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Autore: Christa Mason    19/01/2015    1 recensioni
Dieci anni dopo lo scioglimento degli Arctic Monkeys.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alex Turner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Ok, riassunto della puntata precedente. Sono passati dieci anni dallo scioglimento degli Arctic Monkeys e Turner sembra essere sparito dalla circolazione fino al momento in cui non rilascia un'intervista in cui afferma di voler tornare a suonare. Questa fanfiction è fatta di "conversazioni" e quindi eccone un'altra, con Miles Kane. Nel capitolo viene anche citato Julian Casablancas, in un'altra fanfiction più letteraria ho descritto un incontro proprio tra Turner e Casablancas, due personaggi che amo e che sì, vorrei tanto vedere insieme. Naturalmente nulla di quello che scrivo è vero.

“Cosa cazzo hai in quella testa, Alex?”
  Miles aspira dalla sua sigaretta, nervoso. Casa sua è piena delle mie cose. 
  “Mi chiedevo quando finalmente avresti ascoltato quell’intervista.” dico mentre mi lascio cadere sul suo divano, ormai il nostro divano. Non so neanche da quanto tempo non ho una casa tutta mia, una casa che non sia questa di Miles a Manchester. 
  “Beh, l’avrei ascoltata prima quella dannata intervista se mi avessi avvertito.”
  “Sapevo che avresti disapprovato.”
  “Vorresti darmi torto?”
  No Miles, non riuscirei a darti torto neanche se volessi. 
  “Che problema c’è se torno a suonare?” chiedo innocentemente come se non ricordassi com’ero, come avevo cercato di buttare Arielle giù da una finestra, come avevo distrutto un’intera sala prove, tutto da solo. “Tu… tu continui a suonare, perchè non potrei…” faccio per aggiungere perchè non potrei continuare a suonare anche io?.
  “Io non divento un emerito stronzo quando suono.” mi interrompe.
  “Grazie.” dico, arreso. Grazie dell’aiuto, Miles.
  “Prego.”
  Ci guardiamo in silenzio.
  “Sei arrabbiato perchè non ho chiesto il tuo consiglio.” sentenzio.
  “Beh, visto che ultimamente era tutto un Hey Miles, cosa ne pensi di questo, cosa ne pensi di questo? concedimi di essere almeno sorpreso.”
  “Sei sempre così stronzo quando sei sorpreso?”
  Miles tradisce un sorriso, ci siamo capiti. Sarei tornato a suonare e Miles mi avrebbe disapprovato silenziosamente e controllato come era solito fare. Se questa conversazione è una gara a chi è più testardo, sono certo che Miles non ha neanche una chance.  
  “Ne ho bisogno, Miles. É stato bello sparire per un po’, davvero, ma devo tornare a suonare, non posso permettere che tutta la mia vita siano gli Arctic Monkeys. Sai cosa voglio dire?”
  “So cosa vuoi dire.”
  “Immagina il mio funerale: Muore il fottuto leader degli Arctic Monkeys, riposi in pace.
  “Leader?” mi provoca.
  “Non voglio che al mio funerale vengano nominati gli Arctic Monkeys.”
  “Hai trentanove anni, Alex… smettila di parlare di funerali.”
  “Penso ai funerali perchè non ho nient’altro a cui pensare. Ho bisogno di suonare, cazzo.”
  “Suona a casa.”
  “Non è la stessa cosa.”
  “No?”
  “Non fare il coglione, Miles, certo che non lo è.”
  Non mi manca suonare, mi manca il pubblico, le interviste, le persone davvero interessate ad ogni tua parola scritta e pronunciata, Cristo se mi mancano i talk show
  “Ti distruggerai Alex, come l’ultima volta. Non riuscirai più a toglierti di dosso quel maledetto personaggio che interpreti sul palco, Alex Turner la rockstar, poi comincerai a insultare chiunque ti capiti a tiro e a provarci con le fan in prima fila.”
  “Ti interessano le fan della prima fila, adesso?”
  “Ti ricordi com’è andata con quella Zadie?”
   Non mi è stato possibile dimenticare com’è andata con quella Zadie, dal momento che così spesso temo ancora oggi di ritrovarmela nella caffetteria che frequento a Manchester o nelle piccole librerie in cui passo il tempo. Una ragazzina minuta e scura, era bella come poche altre sue coetanee, folle come nessuno.
  “Zadie la stalker?”
  “Aveva sedici anni Alex, e per poco non l’hai investita con la macchina.”
  “Non che non lo meritasse.” sono sincero “Cazzo, Miles… mi seguiva ovunque, me la ritrovavo in ogni albergo, alla fottuta transenna della prima fila di ogni concerto.”
  “Cosa t’aspettavi che facesse. Ti ricordo che ci avevi provato con lei, s’era illusa.”
  “Sì beh, era prima che scoprissi che aveva sedici anni.”
  “Sei davvero senza speranza.”
  “In ogni caso non credevo mi servisse il tuo permesso per fare un disco.”
  “Non ti serve, ma sembri tenerci davvero molto al mio permesso.”
   Faccio una smorfia, siamo patetici, una vecchia coppia sposata, il terribile cliché di una serie televisiva per casalinghe annoiate. Resto nella sua casa di Manchester, nella nostra casa di Manchester anche quando non c’è, ascolto i suoi dischi, leggo i suoi libri e non faccio che desiderare che Miles torni a casa per potergliene parlare, ma non parlavamo mai, litigavamo fingendo di discutere. 
  “Potrei chiamare qualcuno per registrare il disco, per una collaborazione.”
  “Hai sempre odiato le collaborazioni.”
  “I Last Shadow Puppets, quella era una collaborazione.”
  “Quello è diverso.”
  “Oh sì, quello è diverso.” gli faccio il verso mentre m’accendo una sigaretta.
  “Sei proprio un coglione, Alex.”
  “Casablancas!” dico senza cogliere la sua provocazione. “Anche lui ha smesso di suonare, potrei chiamare lui, sarebbe una bella cosa, e potrebbe capirmi più di te.”
  “Julian Casablancas ha fatto almeno sei dischi negli ultimi dieci anni.”
  “Oh…” ero sicuro che fosse sparito anche lui dalla circolazione. Dannatamente sicuro.
  “Sei fuori dal mondo, Alex, e fuori di testa.”
  
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