Nei giorni che seguono riesco ad affrontare ogni tipo di conversazione che
le mie amiche mi propinano sul concetto di quanto sia piccolo il mondo e su
quante probabilità ci potevano essere che la mia co-star fosse proprio lui.
Ma le conosco e
vedo la strana frenesia che serpeggia nei loro occhi, perché sì diciamolo pure
è una situazione infelice. Alle porte del matrimonio di Paul, poi il provino,
sono stata così attenta nell’evitarlo in tutti questi anni e la fortuna mi ha
sempre sorriso non facendomelo mai incontrare a nessun evento, nemmeno
alla prima del film di Kevin si è presentato. Ho pensato che fosse dato per
disperso, con lei da qualche parte a salvare animali con la ISF,
creatura anche mia per quanto tempo ci ho speso dietro insieme a lui; troppo
preso da altro per presenziare all’evento che ha visto tutto il cast di TVD
supportare il loro “papà” Kevin.
Ogni volta mi
sono prefissata di preparami psicologicamente a vederlo e ogni volta il mio
sguardo vagava confuso e distratto fin quando qualcuno dei presenti, che mi
conosce troppo, non mi bisbigliava un casule “lui
non verrà”, “lui non ci sarà”. Ed era una stilettata, un po’ perché odio essere così prevedibile, che mi si legga in volto che
cosa mi sta avviluppando e dall’altra perché emerge prepotente la vocina che mi
ricorda che in realtà, nelle profondità del mio essere, pulsa il desiderio di
rivederlo.
E’ una specie
di gioco perverso di volere o non volere, la parte razionale valuta e fa le sue
considerazioni, sapendo bene che non deve volere certe cose e che è
oggettivamente più salutare se non succedono. Poi c’è quella che emerge
l’istante dopo la constatazione della sua assenza, un attimo di sollievo e
dietro l’ondata di amarezza mista a delusione, un’attitudine masochista che
deve finire.
Ed ero
speranzosa che andasse così anche il matrimonio di Paul, invece no è stato lui in persona a confermarmi la sua presenza.
Già rivedere
lui è doloroso, figuriamoci al matrimonio del nostro più caro amico dove io sarò sola come sempre e lui sarà con lei.
Il mio cervello
fluttua nel vuoto mentre pizzi e merletti mi volteggiano sotto al naso; sono una delle damigelle di Phoebe che è
semplicemente bellissima ed emozionata, mentre sua madre le sistema il velo e
tenta di calmarla. Io mi risveglio quando la sua damigella d’onore mi porge il
piccolo bouquet che dobbiamo avere tutte. Sono davvero
felice per lei, è una ragazza adorabile che ama alla follia
Paul e lo fa sorridere come nessun altro è capace di fare. Sento una punta di
gelosia nei loro confronti, ma sopprimo tutto respirando a fondo come mi ha
insegnato lo yoga.
Tutte scemenze puoi controllare il corpo, ma non il cuore.
Mi riscuoto e
mi appresto a dirigermi fuori dall’hotel dove si tiene
la cerimonia, incamminandomi dietro le altre damigelle fino ad arrivare
all’ingresso del bellissimo giardino che fa da scenario alle nozze dei miei due
amici. Sono in fila con le altre e guardo dritta davanti a me, quindi mi trovo
a fissare l’acconciatura della ragazza che ho davanti e poi getto
distrattamente lo sguardo in direzione dello sposo che è tipo cinque minuti che
si sta torturando il colletto della camicia per l’agitazione.
E anche lui è
bellissimo e radioso, oltre che teso come una corda di violino e mi scappa per
forza un sorriso, è come se si sposasse mio fratello.
Paul è un pezzo
del mio cuore e della mia vita, respiro a fondo non posso piangere adesso devo
stare calma e fissare l’altare evitando di fare quello che so fare meglio, inciampare. Stringo tra le mani il bouquet e
liscio invisibili pieghe dell’abito di un rosa antico che mi lascia un po’
perplessa, ma che è sdrammatizzato dal ricamo trapuntato, se fosse stato tipo
di raso o seta sarebbe stato un cazzotto in un occhio.
Possibile che
ci si debba vestire tutte uguali? Che cosa ridicola.
Cerco di
uccidere il cinismo che si sta facendo largo dentro di me e scorgo tra gli
invitati la testa bionda di Candice che sventola sua
figlia e la sua piccola manina nella mia direzione, manco fosse un fazzoletto,
povera piccola, al suo fianco Joe da un lato e
dall’altro Kat, stupenda, che mi sorride radiosa
mentre si appoggia al suo fidanzato.
Ok, la tua vita
non è triste perché sei single, ricordatelo.
Mio fratello
avrebbe da ridire al riguardo.
Guardo la
piccola Marie e il sorriso mi illumina inevitabilmente
il volto, quando c’è lei succede questa strana magia per cui tutti i miei
problemi si scoloriscono, è il potere dei bambini secondo Candice
che, tra parentesi, l’ha vestita come una bomboniera, adorabile, ma bomboniera.
Resto con gli
occhi sulla piccola perché una strana paura mi assale quando intercetto un
colore che spicca più degli altri, lì in mezzo a tutto quei toni confetto.
Nero.
E riporto
subito lo sguardo sulla crocchia della damigella davanti a me colta da un
terrore che mi assale lo stomaco e avvolge le viscere, inizia a mancarmi l’aria
e per un istante chiudo gli occhi sopprimendo la vampata gelida al pensiero che
quei capelli siano i suoi e che al suo fianco ci sia lei.
Non sono
pronta, non lo sono mai stata.
Andare sul set
era una vera e propria tortura, non mi ero permessa di dir nulla, ma a Julie
era bastata la mia faccia tesa e inespressiva che rischiava di compromettere le
scene per domandare gentilmente a quello stronzo di smettere di portarsela
appresso. Ok, sì fanculo la compassione, mi sto per arrabbiare, tutta la
frustrazione repressa, le parole non dette, le litigate silenziose, l’odio
covato che riuscivo a sfogare, assurdamente, solo quando dovevo baciarlo da
copione stanno emergendo pericolosi e il panico mi
coglierà a momenti. Sì, la nostra “magia”, come la chiamava Joshua,
sul set era frutto di tutta la mia rabbia tanto che finivo per divorarlo e lui
non era poi da meno.
Come il famoso
#delenarainkiss di sto
cavolo, una fottuta paura di baciarlo come non ne avevo mai avuta in vita mia.
