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Autore: eli_s    18/01/2015    1 recensioni
Questa storia è ambientata trascorsi tre anni dalla fine di The Vampire Diaries, è totalmente un mio punto di vista che non intende offendere ne insinuare niente rispetto ai fatti realmente accaduti.
Ho voluto raccontare, in un mio momento di pazzia, dove mi immagino il nostro cast a distanza di tempo e soprattutto cosa ne sarà stato dell'amore di Ian e Nina. Il titolo si ispira alla canzone degli Sleeping at last -Saturn, perchè è così che vedo il loro amore come la luce di una stella che va avanti all'infinito nonostante muoia.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nei giorni che seguono riesco ad affrontare ogni tipo di conversazione che le mie amiche mi propinano sul concetto di quanto sia piccolo il mondo e su quante probabilità ci potevano essere che la mia co-star fosse proprio lui.

Ma le conosco e vedo la strana frenesia che serpeggia nei loro occhi, perché sì diciamolo pure è una situazione infelice. Alle porte del matrimonio di Paul, poi il provino, sono stata così attenta nell’evitarlo in tutti questi anni e la fortuna mi ha sempre sorriso non facendomelo mai incontrare a nessun evento, nemmeno alla prima del film di Kevin si è presentato. Ho pensato che fosse dato per disperso, con lei da qualche parte a salvare animali con la ISF, creatura anche mia per quanto tempo ci ho speso dietro insieme a lui; troppo preso da altro per presenziare all’evento che ha visto tutto il cast di TVD supportare il loro “papà” Kevin.

 

Ogni volta mi sono prefissata di preparami psicologicamente a vederlo e ogni volta il mio sguardo vagava confuso e distratto fin quando qualcuno dei presenti, che mi conosce troppo, non mi bisbigliava un casule “lui non verrà”, “lui non ci sarà”. Ed era una stilettata, un po’ perché odio essere così prevedibile, che mi si legga in volto che cosa mi sta avviluppando e dall’altra perché emerge prepotente la vocina che mi ricorda che in realtà, nelle profondità del mio essere, pulsa il desiderio di rivederlo.

E’ una specie di gioco perverso di volere o non volere, la parte razionale valuta e fa le sue considerazioni, sapendo bene che non deve volere certe cose e che è oggettivamente più salutare se non succedono. Poi c’è quella che emerge l’istante dopo la constatazione della sua assenza, un attimo di sollievo e dietro l’ondata di amarezza mista a delusione, un’attitudine masochista che deve finire.

Ed ero speranzosa che andasse così anche il matrimonio di Paul, invece no è stato lui in persona a confermarmi la sua presenza.

Già rivedere lui è doloroso, figuriamoci al matrimonio del nostro più caro amico dove io sarò sola come sempre e lui sarà con lei.

 

Il mio cervello fluttua nel vuoto mentre pizzi e merletti mi volteggiano sotto al naso; sono una delle damigelle di Phoebe che è semplicemente bellissima ed emozionata, mentre sua madre le sistema il velo e tenta di calmarla. Io mi risveglio quando la sua damigella d’onore mi porge il piccolo bouquet che dobbiamo avere tutte. Sono davvero felice per lei, è una ragazza adorabile che ama alla follia Paul e lo fa sorridere come nessun altro è capace di fare. Sento una punta di gelosia nei loro confronti, ma sopprimo tutto respirando a fondo come mi ha insegnato lo yoga.

Tutte scemenze puoi controllare il corpo, ma non il cuore.

 

Mi riscuoto e mi appresto a dirigermi fuori dall’hotel dove si tiene la cerimonia, incamminandomi dietro le altre damigelle fino ad arrivare all’ingresso del bellissimo giardino che fa da scenario alle nozze dei miei due amici. Sono in fila con le altre e guardo dritta davanti a me, quindi mi trovo a fissare l’acconciatura della ragazza che ho davanti e poi getto distrattamente lo sguardo in direzione dello sposo che è tipo cinque minuti che si sta torturando il colletto della camicia per l’agitazione.

E anche lui è bellissimo e radioso, oltre che teso come una corda di violino e mi scappa per forza un sorriso, è come se si sposasse mio fratello.

Paul è un pezzo del mio cuore e della mia vita, respiro a fondo non posso piangere adesso devo stare calma e fissare l’altare evitando di fare quello che so fare meglio, inciampare. Stringo tra le mani il bouquet e liscio invisibili pieghe dell’abito di un rosa antico che mi lascia un po’ perplessa, ma che è sdrammatizzato dal ricamo trapuntato, se fosse stato tipo di raso o seta sarebbe stato un cazzotto in un occhio.

Possibile che ci si debba vestire tutte uguali? Che cosa ridicola.

 

Cerco di uccidere il cinismo che si sta facendo largo dentro di me e scorgo tra gli invitati la testa bionda di Candice che sventola sua figlia e la sua piccola manina nella mia direzione, manco fosse un fazzoletto, povera piccola, al suo fianco Joe da un lato e dall’altro Kat, stupenda, che mi sorride radiosa mentre si appoggia al suo fidanzato.

 

Ok, la tua vita non è triste perché sei single, ricordatelo.

Mio fratello avrebbe da ridire al riguardo.

Guardo la piccola Marie e il sorriso mi illumina inevitabilmente il volto, quando c’è lei succede questa strana magia per cui tutti i miei problemi si scoloriscono, è il potere dei bambini secondo Candice che, tra parentesi, l’ha vestita come una bomboniera, adorabile, ma bomboniera.

Resto con gli occhi sulla piccola perché una strana paura mi assale quando intercetto un colore che spicca più degli altri, lì in mezzo a tutto quei toni confetto.

 

Nero.

 

E riporto subito lo sguardo sulla crocchia della damigella davanti a me colta da un terrore che mi assale lo stomaco e avvolge le viscere, inizia a mancarmi l’aria e per un istante chiudo gli occhi sopprimendo la vampata gelida al pensiero che quei capelli siano i suoi e che al suo fianco ci sia lei.

Non sono pronta, non lo sono mai stata.

