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Autore: tikei_chan    24/11/2008    1 recensioni
"Se vuoi una cosa nella vita, fai di tutto per ottenerla. Non farti sfuggire dalle mani quello che hai già conquistato”.
Giunta di fronte a casa, notai la sua macchina parcheggiata al posto di quella di Charlie.
Cattivo segno. Non aveva intenzione di trattenersi.
Io scesi dal pick-up, lui dall’auto, e mi venne incontro. Mi tolse lo zaino di mano. Gesto normale. Ma, anziché aiutarmi a portarlo, lo ripose sul sedile.
Gesto tutt’altro che normale.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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C i a o a t u t t e



Ciao a tutte! Vi prego di perdonarmi per la quantità enorme di tempo che ci ho messo per aggiornare. Mi dispiace di avervi fatto aspettare e, credetemi, danno anche a me fastidio quelle storie che vengono lasciate a metà, ma ci ho messo tanto perché, avendo deciso che questo doveva essere l’ultimo capitolo, volevo scriverlo in maniera soddisfacente…e a farlo c’ho messo tanto che ha fatto in tempo a uscire anche breaking dawn XD

Mi sono costretta a non leggere oltre al terzo capitolo, per poter concludere questa storia senza che fosse influenzata dall’ultimo libro della saga.

Buona lettura! ^^


Tikei

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In quella stanza la tensione si poteva tagliare con il coltello, ed io ero in attesa delle parole con le quali Edward mi avrebbe fatto crollare il mondo addosso.

Oramai ero praticamente certa che la sera prima avessero deciso di rispedirci a casa.

Posi una mano sopra la sua, per esortarlo a continuare a parlare.

Cercavo di sembrare calma, ma sentivo già le lacrime pizzicare agli angoli degli occhi mentre un crescente senso di ansia mi pesava nel petto, mozzandomi il respiro.

Dopo secondi che mi sembrarono durare anni, finalmente riprese il discorso.

“Ieri sera abbiamo discusso della tua permanenza in questa comunità, e hanno posto delle condizioni”.

A questa affermazione seguì una lunga pausa; abbassò lo sguardo e respirò a fondo.

Quindi ricominciò, tornando a guardarmi negli occhi

“Non hanno intenzione di accettarti, se prima non ti trasformiamo”.

Pronunciò queste parole d’un fiato, solennemente, con il tono che una persona userebbe nell’annunciare un lutto familiare.

Senza pensare, mi lasciai andare ad un sonoro sospiro di sollievo e gli feci un gran sorriso.

Avevo voglia di ridere, presa da un’incontrollabile euforia scatenata dalla bella notizia che era seguita a tanti minuti di ansiogena tensione.

Avrei avuto voglia di ridere, ma vidi il suo corpo cristallizzarsi, come anche gli occhi incastonati su quel bel viso tramutarsi in freddo metallo dorato.

Era una statua, scolpita da un superbo scultore in una spaventosa espressione d’ira.

“Bella, hai sentito cos‘ho detto?” Pronunciate con estrema lentezza, quelle parole vibravano di rabbia.

“Certo! Non dobbiamo tornare a casa, basterà che mi tras…” Non completai la frase. Quella parola si spense come il sorriso sul mio volto, quando in un attimo l’euforia lasciò il posto alla consapevolezza; non avrei dovuto dirlo.

Il suo sguardo scivolò sul mio viso come fosse trasparente. In una frazione di secondo Edward mi oltrepassò, evitandomi per un pelo, per poi sparire al di là del davanzale che dava sullo splendido paesaggio innevato.

In quel momento un incredibile miscuglio di pensieri ed emozioni affollava la mia mente; mi sentivo sollevata perché non eravamo costretti a tornare a Forks e arrabbiata perché Edward non era ancora disposto ad accettare la mia trasformazione. Inoltre ero felice per la notizia che mi aveva dato, e altrettanto triste perché l'avevo deluso tanto da farlo scappare via.

In uno stato di totale intontimento, ricominciai molto lentamente a vestirmi e, quando ebbi finito, scesi le scale.

Gli altri Cullen erano tutti riuniti nel piccolo salottino che avevo visto la sera prima, dove però non c’era traccia di nessuno dei vampiri locali.

Tutti avevano un espressione simile a quella di Edward, prima che lo facessi infuriare.

Le uniche eccezioni erano Esme, dall’apprensiva aria materna, e Alice, con la sua caratteristica espressione serena.

Quando mi vide, però, il suo viso mutò un poco. Svelta e silenziosa si allontanò dall’abbraccio di Jasper e mi venne incontro. Carlisle aveva accennato lo stesso gesto, ma si era bloccato non appena aveva visto la figlia scattare in piedi.