La pioggia
aveva aiutato, attenuava la visuale di lui bagnandomi
le ciglia e appannando la vista tanto che quando lui mi aveva presa per le
labbra mi ero buttata senza pensare a niente e dopo mi ero fatta della violenza
per staccarmi, perché preferivo mille baci al guardarlo negli occhi chiari e
confessargli quello che Elena, e io, volevamo che ci promettesse.
Bè che dire,
lui non si era fatto tanti problemi e l’attimo dopo era di nuovo sulle mie
labbra a divorarmi letteralmente tanto che era dovuto sprofondare nel mio volto
e nella pioggia per non mostrare troppo la foga con cui la sua lingua aveva
invaso la mia bocca facendomi aggrappare disperatamente a lui.
Meno male che
doveva tornare il sereno.
Le note de La
vie en rose freddano i miei pensieri e calmano il mio cuore quanto basta
per farmi muovere i piedi non appena la prima damigella si avvia verso
l’altare.
Percorro il
lungo tappeto lasciando la giusta distanza con la ragazza che mi precede e sento
tutti gli sguardi su di me; nulla di nuovo sono abituata ad
essere sotto i riflettori, tuttavia serpeggia in me una strana sensazione di
disagio all’idea che due occhi in particolare mi seguano e studino. Deglutisco
e mi lascio guidare dalla musica arrivando al mio posto.
Parte la marcia
nunziale appena entra Phoebe e punto gli occhi su di lei per capire cosa si
prova a camminare verso la scelta di donare per sempre la tua vita a qualcuno,
per cogliere il segreto che le ha fatto trovare il coraggio di dire quel sì,
quel coraggio che a me è mancato.
C’è un momento
speciale che ti senti quasi di rubare, di violare quando scorgi gli occhi della
sposa che incontrano, man mano che si avvicina, quelli del suo futuro sposo e
quella luce è un mistero, come un segreto di cui solo loro due sono a
conoscenza e che tengono stretto quasi timorosi di mostrarlo al mondo.
E dietro a
Phoebe, che è quasi giunta all’altare, lo vedo.
Ian.
E’
involontario, è come percorrere la strada verso casa, i miei occhi si scontrano con i suoi e il mio sorriso
muore paralizzato da quel cielo che mi imprigiona e soffoca. Mi sta guardando e
ha l’aria di chi aspetta da un po’, come se avesse cercato il mio sguardo
per tutto il tempo intuendo perfettamente che io invece fossi impegnata ad evitarlo, fallendo quando ho abbassato la guardia. E se
lo fai, il cazzotto arriva.
Fa un po’ meno
male; il provino è stato un bel colpo adesso è più come quando vaghi tutta la
notte e non vedi l’ora di tornare a casa e c’è questa tensione fatta di attesa
e certezza che ti tengono viva.
E Ian è questo
per me, ciò che mi rende viva in modo tale da spaventarmi perché nessuno
dovrebbe avere così tanta influenza sulla tua vita da finire per diventarti
indispensabile. Non ce la faccio ad arrendermi alla mia voce che urla di
volgere lo sguardo altrove, soprattutto quando i suoi occhi si fanno liquidi e
mi guarda in un modo che mi fa sciogliere sul posto fino a sentire la pelle
fondersi come cera al contatto con le sue fiamme azzurre. E il panico mi assale
mi brucia la carne, mi scotta la fronte, gli occhi sono secchi e vorrei solo
trovare il modo di sbloccarmi.
L’infinito può
essere spiegato in un respiro, sono gli occhi di Ian, il modo di Ian di
guardarmi.
Le voci del
cerimoniere mi arrivano soffuse e ovattate, ci siamo solo io e lui che ha una
strana espressione dipinta in volto mentre indugia su di me, sul vestito, mi
sento di nuovo come se io, la mia stessa esistenza, vita, fosse stata creata
solo per essere guardata da lui.
Sono
risvegliata dalla domanda che mi tormenta da anni, lei dov’è? Sposto d’istinto, evidentemente suicida,
lo sguardo al suo fianco, ma vedo altri volti. Che lo abbia mandato da solo?
Sento la testa pulsare per la miriade di domande e paure, miste a una strana
eccitazione che iniziano a invadermi la testa come api fastidiose, devo stare
calma altrimenti non arriverò a fine serata.
Non mi
riguarda, non ti riguarda Nina dove, come, quando e perché, fissa
Paul, fissa qualcun’altro, ma smettila di farti del male gratuito.
Sento i muscoli
della faccia irrigidirsi per l’agitazione e ora sono tesa come una corda di
violino, ho bisogno di risposte e mi agito sul posto rischiando di colpire la
mia vicina damigella, ci manca solo di cadere e attirare l’attenzione su di me
come se non fossi già esposta, come se il mio cuore non fosse abbastanza messo
sulla piazza in bella vista e capisco che la mia faccia mi sta palesemente
tradendo quando scorgo Kat e Candice
che parlottano complici, guardando nella mia direzione con le loro facce da “omg che sta
succedendo”.
Prendo un
profondo respiro, ma il cuore batte violento e non riesco a fermarlo, devo
resistere per la fine della cerimonia e potrò scappare a bere o, perché no, a
buttarmi da una finestra.
Quando tutti gli ospiti si dirigono nella parte del giardino dedicata al
ricevimento, io scappo alla velocità della luce verso il bar per poi dopo fuggire
in bagno, ma la mia fuga è intercettata da una serie di amici che giustamente
vogliono salutarmi a cominciare da Julie e dal suo sguardo materno del tipo “perché sei pallida? stai male?” e lo so che Julie vuole sapere come vivo una certa presenza che per ora
non è più nel mio campo visivo, assaltato di sicuro dai mille ospiti che lo
vogliono salutare. Intravedo la testa di Joseph che tiene per mano sua moglie Pershia, alla seconda gravidanza e con il piccolo di due
anni a casa con la tata, che chiacchiera con Daniel intento a indicare qualcosa
o qualcuno; vengono raggiunti da Claire e la punto
come un cecchino, tutto pur di evitare che mi faccia quella domanda.
-Nina, non pensarci
neanche-
-Di che parli?-
-Dai, vieni che
beviamo-
Julie mi porge
un flûte, probabilmente non ha visto che ne ho già tranquillamente seccato un
bicchiere prima che mi piombasse addosso.