 

Andare sul set era una vera e propria tortura, non mi ero permessa di dir nulla, ma a Julie era bastata la mia faccia tesa e inespressiva che rischiava di compromettere le scene per domandare gentilmente a quello stronzo di smettere di portarsela appresso. Ok, sì fanculo la compassione, mi sto per arrabbiare, tutta la frustrazione repressa, le parole non dette, le litigate silenziose, l’odio covato che riuscivo a sfogare, assurdamente, solo quando dovevo baciarlo da copione stanno emergendo pericolosi e il panico mi coglierà a momenti. Sì, la nostra “magia”, come la chiamava Joshua, sul set era frutto di tutta la mia rabbia tanto che finivo per divorarlo e lui non era poi da meno.

Come il famoso #delenarainkiss di sto cavolo, una fottuta paura di baciarlo come non ne avevo mai avuta in vita mia.

La pioggia aveva aiutato, attenuava la visuale di lui bagnandomi le ciglia e appannando la vista tanto che quando lui mi aveva presa per le labbra mi ero buttata senza pensare a niente e dopo mi ero fatta della violenza per staccarmi, perché preferivo mille baci al guardarlo negli occhi chiari e confessargli quello che Elena, e io, volevamo che ci promettesse.

Bè che dire, lui non si era fatto tanti problemi e l’attimo dopo era di nuovo sulle mie labbra a divorarmi letteralmente tanto che era dovuto sprofondare nel mio volto e nella pioggia per non mostrare troppo la foga con cui la sua lingua aveva invaso la mia bocca facendomi aggrappare disperatamente a lui.

Meno male che doveva tornare il sereno.

 

Le note de La vie en rose freddano i miei pensieri e calmano il mio cuore quanto basta per farmi muovere i piedi non appena la prima damigella si avvia verso l’altare.

Percorro il lungo tappeto lasciando la giusta distanza con la ragazza che mi precede e sento tutti gli sguardi su di me; nulla di nuovo sono abituata ad essere sotto i riflettori, tuttavia serpeggia in me una strana sensazione di disagio all’idea che due occhi in particolare mi seguano e studino. Deglutisco e mi lascio guidare dalla musica arrivando al mio posto.

Parte la marcia nunziale appena entra Phoebe e punto gli occhi su di lei per capire cosa si prova a camminare verso la scelta di donare per sempre la tua vita a qualcuno, per cogliere il segreto che le ha fatto trovare il coraggio di dire quel sì, quel coraggio che a me è mancato.

 

C’è un momento speciale che ti senti quasi di rubare, di violare quando scorgi gli occhi della sposa che incontrano, man mano che si avvicina, quelli del suo futuro sposo e quella luce è un mistero, come un segreto di cui solo loro due sono a conoscenza e che tengono stretto quasi timorosi di mostrarlo al mondo.

 

E dietro a Phoebe, che è quasi giunta all’altare, lo vedo.

Ian.

 

E’ involontario, è come percorrere la strada verso casa, i miei occhi si scontrano con i suoi e il mio sorriso muore paralizzato da quel cielo che mi imprigiona e soffoca. Mi sta guardando e ha l’aria di chi aspetta da un po’, come se avesse cercato il mio sguardo per tutto il tempo intuendo perfettamente che io invece fossi impegnata ad evitarlo, fallendo quando ho abbassato la guardia. E se lo fai, il cazzotto arriva.  

Fa un po’ meno male; il provino è stato un bel colpo adesso è più come quando vaghi tutta la notte e non vedi l’ora di tornare a casa e c’è questa tensione fatta di attesa e certezza che ti tengono viva.

E Ian è questo per me, ciò che mi rende viva in modo tale da spaventarmi perché nessuno dovrebbe avere così tanta influenza sulla tua vita da finire per diventarti indispensabile.  Non ce la faccio ad arrendermi alla mia voce che urla di volgere lo sguardo altrove, soprattutto quando i suoi occhi si fanno liquidi e mi guarda in un modo che mi fa sciogliere sul posto fino a sentire la pelle fondersi come cera al contatto con le sue fiamme azzurre. E il panico mi assale mi brucia la carne, mi scotta la fronte, gli occhi sono secchi e vorrei solo trovare il modo di sbloccarmi.

L’infinito può essere spiegato in un respiro, sono gli occhi di Ian, il modo di Ian di guardarmi.

 

Le voci del cerimoniere mi arrivano soffuse e ovattate, ci siamo solo io e lui che ha una strana espressione dipinta in volto mentre indugia su di me, sul vestito, mi sento di nuovo come se io, la mia stessa esistenza, vita, fosse stata creata solo per essere guardata da lui.

 

Sono risvegliata dalla domanda che mi tormenta da anni, lei dov’è? Sposto d’istinto, evidentemente suicida, lo sguardo al suo fianco, ma vedo altri volti. Che lo abbia mandato da solo? Sento la testa pulsare per la miriade di domande e paure, miste a una strana eccitazione che iniziano a invadermi la testa come api fastidiose, devo stare calma altrimenti non arriverò a fine serata.

Non mi riguarda, non ti riguarda Nina dove, come, quando e perché, fissa Paul, fissa qualcun’altro, ma smettila di farti del male gratuito.

Sento i muscoli della faccia irrigidirsi per l’agitazione e ora sono tesa come una corda di violino, ho bisogno di risposte e mi agito sul posto rischiando di colpire la mia vicina damigella, ci manca solo di cadere e attirare l’attenzione su di me come se non fossi già esposta, come se il mio cuore non fosse abbastanza messo sulla piazza in bella vista e capisco che la mia faccia mi sta palesemente tradendo quando scorgo Kat e Candice che parlottano complici, guardando nella mia direzione con le loro facce da omg che sta succedendo”.

Prendo un profondo respiro, ma il cuore batte violento e non riesco a fermarlo, devo resistere per la fine della cerimonia e potrò scappare a bere o, perché no, a buttarmi da una finestra.

 

Quando tutti gli ospiti si dirigono nella parte del giardino dedicata al ricevimento, io scappo alla velocità della luce verso il bar per poi dopo fuggire in bagno, ma la mia fuga è intercettata da una serie di amici che giustamente vogliono salutarmi a cominciare da Julie e dal suo sguardo materno del tipo “perché sei pallida? stai male?” e lo so che Julie vuole sapere come vivo una certa presenza che per ora non è più nel mio campo visivo, assaltato di sicuro dai mille ospiti che lo vogliono salutare. Intravedo la testa di Joseph che tiene per mano sua moglie Pershia, alla seconda gravidanza e con il piccolo di due anni a casa con la tata, che chiacchiera con Daniel intento a indicare qualcosa o qualcuno; vengono raggiunti da Claire e la punto come un cecchino, tutto pur di evitare che mi faccia quella domanda.