Alice mi prese la mano e mi condusse fuori dalla casa.

Giusto di fianco all’ingresso c’era un piccola e consumata panchetta di legno sulla quale ci sedemmo una di fianco all’altra. A differenza del fratello, lei cominciò subito a parlare, andando dritta al punto.

“Non dovevi reagire così”sospirò. Mi pareva di cogliere nei suoi occhi una malcelata espressione di rimprovero. “Sai come la pensa lui. Avresti dovuto vederlo ieri sera; era fuori di sé. Voleva perfino attaccarli, ma fortunatamente l’abbiamo trattenuto. Quando finalmente ha cambiato idea, era intenzionato a rapirti nella notte”. Mi rivolse un sorriso abbozzato.

Subito le risposi, più prontamente di quanto io stessa mi aspettassi. “So di averlo ferito, ma ancora non capisco perché si ostini così tanto a volermi tenere umana. Diventare una di voi è esattamente quello che voglio. Pensavo gli fosse ormai chiaro che sono pronta a seguirvi in capo al mondo per questo, e speravo si fosse rassegnato all’idea. Vorrei tanto che mi permettesse di entrare nella vostra famiglia”.

“Come sempre, vuole solo proteggerti. Secondo me dovresti dirgli le stesse cose che hai appena riferito a me; potresti addirittura riuscire a convincerlo”.

Si alzò e aggiunse strizzandomi l’occhio: “Fai una passeggiata qui nel cortile”.

Senza dire altro sparì con un passo elegante all’interno dell’abitazione, sembrandomi dieci volte più leggera rispetto a quando ci eravamo sedute, come se si fosse tolta un peso di dosso.

Alice aveva perfettamente ragione, avrei dovuto dire a Edward quello che pensavo, ma temevo il confronto diretto con lui. Avevo soprattutto paura di scoprire fino a che punto fosse arrabbiato con me.

Mi alzai e scesi con una certa svogliatezza gli scalini del portico della baita, iniziando a costeggiarla con passo lento.

Avanzai girando un angolo, poi una altro ancora. Stavo per affacciarmi al penultimo lato del giardino quando mi accorsi di lui. Era seduto sotto un grande albero, con la schiena appoggiata al tronco. Sembrava dormisse.

Affondato nella neve, indossava solo una camicia e un paio di jeans.

Mi avvicinai cautamente stringendomi ancor più nell’imbottitura del piumino, fino a ritrovarmi in piedi di fianco alla sua figura immobile.

Certamente sapeva che ero lì, ma non accennò nessun movimento.

Era da parecchio tempo che non mi sentivo tanto a disagio con lui.

Rimasi a guardare il suo corpo simile ad una scultura di ghiaccio, fino a che mi convinsi a fare il primo passo.

“Scusa”.

Dopo quello che avrebbe potuto essere un sorriso tanto quanto una smorfia diede finalmente segni di vita.

”Pensavo di aver fatto la cosa giusta portandoti qui, invece, ancora una volta, era giusta solo per il mio egoismo. Mi dispiace”. Aprì gli occhi, prima di aggiungere in tono tagliente: “A quanto pare a te no”.

Le sue parole quasi mi fecero arrabbiare; era sempre pronto a darsi la colpa per tutto!

Non potevo negare di averla fatta davvero grossa quella volta; non mi aveva mai riservato questo trattamento.

Mi lasciai cadere nella neve soffice, colta da un senso di sconforto e di indecisione. Mi sembrava che il suo tono non ammettesse repliche e che non fosse disposto a perdonarmi, per di più non riuscivo a decidere se arrabbiarmi con lui o chiedergli nuovamente perdono in ginocchio.

Non sapevo cosa dirgli; nella mia testa c’erano mille parole e non riuscivo capire quali erano quelle giuste.

”Bella?” Mi voltai subito a guardarlo. “Alzati”.

Il suo tono esprimeva un ordine, che però mi risultava incomprensibile.

Lo fissavo, cercando di dare una spiegazione alle sue parole, ma formulavo solo ipotesi assurde.

Non riuscivo a capire cos’aveva in mente; era forse un buon segno? Magari voleva picchiarmi.

“Alzati Bella, ti stai bagnando tutta la testa!” Ripeté alzando la voce, con tono seccato, come irritato dalla mia ottusità.

La comprensione di quella motivazione idiota – lo so, è patetico a dirsi – mi fece quasi venire le lacrime agli occhi. È difficile da spiegare, ma dimenticai il nostro litigio e ripensai alle parole di Alice; lui aveva voluto solo proteggermi, come sempre.