-Vedi di non
combinare guai, comunque puoi respirare è venuto solo-
E nel darmi questa notizia assume la sua faccia da eccesso di
zuccheri con un lampo malvagio che le illumina il volto paffutello, proprio
come quando ci stava per comunicare il toto morte della settimana in TVD o
qualche idea perfida che avrebbe fatto sonoramente incazzare i fan. Insomma
Julie sa essere davvero diabolica nonostante i tratti angelici, soprattutto
come quando mi alza un sopracciglio eloquente e sorride sotto ai baffi.
Io tremo un
istante mentre sopprimo un conato di vomito, due bicchieri a stomaco vuoto con
l’ansia che mi divora sono estremamente negativi, ma
non me ne curo e di rimando mi irrigidisco incapace di dire qualunque cosa.
Sono
tristemente evidente nei miei disagi.
-Sai, era stato
combattuto sul presentarsi qui in compagnia-
-Julie ti
prego, non voglio sapere-
-Le ragazze mi
hanno detto del provino-
Alzo gli occhi
al cielo, TVD sarà anche finito, la condivisione no.
So già cosa sta
per dirmi.
-Potrebbe
essere una bella occasione-
Eccoci al Plec-argomento pro-Ian.
-Sono una
professionista-
E anche la mia
risposta lei la sa già.
-Stavolta sarà
diverso, siete le colonne portanti del film-
-Lo eravamo
anche in TVD-
-Lo siete stati
sì, fin quando non avete fatto casino-
Mi guarda con
un misto di rimprovero e rassegnazione, sa bene che non si deve
tornare su vecchi argomenti, ma da scrittrice produttrice e tutto quel che è,
per via dei suoi geni artistici da creatore pazzo non può fare a meno di
sguazzare nei drammi, altrui ovviamente.
Di rimando le
regalo un’occhiata torva e vagamente risentita. Lei alza una mano in segno di
resa prima di riabbassarla sul vassoio di fritto misto
che le sta porgendo un cameriere.
-D’accordo, non
tocchiamo questo tasto...ma tu pensa a fare quello che
ti fa stare bene, ok?-
Adesso è seria,
lo so perché sta aspettando un mio cenno prima di addentare il fiore fritto che
stringe tra le dita. Annuisco in segno di resa e poso il bicchiere sul tavolo dove tutti gli ospiti, senza neanche che me ne
accorgessi, si stanno riversando per prendere da bere. E ho l’impellente
desiderio di uccidere Paul perché realizzo che lui
sicuramente sapeva bene che sarebbe venuto e magari solo. Sono i suoi capelli
scintillanti che brillano ad attirare la mia attenzione e a suscitare il mio
odio, soprattutto appena lo vedo abbracciare Ian.
Sopprimo ogni
istinto violento quando Candice mi smolla Marie per
prendere da mangiare mentre suo marito sta procurando da bere e portando il
tutto, roba della piccola inclusa, al loro tavolo.
Il terrore di
avere lui al mio tavolo mi coglie
alle spalle, burlandosi di nuovo di me e mi volto alla ricerca disperata del
tableu maledicendomi per non essermene
minimamente curata.
Dannazione a
me.
Lo individuo al
lato della tensostruttura che ci ospita e mi dirigo lentamente cercando di non
inciampare con Marie in braccio che mi guarda stranita. Infondo ha solo quattro
mesi anche se è sveglia come la madre, le faccio un
po’ di versi e finalmente scruto in cerca del mio nome, del mio tavolo e dei
vari componenti. Tutto bene mentre scorro i dodici nomi: Kat,
fidanzato, Candice, Joe,
Julie, Kevin, Caroline, Steven, Michael, Zach, Io e …Ian.
C’è anche lui.
Un brivido
freddo mi percorre la schiena, non so come comportarmi, riesco a non urlare
cosa che vorrei fare tanto tipo da due settimane ormai, ma mi trattengo
tornando con lo sguardo sulla bambina che inizia ad agitarsi perché non sente
la presenza di sua madre. Mi volto per portarla da Candice
e per poco non mi prende un colpo: Ian è alle mie spalle, non ho idea da quanto
tempo, che mi fissa come se fossi una specie di alieno. Rimango a boccheggiare
come il pesce che sono continuando meccanicamente a
dondolare la bambina e d’istinto faccio un passo indietro quando lui si sporge
verso di me, per poi voltare i suoi occhi chiari sul fagottino rosa e le porge
un dito prendendole la mano e sorridendole di quel sorriso unico che solo un
bambino può provocare.
E lui si illumina di quella luce che a me ferisce gli occhi e
annebbia la vista, perché è cosi bello con una naturalezza unica, le fa qualche
verso ma io non sento nulla condizionata dalla sua presenza che annienta le mie
capacità cognitive, svegliando invece ogni cellula del mio corpo che contro la
mia volontà reagisce alla sua presenza.
Trattengo il
respiro e vengo salvata da una voce squillante alle
spalle di Ian.
-Ecco dove ti
eri cacciata!-
Candice mi sorride
complice e lentamente mi prende la bambina che alla vista della madre si illumina sorridendo.
-Vieni non puoi
torturare la zia Neens che adesso deve intrattenere
gli ospiti, ci vediamo al tavolo ragazzi-
Ian le fa un
sorriso bisgliandole qualcosa sull’essere una madre
molto bella e beccandosi un “ruffiano” in tutta risposta, la segue appena con
lo sguardo.
Ha le mani in
tasca e realizzo solo ora che se scorgo un cerchio di metallo al suo anulare
decreto la mia fine, lo so che ce l’ha ma vederlo coi
propri occhi è diverso, come sarebbe stato diverso vederli insieme.
E non mi
accadeva da tanto tempo.
Quanto lo odio,
se penso a tutto il dolore che mi ha inflitto il mio petto
si gonfia pronto a rilasciare fiumi di veleno mai espresso, ma non sarebbe
giusto dopo tutti questi anni.
Mi faccio
coraggio e porto i miei occhi sui suoi che non so più leggere come un tempo.
-Sei brava con
Marie-
Sento che sto
per arrossire e mi odio perché dentro sono di cera, ma fuori una maschera di
ghiaccio. Da come ha pronunciato il nome intuisco che,
anche se non si è fatto vedere alla festa della nascitura, deve aver comunque
mantenuto i rapporti con Candice e aver fatto visita
alla bambina.
Altre cose che
non so di lui.
-E’ lei che è
brava con me-
-Nina-
Di nuovo il mio
nome sulla sua bocca.