 

-Nina, non pensarci neanche-

-Di che parli?-

-Dai, vieni che beviamo-

 

Julie mi porge un flûte, probabilmente non ha visto che ne ho già tranquillamente seccato un bicchiere prima che mi piombasse addosso.

 

-Vedi di non combinare guai, comunque puoi respirare è venuto solo-

 

E nel darmi questa notizia assume la sua faccia da eccesso di zuccheri con un lampo malvagio che le illumina il volto paffutello, proprio come quando ci stava per comunicare il toto morte della settimana in TVD o qualche idea perfida che avrebbe fatto sonoramente incazzare i fan. Insomma Julie sa essere davvero diabolica nonostante i tratti angelici, soprattutto come quando mi alza un sopracciglio eloquente e sorride sotto ai baffi.

Io tremo un istante mentre sopprimo un conato di vomito, due bicchieri a stomaco vuoto con l’ansia che mi divora sono estremamente negativi, ma non me ne curo e di rimando mi irrigidisco incapace di dire qualunque cosa.

Sono tristemente evidente nei miei disagi.

 

-Sai, era stato combattuto sul presentarsi qui in compagnia-

-Julie ti prego, non voglio sapere-

-Le ragazze mi hanno detto del provino-

 

Alzo gli occhi al cielo, TVD sarà anche finito, la condivisione no.

So già cosa sta per dirmi.

 

-Potrebbe essere una bella occasione-

 

Eccoci al Plec-argomento pro-Ian.

 

-Sono una professionista-

 

E anche la mia risposta lei la sa già.

 

-Stavolta sarà diverso, siete le colonne portanti del film-

-Lo eravamo anche in TVD-

-Lo siete stati sì, fin quando non avete fatto casino-

 

Mi guarda con un misto di rimprovero e rassegnazione, sa bene che non si deve tornare su vecchi argomenti, ma da scrittrice produttrice e tutto quel che è, per via dei suoi geni artistici da creatore pazzo non può fare a meno di sguazzare nei drammi, altrui ovviamente.

Di rimando le regalo un’occhiata torva e vagamente risentita. Lei alza una mano in segno di resa prima di riabbassarla sul vassoio di fritto misto che le sta porgendo un cameriere.

 

-D’accordo, non tocchiamo questo tasto...ma tu pensa a fare quello che ti fa stare bene, ok?-

 

Adesso è seria, lo so perché sta aspettando un mio cenno prima di addentare il fiore fritto che stringe tra le dita. Annuisco in segno di resa e poso il bicchiere sul tavolo dove tutti gli ospiti, senza neanche che me ne accorgessi, si stanno riversando per prendere da bere. E ho l’impellente desiderio di uccidere Paul perché realizzo che lui sicuramente sapeva bene che sarebbe venuto e magari solo. Sono i suoi capelli scintillanti che brillano ad attirare la mia attenzione e a suscitare il mio odio, soprattutto appena lo vedo abbracciare Ian.

Sopprimo ogni istinto violento quando Candice mi smolla Marie per prendere da mangiare mentre suo marito sta procurando da bere e portando il tutto, roba della piccola inclusa, al loro tavolo.

Il terrore di avere lui al mio tavolo mi coglie alle spalle, burlandosi di nuovo di me e mi volto alla ricerca disperata del tableu maledicendomi per non essermene minimamente curata.

Dannazione a me.

Lo individuo al lato della tensostruttura che ci ospita e mi dirigo lentamente cercando di non inciampare con Marie in braccio che mi guarda stranita. Infondo ha solo quattro mesi anche se è sveglia come la madre, le faccio un po’ di versi e finalmente scruto in cerca del mio nome, del mio tavolo e dei vari componenti. Tutto bene mentre scorro i dodici nomi: Kat, fidanzato, Candice, Joe, Julie, Kevin, Caroline, Steven, Michael, Zach, Io e …Ian.

 

C’è anche lui.

 

Un brivido freddo mi percorre la schiena, non so come comportarmi, riesco a non urlare cosa che vorrei fare tanto tipo da due settimane ormai, ma mi trattengo tornando con lo sguardo sulla bambina che inizia ad agitarsi perché non sente la presenza di sua madre. Mi volto per portarla da Candice e per poco non mi prende un colpo: Ian è alle mie spalle, non ho idea da quanto tempo, che mi fissa come se fossi una specie di alieno. Rimango a boccheggiare come il pesce che sono continuando meccanicamente a dondolare la bambina e d’istinto faccio un passo indietro quando lui si sporge verso di me, per poi voltare i suoi occhi chiari sul fagottino rosa e le porge un dito prendendole la mano e sorridendole di quel sorriso unico che solo un bambino può provocare.

E lui si illumina di quella luce che a me ferisce gli occhi e annebbia la vista, perché è cosi bello con una naturalezza unica, le fa qualche verso ma io non sento nulla condizionata dalla sua presenza che annienta le mie capacità cognitive, svegliando invece ogni cellula del mio corpo che contro la mia volontà reagisce alla sua presenza.

Trattengo il respiro e vengo salvata da una voce squillante alle spalle di Ian.

 

-Ecco dove ti eri cacciata!-

 

Candice mi sorride complice e lentamente mi prende la bambina che alla vista della madre si illumina sorridendo.

 

-Vieni non puoi torturare la zia Neens che adesso deve intrattenere gli ospiti, ci vediamo al tavolo ragazzi-

 

Ian le fa un sorriso bisgliandole qualcosa sull’essere una madre molto bella e beccandosi un “ruffiano” in tutta risposta, la segue appena con lo sguardo.

Ha le mani in tasca e realizzo solo ora che se scorgo un cerchio di metallo al suo anulare decreto la mia fine, lo so che ce l’ha ma vederlo coi propri occhi è diverso, come sarebbe stato diverso vederli insieme.

E non mi accadeva da tanto tempo.

Quanto lo odio, se penso a tutto il dolore che mi ha inflitto il mio petto si gonfia pronto a rilasciare fiumi di veleno mai espresso, ma non sarebbe giusto dopo tutti questi anni.

Mi faccio coraggio e porto i miei occhi sui suoi che non so più leggere come un tempo.

