio.

E adesso i ringraziamenti: ringrazio Lonni, francyfrapotter25, mizu_chan_foREVer e Rhoda per le recensioni.
Spero che il capitolo sia piaciuto, vi auguro una buona domenica eeee al prossimo capitolo! :D

Peace.
  
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