-Va tutto bene
Ian, siamo professionisti e abbiamo già lavorato insieme-
Chi sto
rassicurando? Me o lui? Perché io sto decisamente
morendo dentro all’idea di dover girare certe scene, ancora, e qui non siamo
sulla CW è un film, si spinge molto più avanti con le scene bollenti,
soprattutto quella dopo la metà. Una sfilza di immagini
affollano la mia testa e sbatto gli occhi.
-Bene, allora
per allentare questa tensione omicida ti offro da bere-
E’ teso quanto
me e prova a smorzare i toni, deve essergli costata molto questa
affermazione, ma io non gli ho perdonato nulla è questo il vero problema; mi
porge il braccio molto alla “Damon” speranzoso che io lo possa assecondare.
Non posso
farlo, non adesso, non ancora.
Nonostante i
suoi occhi imploranti mi trafiggano la pelle, nonostante il suo sorriso
accennato che so bene spegnerò e che forse gelerà per sempre i rapporti tra di
noi; abbozzo un tentativo di sorriso ma so che sono più fredda del marmo e lo
supero lentamente.
-Non è il caso-
Lo lascio lì
insieme al mio cuore sgretolato e mi dirigo al tavolo.
La cena scorre
lenta come in ogni matrimonio, mi sono messa tra Kat
e Candice cercando di avere davanti i ragazzi e lasciare Ian di lato fuori dal mio campo visivo,
la sua faccia mi perseguita lo so che mi cerca con lo sguardo mentre sorseggia
qualche bicchiere di troppo di vino; si avvicina il momento del taglio della
torta, ci facciamo una serie di foto al tavolo, scherziamo e Candice e Joe salutano gli sposi
e se ne vanno perché, anche se Marie dorme, inizia ad essere troppo tardi e la
neo mamma accusa le poche ore di sonno tra una poppata e l’altra.
Ho un supporto
in meno, cerco Claire all’altro tavolo quello con tutto il cast di TO e lei
intercetta il mio sguardo comprensiva, mi alzo e la
raggiungo mentre gli sposi tagliano la torta e i camerieri iniziano a
distribuirla.
Mi siedo al suo
tavolo al posto di Narducci che è andato al mio posto da Julie e Kevin con
quella sua aria da “dobbiamo
parlare del prossimo episodio” e sento un brusio di polemiche dei ragazzi
al tavolo che li prendono in giro per la fissa del lavoro.
Volgo la mia
attenzione su Claire.
-Allora come
state?-
Le sfioro la
pancia di appena cinque mesi, appena abbozzata.
-Bene, ci siamo
contenuti nel mangiare-
Sorseggia
dell’acqua e sì sono invidiosa anche di lei e della sua vita che sembra così
piena, credevo che lo fosse anche la mia fin quando Ian non mi ha ricordato che
lui si è portato via tutto di me.
Claire si
accorge che ho lo sguardo perso.
-Come va dalle
tue parti?-
E’ già materna
nel suo modo di guardarmi, come se potessi rompermi in mille pezzi da un
momento all’altro e ha sempre avuto questo tocco delicato nel chiedere.
-Peggio non può
andare, credo….immagino che la notizia ti sia già arrivata-
-Mm si Candy mi
ha accennato qualcosa-
-Bè diciamo che….lui ha cercato di fare un passo ma io non
riesco-
Claire mi
prende una mano.
-Nina, va bene
avere paura di aprirsi ancora, ma ammettilo non fare sempre la donna forte-
Alzo lo sguardo
sui suoi occhi chiari e comprensivi, mi viene stranamente da sorriderle.
-Sarai una
grande mamma-
-Anche tu puoi
essere felice, ma per farlo devi permettertelo-
Non c’è nulla
di più vero e lo so fin troppo bene, sospiro a fondo e poi entrambe ci abbracciamo attendendo di assaggiare questa bellissima torta
che ci viene porta.
Dopo i vari
brindisi, uno dei quali di Ian che ci ricorda, dolorosamente per me, che tutto
è cominciato con un “Hello brother” iniziano
tutti a dirigersi alla pista da ballo montata in mezzo al prato dove un
vocalist invita gli sposi ad aprire le danze. Gli osservo volteggiare avvolti
da una luce magica di chi sa di aver trovato la felicità e quale sia il suo
prezzo e mentre sorseggio lo champagne mi perdo nei
passi di Paul e Phoebe e nelle note della musica a cui non do particolare
attenzione, perché le parole di Claire continuano a tornarmi in mente.
Finito il primo
ballo gli sposi inviano tutti ad unirsi a loro e me ne
resto in un angolo pregando che Ian non faccia il Damon della situazione;
mentre mi rannicchio sperando di diventare invisibile una mano mi tira nella
folla e alzo gli occhi trovandomi un radioso Paul che mi sorride divertito.
-Ehi Neens balla con me-
Mi afferra e
inizia a farmi roteare.
-Complimenti
ragazzino ce l’hai fatta-
-Si direi che
abbiamo fatto un buon lavoro-
Piego la testa
di lato.
-Mm, sei un
uomo fortunato-
-Me lo dite
tutti stasera come mai?-
Riesce a
strapparmi un sorriso.
-Aspettavo una
tua sfuriata che però non è giunta-
-Che fai mi
provochi? Vuoi morire il giorno delle tue nozze?-
-No, voglio
sapere perché sei triste Nina-
Eccolo lì Paul,
il mio fratello acquisito che mi protegge sempre, o almeno ci prova, mi guarda
con lo sguardo a cucciolo preoccupato intento a controllare che non mi sia
sbucciata un ginocchio o peggio.
-Diciamo che
non ci sto molto provando-
-Lo so, e non
ti devi nemmeno forzare a farlo-
-Me lo dite
tutti-
-Perché è vero-
-Però?-
-Questo ti
rende meno triste?-
Lo guardo fissa
nelle iridi verdi che ormai mi conoscono così bene da anticiparmi domande e
risposte; no essere stronza e algida non mi serve a
sentirmi meno triste, forse a tutelarmi, ma il risultato non cambia.
Lui mi da un bacio su una guancia.
-Voglio un
sorriso, è il mio matrimonio-
Glielo regalo
perché Paul riesce sempre in qualche modo a restituirmi il buonumore e mi fa
ballare un altro po’ fin quando non mi fa fare una
giravolta che per un attimo mi ricorda i molti balli di TVD, anche l’atterraggio
finale è identico.