 

-Sei brava con Marie-

 

Sento che sto per arrossire e mi odio perché dentro sono di cera, ma fuori una maschera di ghiaccio. Da come ha pronunciato il nome intuisco che, anche se non si è fatto vedere alla festa della nascitura, deve aver comunque mantenuto i rapporti con Candice e aver fatto visita alla bambina.

Altre cose che non so di lui.

 

-E’ lei che è brava con me-

-Nina-

 

Di nuovo il mio nome sulla sua bocca.

 

-Va tutto bene Ian, siamo professionisti e abbiamo già lavorato insieme-

 

Chi sto rassicurando? Me o lui? Perché io sto decisamente morendo dentro all’idea di dover girare certe scene, ancora, e qui non siamo sulla CW è un film, si spinge molto più avanti con le scene bollenti, soprattutto quella dopo la metà. Una sfilza di immagini affollano la mia testa e sbatto gli occhi.

 

-Bene, allora per allentare questa tensione omicida ti offro da bere-

 

E’ teso quanto me e prova a smorzare i toni, deve essergli costata molto questa affermazione, ma io non gli ho perdonato nulla è questo il vero problema; mi porge il braccio molto alla “Damon” speranzoso che io lo possa assecondare.

Non posso farlo, non adesso, non ancora.

Nonostante i suoi occhi imploranti mi trafiggano la pelle, nonostante il suo sorriso accennato che so bene spegnerò e che forse gelerà per sempre i rapporti tra di noi; abbozzo un tentativo di sorriso ma so che sono più fredda del marmo e lo supero lentamente.

 

-Non è il caso-

 

Lo lascio lì insieme al mio cuore sgretolato e mi dirigo al tavolo.

 

La cena scorre lenta come in ogni matrimonio, mi sono messa tra Kat e Candice cercando di avere davanti i ragazzi e lasciare Ian di lato fuori dal mio campo visivo, la sua faccia mi perseguita lo so che mi cerca con lo sguardo mentre sorseggia qualche bicchiere di troppo di vino; si avvicina il momento del taglio della torta, ci facciamo una serie di foto al tavolo, scherziamo e Candice e Joe salutano gli sposi e se ne vanno perché, anche se Marie dorme, inizia ad essere troppo tardi e la neo mamma accusa le poche ore di sonno tra una poppata e l’altra.

Ho un supporto in meno, cerco Claire all’altro tavolo quello con tutto il cast di TO e lei intercetta il mio sguardo comprensiva, mi alzo e la raggiungo mentre gli sposi tagliano la torta e i camerieri iniziano a distribuirla.

Mi siedo al suo tavolo al posto di Narducci che è andato al mio posto da Julie e Kevin con quella sua aria da dobbiamo parlare del prossimo episodio” e sento un brusio di polemiche dei ragazzi al tavolo che li prendono in giro per la fissa del lavoro.

Volgo la mia attenzione su Claire.

 

-Allora come state?-

 

Le sfioro la pancia di appena cinque mesi, appena abbozzata.

 

-Bene, ci siamo contenuti nel mangiare-

 

Sorseggia dell’acqua e sì sono invidiosa anche di lei e della sua vita che sembra così piena, credevo che lo fosse anche la mia fin quando Ian non mi ha ricordato che lui si è portato via tutto di me.

Claire si accorge che ho lo sguardo perso.

 

-Come va dalle tue parti?-

 

E’ già materna nel suo modo di guardarmi, come se potessi rompermi in mille pezzi da un momento all’altro e ha sempre avuto questo tocco delicato nel chiedere.

 

-Peggio non può andare, credo….immagino che la notizia ti sia già arrivata-

-Mm si Candy mi ha accennato qualcosa-

-Bè diciamo che….lui ha cercato di fare un passo ma io non riesco-

 

Claire mi prende una mano.

 

-Nina, va bene avere paura di aprirsi ancora, ma ammettilo non fare sempre la donna forte-

 

Alzo lo sguardo sui suoi occhi chiari e comprensivi, mi viene stranamente da sorriderle.

 

-Sarai una grande mamma-

-Anche tu puoi essere felice, ma per farlo devi permettertelo-

 

Non c’è nulla di più vero e lo so fin troppo bene, sospiro a fondo e poi entrambe ci abbracciamo attendendo di assaggiare questa bellissima torta che ci viene porta.

 

Dopo i vari brindisi, uno dei quali di Ian che ci ricorda, dolorosamente per me, che tutto è cominciato con un “Hello brother iniziano tutti a dirigersi alla pista da ballo montata in mezzo al prato dove un vocalist invita gli sposi ad aprire le danze. Gli osservo volteggiare avvolti da una luce magica di chi sa di aver trovato la felicità e quale sia il suo prezzo e mentre sorseggio lo champagne mi perdo nei passi di Paul e Phoebe e nelle note della musica a cui non do particolare attenzione, perché le parole di Claire continuano a tornarmi in mente.

Finito il primo ballo gli sposi inviano tutti ad unirsi a loro e me ne resto in un angolo pregando che Ian non faccia il Damon della situazione; mentre mi rannicchio sperando di diventare invisibile una mano mi tira nella folla e alzo gli occhi trovandomi un radioso Paul che mi sorride divertito.

 

-Ehi Neens balla con me-

 

Mi afferra e inizia a farmi roteare.

 

-Complimenti ragazzino ce l’hai fatta-

-Si direi che abbiamo fatto un buon lavoro-

 

Piego la testa di lato.

 

-Mm, sei un uomo fortunato-

-Me lo dite tutti stasera come mai?-

 

Riesce a strapparmi un sorriso.

 

-Aspettavo una tua sfuriata che però non è giunta-

-Che fai mi provochi? Vuoi morire il giorno delle tue nozze?-

-No, voglio sapere perché sei triste Nina-

 

Eccolo lì Paul, il mio fratello acquisito che mi protegge sempre, o almeno ci prova, mi guarda con lo sguardo a cucciolo preoccupato intento a controllare che non mi sia sbucciata un ginocchio o peggio.

 

-Diciamo che non ci sto molto provando-

-Lo so, e non ti devi nemmeno forzare a farlo-

-Me lo dite tutti-

-Perché è vero-

-Però?-

-Questo ti rende meno triste?-

 

Lo guardo fissa nelle iridi verdi che ormai mi conoscono così bene da anticiparmi domande e risposte; no essere stronza e algida non mi serve a sentirmi meno triste, forse a tutelarmi, ma il risultato non cambia.