Si preoccupava costantemente per la mia incolumità, e lo dimostrava anche nelle piccole cose.

“Edward, scusami. Dico davvero, non avrei mai dovuto permettermi di trattare con tale leggerezza una questione che per te fa la differenza tra la vita e la morte. Però tieni conto del fatto che per me sarebbe stata una maggiore delusione se avessero deciso di rimandarci a casa”.

I suoi occhi, che prima di quest’ultima affermazione avevano accennato a sciogliersi, tornarono duri e immoti, fissi sul mio volto. A lungo nessuno dei due proferì parola; lui stava riflettendo e io non avevo coraggio a sufficienza per interromperlo. Poco alla volta però parve rilassarsi, e infine parlò con voce dolce, ma con invariata serietà nello sguardo.

“Accetto le tue scuse. Sai fin troppo bene qual è la mia opinione riguardante la tua possibile trasformazione” qui s’interruppe; il suo tono mi faceva presupporre che sarebbe seguito un “ma”, e non fui smentita. “ma a quanto pare è quello che vuoi”.

Di certo non era entusiasta della mia decisione, e a dir la verità sembrava ancora un po’ arrabbiato, ma mi era chiaro che quantomeno fosse disposto ad accettarne l’idea.

La consapevolezza che la prospettiva della mia trasformazione non era più tanto remota, mi rendeva felicissima, ma mi trattenni dall’esternare il mio entusiasmo poiché l’atmosfera continuava ad essere tesa.

Dopo un po’ cominciai ad avere freddo, infatti dei brividi presero a scuotere la mia schiena da cima a fondo.

Ciò non sfuggì all’occhio fin troppo vigile del mio eterno protettore, che mi prese in spalla e in silenzio mi trasportò fino alla camera dove avevo trascorso la notte.

Fui posata con delicatezza sul letto dopo essere stata avvolta in una pesante coperta.

Edward restò in piedi di fronte a me, e non disse ne fece altro che fissarmi finché non ebbe preso una decisione. Allora si sedette al mio fianco.

“È davvero quello che desideri?”

Feci un cenno col capo in segno di assenso.

“Aspettami qui”.

Ero più che curiosa di sapere cos’era andato a fare, ma ciò non bastò a tenermi sveglia. Avvolta in quel caldo fagotto, fui in breve sommersa dalle tenebre dell’incoscienza.

Quando tornai alla realtà, la luce della stanza era spenta e solo due puntini luminosi erano distinguibili nel buio.

“Bella?”

“Mmh”.

“Ho parlato con Tanya e gli altri. Gli ho comunicato che la loro proposta è stata accettata”.

Sebbene il tepore della coperta mi stesse ritrascinando nel mondo dei sogni, quell’affermazione mi portò coi piedi ben saldi a terra.

Mi rizzai a sedere in un baleno. “Davvero?”

Si accostò al letto, e con il tocco gelido e delicato delle sue dita sfiorò la mia guancia infiammata.

“Grazie”.







Siamo quasi arrivati. Il solo pensiero mi elettrizza.

Ormai mancano pochi chilometri a Forks, e poi potrò riabbracciare Charlie, dopo solo tre mesi che non lo vedo. Per una vampira neonata è un tempo incredibilmente breve di astinenza dai contatti col genere umano.

Avevamo previsto che ci sarebbero voluti come minimo 8 mesi prima che fossi in grado di vedere i miei cari, ma il favore del destino mi ha fatto una gradita sorpresa.

La trasformazione non mi ha resa una vampira comune; al pari di Alice, Edward e Jasper ho acquisito anch’io una particolarità, che mi rende una vampira fuori dagli schemi.

In realtà più che un potere supplementare io ho una mancanza, ovverosia sono priva di olfatto.

Non lo sono del tutto; non riesco a percepire l’odore del sangue umano

Questo mi rende una pessima cacciatrice, del tutto innocua per gli uomini, e non potrei esserne più felice.

Riesco a scorgere dal finestrino le prime abitazioni della felice cittadina, che entro breve sarà sconvolta dal ritorno dei Cullen con la ragazza che ha deciso di legarsi a loro per l’eternità.

Per ora la mia nuova vita somiglia all’inizio di quell’avventura che mi ha portata a tenere la mano stretta in quella di un essere immortale, che ora posso guardare al suo pari.






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Grazie mille a momob, Bloody Kamelot, clodiina85, Wind, alice brendon cullen e _sefiri_ che hanno recensito lo scorso capitolo, e mille grazie anche a chi recensirà!



   
 
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