Infatti sento la presa
di Paul allentarsi, lasciandomi un senso di vuoto subito colmato da una mano
che afferra la mia e finisco con il naso contro un petto dall’odoro familiare.
I miei sensi si
attivano e alzo lo sguardo trovandomi stretta dalle braccia di Ian.
Divento rigida
come un pezzo di legno, è una reazione involontaria dettata dall’eccessivo
contatto con lui, contatto che non ho da troppo tempo.
E non mi accorgo nemmeno che mi sta facendo molleggiare lentamente, che i nostri
corpi pericolosamente vicini hanno attirato almeno una cinquantina di occhi su
di noi. Sento solo le gambe che tremano e fluttuano, sento le ossa dei miei
fianchi scontrarsi ogni tanto contro il suo bacino, sento la pelle bruciare
infondo alla schiena dove si è posata la sua mano e il
mio cuore che sta battendo a mille all’ora, pompando il sangue così velocemente
da alzare la temperatura già notevolmente alta in quella sera di settembre.
La gola si
secca all’istante e ho paura di iniziare a sudare freddo mentre lui mi guarda
in quel suo maledetto modo che abbatte tutte le mie difese, tutto quello che ho
duramente costruito. Il suo naso è un battito di ciglia dal mio, il pericolo
striscia sotto pelle e mi avverte che sto per farmi male, ancora. Vorrei scattare
e allontanarmi, ma lui come sempre sembra saperlo prima di me e stringe la
presa. Sono frastornata da tutto questo, dalla corrente che scorre tra noi, le
ultime stagioni di Tvd ci hanno portato ad odiarci, quando ti lasci hai bisogno di staccare da
quella persona e noi ci eravamo trascinati per troppo tempo non potendone più
dell’altro.
Una sensazione
orribile verso qualcuno che hai amato così tanto, e
adesso quel disprezzo sembra essere stato guarito dal tempo che è come se
stesse portando via il male che ci siamo fatti per far riemergere chi siamo,
cosa ci ha spinti la prima volta l'uno verso l'altra.
Non ricordo
quando è stata l’ultima volta che mi ha guardata così,
fino a farmi sentire il volto colmarsi di emozione.
Ma come può farlo
se ama un’altra?
Ian ha un gran
pregio, l’estrema lealtà, non tocca una donna con amore se il suo cuore non è
per lei.
-Che stai
facendo-
Mi strozzo da
sola per la fatica di pronunciare tre parole.
-Sto ballando
con te-
-Perché-
-Perché così
non puoi scappare-
-C’è un motivo,
non credi?-
Non riesco a
mollare la presa, ho troppa paura di cadere e mi aggrappo alle sue spalle, ai
suoi occhi. Esita nel rispondere, messo in difficoltà da una verità mal celata.
-E’ l’unico
modo che conosco per farti sorridere-
Sembra la
preoccupazione di tutti questa sera.
Qualcosa dentro
di me inizia a sciogliere l’iceberg che ha avvolto il mio cuore, è bastato un
solo sguardo liquido di Smolder per scaldarmi. E i
miei occhi mi tradiscono, lo so perché lui abbozza un sorriso di stupore.
-Ciao Looch-
Vorrei
ucciderlo, ora.
Ma sono
immobilizzata, totalmente assuefatta da lui dannazione i cui occhi si sono
illuminati come quando trovi ciò che aspettavi da tempo.
Mi da una piccola
spinta indietro per farmi volteggiare e riprendere tra le sue braccia, lo sa
che sta inscenando un ballo Delena. Lo sa benissimo e
sa anche l’effetto che questo ha su di me.
Come sa
benissimo quali parole usare per suonare la mia melodia.
-Non è così
semplice-
Continuo a
lottare, voglio un pretesto per litigare con lui, ho troppe cose da dirgli, da
rinfacciargli, ma ora non me ne viene in mente nessuna.
-Non lo è mai
stato-
-Dovremo
comportarci da professionisti-
-Come se non ci
conoscessimo?-
-Come due
attori la cui vita personale non influenza il lavoro-
-Non fingerò di
non essermi innamorato di te, Nina-
Scatto punta da
una vespa.
Come sempre sa
cosa deve dire e cosa no, e sa pure scegliere le cose più sbagliate. I miei
occhi si allargano minacciosi mentre contraggo il volto in una smorfia di rabbia.
Lui non ha fretta di rimediare, lo ha fatto di
proposito e mi fissa dritto negli occhi.
-Questo non è
corretto-
-E’ la verità-
Non lo so se la
musica si è fermata o siamo noi che balliamo su altre note e melodie, so solo
che arresto il nostro incedere cercando di porre dello spazio tra i nostri
corpi.
-Smettila Ian-
-Di fare cosa-
-Di guardarmi
come se fossi tua-
Glielo dico
perché ce l’ho lì sul petto da tempo ormai, perché è
così che mi sento quando mi guarda, quando mi parla, quando balliamo, mi sento
sempre la sua Nina. E questo non va bene, è più letale del veleno e mi fa male;
è solo il riflesso di quello che desidero e che non ho più mentre lui si
diverte a perforarmi il cuore con le stalattiti dei suoi occhi di ghiaccio. C’è
un’altra, ama un’altra e vorrei sbattergli in faccia questa constatazione che
so che lo farà allontanare da me.
Non si muove di
un millimetro, ma lo sa che siamo su un terreno pericoloso, che potremmo
esplodere e fare del male a tutti quelli che abbiamo intorno, soprattutto a me.
Così si allontana di un passo indugiando con le mani sulla mia vita e mi assale
il senso di vuoto lasciato dalla sua lontananza, vedo
che mi chiama con lo sguardo mentre irrigidisce la mascella.
Di nuovo i miei
muri tra di noi.
-Buona notte Nina, ci
vediamo sul set tra una settimana-
Mi molla lì
come la perfetta stupida che sono e io vorrei solo
sotterrarmi viva, nascondermi da lui e dal mondo che ancora una volta mi vede
umiliata. Mi forzo ad alzare lo sguardo e lo vedo sparire nella folla verso
Paul, che di rimando getta uno sguardo preoccupato su di me.
Nessuno sa cosa
ci siamo detti, ma il nostro ballo è stato sufficientemente esplicito. Mi gira
la testa e penso che sverrò quando una mano fresca mi afferra il polso; Kat mi tira via dalla pista trascinandomi nella penombra
del giardino.