Lui mi da un bacio su una guancia.

 

-Voglio un sorriso, è il mio matrimonio-

 

Glielo regalo perché Paul riesce sempre in qualche modo a restituirmi il buonumore e mi fa ballare un altro po’ fin quando non mi fa fare una giravolta che per un attimo mi ricorda i molti balli di TVD, anche l’atterraggio finale è identico.

Infatti sento la presa di Paul allentarsi, lasciandomi un senso di vuoto subito colmato da una mano che afferra la mia e finisco con il naso contro un petto dall’odoro familiare.

I miei sensi si attivano e alzo lo sguardo trovandomi stretta dalle braccia di Ian.

Divento rigida come un pezzo di legno, è una reazione involontaria dettata dall’eccessivo contatto con lui, contatto che non ho da troppo tempo. E non mi accorgo nemmeno che mi sta facendo molleggiare lentamente, che i nostri corpi pericolosamente vicini hanno attirato almeno una cinquantina di occhi su di noi. Sento solo le gambe che tremano e fluttuano, sento le ossa dei miei fianchi scontrarsi ogni tanto contro il suo bacino, sento la pelle bruciare infondo alla schiena dove si è posata la sua mano e il mio cuore che sta battendo a mille all’ora, pompando il sangue così velocemente da alzare la temperatura già notevolmente alta in quella sera di settembre.

La gola si secca all’istante e ho paura di iniziare a sudare freddo mentre lui mi guarda in quel suo maledetto modo che abbatte tutte le mie difese, tutto quello che ho duramente costruito. Il suo naso è un battito di ciglia dal mio, il pericolo striscia sotto pelle e mi avverte che sto per farmi male, ancora. Vorrei scattare e allontanarmi, ma lui come sempre sembra saperlo prima di me e stringe la presa. Sono frastornata da tutto questo, dalla corrente che scorre tra noi, le ultime stagioni di Tvd ci hanno portato ad odiarci, quando ti lasci hai bisogno di staccare da quella persona e noi ci eravamo trascinati per troppo tempo non potendone più dell’altro.

Una sensazione orribile verso qualcuno che hai amato così tanto, e adesso quel disprezzo sembra essere stato guarito dal tempo che è come se stesse portando via il male che ci siamo fatti per far riemergere chi siamo, cosa ci ha spinti la prima volta l'uno verso l'altra.

Non ricordo quando è stata l’ultima volta che mi ha guardata così, fino a farmi sentire il volto colmarsi di emozione.

Ma come può farlo se ama un’altra?

Ian ha un gran pregio, l’estrema lealtà, non tocca una donna con amore se il suo cuore non è per lei.

 

-Che stai facendo-

 

Mi strozzo da sola per la fatica di pronunciare tre parole.

 

-Sto ballando con te-

-Perché-

-Perché così non puoi scappare-

-C’è un motivo, non credi?-

 

Non riesco a mollare la presa, ho troppa paura di cadere e mi aggrappo alle sue spalle, ai suoi occhi. Esita nel rispondere, messo in difficoltà da una verità mal celata.

 

-E’ l’unico modo che conosco per farti sorridere-

 

Sembra la preoccupazione di tutti questa sera.

Qualcosa dentro di me inizia a sciogliere l’iceberg che ha avvolto il mio cuore, è bastato un solo sguardo liquido di Smolder per scaldarmi. E i miei occhi mi tradiscono, lo so perché lui abbozza un sorriso di stupore.

 

-Ciao Looch-

 

Vorrei ucciderlo, ora.

Ma sono immobilizzata, totalmente assuefatta da lui dannazione i cui occhi si sono illuminati come quando trovi ciò che aspettavi da tempo.

Mi da una piccola spinta indietro per farmi volteggiare e riprendere tra le sue braccia, lo sa che sta inscenando un ballo Delena. Lo sa benissimo e sa anche l’effetto che questo ha su di me.

Come sa benissimo quali parole usare per suonare la mia melodia.

 

-Non è così semplice-

 

Continuo a lottare, voglio un pretesto per litigare con lui, ho troppe cose da dirgli, da rinfacciargli, ma ora non me ne viene in mente nessuna.

 

-Non lo è mai stato-

-Dovremo comportarci da professionisti-

-Come se non ci conoscessimo?-

-Come due attori la cui vita personale non influenza il lavoro-

-Non fingerò di non essermi innamorato di te, Nina-

 

Scatto punta da una vespa.

Come sempre sa cosa deve dire e cosa no, e sa pure scegliere le cose più sbagliate. I miei occhi si allargano minacciosi mentre contraggo il volto in una smorfia di rabbia. Lui non ha fretta di rimediare, lo ha fatto di proposito e mi fissa dritto negli occhi.

 

-Questo non è corretto-

-E’ la verità-

 

Non lo so se la musica si è fermata o siamo noi che balliamo su altre note e melodie, so solo che arresto il nostro incedere cercando di porre dello spazio tra i nostri corpi.

 

-Smettila Ian-

-Di fare cosa-

-Di guardarmi come se fossi tua-

 

Glielo dico perché ce l’ho lì sul petto da tempo ormai, perché è così che mi sento quando mi guarda, quando mi parla, quando balliamo, mi sento sempre la sua Nina. E questo non va bene, è più letale del veleno e mi fa male; è solo il riflesso di quello che desidero e che non ho più mentre lui si diverte a perforarmi il cuore con le stalattiti dei suoi occhi di ghiaccio. C’è un’altra, ama un’altra e vorrei sbattergli in faccia questa constatazione che so che lo farà allontanare da me.

Non si muove di un millimetro, ma lo sa che siamo su un terreno pericoloso, che potremmo esplodere e fare del male a tutti quelli che abbiamo intorno, soprattutto a me. Così si allontana di un passo indugiando con le mani sulla mia vita e mi assale il senso di vuoto lasciato dalla sua lontananza, vedo che mi chiama con lo sguardo mentre irrigidisce la mascella.

Di nuovo i miei muri tra di noi.

 

-Buona notte Nina, ci vediamo sul set tra una settimana-

 

Mi molla lì come la perfetta stupida che sono e io vorrei solo sotterrarmi viva, nascondermi da lui e dal mondo che ancora una volta mi vede umiliata. Mi forzo ad alzare lo sguardo e lo vedo sparire nella folla verso Paul, che di rimando getta uno sguardo preoccupato su di me.

Nessuno sa cosa ci siamo detti, ma il nostro ballo è stato sufficientemente esplicito. Mi gira la testa e penso che sverrò quando una mano fresca mi afferra il polso; Kat mi tira via dalla pista trascinandomi nella penombra del giardino.

Ci fermiamo quando capisce di essere abbastanza lontane da orecchie indiscrete.

 

-Ehi che è successo?-

-Niente io-

 

Mi passo una mano tra i capelli mossi non curandomi di rischiare di smontare la treccia morbida, opera di Riawna.

 

-Ha detto delle cose e gli ho risposto-

 

Kat mi guarda comprensiva e si morde un labbro, segno che sta trattenendo un pensiero.

 

-Nina, non puoi avercela con lui per sempre-

 

Lo so, lo so bene. Non posso controllarlo.

 

-Lui non dovrebbe provocarmi-

-Lo conosci meglio di me, sai perché fa così-

 

So anche questo sì, e all’improvviso mi sento la stronza della situazione.

Come sempre, come quando l’ho mollato, quando si è messo con Nikki, quando ha scelto, alla fine in qualche modo la carnefice ero io.

Io, che tra i due sono rimasta davvero fedele al mio cuore.

Da quando ho incontrato Ian la mia vita è cambiata, io sono cambiata, mi basta guardare le foto di quando sorridevo spensierata e tutte quelle che sono seguite alla rottura. Non ce n'è una dove mi brillino gli occhi.

E non voglio sentirmi più così, vorrei tornare a quando tutto poteva accadere in una notte e il tempo era nuovo, carico di attesa. E vorrei trovarlo e scusarmi, ma questo conflitto interiore mi sta uccidendo.

Respiro e sfodero un sorriso che sembra calmare Kat.

 

-Hai ragione, proverò a parlarci-

-Anche perché devi lavorarci insieme-

 

Getto lo sguardo sul prato e poi di nuovo alla festa dove ci accingiamo a rientrare e mi guardo intorno, vorrei solo tornare a casa così mentre tutti ballano nella frenesia dei festeggiamenti comincio il consueto giro di saluti e mi accorgo che lui è ancora lì che prova a staccarsi da Julie e Kevin che lo stanno tartassando di domande, ha la faccia di chi vuole essere salvato e sono sicura che tutti i suoi tentativi di "si ora devo andare" siano tranquillamente bypassati da Julie che parla a raffica ubriaca persa.

Afferro la pochette al mio tavolo e direziono lo sguardo nella massa di ballerini.

Cerco Phoebe e Paul per salutarli e mi trascinano in mezzo alla loro danza folle, ubriachi di felicità e molto alcool.

Faremo i conti sulle scommesse tra qualche giorno.

Mentre Phoebe alza la lunga gonna e volteggia con me, vedo Paul che inizia a defilarsi, ma non lo considero fin quando non sento la sua voce qualche minuto dopo che mi deride per qualche mia mossa goffa.

 

-Dai Neens scatenati!-

 

Ok, mi sta volutamente provocando e lo accontento quando sento partire una canzone degna dei miei migliori passi da pazza. Mi volto verso di lui pronta a sfidarlo perché so quanto sia ridicolo Paul mentre si agita, ma evidentemente stasera non capisce il senso del concetto di tatto e mi ritrovo davanti Ian.

 

Di nuovo.

 

Rallento l’incedere frenetico, la fronte sta sudando e i miei capelli si appiccicano alle tempie, quel caldo e il ballo hanno sicuramente fatto avvampare le mie guance e il vestito si è incollato al mio corpo madido. Ma l’unica cosa che sento, mentre la musica rimbomba nel mio cuore e nella testa, è il senso di ignoto e perdizione che mi spalancano le iridi tristi che subito si accendono al contatto con i miei occhi. C’è questa strana atmosfera, un misto di surrealismo in cui ti senti vibrare ogni parte del corpo da sentire che finalmente la vita ti scorre dentro e la realtà che fa da sottofondo mentre si perde lontana; le mie labbra si schiudono impotenti.

Come se non avessimo un passato doloroso alle spalle, ma ci stessimo conoscendo titubanti. Vorrei dire qualunque cosa, ma non riesco a formulare un pensiero, lui fa un altro passo verso di me e si sporge verso il mio orecchio in un gesto per cui vorrei piangere.

Si scatena l’inferno nelle mie vene e la tempesta nel mio petto, è troppo vicino, io non sono mai stata pronta al suo contatto elettrico.

 

-Sei bellissima Nina e io sono uno stronzo-

 

Mi si strozza il respiro in gola e tremo, una scossa che mi uccide. La sua voce morbida accarezza il mio orecchio e per un istante chiudo gli occhi proiettata in un mondo che è solo il nostro. Non so cosa mi dia il coraggio di alzare debolmente una mano e posarla sul suo petto, cercando disperatamente di scoprire se il suo cuore, sempre calmo, ora corre furioso come il mio; ho bisogno di sapere che non sono la sola a sentirmi così travolta. Stringo i lembi della camicia, dal colletto allentato, per non cadere, mi gira la testa e sento la mia voce uscire da sola senza controllo.

 

-Portami a casa-

 

Non faccio in tempo a riaprire gli occhi per sotterrarmi di vergogna che sento il tocco della sua mano fredda sulla mia, un beneficio immenso per i miei mille gradi, e d’un tratto la stringe allontanandosi da me e strattonandomi tra la folla. Non sento nessuno, immagino che Phoebe o altri mi stiano chiamando con gli occhi e con la voce, ma la mano di Ian che stringe la mia è l’unica cosa che posso percepire.

Non mi molla come per paura di perdermi e spariamo nel buio del giardino.

 

Arriviamo nel parcheggio ed estrae le chiavi aprendo l’auto e conducendomi allo sportello del passeggero, mi volto e lo vedo esitare mentre mi tiene la portiera aperta; ha uno sguardo indecifrabile acceso dal vino e da quel brivido di follia e curiosità che ci aveva entrambi infiammato quando ci siamo conosciuti.

Tutti questi anni di silenzi e distanza hanno lavato via tutto ed è riemerso prepotente ciò che avevamo soffocato sotto la rabbia e l’incomprensione.