Ci fermiamo quando capisce
di essere abbastanza lontane da orecchie indiscrete.
-Ehi che è
successo?-
-Niente io-
Mi passo una
mano tra i capelli mossi non curandomi di rischiare di smontare la treccia morbida,
opera di Riawna.
-Ha detto delle
cose e gli ho risposto-
Kat mi guarda
comprensiva e si morde un labbro, segno che sta trattenendo un pensiero.
-Nina, non puoi
avercela con lui per sempre-
Lo so, lo so bene. Non posso controllarlo.
-Lui non dovrebbe
provocarmi-
-Lo conosci
meglio di me, sai perché fa così-
So anche questo
sì, e all’improvviso mi sento la stronza della situazione.
Come sempre,
come quando l’ho mollato, quando si è messo con Nikki, quando ha scelto, alla
fine in qualche modo la carnefice ero io.
Io, che tra i
due sono rimasta davvero fedele al mio cuore.
Da quando ho
incontrato Ian la mia vita è cambiata, io sono
cambiata, mi basta guardare le foto di quando sorridevo spensierata e tutte
quelle che sono seguite alla rottura. Non ce n'è una dove
mi brillino gli occhi.
E non voglio
sentirmi più così, vorrei tornare a quando tutto
poteva accadere in una notte e il tempo era nuovo, carico di attesa. E vorrei
trovarlo e scusarmi, ma questo conflitto interiore mi sta uccidendo.
Respiro e
sfodero un sorriso che sembra calmare Kat.
-Hai ragione,
proverò a parlarci-
-Anche perché
devi lavorarci insieme-
Getto lo
sguardo sul prato e poi di nuovo alla festa dove ci
accingiamo a rientrare e mi guardo intorno, vorrei solo tornare a casa così
mentre tutti ballano nella frenesia dei festeggiamenti comincio il consueto
giro di saluti e mi accorgo che lui è ancora lì che prova a staccarsi da Julie
e Kevin che lo stanno tartassando di domande, ha la faccia di chi vuole essere
salvato e sono sicura che tutti i suoi tentativi di "si ora devo
andare" siano tranquillamente bypassati da Julie che parla a raffica
ubriaca persa.
Afferro la
pochette al mio tavolo e direziono lo sguardo nella
massa di ballerini.
Cerco Phoebe e
Paul per salutarli e mi trascinano in mezzo alla loro danza folle, ubriachi di
felicità e molto alcool.
Faremo i conti
sulle scommesse tra qualche giorno.
Mentre Phoebe
alza la lunga gonna e volteggia con me, vedo Paul che inizia a defilarsi, ma
non lo considero fin quando non sento la sua voce qualche
minuto dopo che mi deride per qualche mia mossa goffa.
-Dai Neens scatenati!-
Ok, mi sta
volutamente provocando e lo accontento quando sento partire una canzone degna
dei miei migliori passi da pazza. Mi volto verso di lui pronta a sfidarlo
perché so quanto sia ridicolo Paul mentre si agita, ma evidentemente stasera
non capisce il senso del concetto di tatto e mi ritrovo davanti Ian.
Di nuovo.
Rallento
l’incedere frenetico, la fronte sta sudando e i miei capelli si appiccicano
alle tempie, quel caldo e il ballo hanno sicuramente fatto avvampare le mie
guance e il vestito si è incollato al mio corpo madido. Ma l’unica cosa che
sento, mentre la musica rimbomba nel mio cuore e nella testa, è il senso di ignoto e perdizione che mi spalancano le iridi tristi che
subito si accendono al contatto con i miei occhi. C’è
questa strana atmosfera, un misto di surrealismo in cui ti senti vibrare ogni
parte del corpo da sentire che finalmente la vita ti scorre dentro e la realtà
che fa da sottofondo mentre si perde lontana; le mie labbra si schiudono
impotenti.
Come se non
avessimo un passato doloroso alle spalle, ma ci stessimo conoscendo titubanti.
Vorrei dire qualunque cosa, ma non riesco a formulare un pensiero, lui fa un
altro passo verso di me e si sporge verso il mio orecchio in un gesto per cui
vorrei piangere.
Si scatena
l’inferno nelle mie vene e la tempesta nel mio petto, è troppo vicino, io non sono mai stata pronta al suo contatto elettrico.
-Sei bellissima
Nina e io sono uno stronzo-
Mi si strozza
il respiro in gola e tremo, una scossa che mi uccide. La sua voce morbida
accarezza il mio orecchio e per un istante chiudo gli occhi proiettata in un
mondo che è solo il nostro. Non so cosa mi dia il coraggio di alzare debolmente
una mano e posarla sul suo petto, cercando disperatamente di scoprire se il suo
cuore, sempre calmo, ora corre furioso come il mio; ho bisogno di sapere che
non sono la sola a sentirmi così travolta. Stringo i lembi della camicia, dal
colletto allentato, per non cadere, mi gira la testa e sento la mia voce uscire
da sola senza controllo.
-Portami a
casa-
Non faccio in
tempo a riaprire gli occhi per sotterrarmi di vergogna che sento il tocco della
sua mano fredda sulla mia, un beneficio immenso per i miei mille gradi, e d’un tratto la stringe allontanandosi da me e strattonandomi
tra la folla. Non sento nessuno, immagino che Phoebe o altri mi stiano chiamando con gli occhi e con la voce, ma la mano di
Ian che stringe la mia è l’unica cosa che posso percepire.
Non mi molla
come per paura di perdermi e spariamo nel buio del giardino.
Arriviamo nel
parcheggio ed estrae le chiavi aprendo l’auto e conducendomi allo sportello del
passeggero, mi volto e lo vedo esitare mentre mi tiene la portiera aperta; ha
uno sguardo indecifrabile acceso dal vino e da quel brivido di follia e
curiosità che ci aveva entrambi infiammato quando ci siamo conosciuti.
Tutti questi
anni di silenzi e distanza hanno lavato via tutto ed è
riemerso prepotente ciò che avevamo soffocato sotto la rabbia e l’incomprensione.
Questo viscerale
e incrollabile desidero dell’altro che ci ha travolti
fino a farci ardere e consumare, fino a farci odiare. Lo vedo che anche per lui
è così, conosco il nodo che adesso gli stringe la gola e il calore che sta
attraversando le sue vene mentre fa un passo verso di me schiacciandomi contro
la carrozzeria dell’auto scura.
Un equilibrio
di vetro.