Questo viscerale e incrollabile desidero dell’altro che ci ha travolti fino a farci ardere e consumare, fino a farci odiare. Lo vedo che anche per lui è così, conosco il nodo che adesso gli stringe la gola e il calore che sta attraversando le sue vene mentre fa un passo verso di me schiacciandomi contro la carrozzeria dell’auto scura.

Un equilibrio di vetro.

Basterebbe quella domanda che mi preme, che so per lealtà a me stessa di dover fare -dove sia lei, come puoi essere qui così con me quando un'altra occupa la tua vita- per spaccare tutto, per soffiare questa luce flebile nelle tenebre del nostro rapporto.

Ma non lo faccio perché sono egoista e vigliacca e non voglio rinunciare a questo momento che finirebbe all'istante.

Ci provo.

Schiudo le labbra perché vorrei dire qualcosa, vorrei parlargli, manifestargli tutto il disagio che mi sta mangiando dentro e riversarlo su di lui come ho fatto in passato quando tentavamo disperatamente di celare la passione, quando le mani vagavano incontrollate in cerca dell’altro e dovevi frenarti soprattutto durante le interviste, era uno sfiorarsi appena, un cercarsi inconsapevole.

 

-Sali in macchina-

 

La sua richiesta appena pronunciata è più una supplica, come se mi stesse implorando di allontanarmi perché potrebbe crollare lui. Mi chiede di essere quella forte e coscienziosa, di non sfidarlo quasi avesse letto il fluire dei miei pensieri mentre la mia schiena preme contro la carrozzeria di metallo e il suo corpo è un passo da me.

Deglutisco e lentamente entro in macchina rompendo quel contatto visivo letale e come mi siedo sprofondo nel sedile, respirando a fatica. Chiudo gli occhi un istante domandandomi cosa sto facendo, dove stiamo andando, se sono pronta a naufragare nel nostro mare, nel nostro inferno. Mi sento una ladra che si muove di nascosto, strisciando tra i vicoli del proibito.

Getto lo sguardo fuori al buio del parcheggio dietro al quale, in lontananza, arrivano soffuse le luci e le risate di chi festeggia; evito accuratamente di voltarmi verso di lui come lo sento salire in auto e mettere in moto e so che anche per lui è la stessa cosa.

 

Rimaniamo in silenzio fino a casa mia, ha guidato per quasi mezz’ora e la tensione è palpabile quanto l’aria afosa che affossa i respiri e incolla la pelle. Ferma l’auto e rimaniamo per istanti che paiono infiniti, così, immobili a fissare il silenzio che ci circonda mentre torturo la borsetta che ho tra le mani, ho paura del suo sguardo e di quello che potrei trovarci dentro a cominciare dalla parola “errore” perché le conseguenze non so se potrei sopportarle, soprattutto ora che so che tra una settimana lo vedrò continuamente, tutti i giorni e sarà sempre peggio.

Perché non ci si abitua mai a uno come Ian, non è una persona che può diventare quotidianità, nemmeno quando stavamo insieme era un rapporto convenzionale, come non lo era il suo modo di amarmi.

 

-Nina-

 

Chissà se è così anche lei, se il suo nome pronunciato da lui la rende lei.

 

Nina. Quando lui mi chiama per nome -insomma il nome non definisce chi sei, è qualcosa che è parte di te e in parte ti identifica, ma non c’è dentro tutto quello che sei- ma quando Ian pronuncia il mio nome è come se ci mettesse tutta la consapevolezza di ciò che c’è dietro a queste quattro lettere, e io divento me, mi ricordo chi sono, da dove sono partita cosa ho attraversato.

Traccia i confini della mia intera persona e vi racchiude tutto, il bello e il brutto di me.

Mi volto chiamata da lui e dai suoi occhi imploranti.

Questo celeste indefinibile che mi fissa e si illumina, si dilata fino a farmi scoppiare il cuore; non ci sono parole che possano riempire una donna più del modo di Ian di guardarti; mi viene in mente una canzone sentita da qualche parte.

 

“Per decidere se continuare a vivere su questa terra

con questo cuore che batte all’impazzata tra luce e tenebre

per continuare a camminare sotto il sole in questi deserti

per far notare che sono vivo in mezzo a tanti morti.

Per decidere, per continuare, per sottolineare e considerare

ho solo bisogno che tu sia qui con i tuoi occhi chiari”

 

Con lui diventa sempre tutto una questione di vita o di morte, lui diventa ciò che ti muove.

 

-Grazie del passaggio-

 

Devo fermarmi qui, sono sull’orlo di un baratro e aderire a Ian significa scegliere da quale parte cadere, se vivere o morire, se lasciarmi avvolgere e stringere da tutto quello che mi ha scatenato dentro o se provare a mantenere saldo il mio equilibrio. Spetta solo a me scegliere, perché lo so dai suoi occhi che basterebbe solo una parola per cambiare tutta la nostra vita.

 

“Per unire la bellezza e la luce mantenendo la distanza

Per stare con te senza perdere l’emozione della nostalgia

Per scoprire che la vita scorre senza chiederci nulla

E considerare che tutto è bello e non costa nulla

Per unire, per stare con te, per scoprire e considerare

ho solo bisogno che tu sia qui con i tuoi occhi chiari”

 

E scelgo me; apro lo sportello e scendo mentre lui rimane in silenzio e il mio cuore scoppia come le lacrime che graffiano, dopo anni, i miei occhi da cerbiatto che un tempo potevano farlo sciogliere.

Faccio un passo verso il portone di casa mia salendo sul marciapiede al lato del quale mi ha lasciata e tendo l’orecchio per sentire l’auto che parte, ma in realtà attira la mia attenzione il rumore della portiera che sbacchia e mi volto trovandomelo rapidamente a pochi passi da me, passi che brucia così in fretta che temo potremmo prendere fuoco entrambi.

 

E spengo tutto quando le sue mani afferrano il mio volto, le sue labbra toccano le mie.

Io non vivo più.

C’è qualcosa dentro di me che si spacca in due, qualcosa che si rompe e che non pensavo nemmeno di avere, c’è una barriera, un vetro sotto al quale avevo nascosto tutto ciò che è lui che si sgretola sotto quel bacio e inizia a defluire tutto fuori, fino a ustionarmi.

Come i ricordi di Elena quando hanno investito il suo corpo e lei ha ricordato, alla fine della sesta stagione.