Basterebbe
quella domanda che mi preme, che so per lealtà a me stessa di dover fare -dove
sia lei, come puoi essere qui così con me quando un'altra occupa la tua vita-
per spaccare tutto, per soffiare questa luce flebile nelle tenebre del nostro
rapporto.
Ma non lo faccio
perché sono egoista e vigliacca e non voglio rinunciare a questo momento che
finirebbe all'istante.
Ci provo.
Schiudo le
labbra perché vorrei dire qualcosa, vorrei parlargli,
manifestargli tutto il disagio che mi sta mangiando dentro e riversarlo su di
lui come ho fatto in passato quando tentavamo disperatamente di celare la
passione, quando le mani vagavano incontrollate in cerca dell’altro e dovevi
frenarti soprattutto durante le interviste, era uno sfiorarsi appena, un
cercarsi inconsapevole.
-Sali in
macchina-
La sua
richiesta appena pronunciata è più una supplica, come se mi stesse implorando
di allontanarmi perché potrebbe crollare lui. Mi chiede di essere quella forte
e coscienziosa, di non sfidarlo quasi avesse letto il fluire dei miei pensieri
mentre la mia schiena preme contro la carrozzeria di metallo e il suo corpo è
un passo da me.
Deglutisco e
lentamente entro in macchina rompendo quel contatto visivo letale e come mi
siedo sprofondo nel sedile, respirando a fatica. Chiudo gli occhi
un istante domandandomi cosa sto facendo, dove stiamo andando, se sono
pronta a naufragare nel nostro mare, nel nostro inferno. Mi sento una ladra che
si muove di nascosto, strisciando tra i vicoli del proibito.
Getto lo
sguardo fuori al buio del parcheggio dietro al quale, in lontananza, arrivano soffuse le luci e le risate di chi festeggia; evito
accuratamente di voltarmi verso di lui come lo sento salire in auto e mettere
in moto e so che anche per lui è la stessa cosa.
Rimaniamo in
silenzio fino a casa mia, ha guidato per quasi mezz’ora e la tensione è
palpabile quanto l’aria afosa che affossa i respiri e incolla la pelle. Ferma
l’auto e rimaniamo per istanti che paiono infiniti, così, immobili a fissare il
silenzio che ci circonda mentre torturo la borsetta che ho tra le mani, ho
paura del suo sguardo e di quello che potrei trovarci dentro a cominciare dalla
parola “errore” perché le conseguenze
non so se potrei sopportarle, soprattutto ora che so che tra una settimana lo
vedrò continuamente, tutti i giorni e sarà sempre peggio.
Perché non ci
si abitua mai a uno come Ian, non è una persona che può diventare quotidianità,
nemmeno quando stavamo insieme era un rapporto
convenzionale, come non lo era il suo modo di amarmi.
-Nina-
Chissà se è
così anche lei, se il suo nome pronunciato da lui la rende lei.
Nina. Quando
lui mi chiama per nome -insomma il nome non definisce
chi sei, è qualcosa che è parte di te e in parte ti identifica, ma non c’è
dentro tutto quello che sei- ma quando Ian pronuncia il mio nome è come se ci
mettesse tutta la consapevolezza di ciò che c’è dietro a queste quattro
lettere, e io divento me, mi ricordo chi sono, da dove sono partita cosa ho
attraversato.
Traccia i
confini della mia intera persona e vi racchiude tutto, il bello e il brutto di
me.
Mi volto
chiamata da lui e dai suoi occhi imploranti.
Questo celeste
indefinibile che mi fissa e si illumina, si dilata
fino a farmi scoppiare il cuore; non ci sono parole che possano riempire una
donna più del modo di Ian di guardarti; mi viene in mente una canzone sentita
da qualche parte.
“Per decidere
se continuare a vivere su questa terra
con questo cuore
che batte all’impazzata tra luce e tenebre
per continuare a
camminare sotto il sole in questi deserti
per far notare che
sono vivo in mezzo a tanti morti.
Per decidere,
per continuare, per sottolineare e considerare
ho solo bisogno
che tu sia qui con i tuoi occhi chiari”
Con lui diventa
sempre tutto una questione di vita o di morte, lui
diventa ciò che ti muove.
-Grazie del
passaggio-
Devo fermarmi
qui, sono sull’orlo di un baratro e aderire a Ian significa scegliere da quale
parte cadere, se vivere o morire, se lasciarmi avvolgere e stringere da tutto
quello che mi ha scatenato dentro o se provare a mantenere saldo il mio
equilibrio. Spetta solo a me scegliere, perché lo so dai suoi occhi che
basterebbe solo una parola per cambiare tutta la nostra vita.
“Per unire la
bellezza e la luce mantenendo la distanza
Per stare con
te senza perdere l’emozione della nostalgia
Per scoprire
che la vita scorre senza chiederci nulla
E considerare
che tutto è bello e non costa nulla
Per unire,
per stare con te, per scoprire e considerare
ho solo bisogno
che tu sia qui con i tuoi occhi chiari”
E scelgo me;
apro lo sportello e scendo mentre lui rimane in silenzio e il mio cuore scoppia
come le lacrime che graffiano, dopo anni, i miei occhi da cerbiatto che un
tempo potevano farlo sciogliere.
Faccio un passo
verso il portone di casa mia salendo sul marciapiede al lato del quale mi ha lasciata e tendo l’orecchio per sentire l’auto che parte, ma
in realtà attira la mia attenzione il rumore della portiera che sbacchia e mi
volto trovandomelo rapidamente a pochi passi da me, passi che brucia così in
fretta che temo potremmo prendere fuoco entrambi.
E spengo tutto
quando le sue mani afferrano il mio volto, le sue labbra toccano le mie.
Io non vivo più.
C’è qualcosa
dentro di me che si spacca in due, qualcosa che si rompe e che non pensavo
nemmeno di avere, c’è una barriera, un vetro sotto al quale avevo nascosto
tutto ciò che è lui che si sgretola sotto quel bacio e inizia a defluire tutto
fuori, fino a ustionarmi.
Come i ricordi
di Elena quando hanno investito il suo corpo e lei ha ricordato, alla fine
della sesta stagione.
Non posso
descrivere, non riesco a trovare le parole per spiegare quello che sta
succedendo, ciò che lui ha fatto al mio cuore baciandomi. Mi ha reso la
memoria, sento solo le sue labbra che si impossessano
furiose delle mie, ma allo stesso tempo timorose e delicate perché non sai
nemmeno tu cosa proverai, non sai l’altro cosa proverà, è come il primo bacio a
16 anni.