Non posso descrivere, non riesco a trovare le parole per spiegare quello che sta succedendo, ciò che lui ha fatto al mio cuore baciandomi. Mi ha reso la memoria, sento solo le sue labbra che si impossessano furiose delle mie, ma allo stesso tempo timorose e delicate perché non sai nemmeno tu cosa proverai, non sai l’altro cosa proverà, è come il primo bacio a 16 anni.

Eppure sa di antico, di qualcosa che manca.

Riscopro il sapore di lui che non credevo di ricordare, di scoprire ancora.

Mi aggrappo disperatamente a lui per paura di perderlo di nuovo, afferro il colletto della camicia e respiro contro le sue labbra mentre la lingua invade la mia bocca, in una strada che conosce a memoria e potrebbe percorrere a occhi chiusi anche tra cinquant’anni.

Io non li ho dimenticati i baci di Ian, l’unico uomo che abbia baciato in sette lunghi anni di lavoro insieme, di vita insieme.

Gossip o non gossip, lavoro, colleghi, io conosco solo il tocco di queste labbra.

E di nessun altro.

Ian mi bacia, mi bacia come solo lui sa fare e nell’unico modo in cui io so rispondergli e non me ne importa più di niente, di nessuna domanda, di nessun dubbio, di nessun rancore, sento solo le sue mani che corrono giù verso la mia vita a cui si allacciano per tirarmi più vicina a sé, percorrendomi come una melodia, suona il mio strumento e il mio corpo canta, si contrae desideroso solo di essere sfiorato da lui. Le mie mani vanno dietro alla sua nuca, le dita nei capelli folti e ancora soffici, lo premo contro di me, ho bisogno che affondi in me, tutta la mia disperazione riversata in lui; lui che mi fa indietreggiare fino a poggiarmi contro il portone di casa quasi a volerlo sfondare per la passione che ci sta travolgendo, non ci importa di nulla, dei passanti che ci guardano curiosi, delle auto, dei rumori ovattati della città persi e sommersi dai nostri baci e dalla foga di qualunque cosa sia che ci unisce, perché io una parola che definisca quello che ho nel cuore per lui, ancora non l’ho trovata.

Nessuna è abbastanza, nessuna può contenerlo è come provare a rinchiudere il cielo.

 

Non ho idea di come io riesca ad aprire il portone, ma in qualche modo l’istinto mi fa trovare le chiavi e la forza per aprirlo e ci troviamo catapultati nell’atrio, indietreggiando verso l’ascensore.

Gli occhi si incontrano, si studiano, ci baciamo ancora, è come un ballo i cui passi tornano, come se non avessimo mai smesso. E io sono molto più donna dell’ultima volta in cui mi ha presa, e lui è un altro uomo.

Scaccio quel pensiero che mi graffia il cuore, quella parola che non devo ma devo ricordare e che ho paura spezzi tutto questo.

Finiamo in ascensore e mi sbatte contro la parete, mi fissa affonda in me solo con gli occhi e tutti i miei dubbi si dissolvono, tutte le parole che vorrei dirgli non hanno ragione davanti a questo suo sguardo, solo per me.

Mi accende e mi consuma.

 

“Se guardo il fondo dei tuoi occhi teneri mi si cancella il mondo con tutto il suo inferno”

 

Oh Ian, sapessi quante cose vorrei dirti, quanto mi senta impotente, incapace di mostrarti tutto quello che ho in cuore per te.

Schiudo la bocca, ho così bisogno di dire qualcosa.

 

-Ian-

 

Di nuovo, in un nome, tre lettere, c’è il significato del mio intero mondo.

E lui lo sa, mi accenna un sorriso complice di quelli che illuminavano tutto, che mi facevano sentire come se fossi la donna più bella del pianeta. Mi sfiora una guancia con il dorso della sua mano e mi sento morire; è come se toccasse un fiore delicato e potremmo restare così tutta la vita se non fosse per le porte dell’ascensore che si aprono. La foga di prima ha lasciato il posto a qualcosa di più dolce e pericoloso, a tutto quell’amore represso che mi sta defluendo nelle vene come miele e mi contamina, di nuovo, la sua mano intreccia la mia e mi conduce fuori verso il mio appartamento di cui lui conosce bene la strada, nonostante tutto.

Perché non l’ho mai cambiato.

Io non sono cambiata, non il mio amore per lui.

Avverte la mia paura, la mia esitazione nel tremolio della mano che stringe e fa forza per rassicurarmi; apro la porta e lo guardo, sta aspettando una mia mossa, che io gli dia il permesso per varcare la mia soglia, ultimo confine di un punto dal quale non si può più tornare indietro.

 

Entro per prima e continuando a fissarlo intensamente lo tiro leggermente dentro in un invito silenzioso, come Damon che per entrare aveva bisogno delle parole di Elena.

La porta si chiude alle nostre spalle, il mondo fuori e noi due dentro.

È stata la notte più lunga della mia vita, fatta di chiacchiere e di litigate, ma soprattutto d’amore.

Non so cosa ne sarà di me o di lui, ma so che ovunque io vada non voglio più mentire ho bisogno di essere leale con il mio cuore, perché a che vale guadagnare il mondo se poi perdo me stessa?

 

 

 

Ciao a tutti!!!

Ringrazio caldamente tutte le persone che mi hanno letta, che mi hanno aggiunta in qualche lista di storie seguite o preferite e che hanno commentato.

Concludo qui questa breve storia perché immaginare troppo su loro due, visti i tempi, è difficile, ma ogni tanto fantastico un po’.

Allora alcune cose:

-Looch è, secondo quanto dicono le “fonti”, un soprannome che Ian diede a Nina che significa tipo “ragazzina” “pischella”, correggetemi se sbaglio!

-Ovviamente il finale della sesta stagione con Elena che ricorda tutto me lo sono palesemente inventato, ma sai mai che accada!

-Ho inserito tre pezzi di canzoni nel testo, le prime due parti sono prese da Razon de vivir, mentre la frase “se guardo il fondo dei tuoi occhi…” è di Ojos de cielo, entrambe di Victor Heredia.

-Ok, non datemi della blasfema perché non voglio urtare nessuno soprattutto perché sono cattolica, l’ultima frase finale che chiude il capitolo non è certo mia e in realtà correttamente è:

Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?” (Mt 16,24-28). E’ qualcosa in cui credo fermamente, per questo non l’avrei inserita se per me non ci fosse un significato dietro.

 

Grazie ancora,

Eli

 

 

   
 
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