Eppure sa di
antico, di qualcosa che manca.
Riscopro il sapore di lui che non credevo di ricordare, di scoprire
ancora.
Mi aggrappo
disperatamente a lui per paura di perderlo di nuovo, afferro il colletto della
camicia e respiro contro le sue labbra mentre la lingua invade la mia bocca, in
una strada che conosce a memoria e potrebbe percorrere a occhi chiusi anche tra
cinquant’anni.
Io non li ho
dimenticati i baci di Ian, l’unico uomo che abbia baciato in sette lunghi anni
di lavoro insieme, di vita insieme.
Gossip o non gossip, lavoro, colleghi, io conosco solo il tocco di queste
labbra.
E di nessun
altro.
Ian mi bacia,
mi bacia come solo lui sa fare e nell’unico modo in cui io so rispondergli e
non me ne importa più di niente, di nessuna domanda, di nessun dubbio, di
nessun rancore, sento solo le sue mani che corrono giù verso la mia vita a cui si allacciano per tirarmi più vicina a sé,
percorrendomi come una melodia, suona il mio strumento e il mio corpo canta, si
contrae desideroso solo di essere sfiorato da lui. Le mie mani vanno dietro
alla sua nuca, le dita nei capelli folti e ancora soffici,
lo premo contro di me, ho bisogno che affondi in me, tutta la mia disperazione
riversata in lui; lui che mi fa indietreggiare fino a poggiarmi contro il
portone di casa quasi a volerlo sfondare per la passione che ci sta
travolgendo, non ci importa di nulla, dei passanti che ci guardano curiosi,
delle auto, dei rumori ovattati della città persi e sommersi dai nostri baci e
dalla foga di qualunque cosa sia che ci unisce, perché io una parola che
definisca quello che ho nel cuore per lui, ancora non l’ho trovata.
Nessuna è
abbastanza, nessuna può contenerlo è come provare a rinchiudere il cielo.
Non ho idea di
come io riesca ad aprire il portone, ma in qualche modo l’istinto mi fa trovare
le chiavi e la forza per aprirlo e ci troviamo catapultati nell’atrio, indietreggiando
verso l’ascensore.
Gli occhi si incontrano, si studiano, ci baciamo ancora, è come un
ballo i cui passi tornano, come se non avessimo mai smesso. E
io sono molto più donna dell’ultima volta in cui mi ha presa, e lui è un altro
uomo.
Scaccio quel
pensiero che mi graffia il cuore, quella parola che non devo
ma devo ricordare e che ho paura spezzi tutto questo.
Finiamo in
ascensore e mi sbatte contro la parete, mi fissa affonda in me solo con gli
occhi e tutti i miei dubbi si dissolvono, tutte le parole che vorrei dirgli non
hanno ragione davanti a questo suo sguardo, solo per me.
Mi accende e mi
consuma.
“Se guardo il
fondo dei tuoi occhi teneri mi si cancella il mondo
con tutto il suo inferno”
Oh Ian, sapessi
quante cose vorrei dirti, quanto mi senta impotente, incapace di mostrarti
tutto quello che ho in cuore per te.
Schiudo la
bocca, ho così bisogno di dire qualcosa.
-Ian-
Di nuovo, in un
nome, tre lettere, c’è il significato del mio intero mondo.
E lui lo sa, mi
accenna un sorriso complice di quelli che illuminavano tutto, che mi facevano sentire come se fossi la donna più bella del
pianeta. Mi sfiora una guancia con il dorso della sua mano e mi sento morire; è
come se toccasse un fiore delicato e potremmo restare
così tutta la vita se non fosse per le porte dell’ascensore che si aprono. La
foga di prima ha lasciato il posto a qualcosa di più dolce e pericoloso, a
tutto quell’amore represso che mi sta defluendo nelle vene come miele e mi
contamina, di nuovo, la sua mano intreccia la mia e mi conduce fuori verso il
mio appartamento di cui lui conosce bene la strada, nonostante tutto.
Perché non l’ho
mai cambiato.
Io non sono
cambiata, non il mio amore per lui.
Avverte la mia
paura, la mia esitazione nel tremolio della mano che stringe e fa forza per
rassicurarmi; apro la porta e lo guardo, sta aspettando una mia mossa, che io
gli dia il permesso per varcare la mia soglia, ultimo
confine di un punto dal quale non si può più tornare indietro.
Entro per prima
e continuando a fissarlo intensamente lo tiro leggermente dentro in un invito
silenzioso, come Damon che per entrare aveva bisogno delle parole di Elena.
La porta si
chiude alle nostre spalle, il mondo fuori e noi due dentro.
È stata la
notte più lunga della mia vita, fatta di chiacchiere e di litigate, ma
soprattutto d’amore.
Non so cosa ne
sarà di me o di lui, ma so che ovunque io vada non voglio più mentire ho
bisogno di essere leale con il mio cuore, perché a che vale guadagnare il mondo
se poi perdo me stessa?
Ciao a tutti!!!
Ringrazio caldamente tutte le persone che
mi hanno letta, che mi hanno aggiunta in qualche lista
di storie seguite o preferite e che hanno commentato.
Concludo qui questa breve storia perché immaginare troppo su loro due, visti i
tempi, è difficile, ma ogni tanto fantastico un po’.
Allora alcune cose:
-Looch è, secondo quanto dicono le “fonti”, un soprannome che
Ian diede a Nina che significa tipo “ragazzina” “pischella”,
correggetemi se sbaglio!
-Ovviamente il finale della sesta stagione
con Elena che ricorda tutto me lo sono palesemente
inventato, ma sai mai che accada!
-Ho inserito tre pezzi di canzoni nel
testo, le prime due parti sono prese da Razon de vivir, mentre la frase “se guardo il fondo dei tuoi
occhi…” è di Ojos de cielo, entrambe
di Victor Heredia.
-Ok, non datemi della blasfema perché non
voglio urtare nessuno soprattutto perché sono cattolica, l’ultima frase finale
che chiude il capitolo non è certo mia e in realtà correttamente è:
“Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo
intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà
dare in cambio della propria vita?” (Mt 16,24-28). E’ qualcosa
in cui credo fermamente, per questo non l’avrei inserita se per me non ci fosse
un significato dietro.
Grazie ancora,
Eli